Congresso CGIL (Rimini 1-4 marzo 2006)
Le vicende relative all’approvazione della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, il dibattito e le iniziative che ne sono seguite, ma anche i dibattiti relativi alla difesa della legge 194/1978, alla proposta di legge sul PACS, alla questione più generale della libertà di ricerca scientifica, hanno evidenziato come il principio della laicità dello Stato sia un valore tutt’altro che scontato, sia in merito al suo significato che alla sua concreta attuazione nella vita politica dello Stato italiano.
In un momento nel quale le sfide della società multiculturale inducono taluni a ergere barriere e a ridefinire il significato stesso della nozione di laicità, è necessario richiamarsi ai principî fondanti della nostra Costituzione e ai valori che storicamente hanno ispirato la costruzione di una società laica e plurale, e che oggi paiono talora essere messi in discussione.
Le delegate e i delegati del 15° congresso nazionale della CGIL riaffermano pertanto il principio della laicità dello Stato come valore fondante dello Stato italiano e auspicano il continuo impegno dell’Organizzazione in ogni iniziativa per l’affermazione di tale principio, per la sua concreta realizzazione nella vita politica e per la difesa delle conquiste in tal senso ottenute da parte della società italiana.
In particolare, rispetto all’attività politica di questi ultimi anni, emergono i seguenti punti specifici:
- Norme antidiscriminatorie
- Pluralismo delle forme familiari
- Rispetto all’identità-persona della persona transessuale o transgender
- Norme in materia di prostituzione
L’attuazione minimale da parte del Governo della Direttiva 2000/78/CE che prevedeva strumenti positivi per la tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici e stabiliva un quadro generale per la lotta alle discriminazioni dirette e indirette fondate sulla religione, le convinzioni personali, l’handicap, l’età, l’orientamento sessuale allo scopo di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento e garantire pari condizioni di lavoro, di accesso al lavoro, di retribuzione, pone questioni e sfide vitali per la difesa delle lavoratrici e dei lavoratori a rischio di discriminazione.
Tale impianto antidiscriminatorio è stato ulteriormente e gravemente indebolito dalla riforma del mercato del lavoro, le cui istanze di flessibilità “a senso unico” pongono oneri enormi a carico di alcune categorie di lavoratrici e lavoratori.
La mancata discussione in questi anni circa l’introduzione di norme antidiscriminatorie sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere che offrano la stessa protezione oggi già riconosciuta ad altri gruppi ha inoltre impedito quel necessario cambiamento nella società allo scopo di garantire pari dignità a tutte le persone.
Nell’ambito di una revisione della riforma del mercato del lavoro e dell’attuazione di politiche antidiscriminatorie coerenti con i suoi principî e valori, i delegati e le delegate del 15° Congresso Nazionale della CGIL chiedono all’Organizzazione di impegnarsi sul piano sociale e politico affinché il decreto legislativo 216/2003 di attuazione della suddetta direttiva sia riformato conformemente ai principî ispiratori e alle previsioni della norma comunitaria, considerata la fondamentale importanza di tale norma per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici omosessuali.
I delegati e le delegate del 15° Congresso Nazionale della CGIL impegnano inoltre l’Organizzazione all’inserimento di esplicite norme antidiscriminatorie nei contratti di lavoro e auspicano nella prossima legislatura la ripresa della discussione parlamentare sull’introduzione di norme antidiscriminatorie sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere e di misure contro l’omofobia e la transfobia e l’istigazione all’odio omofobico e transfobico.
Il principio del pluralismo delle forme familiari è un valore irrinunciabile per una società laica ed europea. Un numero sempre crescente di Paesi europei (Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Svizzera, Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda, Lussemburgo, Regno Unito, Germania, Andorra, Repubblica Ceca) ha, per questa ragione, introdotto istituti volti al riconoscimento giuridico delle famiglie di fatto, anche composte da persone dello stesso sesso, fino a estendere a queste ultime l’istituto matrimoniale.
Il riconoscimento delle diverse forme di famiglia, a prescindere dall’esistenza del vincolo matrimoniale, dal sesso o dall’orientamento sessuale dei partner, rappresenta ormai un valore acquisito dalle società moderne in tutto l’Occidente e costituisce il presupposto per il libero svolgimento della personalità degli individui, per il ripudio di pesanti discriminazioni e per l’affermazione concreta della parità di trattamento di cittadini e cittadine.
Il riconoscimento della pluralità dei diritti patrimoniali ed extrapatrimoniali che ne deriva garantisce la parità sostanziale di trattamento delle lavoratrici e dei lavoratori ed è il presupposto per l’estensione ai partner dei diritti e dei beneficî oggi previsti per i coniugi, sia a livello pubblico sia in ambito aziendale.
