La trentenne etero che non vuole figli: l’ultimo tabù.

Apologia semiseria di chi vuole sfuggire al dovere biologico

di Viviana Viviani

Con la simpatia per tutte le presunte diversità che da sempre mi contraddistingue, vorrei portare l’attenzione sulla più emarginata, criticata e derelitta delle minoranze: la donna etero trentenne o poco più che non vuole figli. Alla soglia dei trenta ti senti ancora giovane e piacente, ti vedi magari non tutta, ma buona parte della vita ancora davanti, ingenuamente accetti l’invito a una cena tra amiche nella sciocca illusione di passare una serata piacevole e spensierata… ed ecco che regolarmente, dopo i primi convenevoli e qualche stuzzichino, la maledetta domanda arriva… e tu quand’è che ti sistemi e fai un bel bambino?

A questo punto, se scegli di essere sincera e dire candidamente la verità, cioè che non desideri averne, sui volti delle commensali (perché visto che il 25% delle donne non ha figli, ci sarà pure da qualche parte qualcuna che la pensa come te, ma guarda caso non è mai al tuo tavolo…) si dipinge un’espressione che oscilla tra incredulità e disprezzo. E superato lo shock, partono i luoghi comuni: che donna sei senza figli, ma non ti senti incompleta, e poi da vecchia come fai, sono la più grande gioia della vita… Ok, tutto verissimo, per chi desidera averne è senz’altro così, vorresti dire… ma sei stanca, hai lavorato duramente tutta la settimana e stasera hai pure bevuto un po’, così non hai voglia di lottare, e inizi a giustificarti.

Parti dalle giustificazioni più concrete di stampo economico-sociale (io e il mio compagno siamo precari, non possiamo permettercelo…) che fanno sempre presa, le rafforzi con un tocco introspettivo psicologico (forse non sarei una buona madre, non ho ancora risolto certi complessi edipici in famiglia…) per finire, in un crescendo rossiniano, con gli argomenti più puramente filosofici e ontologici (e poi mettere al mondo un bambino in questo mondo di oggi, pieno di violenza e senza valori, non so…). A questo punto i volti, pur se non del tutto convinti, tendono a virare dal disprezzo alla compassione, qualche volta, raramente, intravedi persino un briciolo di comprensione, e puoi riprendere a gustare i tuoi salatini in santa pace. Evidente che le tue motivazioni sono ben altre, e non meno vere e sacrosante di quelle esposte, semplicemente incontrano meno il gusto popolare…

Sì è vero, un buon lavoro ce l’ho e pure una carriera che mi appassiona e a cui non voglio togliere spazio, in più i soldi vorrei usarli per viaggiare, vedere il mondo, magari farmi un bel lifting tra qualche anno… e poi al sabato e alla domenica mi piace dormire fino a tardi al mattino, fare un po’ di sesso tuttalpiù, non voglio svegliarmi al pianto e agli strilli di un bambino, voglio la libertà di leggere fino alle tre di notte se devo finire un libro che mi appassiona, quando vado in ferie voglio che siano ferie vere, e se mi offrono di andare a lavorare un anno all’estero voglio poterci andare, non voglio perdere la leggerezza, la libertà fisica e mentale… in una parola probabilmente non sono fatta per essere madre, e il bello è che non me ne vergogno affatto, perché credo che oltre ad avere figli ci siano tanti altri modi, per una donna come per un uomo, di partecipare al mondo e di lasciare una traccia di sé negli altri. Ma ho visto per esperienza che queste motivazioni non fanno che portare al solito, ineluttabile giudizio: immatura, egoista, irresponsabile (ma dico io, se hai un figlio e lo trascuri, non lo ami, allora sì sei irresponsabile, ma come si fa a sfuggire a una responsabilità che non si ha? Boh…).

E naturalmente, dopo il giudizio, arriva la sentenza, che può essere di due tipi: più clemente, da parte delle anime buone che ritengono che anche per gli esseri più abbietti possa esserci redenzione («tra qualche anno cambierai idea»), oppure assoluta e senza scampo, da chi crede nella fermezza e nella severità della giustizia («te ne pentirai e sarai infelice per sempre!»). Quindi vedete, cari amici gay e lesbiche che lottate duramente e giustamente per i vostri diritti, e che magari vorreste avere anche dei figli ma che almeno in Italia per ora non vi è facile… vedete che c’è pure chi sta peggio; la società non è dura solo con voi, ma con chiunque non assecondi in pieno i presunti doveri biologici, sociali e religiosi. E aggiungo che mentre tra gli omosessuali si sta sviluppando sempre più un movimento di coesione e solidarietà, le trentenni etero che non vogliono figli sono anche molto sole, schiacciate tra genitori che vogliono diventare nonni e amiche che inneggiano alle gioie della maternità (anche il movimento childfree, che difende questo tipo di pensiero, nato nei paesi anglosassoni, non ha mai attecchito in Italia).

Per finire colgo quindi l’occasione per rassicurare tutti coloro che vedono così terribile la nostra decisione di non avere figli: non temete, non siamo dei mostri, cari genitori, saremo ancora brave figlie; quando sarete anziani avremo pure più tempo per voi se non continuerete a rinfacciarci i nostri presunti sbagli; care amiche, saremo ancora buone amiche, compatibilmente con gli impegni di una vita piena e interessante avremo tempo per ascoltare i vostri sfoghi, magari potremmo pure tenervi i marmocchi qualche sabato pomeriggio, visto che in fondo saranno loro, forse, a pagare un giorno anche a noi la pensione, potremmo pure, noi aride carrieriste, trovarci un giorno in una posizione di responsabilità e usarla per aiutare le nuove giovani donne a non essere discriminate sul lavoro in quanto madri, e con gli esempi potrei continuare… ma l’unica cosa importante, come sempre del resto, credo sia che le azioni e le decisioni della nostra vita, specialmente le più importanti, come il lavoro, la sessualità, la scelta di avere o non avere un figlio, restino completamente sorde al brusìo di chi parla e giudica, di chi impone doveri inesistenti, e che spogliate di tutta l’inutile zavorra di preconcetti e luoghi comuni restino solo quello che sono o che dovrebbero essere, decisioni d’amore e di libertà.