Alcuni pensieri su Galileo (e sulla chiesa)

di Enrica Rota

 

Galileo Galilei. Il padre della scienza moderna. Lo ricordiamo in modo particolare quest’anno, il 450° dalla sua nascita.

Non siamo però gli unici a celebrare gli anniversari galileiani. Ventidue anni fa infatti, nel 1992, fu paradossalmente proprio la chiesa cattolica a ricordare il 350° anniversario della morte dello scienziato, in occasione della sua “riabilitazione” ad opera di Papa Wojtyla. E siccome questa riabilitazione ecclesiastica era stata fatta con intenti ben precisi che non erano certo quelli di rendere giustizia a Galileo, ci proponiamo qui di restituirgli il dovuto ricordandolo in una maniera diversa e “alternativa” rispetto a quella adottata dalla chiesa cattolica.

Che cosa aveva dunque in mente il Santo Padre quando, il 31 ottobre 1992, pronunciava il suo discorso “riabilitante” di fronte alla Pontificia Accademia delle Scienze? Si trattava davvero di un sincero mea culpa, di un leale riconoscimento degli errori commessi nel passato da Santa Madre Chiesa? Un leale riconoscimento di errori avrebbe potuto essere formulato così: “La terra gira intorno al sole; il sole NON gira intorno alla terra. Galileo aveva ragione, la chiesa aveva torto. Ergo la chiesa non avrebbe dovuto condannare Galileo”. E magari avrebbe anche potuto essere accompagnato da un piccolo proposito per il futuro, tanto per dimostrare di avere imparato la lezione: “Da adesso in poi, perciò, Santa Madre Chiesa si asterrà dal ficcare il naso nelle questioni scientifiche e si limiterà ad occuparsi di quelle spirituali”. Una cosa, del resto, che Galileo stesso auspicava quando affermava, per difendersi dai suoi avversari aristotelico-baciapil-tolemaici, che l’intenzione dello Spirito Santo era quella di insegnarci “come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”. Due campi ben distinti e separati, dunque, quelli della scienza e della fede. Ed è proprio questo il rospo che la chiesa cattolica non ha mai digerito e che continua a non digerire.

Accogliendo Galileo fra i suoi devoti figli ed ammettendo i torti dei teologi del tempo (notare bene, i torti dei teologi del tempo, NON di Santa Madre Chiesa come istituzione!) che si ostinavano a sostenere la teoria geocentrico-tolemaica, Papa Wojtyla nel suo discorso del 1992 si proponeva alcuni ben precisi obiettivi che possiamo riassumere così:

  1. esautorare i movimenti “laicisti” brutti e cattivi che hanno fatto di Galileo il simbolo della libera ricerca ostacolata dall’oscurantismo ecclesiastico ed al contempo operare una vera e propria appropriazione indebita nei confronti della figura di Galileo a tutto favore della chiesa;
  2. sfatare il “mito” che esista una intrinseca opposizione fra scienza e fede;
  3. presentare la chiesa cattolica non più come nemica ma come amica della scienza;
  4. riaffermare al contempo la superiorità della fede come unica forma di conoscenza che possa dare un senso profondo ad ogni genere di attività umana, scienza (naturalmente!) inclusa. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma, dall’epoca di Galileo in poi.

Qual era, infine, la preoccupazione del Papa alla base del suo discorso del 1992, la vera “molla” che lo aveva spinto a riabilitare lo scienziato pisano? Nel discorso si parla di situazioni analoghe al caso Galileo che si presentavano in quegli anni e che si sarebbero potute presentare in futuro … Il cruccio papale era dovuto agli allarmanti (per la chiesa) sviluppi delle scienze biologiche e genetiche, quelle scienze “del vivente” che sempre più sembrano in grado di sostituirsi a Dio nella manipolazione e creazione della vita e che mettono a repentaglio proprio quel concetto di “anima” in assenza del quale qualsiasi fede è destinata a crollare: nuove e preoccupanti teorie e conoscenze foriere di una seconda “rivoluzione copernicana” che, come già quella precedente, nulla di buono prometteva per la chiesa … da qui la necessità di arginarla preventivamente tentando, ancora una volta, di sottomettere la scienza … ed ipocritamente utilizzando a tal fine proprio la memoria di quel Galileo che già da vivo era stato tartassato dai soprusi e dalle prepotenze ecclesiastiche.

È stato triste vedere il povero Galileo strumentalizzato, da morto, proprio dalla stessa genìa di persone che lo avevano perseguitato quando era in vita, ed è per questo che noi vogliamo ribaltare la situazione e restituirgli ciò che gli è dovuto, ricordandolo sia come grande scienziato sia come una delle numerose vittime innocenti delle prevaricazioni ecclesiastiche e rivendicando con lui, a voce alta, la necessità della più completa autonomia della scienza nei confronti di qualsiasi ingerenza religiosa.

Quel rigoroso metodo delle “sensate esperienze” accompagnate dalle “necessarie dimostrazioni” che Galileo inaugurò e che tuttora costituisce la strada maestra della scienza non ha bisogno di supervisori, di guide spirituali o di presunte forme di saggezza superiore per trovare la via da percorrere o gli obiettivi da perseguire – è perfettamente in grado di gestirsi da sé. Finché la chiesa non accetterà questo fatto e non si limiterà ad occuparsi di “come si vadia al cielo” ma continuerà invece a voler dire la sua anche riguardo a “come vadia il cielo” (e a come vadano, o debbano andare, anche tutte le cose su questa terra), falsi e ipocriti suoneranno tutti i suoi riconoscimenti di colpe e le riabilitazioni postume delle sue numerose vittime, o meglio saranno facilmente riconoscibili per quello che veramente sono: ignobili tentativi di riabilitare se stessa.

Da L’ATEO 6/2014