Le delegate e i delegati del 15° congresso nazionale della CGIL auspicano pertanto l’introduzione di istituti per il riconoscimento giuridico delle famiglie di fatto allo scopo di affermare il principio di uguaglianza formale e sostanziale per tutte le persone, e impegnano l’Organizzazione a individuare nei contratti di lavoro criterî di parità di trattamento per i partner della coppia non legalmente riconosciuta.
L’attuale normativa vigente in materia di rettificazione di attribuzione di sesso ha certamente costituito un traguardo importante per la nostra società, ma rimane problematica in alcuni suoi aspetti in merito alla protezione del diritto all’identità personale e del diritto alla riservatezza delle persone transessuali e transgender. Lo stesso vale per le norme in materia di ordinamento di stato civile riguardo al cambio del nome e dell’indicativo di genere. Inoltre, la scarsa attenzione rispetto agli strumenti offerti dalle norme in materia di parità di trattamento tra uomo e donna, contrariamente a quanto espressamente indicato in più occasioni dalla Corte di Giustizia europea, ha nel tempo pregiudicato una protezione efficace contro la discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori transessuali e transgender.
Le delegate e i delegati del 15° congresso nazionale della CGIL auspicano pertanto interventi normativi volti a tutelare il rispetto all’identità-persona della persona transessuale o transgender in ogni fase del percorso di transizione, inclusa la rettificazione degli atti dello stato civile indipendentemente dall’intervento chirurgico di riattribuzione, e chiedono all’Organizzazione di impegnarsi per un’adeguata applicazione delle norme in vigore in materia di parità di trattamento tra uomo e donna allo scopo di garantire la protezione da ogni forma di discriminazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori transessuali e transgender.
Nel corso dell’attuale legislatura sono state avanzate proposte legislative, fortunatamente senza esito, allo scopo di disciplinare la prostituzione che avrebbero gravemente pregiudicato la libertà personale, la dignità e la sicurezza di donne e uomini.
A tal riguardo, i delegati e le delegate del 15° Congresso Nazionale della CGIL ritengono doveroso un impegno dell’Organizzazione finalizzato a sostenere sul piano internazionale un’efficace e drastica azione contro la tratta, il traffico, la riduzione in schiavitù di minori, di donne e di uomini costretti a prostituirsi contro la propria volontà.
Allo stesso tempo, i delegati e le delegate auspicano inoltre riforme legislative volte a creare condizioni che affermino il principio dell’autodeterminazione e della tutela dei diritti civili e sociali sia per chi voglia praticare la prostituzione in dignità, sia per chi decida di abbandonarla.
È necessario di conseguenza individuare e fornire gli strumenti affinché ambedue le scelte siano possibili nel pieno rispetto dei diritti umani, civili, sociali e di cittadinanza: in particolare occorre intensificare la lotta contro ogni forma di discriminazione e pregiudizio, di stigmatizzazione e di esclusione sociale che colpisce in modo più doloroso immigrati e immigrate e i soggetti più deboli.
Ordine del giorno N. 9 su laicità e conoscenza
La CGIL svolge il XV° Congresso a una settimana dalla celebrazione da parte dei protestanti italiani della settimana della libertà, in ricordo del riconoscimento avvenuto nel 1848 dei diritti civili ai valdesi e agli ebrei, celebrazione che quest’anno richiama l’attenzione del Paese sui temi della laicità come conseguenza primaria delle scelte di libertà operate dalla Costituzione Repubblicana.
Il principio di laicità dello Stato italiano e di tutte le espressioni istituzionali è fondamento della Carta Costituzionale, principio supremo dell’ordinamento repubblicano (sentenza n. 203 del 1989).
Il principio di laicità è diretta espressione di una società pluralista e inclusiva che si arricchisce del contributo di tutti, garantendo lo scambio e il reciproco rispetto, senza imporre una propria visione del mondo, ma unicamente le regole che la Costituzione ha posto alla base della nostra convivenza civile. Non è freddo accostamento di differenze, ma apertura e tolleranza, ascolto e contatto.
In una società multietnica e multiculturale, come la nostra, ci può essere la tentazione di costruire enclave difensive delle reciproche espressioni culturali, chiuse in una difesa sbagliata del proprio legittimo diritto di esistere. Vanno invece incoraggiati i luoghi in cui opinioni, fedi e valori diversi vengono a confronto e dialogano, si riconoscono e si rispettano.
In questo senso laicità è un ambito mentale, la capacità di ascoltare gli altri ma anche di aderire a un’idea, un’opinione, un credo religioso conservando la propria capacità critica e il distacco emotivo che apre al dubbio e alla leggerezza dell’ironia.
