Quattro matrimoni e un funerale: nuove religioni e pseudoscienza

Prima parte: i casi Maurice Bucaille e Harun Yahya

di Stefano Bigliardi

 

Chi legge L’Ateo sa che esistono due linee principali di critica alla religione. La prima è di tipo etico-morale; si incentra sulle malefatte, storiche e contemporanee, e l’ipocrisia, della religione come istituzione politica o comunque dotata di potere. La seconda è di tipo razionalistico-scientifico; chi segue questa linea cerca di confutare, sulla scorta delle scienze naturali, e della logica, alcune dottrine religiose fondamentali quali la creazione e l’immortalità dell’anima.

A quest’ultimo tipo di critica i credenti meno ferrati in materia possono essere inclini a rispondere con una separazione di scienza e religione: sono due campi distinti, affermano. I teologi più accorti e sottili, o gli scienziati credenti, si difendono invece dichiarando che le loro credenze sono compatibili con le teorie scientifiche. Per esempio, possono sostenere che le scienze naturali non riescono a spiegare tutto e che in quella porzione di conoscenza lasciata “scoperta” c’è legittimamente spazio per concetti e narrazioni come un dio personale e l’aldilà. Nel caso delle religioni tradizionali la tesi della compatibilità con la scienza può essere vista come una reazione della teologia a uno stimolo esterno, ossia rispetto a temi non originariamente presenti nei testi sacri nei quali per lungo tempo si è creduto in modo letterale. Differente è il caso delle nuove religioni, basate su testi (o rivelazioni) risalenti a pochi decenni fa. In questi casi, spesso, il messaggio religioso cerca da sé, esplicitamente ed estesamente, il confronto con la scienza, tentando di fondersi o confondersi con essa.

Questo articolo in due puntate è inteso come una piccola mappa delle variegate tattiche e strategie con cui nuovi messaggi religiosi tentano di impostare un rapporto amichevole e virtuoso con le scienze naturali. Mi soffermo su quattro casi emblematici: quattro tipi di “connubio” o, ironicamente, di “matrimonio”. I primi due, trattati in questa prima parte, rispettivamente sviluppati da Maurice Bucaille e da Harun Yahya, si rifanno al Corano. Tuttavia, a causa della loro autonomia e creatività, si possono avvicinare a nuovi messaggi religiosi, derivati dell’Islam ma dotati di propri metodi di identificazione della verità, proprie figure chiave e proprie “grandi narrative”. Gli altri due, oggetto della seconda parte, sono invece nuove religioni nel pieno senso dell’espressione: il movimento raeliano e Scientology, rispettivamente fondati da Claude Vorilhon (alias Rael) e da L. Ron Hubbard. Cercherò di mostrare analogie e diversità delle strategie con cui i rispettivi messaggi religiosi cercano di presentarsi con credenziali scientifiche ovvero di incorporare il prestigio comunemente accordato alla scienza. La parte finale della seconda parte è dedicata al “funerale” che, in tali messaggi, si decreta al senso critico e alla scienza vera e propria. Una domanda correlata è se la presa che tali messaggi di fatto esercitano sia sintomo, o causa, di analfabetismo scientifico e quanto siano da considerarsi innocui ancorché stravaganti.

Maurice Bucaille (1922-1998) era un gastroenterologo francese. Nato nel Calvados, riuscì brillantemente nella sua professione tanto da aprire un ambulatorio a Parigi e ad annoverare tra i suoi clienti la moglie del presidente egiziano Anwar Sadat (1918-1981). La vita di Bucaille è conosciuta solo grazie al poco che lui stesso racconta nei propri libri, che fiorirono prima del boom di internet. Bucaille era tanto popolare quanto geloso della sua vita privata e fornisce solo quei dettagli biografici che ritiene funzionali a presentare la sua “scoperta.” Narra dunque Bucaille che, a cinquant’anni suonati, apprese l’arabo per leggere il Corano in lingua originale, seguendo l’invito di alcuni pazienti musulmani. In seguito, grazie alle sue amicizie in alto loco, partecipò a una commissione che esaminò medicalmente le mummie dei faraoni conservate nel museo egizio de Il Cairo. Bucaille sostiene che una di tali mummie corrispondesse al faraone che inseguì Mosè durante l’esodo, una narrazione presente tanto nel Vecchio Testamento quanto nel Corano. Secondo Bucaille la mummia presenta lesioni mortali da urto o schiacciamento e nessun segno di permanenza prolungata in acqua. Ora: siccome la Bibbia menziona l’annegamento del faraone e il Corano racconta invece che fu “scagliato” in mare, ne risulta, secondo il medico francese, che il Corano è scientificamente accurato e la Bibbia no.

