I laici e l’Unione europea

di Georges Liénard, Segretario generale della Federazione umanista europea.

Traduzione dal francese di Vera Pegna.

La Federazione umanista europea

La FHE raggruppa numerose associazioni laiche presenti in quasi tutti i paesi europei, inclusi quelli dell’Europa centrale. Le attività delle associazioni si svolgono in settori diversi, dalla cooperazione allo sviluppo all’organizzazione di cerimonie civili e alla rappresentanza dei cittadini «non credenti» e la difesa della laicità. La FHE ha lo status ufficiale di associazione internazionale di diritto belga. La sede e la segreteria sono stabiliti a Bruxelles. Le due lingue di lavoro sono il francese e l’inglese. La FHE è diretta da un Consiglio di amministrazione i cui membri vengono eletti per tre anni dall’assemblea generale costituita dalle associazioni aderenti. La sua composizione si trova sul sito internet della federazione.

L’azione principale della FHE si esplica in due direzioni: far penetrare maggiormente nelle varie istituzioni europee i principi di laicità e di umanismo, i soli in grado di garantire la coesione sociale della popolazione multiculturale europea e aiutare le associazioni laiche a partecipare allo sviluppo della costruzione europea. Un esempio: la Carta dei Diritti fondamentali ha richiesto da parte nostra una grande attenzione. In collaborazione con molte associazioni, la FHE ha comunicato la sua posizione al Presidium incaricato di elaborare la Carta e, nel medesimo tempo, ha richiamato l’attenzione dei suoi soci su taluni aspetti strategici dal punto di vista della laicità ed è intervenuta a parecchie audizioni pubbliche durante la preparazione della Carta dei diritti fondamentali.

La FHE ha seguito con particolare attenzione i diversi momenti dell’evoluzione dell’Unione europea che hanno riguardato questioni attinenti la cittadinanza e la non discriminazione fra le persone. Ha assunto posizioni umaniste e laiche sui Diritti dell’Uomo, sull’etica, sulla cooperazione allo sviluppo, sulle libertà, sui principi democratici, sulla cittadinanza e sulla separazione fra le Chiese e lo Stato. Tali posizioni vengono preparate da gruppi di lavoro istituiti presso le singole associazioni o presso la segreteria.

La FHE è l’interlocutore umanista presso la Cellula dei Consiglieri politici che assiste il presidente della Commissione europea. Viene invitata regolarmente al Comitato di esperti di bioetica della Commissione europea. Inoltre, la FHE segue con attenzione i lavori del Consiglio d’Europa, in particolare per quanto riguarda i Diritti dell’Uomo e le questioni relative alla bioetica. Nel luglio del 2001, la Commissione europea ha pubblicato un Libro bianco sul buongoverno dell’Europa contenente una serie di raccomandazioni sui modi di rafforzare la democrazia e di accrescere la legittimità delle istituzioni. Alla pubblicazione ha fatto seguito un ciclo di consultazioni durato fino al mese di marzo 2002. Un gruppo di lavoro della FHE ha elaborato un contributo che figura sul sito internet della Commissione europea nonché sul sito della Federazione: www.humanistfederation.eu (in francese e in inglese).

Memorandum per la Presidenza

La FHE ha presentato un memorandum alla Presidenza dell’Unione europea. I punti principali sono i seguenti:

Aspetti politici. La FHE reitera l’auspicio che l’Unione europea aderisca alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Ribadisce in particolare alcuni aspetti.

  • Costituzione europea: le associazioni aderenti alla FHE rinnovano la loro proposta d’inclusione di esplicite garanzie di laicità nei trattati e nei provvedimenti adottati dall’Unione europea.
  • Politica coerente d’immigrazione e di asilo: la FHE esorta l’Unione europea ad adottare ogni provvedimento necessario, insieme agli Stati dell’Unione, affinché il rispetto della dignità umana sia assicurato concordemente e a tutti gli stadi dell’accoglienza.
  • Adesione di nuovi membri: la FHE ritiene che vadano adottate subito le misure necessarie per evitare che l’adesione di taluni Stati all’Unione introduca nuovi conflitti dalle connotazioni religiose, ormai scomparsi o in via di attenuazione.

