Il referendum emiliano sulla parità scolastica slitta ancora

CRONACA DI UNA TRUFFA AI DANNI DEI CITTADINI

Come il Presidente della Regione Emilia Romagna è riuscito per la seconda volta a rinviare il referendum; come i cittadini risponderanno

Il Presidente della Regione aveva evitato l’obbligo di indizione entro il 15 luglio 2000 del referendum abrogativo della Legge regionale che finanzia direttamente e indirettamente le scuole private della Regione per novembre 2000, in base a un’interpretazione della legge regionale sui referendum che introduceva la sospensione di ogni sua decisione nei sei mesi successivi alle elezioni regionali del 16 aprile.

La maggioranza (dal PPI a al PRC) aveva sostenuto compatta il suo operato, convinta della necessità di evitare il pronunciamento popolare prima delle elezioni politiche di primavera.

Il Comitato Scuola e Costituzione aveva allora deciso di raccogliere altre firme per presentare una proposta di legge popolare tesa a permettere lo svolgimento della consultazione nel periodo fra il 4 dicembre e il 18 febbraio.

Anche in quest’occasione il successo è stato eccezionale: in tre settimane sono state raccolte circa 6.000 firme e si è verificato sul campo la grande attenzione dei cittadini per il tema della scuola, la loro volontà di intervenire direttamente e il significativo dissenso con le politiche scolastiche regionali e nazionali a favore della scuola privata.

Il 16 ottobre è cessato il periodo di sospensione del procedimento che era stato avviato in seguito alla consegna delle 60.000 firme del 9 marzo e alla delibera di validità della proposta di referendum emessa l’11 aprile dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

La legge sui referendum prevede che di norma, cioè in via ordinaria, la consultazione si debba svolgere o nel periodo 1° novembre - 15 dicembre ovvero in quello 15 maggio - 30 giugno e che pertanto in caso di sospensione si debba procedere in funzione dell’unico vincolo previsto: l’intervallo di 120 giorni fra l’indizione e lo svolgimento.

Cessata la sospensione il procedimento doveva riprendere dal punto ove era giunto, cioè dall’obbligo di indizione il 17 ottobre per il primo giorno utile dopo 120 giorni, cioè domenica 18 febbraio 2001.

Il Comitato promotore, in assenza di segnali da parte del Presidente, ha chiesto pertanto al Presidente di procedere in tal senso con una lettera datata 4 ottobre 2000.

Il 16 ottobre sono state consegnate le 6.000 firme raccolte.

Nonostante tale mobilitazione - e il dettato della legge - il Presidente ha emesso il decreto di indizione per il 20 maggio 2001, sostenendo che il referendum si possa svolgere “soltanto” alla prima tornata utile “normale”.

Dove sta il trucco? La legge regionale prevede che i referendum regionali non possano svolgersi nei tre mesi precedenti e successivi alle elezioni politiche nazionali.

La data del 20 maggio è quindi una data-truffa: sarà inevitabile un ulteriore rinvio a novembre 2001, cioè a più di due anni dal momento in cui i cittadini hanno sottoscritto la proposta e a quasi tre dall’approvazione della legge oggetto della consultazione.

L’obiettivo è quello di evitare a tutti i costi il pronunciamento diretto dei cittadini.

Il Presidente ha il terrore di vedere sconfessati il suo operato e la sua Giunta da un pronunciamento diretto degli elettori.

Addirittura il Sottosegretario alla P.I. Giovanni Manzini (PPI) si è permesso di dichiarare non solo che occorre adeguare la legge nazionale di parità alla legge regionale, ma che ritiene «una cosa assurda che si faccia […il referendum], lo ritengo privo di qualsiasi fondamento civile».

Tale situazione si è creata a causa dell’impostazione della legge regionale sui referendum, che non tutela i sottoscrittori, non prevedendo, come fa la legge nazionale, un organo terzo che ha il compito di risolvere le controversie fra chi deve indire e i promotori.

Penso che l’unica soluzione per difendere i diritti dei 66.000 cittadini, che hanno chiesto di decidere direttamente sul futuro della scuola pubblica, sia ricorrere all’autorità giudiziaria, chiedendole la sospensione del decreto e l’ingiunzione al Presidente dell’indizione per il 18 febbraio.

In tal modo sarebbe il Comitato promotore a introdurre nel procedimento l’organo terzo che la legge non prevede.

Questa è la proposta che faremo a tutte le forze che hanno sostenuto la raccolta di firme: verificheremo chi vuole battersi fino in fondo per il rispetto dei diritti primari, fondativi di ogni Stato che voglia chiamarsi democratico.

In ogni caso il referendum non può essere annullato e il Comitato promotore continuerà a essere il rappresentante di tutti i cittadini che hanno ritenuto la questione del futuro assetto del sistema scolastico di tale importanza da richiedere una decisione diretta degli elettori.