Le contraddizioni e i conflitti di una società travagliata, i cui condizionamenti ricadono principalmente sui giovani, non devono trovare alimento nei luoghi della produzione e trasmissione della conoscenza che, accogliendo e mettendo in relazione tutte le istanze, restituiscano cittadini consapevoli e tolleranti, predisposti alla pace e alla collaborazione fra i popoli.
La conoscenza, illimitata nelle sue potenzialità, non tollera i confini mentali e i recinti che derivano da pregiudiziali ideologiche o religiose, è un bene che appartiene a tutti perché potente fattore di crescita individuale e sociale e di democrazia sostanziale.
La scuola della Repubblica e l’Università, come espressioni istituzionali dei principî costituzionali, sono per la loro funzione i luoghi dell’incontro e del dialogo, in quanto spazî della neutralità dello Stato repubblicano, devono essere agorà aperte a tutti, da cui devono essere bandite tutte le forme di discriminazione e di prevaricazione di un’espressione culturale sulle altre, ivi comprese quelle simboliche. Sono e devono essere casa di tutti (art. 34, comma primo della Costituzione), cioè luogo che educa a vivere la propria identità in una società plurale, nella convinzione che la laicità non è un’ideologia contraria alla religione né vuole ridurre la fede a un espressione privata, ma è paziente ricerca, nel confronto e nel dialogo fra soggetti diversi, assunti nella loro integrità, di regole, accettate da tutti e valide per ciascuno, per agire nello spazio pubblico senza privilegî.
La ricerca è un valore che fa avanzare i confini del sapere e quindi produce conoscenza; deve essere mantenuta libera da ogni tipo di condizionamento ideologico, religioso, politico e del mercato. Unici strumenti di regolazione devono essere un sistema di valutazione e lo sviluppo di un vero senso di responsabilità sociale da parte dei ricercatori.
Il XV° Congresso della CGIL:
- esprime soddisfazione per la pronuncia con la quale il TAR del Lazio, in materia di “Portfolio” e quindi di valutazione nel primo ciclo di istruzione, ha sospeso l’applicazione della CM 84/05 non solo laddove è carente circa il rispetto del diritto degli alunni alla riservatezza, ma anche perché, prevedendo l’inserimento nella scheda di valutazione dell’insegnamento confessionale della religione cattolica, vìola un’espressa norma del TU in materia di istruzione, contraddice in modo grave il rispetto della libertà di coscienza e di religione, rispetto peraltro previsto dalla stessa norma concordataria dell’Accordo fra Italia e Santa Sede del 1984, confligge platealmente col ricordato supremo principio costituzionale della laicità;
- si esprime a favore del pluralismo nelle istituzioni e non del pluralismo delle istituzioni, fondato sul rispetto e lo scambio. Ritiene dunque che lo Stato debba svolgere il ruolo di garante delle libertà di tutti e perciò non si debba fare portatore di posizioni di parte, né concedere privilegî discriminatori, né piegare la ricerca e la cultura ai vincoli e ai limiti posti da fedi o ideologie;
- si impegna a continuare a mettere in atto tutte le azioni necessarie affinché il principio di laicità possa sempre abitare nella scuola pubblica;
- si impegna a operare perché lo Stato garantisca la libertà della ricerca pubblica.
Ordine del giorno N. 14 su Legge 194 e tutela dell’embrione
Il Congresso Nazionale della CGIL esprime preoccupazione e sconcerto per i reiterati attacchi alla legge 194 e i ripetuti moniti alla tutela «…della difesa e del rispetto della vita umana dal concepimento al suo termine naturale…» che sostengono il concetto espresso durante la campagna referendaria sulla procreazione medicalmente assistita, secondo cui l’embrione è già persona sin dal concepimento.
La legge 194 sulla tutela sociale e sulla interruzione volontaria della gravidanza è frutto di una mediazione politica, sociale e culturale raggiunta nella grande stagione di mobilitazione delle donne negli anni ’70 e simbolicamente rappresenta il diritto all’autodeterminazione, a una sessualità libera, alla tutela della salute della donna.
Il Congresso Nazionale della CGIL, nel ritenere la 194 una conquista irrinunciabile e di grande civiltà, rimessa in discussione dal centro-destra e da un incomprensibile e anacronistico integralismo religioso, ne rilancia il sostegno.