Pluralismo fra cittadini religiosi e non religiosi.

  • Separazione chiese-Unione: le responsabilità civiche, sociali, culturali ed educative derivanti dalla politica comunitaria devono essere svolte dai servizi pubblici comunitari. In materia religiosa, l’esercizio dei diritti legittimi deve essere garantito dalla legge comunitaria nel quadro della sfera privata alla quale appartengono, senza mai interferire con l’ambito pubblico e politico.
  • Uguaglianza di diritti: se è vero che la libertà di pensiero, di coscienza e di religione è generalmente assicurata, d’altronde si è lungi dall’avere raggiunto un uguale trattamento per quanto riguarda i mezzi materiali che gli Stati mettono a disposizione delle organizzazioni religiose e non religiose.

Importanza della creazione culturale.

  • L’Unione europea è tenuta a darsi un vero progetto culturale ambizioso, nello spirito del dialogo fra le varie componenti della società. Tale progetto dev’essere volto alla promozione della creazione culturale che costituirà un legame autentico fra gli europei.

Etica.

  • In linea generale, la FHE considera inopportuno includere dei limiti alla ricerca scientifica in una Carta dei diritti fondamentali. Se, per ragioni etiche è consigliabile prevedere misure di prudenza, tali misure verranno prima o poi superate dall’evoluzione delle conoscenze e saranno quindi aggirate.

Lotta contro l’esclusione e la povertà.

  • La FHE chiede che venga presa ogni misura necessaria all’attuazione dei piani nazionali di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, preparati da alcuni Consigli europei.

Europa portatrice di pace.

  • L’attuazione di una Europa capace di prendere delle decisioni in modo democratico e sotto un controllo parlamentare effettivo è la chiave necessaria allo svolgimento del suo ruolo internazionale a favore della pace.

Rappresentanza della società civile.

  • La FHE ritiene che vadano stabilite, a livello europeo, delle regole chiare concernenti lo status dei membri, l’organizzazione democratica, la legittimità della rappresentanza, la trasparenza del finanziamento e dei conti di tutte le associazioni che intervengono a titolo della società civile.

Le sfide che attendono l’Europa

Il vertice di Laeken che ha segnato la fine della presidenza belga dell’Unione europea nel dicembre 2001 ha indicato in una sessantina di punti le principali sfide che attendono l’Europa nei prossimi anni. In filigrana si nota l’allargamento dell’Europa dei quindici a un gran numero di nuovi venuti e la gestione democratica di questa nuova dimensione europea. Fra i primi punti stabiliti dal vertice di Laeken ritroviamo alcune domande poste nel documento di lavoro alla Convenzione europea Per l’avvenire dell’Europa, presieduta da Valéry Giscard d’Estaing. Innanzitutto, due domande fondamentali:

Qual è il ruolo dell’Europa in questo mondo trasformato?
Non deve l’Europa svolgere un ruolo di primo piano in un nuovo ordine planetario, il ruolo di una potenza capace di avere una funzione stabilizzatrice sul piano mondiale e di essere un punto di riferimento per moltissimi paesi e popoli?

Seguono tre sfide fondamentali.

    Come avvicinare i cittadini - prima di tutto i giovani - al progetto europeo e alle istituzioni europee?
    Come strutturare la vita politica e lo spazio pubblico europeo in un’Europa allargata?
    Come fare sì che l’Unione sia un fattore di stabilizzazione e un punto di riferimento nel nuovo mondo multipolare?

