La cazzuola e l’aspersorio

di Marco Accorti

 

«… si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali».

(Curzio Maltese, “I conti della Chiesa, ecco quanto ci costa”)

 

Nel 2006, su queste pagine, apparve un articolo [1] in cui si tentava di fare i conti in tasca a Santa romana chiesa partendo da una ricostruzione storica e bibliografica dei precedenti tentativi. Ne venne fuori un quadro sconfortante, sia per le difficoltà incontrate da chi ci aveva già provato, sia per le conclusioni a cui si era arrivati. In realtà sulla “spesa corrente” – l’importo con cui lo Stato beneficia l’Oltretevere – i dubbi erano stati in parte dissipati da una poderosa quanto poco conosciuta inchiesta condotta nel 2004 da Critica Liberale [2]. Bastò solo aggiornarla per incrementare il maltolto annuo da 2.390.134.679 di € a circa 3 miliardi di €. Senza ovviamente contare sulle varie esenzioni come quelle dall’IVA e dalle dichiarazioni dei redditi per gli enti ecclesiastici. Più problematico risultò ipotizzare il capitale immobiliare e il suo valore quale fonte di rendite eluse o evase. Come conclusione, ecco l’elemento di maggior sconforto, fu costatare che fra i parassiti della società, accanto alla criminalità organizzata e all’evasione/elusione, la Chiesa cattolica apostolica romana (CCAR) occupava un posto di pari importanza: ognuno di questi soggetti si appropriava annualmente di 100 miliardi di € a danno delle finanze pubbliche.

 

Successivamente, nel 2007, uscì su la Repubblica [3] la meritoria inchiesta di Curzio Maltese sulle finanze vaticane che fece conoscere al grande pubblico come la voracità della CCAR ci costasse oltre 4 miliardi di € l’anno. Non è noto se mai il giornalista avesse mai letto l’articolo de L’Ateo, ma il suo incipit, in parte qui riportato in epigrafe, sembrava voler prendere le distanze proprio dalla militanza associativa dei non credenti; forse riteneva che darsi una patente di “non anticlericale” facesse acquisire credito e affidabilità agli occhi dei lettori benpensanti. Del resto è un atteggiamento della maggior parte degli intellettuali che si dichiarano a vario titolo non credenti, ma nel contempo aborrono l’adesione militante e rigettano spesso con sussiego l’anticlericalismo come fosse una nota di demerito, falsasse opinioni e fatti, nonché inquinasse la loro solipsistica purezza intellettuale. È come se solo il loro libero pensare fosse una garanzia di obiettività e non invece soltanto un’opinione che, per quanto originale, trova credibilità attraverso il potere della comunicazione che la sostiene.

 

In questi anni sempre maggiore attenzione è stata riservata alle oscure finanze cattoliche con un tardivo riguardo per l’8x1000 che è sì la pietra dello scandalo, però è solo la punta dell’iceberg affiorante dal pozzo senza fondo delle casse vaticane: è lì, sotto l’occhio di tutti, può essere mistificato, tuttavia non può essere occultato. Anzi, per paradosso, suscitando indignazione, svia l’attenzione dalle innumerevoli, oscure e ben più laute fonti di reddito dell’Oltretevere. Dunque l’8x1000 non è tutto, infatti sappiamo bene come ben più consistenti contributi e benefici lo Stato, non sempre legalmente e ancor meno legittimamente, conceda alla CCAR, imitato da Province e Comuni in una gara di “generosità” a spese dei contribuenti. Oggi è ormai assodato che il Vaticano costi allo Stato italiano almeno 10 miliardi di € ogni anno [4], ma è anche vero che la cifra appare decisamente sottovalutata tanto da poter essere facilmente triplicata [5]. In realtà questa è solo una valutazione prudenziale [6], perché non è tutto qui: Santa madre chiesa è il principale immobiliarista italiano. È quindi opportuno tornare a domandarsi quanto vale il suo patrimonio immobiliare e quindi quanta IRPEF deve allo Stato?