In un libro divenuto un evergreen nel mondo musulmano (anche se è forse più citato che letto), La Bibbia, il Corano e la scienza (1976), Bucaille presenta la Bibbia come un testo scientificamente insostenibile, ancorché divinamente ispirato, e il Corano come un testo scientificamente accurato nella descrizione di alcuni “fatti” storici e scientifici ovviamente sconosciuti al Profeta e ai suoi contemporanei 1400 anni fa, il che dimostrerebbe l’origine e la natura interamente divina del Corano medesimo. L’esempio del faraone è solo uno dei tanti: secondo Bucaille il Corano contiene descrizioni corrette, per esempio, anche dello sviluppo dell’embrione nel ventre materno, o della struttura delle montagne. Bucaille riformulava così in termini di “inimitabilità nell’accuratezza scientifica” una classica dottrina teologica islamica, secondo cui la divinità del Corano è provata dalla inimitabilità della sua perfezione formale. Anche se Bucaille non le cita (il suo stile infatti è lungi dall’essere quello di uno studioso rigoroso), le “scoperte” della presunta coincidenza di “fatti” della scienza con passaggi del Corano erano presenti in trattati precedenti. Tuttavia, con la sua aura di “scienziato occidentale” (peraltro percepito come un convertito all’Islam, pur non avendo mai esplicitamente dichiarato di esserlo), Bucaille diede immenso prestigio e visibilità all’idea dell’accuratezza scientifica del Corano, di cui poi numerosissimi autori fecero e fanno tuttora il loro cavallo di battaglia nella difesa dell’Islam come religione compatibile con la scienza.

Occorre specificare che non tutti i musulmani, intellettuali e non, sottoscrivono le idee di Bucaille: vari interpreti islamici si sono scagliati contro questo popolarissimo filone interpretativo. Si sottolinea ad esempio che il Bucaillismo, com’è chiamato, induce a trattare il Corano, erroneamente, come un’enciclopedia di “fatti”, che spesso tali fatti sono pseudoscientifici e che in ogni caso la revisione di un “fatto”, sempre possibile nella scienza, potrebbe invalidare la presunta dimostrazione della divinità del Corano. Tuttavia, il Bucaillismo continua a godere di grande visibilità e popolarità. In questo caso, la “scienza”, o meglio i presunti “fatti” con cui si fa coincidere la scienza stessa, è utilizzata per convalidare la rivelazione divina [1]. Il Bucaillismo, si può dire, prende tre piccioni con una fava: presenta l’Islam come una religione in armonia con la scienza e anzi la cui origine divina è scientificamente dimostrata, discredita le sacre scritture giudeo-cristiane sulla base della scienza stessa e infine neutralizza l’alterità culturale di scienza e tecnologia che, storicamente, furono percepite come strumenti necessari allo sviluppo ma anche alieni in quanto “occidentali”.