Per questo chiediamo:
- che la legge 194 sia attuata pienamente su tutto il territorio nazionale;
- un forte impegno finanziario del Governo affinché tutta la rete dei consultori in Italia sia sviluppata rispettando la percentuale di un consultorio ogni ventimila abitanti;
- l’ampliamento dell’organico socio-sanitario che in questi anni ha visto un massiccio ridimensionamento del personale, con un pesante aggravio del lavoro per operatrici e operatori dei consultori;
- l’adeguamento di tutte le strutture che restituisca alle comunità un servizio originariamente all’avanguardia sia rispetto alle politiche per la promozione della salute che alla partecipazione attiva delle donne alla vita dei consultori stessi;
- la presenza di almeno una mediatrice culturale in ogni consultorio;
- l’immediata disponibilità della RU 486 (pillola abortiva) su tutto il territorio nazionale, nel pieno rispetto della legge 194;
- la possibilità di acquisto della “pillola del giorno dopo” (Norlevo) senza ricetta medica.
Riteniamo infine che nel clima politico che si è determinato a riguardo, occorra condannare qualsiasi ingerenza esterna, pressione e intrusione dello Stato nelle scelte che riguardano la sessualità, la procreazione libera e consapevole e la tutela della salute delle donne.
Laicità e diritti civili (Stralcio dal documento politico conclusivo)
Intervento di Gianni Nigro, segretario generale per il Lazio della Funzione Pubblica CGIL, in apertura del congresso regionale (Viterbo, 14-16 febbario 2006).
Il modello di Stato che vogliamo, a differenza di quello che oggi ci troviamo, è equo, solidale e laico. La laicità non è un’acquisizione contro appartenenze religiose o culturali ma è uno “strumento” che tende all’integrazione dei diversi in uno spazio comune contro ogni fondamentalismo e rappresenta una premessa al passaggio dal multiculturalismo all’intercultura.
La laicità implica anche il religioso e lo integra con categorie proprie nel contesto culturale del Paese d’appartenenza. Laicità e interreligiosità sono prospettive ancora lontane nella realtà italiana ma costituiscono un obiettivo fondamentale da raggiungere.
Una democrazia autentica è rispetto delle appartenenze, delle libertà culturali, sociali e religiose, è dialogo tra diversi e partecipazione a scelte comuni. Questo tema, anche in sede internazionale, si è spesso intrecciato con il tema del rapporto fra diritti individuali e diritti collettivi, nonché fra differenza di genere e diversità culturali.
L’autodeterminazione nella sfera personale, in particolare rispetto alle questioni della sessualità e della riproduzione, conquistata con grandi lotte culturali e di movimento, è oggi rimessa in discussione da una forte tendenza clerico-integralista.
La libertà di decidere autonomamente della propria vita, tuttavia, se ha come punto di partenza obbligato la sfera della sessualità e della riproduzione, riguarda anche moltissimi altri campi, che il tradizionale dibattito sui diritti umani suddivide piuttosto arbitrariamente fra “diritti civili” (la libertà nella scelta del coniuge o del/della partner, la libertà di movimento e di scelta della residenza, la libertà di parola e di espressione, ecc.) e “diritti economici sociali e culturali” (il diritto allo studio, al lavoro, alla libera scelta della professione, all’autonomia culturale, ecc.), nonché da un uso distorto delle tradizioni culturali e sociali.
In questo Paese è tuttora riconosciuto solo al “matrimonio” il valore di contratto economico sulla base di una lettura di famiglia, nucleo fondamentale della struttura sociale, che la vincola alle regole religiose anziché a quelle sociali creando nella società nuclei, sempre più diffusi, di persone con uno status socio-economico o giuridico svantaggiato. Dovrebbero fare pace con se stessi coloro che hanno votato la Bossi-Fini che, tra le tante nefandezze, divide le famiglie degli immigrati, anche se sposate in chiesa, solo in base alla condizione lavorativa.
Il nostro Paese, che si autodefinisce portatore di cultura, di libertà e democrazia, tanto da partecipare all’esportazione di democrazia tramite guerra, ignora persino quanto dichiarato dall’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, ovvero che «Alla definizione della famiglia come nucleo fondamentale della società si giustappone il riconoscimento del fatto che la famiglia è frutto di una costruzione sociale, che viene pertanto influenzata e trasformata dai mutamenti demografici e socioeconomici.
Gli standard internazionali in materia di diritti umani possono influenzare positivamente questi mutamenti, imponendo che i principî del consenso e dell’eguaglianza rimangano i princìpî base attorno ai quali si ristrutturano questo tipo di relazioni». Per tutto questo abbiamo partecipato alle due grandi manifestazioni di Milano e Roma e per questi diritti ci batteremo nel prossimo futuro perché l’Italia si integri in Europa anche sul terreno dei diritti civili tutti. Che sia possibile in Italia ciò che è possibile nei principali Paesi europei a meno di pensare che ancora, nel terzo millennio, ci troviamo i “barbari” ai nostri confini.