 

Il patrimonio immobiliare. È possibile valutarlo? Chissà … proviamo

In passato si è tentato varie volte di arrivare ad una valutazione [7] ed oggi, a fronte di un clericalismo sempre più invadente nonché sempre più ingordo e in una situazione economica disastrosa, si è tornati a rivedere le bucce a questa spugna che assorbe indefinibili risorse a scapito dei contribuenti. È un tornare anche sui miei passi e verificare più criticamente possibile quanto fossero “strombazzate” le conclusioni a cui ero arrivato.

 

Recentemente il Giornale ha riportato l’indagine di Maurizio Turco a Roma [8] e sulla stampa sono apparse queste notizie relative al patrimonio immobiliare vaticano: 115.000 immobili in Italia, per un valore di 8-9 miliardi di €. Sarà vero? Da una semplice divisione, 9.000.000.000 : 115.000, risulterebbe che un immobile dovrebbe mediamente costare 78.261 €. Possibile? No. In realtà solo le proprietà che fanno capo alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’ex Propaganda Fide, ammonterebbero a 8-9 miliardi, ma questa è soltanto una delle “agenzie immobiliari” vaticane [9]. Dobbiamo aggiungere il patrimonio delle “consociate” vaticane come Caritas, Opus Dei, Focolarini, Compagnia delle Opere, ordini religiosi vari e chi più ne ha più ne metta per arrivare più o meno a 2.000 affiliati [10], nonché le proprietà delle diocesi spesso gestite attraverso società che si comportano da vere imprese immobiliari. Come esempio si può ricordare il discusso vescovo ausiliare Maniago, sodale omertoso dello stupratore don Cantini, che a Firenze è stato «Amministratore unico di una srl per la gestione degli immobili della curia, presidente del cda dell’agenzia di viaggi diocesana …», non ultimo l’aver ricoperto «con piglio manageriale un ruolo cruciale durante il Giubileo 2000» [11]. È lui che trattò con l’ex governatore Martini per assicurarsi un affaruccio con la Regione Toscana che ha permesso alla Conferenza Episcopale Toscana d’incamerare 9 milioni di € a fondo perduto per costruire su propri terreni o per ristrutturare alloggi di sua proprietà. In cambio l’impegno era di immettere sul mercato dell’affitto ad un prezzo calmierato queste case costruite o restaurate con i soldi di tutti noi [12]. L’unica cosa limpida e evidente a tutti è che, per tornare al conteggio precedente, in questo mercante in fiera gli immobili non varranno certamente 78.261 € l’uno.

 

Proviamo a seguire un’altra strada

Il valore medio di una casa è 182 mila € [13]. Qui, invece di una divisione usiamo una moltiplicazione: 115.000 x 182.000. Totale = 21 miliardi di €. Possibile? Mah, la cifra sarebbe forse compatibile con bi e trilocali periferici o con appartamenti di scarso pregio o in cattive condizioni. Quindi, ancora No, 21 miliardi è troppo poco. Per convincersi basta guardarsi intorno; tanto per fare un esempio risulta che in tutta Italia si contano 200 mila posti letto gestiti da religiosi con 3.300 indirizzi [14]. In questo caso non si tratta però di appartamenti, ma di 3.300 edifici che non possono certo valere 182 mila € l’uno.

 

Se poi si allarga ancora di più lo sguardo sulle attività di stretta pertinenza vaticana [15], fra 4712 strutture per la sanità e assistenza, 11084 di istruzione e cultura, e quasi 50.000 propriamente ecclesiastiche, si potrà costatare che nessuno di questi immobili può valere 182 mila €. Si legge anche che «Il 20-22% del patrimonio immobiliare nazionale è della Chiesa» [16], ragion di più per ritenere che 21 miliardi siano decisamente pochi.

 

Proviamo allora a fare un altro conto

In Italia ci sono 27 milioni di abitazioni [17a] e, come si è visto, il valore medio di una casa è pari a 182 mila €. Proviamo ancora una volta con una moltiplicazione: 27.000.000 x 182.000 = 4.914.000.000.000 ovvero 5.000 miliardi di € [17b].