Il coinvolgimento dei laici

I laici hanno davanti una sfida fondamentale: i principî e i valori della laicità verranno o non verranno fatti propri dall’avventura europea? Sarebbe abbastanza facile limitarci alla sola rivendicazione di separazione fra chiese e stati, trasposta all’Unione europea. Ma i laici sono o no anche i primi a essere interessati dall’uguaglianza dei cittadini, dalla forma che prenderà la cittadinanza europea, dal ruolo attribuito alle associazioni della società civile, dalla missione e dagli obiettivi dell’Unione europea attuale e allargata e anche dal consolidamento della legittimità democratica e della trasparenza delle istituzioni attuali e dal rafforzamento dello Stato di diritto?… Queste e tante altre questioni determineranno, in un modo o nell’altro, le nostre condizioni di vita in un avvenire più o meno vicino.

Partecipazione laica alla Convenzione Per l’avvenire dell’Europa

Otto gruppi di contatto si sono riuniti nella sede del Parlamento europeo per preparare le due giornate di audizioni della società civile con la Convenzione. La Federazione umanista europea (FHE) è stata presente a tre di questi gruppi. Il gruppo incaricato delle questioni culturali ha ascoltato i punti di vista delle chiese e delle «comunità di fede e di convinzione». I rappresentanti della Chiesa cattolica hanno presentato il punto di vista dei vescovi (COMECE), già ampiamente diffuso dalla stampa. La FHE è intervenuta per respingere l’esigenza espressa di menzionare dio e la trascendenza nella futura Costituzione europea e per segnalare che le chiese non sono rappresentative dei cittadini, al contrario di quanto affermato dalla COMECE. (L’intervento completo della FHE si trova sul suo sito internet: www.humanistfederation.eu). Il nostro intervento non è passato inosservato, dato che l’Agenzia Europa lo riporta in un comunicato stampa che precisa:

    La Federazione umanista europea chiede alla Convenzione di evitare ogni discriminazione fra le diverse convinzioni religiose e filosofiche.

    Si oppone a ogni riferimento, nel testo del futuro trattato istituzionale, a dio e alla tradizione religiosa del continente. «Ricordare un retaggio religioso per fondare l’Europa significa dimenticare che le religioni sono state e sono tutt’ora un fattore di divisione delle popolazioni, portatrici di intolleranza in nome di una verità che ciascuna ritiene di essere l’unica a detenere» sottolinea la FHE, riferendosi alle guerre di religione.

    La FHE ritiene opportuno evitare i riferimenti che dividono e propone di affermare «semplicemente e chiaramente che l’Unione si fonda sui principi indivisibili e universali della dignità degli uomini e delle donne, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà ed è basata sul principio della democrazia e dello Stato di diritto».

    Il 25 giugno 2002, alla seduta plenaria della Convenzione tenutasi al Parlamento europeo, il relatore del gruppo è stato quindi costretto a riferire esplicitamente le posizioni della FHE e la sua relazione non fa menzione delle esigenze espresse dai vescovi cattolici. Si limita a ricordare che, «per le chiese cristiane… la dignità dell’essere umano è data da dio». Lo affermino pure purché non chiedano di imporlo a tutti.

Nessuna discriminazione basata sulle convinzioni filosofiche e religiose

La FHE si era già preoccupata della frase contenuta nel Libro bianco: «le chiese e le comunità religiose hanno un contributo specifico da apportare». È stata sorpresa di vedere che la Commissione europea attribuiva tale funzione alle chiese allorché la maggioranza dei cittadini non sono più praticanti, né seguono le posizioni delle chiese in tema di famiglia, matrimonio e coppie di fatto, divorzio, aborto e contraccezione, bioetica, ecc. La constatazione che, in numerosi campi, i modelli di vita e i codici di condotta sociale consigliati dalle chiese non sono più condivisi né seguiti da numerosi cittadini della maggioranza dei paesi europei non equivale ad un attacco alle convinzioni religiose. I loro valori non sono sufficientemente condivisi per «cementare l’unione dei popoli». Ciò vale soprattutto per quanto attiene ai diritti delle donne, degli omosessuali, di tutto quanto riguarda la sessualità e la riproduzione, l’inizio e la fine della vita umana… Le chiese e le religioni non hanno più il monopolio dei valori. Non si pongono neanche l’obiettivo di rispondere all’invito della Commissione europea «di permettere ai cittadini di esprimere le loro preoccupazioni», poiché le chiese trasmettono un messaggio trascendentale rivolto ai propri fedeli. Ogni chiesa possiede, in un certo qual modo, un monopolio del proprio messaggio rivolto ai propri fedeli, ma i «contributi specifici» di ciascuna chiesa non si rivolgono alla popolazione nel suo insieme.

