Margherita Hack

di Sergio Staino

 

Dire pane al pane e vino al vino, vi sembra poco? Ma ci sarà, dico, cosa più bella che poterlo fare sempre, in ogni occasione, sia pure la più spinosa e imbarazzante? È davvero una gran bella dote. Mi direte: fortunatamente ci son tante persone che lo fanno e, per dirla tutta, spero tanto di essere anch’io tra questi. Ma a saperlo dire sempre con un sorriso e con tanta gentilezza quante ce ne sono? A me, sinceramente, ne viene in mente solo una: Margherita Hack.

Al di là dei suoi meriti scientifici che altri assai più competenti di me hanno riconosciuto e continueranno a riconoscere, al di là delle sue posizioni politiche così generose e solidali che ho in larga parte condiviso, l’aspetto che più amo ricordare di Margherita è proprio questa sua capacità di sorriso, di interlocuzione affettuosa con cui presentava con chiarezza ed onestà i suoi convincimenti più profondi, dalle stelle alle stalle, dall’astrofisica alla politica quotidiana.

Questo, che può sembrare cosa semplice, lo si può invece fare solo se alle spalle abbiamo una grande serenità, una serenità che nasce dalla coscienza della transitorietà della nostra vita, della limitatezza delle nostre conoscenze, della bontà con cui si guarda il mondo che ci circonda, dell’indignazione di fronte alle tante ingiustizie, e dalla profonda disponibilità a pensare, riflettere, e correggersi senza ombra di vergogna quando ci si accorge che su qualcosa ci siamo sbagliati. Tutto questo era Margherita. E tutto questo lo trasmetteva con i suoi scritti, con le sue parole, con il suo sorriso e anche, credetemi, con quel suo fortissimo accento fiorentino.

Sì, proprio quell’accento così sbracato e volgare sulla bocca dei potenti e dei violenti di ogni risma, diventava in lei il mesto accento della gente semplice, delle nostre nonne contadine, così pieno, per dirla con il Carducci, di forza e soavità. Era un vezzo sicuramente, usarlo come faceva Margherita, in una forma così insistente fin quasi ai limiti dell’edonismo, ma era anche quell’arma inaspettata e inconsueta con cui spiazzava i suoi contraddittori costringendoli a confrontarsi con il sano pragmatismo della più nobile tradizione popolare. Ed era, per tutti noi, un bel modo per aiutarci a comprendere le cose non sempre semplici che Margherita voleva dirci. E di cose da dirci, Margherita, ne ha avute sempre tante, tantissime.

 

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Sergio Staino è nato a Piancastagnaio (Siena) nel 1940. Si laurea in Architettura e insegna materie tecniche nelle scuole medie fiorentine, ma presto capisce che la sua vera vocazione è il fumetto. Crea il suo personaggio più famoso, Bobo, nel 1979 sulle pagine di Linus, e collabora con Il Messaggero, il Venerdì di Repubblica, Il Corriere della Sera, L’Espresso, Panorama, l’Unità, ecc. Fonda e dirige il settimanale satirico Tango (1986). Sceneggiatore e regista di due film: Cavalli si nasce (1988) e Non chiamarmi Omar (1992). Vive e lavora sulle colline di Scandicci (Firenze). È Presidente Onorario dell’UAAR dal 2004.