 

Poiché il 20-22% del patrimonio immobiliare italiano è di proprietà della Chiesa di Roma, il 20% di 5.000 miliardi è 1.000 miliardi di €. Sarà questa la valutazione tanto ricercata? Non sarà un’altra di quelle cifre «faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali»?

 

Facciamo ancora un altro conto

È indispensabile una verifica e la si può fare considerando che il patrimonio immobiliare di Roma fu valutato nel 1998 lire 160.000.000.000.000 [18]. Si tratta di convertirlo in euro secondo le tabelle ISTAT e rivalutarlo a oggi [19]

 

Lire 1998                         160.000.000.000.000
€ 2009                                    103.828.494.993
€ rivalutazione 81,3%               84.412.566.429
€ patrimonio rivalutato            188.241.061.422

 

Sia chiaro che qui, in mancanza di dati di riferimento verificabili, si deve andare un po’ a tentoni, più col buon senso che con tabelle inequivocabili. Per fare i conti all’osso sarebbe dunque corretto detrarre da quell’81,3%, almeno nell’interregno 1998-2000 fra lira e euro, un’inflazione di circa il 6-7% [20], ma è anche vero che i prezzi degli immobili dalla fine degli anni ‘90, alla fine del ciclo negativo, hanno avuto ad oggi una rivalutazione ben superiore al 50% [21]. Insomma, non è la “percezione” soltanto: dall’avvento dell’euro i prezzi sono realmente più che raddoppiati.

 

Quindi non è azzardato, se non addirittura conservativo, indicare in almeno 200 miliardi di € il patrimonio del 1998 che nel frattempo però è aumentato per numero di proprietà grazie agli innumerevoli lasciti: «Nel 2006 a Roma si sono registrate più di 8 mila donazioni di beni immobiliari, in provincia sono state 3.200» [22]. Tanta munificità non solo da parte di pie congreghe o d’indomiti fedeli, ma anche merce di scambio con le istituzioni che, come il sindaco Alemanno a Roma, compra prestigio e protezione dal bodyguard Ratzinger pagando una “consociata vaticana”, la fondazione ecclesiastica Raphael Onlus, con i 13 ettari del Parco di Veio all’Inviolatella. Una chicca etica e giuridica: un comune italiano “regala” terra patria a uno Stato straniero. Dunque solo a Roma e provincia più di 11.000 donazioni in un anno; e in 12 anni quante saranno state? Ma non basta. Il patrimonio è anche aumentato di valore per cambio di destinazione di conventi e edifici vari in alberghi, case per ferie, nonché in condomini i cui affitti godono delle innumerevoli agevolazioni fiscali. Solo a Roma sarebbe ragionevole almeno raddoppiare i 200 miliardi del 1998. Ma se solo a Roma il patrimonio immobiliare si potrebbe così valutare in 400 miliardi di €, in Italia dovrebbe essere almeno il doppio, diciamo 800 miliardi €.

 

Il tutto senza considerare le proprietà immobiliari della CCAR sparse nel mondo: circa 200.000 scuole d’ogni ordine e grado, 80.000 istituti di vario tipo (ospedali, dispensari, lebbrosari, istituti per anziani e handicappati, orfanotrofi, giardini d’infanzia, consultori matrimoniali, istituti vari, ecc.) e immobili in numero imprecisato. Tanto per dare un’idea, secondo Jean-Michel Coulot, vice segretario generale alla Conferenza episcopale, gli affitti incamerati dalla CCAR a Parigi equivalgono a un reddito variabile fra i 10 e i 20 milioni di € [23]. Fermiamoci allora a 1.000 miliardi di € che, per quanto appaia un importo smisurato, diventa addirittura una valutazione prudenziale.

 

Ma sarà attendibile? Sicuramente non è l’importo esatto, che qui non interessa né si ha la presunzione di calcolare, quanto la dimensione che appare invece possibile se non realistica. Infatti, se è vero che ci vogliono tre indizi per fare una prova, qui ne abbiamo solo due, ma siccome non si è ancora mai letta da nessuna parte una smentita sui dati immobiliari resi pubblici, prendendo questo “silenzio assenso” come un possibile terzo indizio, a questo punto possiamo ritenere possibili se non comprovate queste «cifre faraoniche quanto approssimative» anche se il risultato viene «… strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali».