Il dialogo che le istituzioni europee desiderano stabilire con le chiese non può porre in discussione o esprimere un giudizio sul contenuto, il valore o il fondamento delle opinioni e convinzioni di tali comunità religiose. L’Unione europea è il risultato di un processo di integrazione economica e politica, scevro di ogni dimensione religiosa. Le convinzioni religiose non derivano dai Trattati, quindi dalle competenze comunitarie. La nostra analisi obiettiva e non aggressiva del contesto religioso in Europa è stata oggetto di una nostra presa di posizione chiara presentata alla Convenzione Per l’avvenire dell’Europa. Eccone le principali conclusioni.

    Conferire alla chiese uno status particolare nelle istituzioni europee equivarrebbe a stabilire una discriminazione fra le convinzioni «dei cittadini che credono nel cielo e dei cittadini che non credono nel cielo».

    Va ricordato che gli stati democratici traggono la loro legittimità e la loro sovranità dal popolo. Tuttavia, se per trovare la propria legittimità, l’Unione europea fa appello alla religione e ricerca la legittimità religiosa, indebolisce la legittimità del popolo sovrano. L’Unione non può avviarsi su questa strada. Dunque, la cittadinanza e la società civile dell’Unione non si possono fondare su convinzioni religiose o su messaggi legati ad un qualsiasi tipo di trascendenza. I pubblici poteri e l’Unione europea devono rimanere estranei a tali impostazioni.

I laici devono essere presenti

Nella mia breve presentazione ho cercato di mostrare che sono numerose le questioni attualmente dibattute all’interno dell’Unione europea che riguardano i principi di base della laicità: uguaglianza dei cittadini e non discriminazione fra di essi, imparzialità dei pubblici poteri, ma anche rifiuto dell’intervento delle chiese presso i decisori politici. Altre associazioni militano con la FHE per sviluppare la trasparenza di istituzioni europee più democratiche che mettano il cittadino al centro delle loro preoccupazioni. Dobbiamo però costatare che la FHE e i suoi membri sono praticamente soli nel rivendicare un approccio laico nei numerosi dibattiti e audizioni avvenuti presso le istituzioni europee. La nostra è una posizione molto particolare poiché se la FHE difende il diritto dei «non credenti» a un trattamento uguale, desidera anche sviluppare il dialogo con i credenti, con tutti i democratici e le persone di buona volontà.

Non serve a niente ammantarsi in posizioni dottrinali o intransigenti se non si partecipa direttamente al dibattito e al dialogo. Oggi, il dibattito è all’ordine del giorno ed è necessario per conoscersi, ascoltarsi a vicenda e far cadere le barriere dei pregiudizi e delle incomprensioni. Occorre che le persone si parlino, che le religioni si parlino, che le culture si parlino. È l’opposto di chi cerca da solo di esercitare la propria influenza di nascosto. Infatti, la preoccupazione degli umanisti e dei laici in seno alla Federazione umanista europea, e di persone animate da convinzioni religiose, è di evitare che, classificando i cittadini in base alle loro convinzioni religiose o filosofiche si crei di nuovo, attraverso le istituzioni europee, un fossato fra i cittadini che credono nel cielo e quelli sempre più numerosi che non ci credono.