Harun Yahya è lo pseudonimo del predicatore religioso, autore e personaggio televisivo turco Adnan Oktar, nato nel 1956. Il suo pseudonimo evoca i profeti Aronne e Giovanni. Nelle sue pubblicazioni e nei suoi programmi, Yahya cerca di presentarsi come il rappresentante di una versione aggiornata, tecnologica e “aperta” dell’Islam. Il modo in cui lo fa a volte è audace, come nel caso del dialogo con rabbini ebrei ortodossi (utile anche per far dimenticare un flirt con il negazionismo dell’olocausto in un suo libro degli esordi). Altre volte è un po’ grottesco, come quando Yahya, che predilige abiti di marche costosissime, si circonda di modelli muscolosi e modelle formose e ne elogia enfaticamente l’avvenenza. Oktar/Yahya, che in gioventù intraprese ed interruppe studi di filosofia ed in seguito di design di interni, salì alla ribalta come predicatore e intorno a lui si raggruppò una cerchia di giovani dell’alta borghesia, paragonabile a una setta. Alcune delle accuse mosse a Yahya come caposetta (ricatto, violenza sessuale, detenzione di stupefacenti) sono l’oggetto di processi tuttora pendenti.

Tanto per l’Harun Yahya leader religioso e predicatore, quanto per quello scrittore e predicatore televisivo, l’evoluzione darwiniana è la bestia nera; cerca di presentarla come l’origine di tutti i mali della storia. Da un lato, sostiene, si tratta di una dottrina che incoraggia terrorismo e totalitarismi, dall’altro non è fondata scientificamente bensì pura ideologia (diffusa dalla massoneria: non manca in Yahya anche un elemento complottista). Yahya dedica a questo tipo di messaggio una pletora di libri e di articoli (nell’ordine delle centinaia: ovviamente scritti da una squadra di ghost writers e tradotti da simpatizzanti in dozzine di lingue) che si possono anche scaricare gratuitamente dal web e che, nonostante gli aspetti controversi o a volte francamente ridicoli del personaggio, godono di una popolarità globale.

Un altro filone seguito da Yahya nella sua copiosissima produzione è l’esaltazione del mondo naturale, i cui fenomeni presenta come “miracoli” favorevoli all’esistenza degli esseri umani e dunque segni dell’esistenza di un Dio benevolo (in tal senso si devono anche interpretare i complimenti sperticati alla bellezza dei giovani ospiti nei suoi programmi). Tutti i libri di Yahya sono riccamente illustrati e patinati, sono scritti in un linguaggio semplice e sono infarciti di schemi con dati numerici, o citazioni (peraltro altamente decontestualizzate) di celebri scienziati o presunti tali. In questo caso si ha un messaggio religioso che, mimando la divulgazione scientifica, cavalca il prestigio della scienza stessa, e ci riesce anche bene, soprattutto in quei Paesi in cui la cultura scientifica generale è scarsa e i prodotti editoriali sono mediamente di qualità assai inferiore agli accattivanti libri di Yahya. Occorre sottolineare che Yahya paradossalmente “cavalca” la scienza anche quando la contrasta, ovvero quando attacca l’evoluzione biologica. Proprio grazie alla mimesi della divulgazione scientifica che ho menzionato, Yahya crea infatti l’illusione di discutere le nozioni evolutive ad armi pari con gli esperti, sostenendo che mancano prove, o che i fenomeni naturali dimostrano il contrario, ed è così percepito a sua volta come competente [2].
 

Note

  1. Il libro di Maurice Bucaille è disponibile in innumerevoli edizioni e la versione inglese è facilmente reperibile su internet. Chi desidera leggere un resoconto storico-critico della diffusione del Bucaillismo, scritto da un fisico che è anche un musulmano credente, può procurarsi il saggio di Nidhal Guessoum, 2008, “The Qur’an, Science, and the (Related) Contemporary Muslim Discourse”, Zygon 43 (2): 411-431.
  2. Al momento, il resoconto critico più approfondito e completo su tutti gli aspetti della “impresa Harun Yahya” è il libro di Anne Ross Solberg, The Mahdi Wears Armani (Huddinge: Södertörns högskola, 2013).

 


 

Stefano Bigliardi è insegnante di filosofia presso il Tec de Monterrey (Campus Santa Fe, Città del Messico) e ricercatore affiliato al Centro di Studi Mediorientali (CMES) dell’Università di Lund (Svezia).

Da L’ATEO 6/2014