 

In realtà siamo in presenza di un mistico sistema offshore, di un gioco delle tre carte in cui la holding della fede, una e trina – Stato Vaticano, Santa Sede e Curia; territorio, spiritualità e Corporate Governance – con ardite partite di giro si configura e si comporta come una società finanziaria che ha quote di partecipazione nel controllo e nella gestione di “aziende satellite”, concentrate in Italia ma sparse per il mondo, che godono dei regimi fiscali più favorevoli. Se dunque la sede legale è a Roma dove c’è la testa del gruppo, è qui in Italia che Stato Vaticano, Santa Sede e Curia dovrebbero pagare i dovuti tributi derivanti dal patrimonio di 1.000 miliardi di €.

 

E di quale cifra sarebbe in credito lo Stato italiano? Be’, se dovessimo considerare l’intero patrimonio affittato a equo canone potremmo ipotizzare una cifra intorno all’1, forse al 2%, quindi 10 o 20 miliardi di €, ma il patrimonio immobiliare, ben più del valore abitativo, ha la funzione di “strumento di produzione” di tutti i redditi della multinazionale CCAR. Quei 1000 miliardi del patrimonio immobiliare sono la base che permette all’Azienda CCAR di operare direttamente negli ambiti più svariati: scuole, case di riposo, musei, ospedali e case di cura, alberghi, centri sportivi, ambulatori e dispensari, agenzie di viaggio, università, musei, centri di comunicazione, attività finanziarie, ecc. Ma in questo sistema è inserito anche l’indotto sconfinato delle “consociate” che spazia dalle parrocchie alle strutture laicali, fino a soggetti come la Compagnia delle Opere che operano sul mercato e nel mondo della finanza. Un impero produttivo di beni e servizi che agisce al di fuori delle regole della libera concorrenza.

 

Il bilancio dell’Azienda CCAR deriva da un’attività produttiva e finanziaria che l’azienda non avrebbe senza il patrimonio immobiliare, ovvero la “fabbrica” – è il caso di dire fabbriceria – a costo zero, con mano d’opera per lo più volontaria o pagata da terzi. Un bilancio che si basa su entrate detassate, degli infiniti e sconosciuti singoli contributi di privati e delle istituzioni, dalle evasioni/elusioni e poi oboli, 8x1000, 5x1000, lasciti, testamenti, azioni, ecc.

 

Ma il bilancio dello Stato italiano, oltre alle mancate entrate, deve calcolare come credito anche le uscite che hanno permesso l’attività dell’Azienda CCAR. Tanto per fare un esempio pratico il San Raffaele a Bari riceverà 150 milioni dalle istituzioni per la costruzione di un ospedale che permetterà di stabilire convenzioni con le Istituzioni da cui arriveranno annualmente chissà quanti altri milioni per l’assistenza medica e anche altri fondi per l’assistenza spirituale. L’Azienda CCAR potrà così eludere una cifra ben superiore ai 150 milioni erosi dalle finanze dello Stato in sovrappiù ai mancati tributi del reddito che hanno prodotto. Un buco nel bilancio che contribuirà ad aggravare il deficit nazionale.

 

Si consideri che nell’ambito dell’assistenza ospedaliera privata la CCAR la fa da padrona e sempre come esempio basta riferirsi alla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor di Milano con più di 1000 posti letto accreditati e un bilancio ufficiale (2007) di 58.200 ricoveri, 25.700 interventi chirurgici, 57.900 accessi al pronto soccorso, oltre 7 milioni e 200mila tra prestazioni ambulatoriali ed esami di laboratorio. Non è certo azzardato valutare che la CCAR si appropri di un 10% dell’intero budget della sanità convenzionata di circa 40 miliardi di € ed è ipotizzabile che altrettanto si possa valutare l’incidenza su tutte le altre attività che può svolgere grazie ai privilegi fiscali e le minori spese che garantiscono vantaggi sulla concorrenza a svantaggio di una libera economia di mercato le cui mancate entrate avrebbero contribuito positivamente al bilancio nazionale.

 

Per tirare le fila di quanto ci costa la CCAR invece di ricostruire un bilancio misterioso e comunque sempre carente quando si cerca di individuare i contributi che riceve, può essere altrettanto descrittivo riferirsi al patrimonio immobiliare come produttore di reddito a cui sommare gli esborsi delle istituzioni, le esternalizzazioni che le sono affidate, le entrate eluse e quelle mancanti da parte di un mercato falsato dalla concorrenza. Forse la cifra esatta non sarà 100 miliardi di €, ma sicuramente il 10%, in accordo con altri [24], descriverà meglio di ogni altra valutazione quanto realmente ci costa Santa romana chiesa.

 

Chi ci costa 100 miliardi l’anno?

Dunque l’8x1000? Quisquilie, bazzecole, pinzillacchere … cos’è mai un miliardo di fronte a 100. In fin dei conti il debito pubblico italiano a oggi è superiore ai 1.860 miliardi di € e non è certo da addebitarsi solo a Santa romana Chiesa. Ecco, c’è quel “solo” su cui vale la pena di soffermarsi. È un dato di fatto che la CCAR da sempre condiziona l’Italia e, senza andare troppo indietro, 150 anni fa cercando di impedire l’unità del paese, oggi determinando la politica nazionale e la vita quotidiana dei cittadini. Ma in questo secolo e mezzo è stata l’unico “potere forte” in campo? E oltre tutto sempre da sola?

 

È storia il connubio con i maggiorenti, possidenti o forze economiche egemoni che siano allo scopo di mantenere se non aumentare un potere temporale eroso da un lato dal sempre più consapevole senso laico della popolazione, dall’altro dalla crescente concorrenza di altre forze alternative alla gestione del potere attraverso il condizionamento della politica e dell’economia. È storia il muto e lucroso intreccio con i banchieri, col fascismo e con le altre dittature, ma anche con un industrialesimo sfruttante e con la partitocrazia. È storia l’abbraccio con la criminalità, dal banditismo di ieri alle mafie di oggi. È storia quell’intreccio da cui è difficile districare chi regge il sacco a chi, per cui è spesso impossibile distinguere il mafioso dal politico o dal gerarca vaticano. È questa la trinità in terra, i tre maggiori parassiti della società che oggi, a loro modo, offrono una surrettizia forma di ordine e di sopravvivenza: corrotti e evasori, mafie e gerarchie vaticane; ognuno che saccheggia il bilancio dello Stato per oltre 100 miliardi di € a spese di sudditi proni, illusi, distratti da teatrini mediatici e sfiancati da un quotidiano sempre più incerto e precario [25].

 

Non ci si scandalizzi né ci si stupisca di quel che può essere fatto passare per impudente e gratuito anticlericalismo: un recente rapporto di Transparency International [26] ha saggiato come in Europa si percepisca la corruzione. Per quanto riguarda l’Italia, a parte politici, parlamento e polizia, sempre nei primi posti anche nel 2004, colpisce il balzo in avanti degli enti religiosi, allora fra gli ultimi oggi fra i primi in graduatoria, un guizzo dal 28 al 53%, un + 25% che oggi li mette in concorrenza per un posto d’onore sul podio della sfiducia. Una sfiducia sì pagata cara, “cifre faraoniche”, ma dai cittadini.

 

Note

 

[1] Marco Accorti, L’8x1000? Quisquilie, bazzecole, pinzillacchere!, «L’Ateo», n. 3/2006 (44), pp. 6-11.

[2] Gianluca Polverari, I contributi pubblici. «Critica liberale», vol. XIII, n. 123-124, gennaio/febbraio 2006, pp. 31-33; n. 3/2006 (44).

[3] http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/conti-della-chiesa/conti-della-chiesa/conti-della-chiesa.html

[4] Gianluigi Nuzzi, Tullio Monti, La fede nel dio denaro, «Critica liberale», vol. XVI n. 167-169, settembre-novembre 2009, pp. 222-226.

[5] ARES, Agenzia di Ricerca Economica e Sociale (a cura di), La casta dei casti quanto ci costa? Arroganze e ingerenze vaticane, con prefazione di Franco Grillini, Editore Malatempora, Roma 2008, 180 pp.

[6] Marco Accorti, L’8x1000?

[7] Idem, per i rimandi bibliografici.

[8] Gian Marco Chiocci, Le case del Vaticano: tesoro da 115mila proprietà, «il Giornale».

[9] L’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) gestisce parte del patrimonio della Santa Sede, mentre l’ex Propaganda Fide i beni derivati da donazioni e lasciti, il tutto con la supervisione dell’IOR sull’intero patrimonio immobiliare della CCAR e sull’Obolo di San Pietro che incamera le offerte dei fedeli.

[10] Francesco Peloso, L’impero esentasse di Propaganda Fide, «Il Secolo XIX», 18 giugno 2010.

[11] «la Repubblica», Firenze 23-3-2008.

[12] Comunicato stampa Agenzia di informazione – G.R.T. (20/06/2007), “Più case ad affitto calmierato: accordo Regione-Conferenza episcopale”; (www.primapagina.regione.toscana.it/22266).

[13] “Gli immobili in Italia”, Agenzia del Territorio e Dipartimento delle Finanze, 2010.

[14] Alessandro Barbera, Finanziaria, gli immobili commerciali del Vaticano. Chiesa e mattone, «La Stampa», 8.XI.2007, pp. 4-5.

[15] Idem.

Sanità e assistenza: 4712

Nidi d’infanzia 399

Consultori familiari 534

Centri di «difesa della vita

e della famiglia» 1.669

Ospedali di medie dimensioni 111

Grandi ospedali 10

Ospedali e case di cura 1.853

Ambulatori e dispensari 136

Istruzione e cultura: 11084

Strutture universitarie

e parauniversitarie 135

Scuole materne 6.228

Scuole primarie 1.280

Scuole secondarie 1.136

Grandi università 5

Musei e biblioteche 2.300

Strutture ecclesiastiche: 49982

Sedi vescovili 118

Parrocchie 36.000

Oratori 12.000

Case generalizie di ordini religiosi 360

Seminari 504

Conventi maschili e femminili 1.000

Totale 65778

[16] Sandro Orlando, San Mattone, «Il mondo», venerdì, 18 maggio 2007.

[17a] Censimento ISTAT 2001.

[17b] La stesura del presente articolo risale al 2010 e i riferimenti sono relativi ai dati allora noti. Recentemente (luglio 2011) l’Agenzia delle Entrate ha fornito un nuovo quadro della situazione immobiliare peraltro differentemente strutturato rispetto a quello offerto dall’ISTAT a cui si era fatto riferimento (www.agenziaterritorio.it/sites/territorio/files/comunicazione/Comunicati%20stampa/Comunicato%20post-convegno%20IMMOBILI%20IN%20ITALIA%202011.pdf). Tuttavia non ci sembra indispensabile adeguare i valori dal momento che oggi il “Totale del patrimonio abitativo” è valutato in 6.335 miliardi di €, valore ben superiore ai 5.000 miliardi precedentemente calcolati ed il cui mancato aggiornamento garantisce una valutazione ancor più prudenziale.

[18] Max Parisi, 1998, Palazzi in nome di Dio, (http://it.groups.yahoo.com/group/ateismoscetticismoereligione/message/15612).

[19] Monte dei Paschi di Siena – Area Pianificazione Strategica, Research & IR, 22 aprile 2010, Il mercato immobiliare italiano e i mutui alle famiglie. La dinamica dei prezzi delle abitazioni in Europa e Usa (1/2), p. 6; (www.mps.it/NR/rdonlyres/D1E1314B–978A-4A8D-89E1-B8725BC9CBE4/41895/Immobiliare220410.pdf).

[20] http://www.rivaluta.it/serie-inflazione-media.asp?t=nic_t

[21] Banca d’Italia, L’andamento del mercato immobiliare italiano e i riflessi sul sistema