Libertà di religione e Costituzione Europea

di Vera Pegna

Il caso dell’Italia

Le seguenti considerazioni derivano dalla nostra esperienza di cittadini italiani: l’art. 7 della nostra Costituzione stabilisce che il Concordato con la Chiesa cattolica non può essere sciolto se non per accordo di entrambe le parti. La Repubblica italiana e la Chiesa cattolica sono quindi poste sullo stesso piano e ciò conferisce, alla Chiesa cattolica, un ruolo ufficiale che comporta una serie nefasta di conseguenze.

La prima di queste è la violazione dell’art. 3 della Costituzione che stabilisce l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. In realtà non lo sono: i cittadini di altre religioni o comunità di fede diversa dalla cattolica ed i cittadini senza appartenenza religiosa (atei, agnostici, liberi pensatori, persone che non hanno alcuna fede religiosa) sono de facto discriminati in molti ambiti, quali l’insegnamento della religione nella scuola, l’esposizione di simboli religiosi in tutti gli edifici pubblici, il finanziamento pubblico di oratorii, di istituti e di “Organizzazioni non governative” a carattere religioso, la presenza di rappresentanti delle religioni a cerimonie pubbliche, il tempo dedicato dalla radio e dalla TV pubbliche al Papa, agli eventi religiosi, ai miracoli, alle madonne piangenti, ai preti esorcisti e così via. Il Concordato del 1984 ed il governo Berlusconi hanno accresciuto ulteriormente i privilegi della Chiesa cattolica.

Il Ministro della Pubblica Istruzione ha nominato un cardinale come consulente del Ministero per le questioni attinenti l’etica. La presenza ufficiale nel processo di governo di un consulente religioso ottunde e mina le basi della democrazia, perché la legittimità di un governo risiede esclusivamente nel mandato ricevuto dal popolo sovrano ed il ricorso ad una fonte di legittimità esterna ad esso rappresenta un suo inequivocabile indebolimento. Tanto più se la fonte esterna in questione è l’esponente di una religione che, in quanto tale, basa la propria etica su un messaggio trascendente che solo i suoi seguaci possono essere in grado di apprezzare. Inoltre, essendo la Chiesa cattolica una teocrazia la cui gerarchia non è eletta - né è responsabile dei propri atti - non dovrebbe essere considerata allo stesso livello di un governo democraticamente eletto.

È attualmente all’esame del Parlamento un disegno di legge sulla libertà religiosa che, per la prima volta, riconosce esplicitamente la libertà di non avere alcuna religione. Ci auguriamo che abbia come effetto di legittimare i non credenti e le loro associazioni presso le istituzioni della Repubblica poiché, fino a ieri, ogni richiesta, da parte dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), di essere sentiti su questioni, quali l’insegnamento della religione nelle scuole, è stata ignorata o respinta perché… non siamo una religione! L’UAAR ha condotto una campagna di sensibilizzazione in questo senso che sembra avere dato qualche frutto.

L’Europa e la libertà religiosa

L’art. 10 della Carte dei diritti fondamentali assicura la libertà di religione e la libertà di cambiare religione, ma non menziona la libertà di non avere religione alcuna. Ci sono due possibili interpretazioni di tale omissione: (a) che questa libertà è ovvia e non necessita di essere esplicitata e, (b) che ai cittadini senza religione tale libertà non si applica.

Una simile omissione sarebbe inconcepibile nella Costituzione europea, sia per le ragioni esposte in precedenza, sia perché tutti gli stati membri hanno firmato e ratificato le Conclusioni dell’Incontro di Vienna del 1986 sulla sicurezza e la cooperazione in Europa[1] la quale afferma che i governi s’impegnano a favorire l’effettiva eguaglianza tra credenti e non credenti ed a promuovere un clima di tolleranza e rispetto reciproci tra cittadini di differenti comunità religiose e tra credenti e non credenti.

La maggioranza dei cittadini europei sono, tutt’al più, indifferenti alla religione ed al credo religioso[2]. Alcuni di essi appartengono ad associazioni filosofiche e non confessionali, altri a comunità di pensiero o di fede, ma la grande maggioranza non sente il bisogno di associarsi su temi che ritiene essere di natura strettamente privata.

Confidano, inoltre, che il loro parlamento ed il loro governo raggiungano la migliore soluzione di compromesso, rispettosa di tutti, su temi etici che riguardano la cittadinanza nel suo complesso. Si tratta di un rapporto di fiducia giusto e prezioso. Tuttavia se ad una religione fosse permesso di fare pressione o di pronunciarsi ufficialmente su tematiche riguardanti il processo decisionale, ciò creerebbe un privilegio per i cittadini appartenenti a quella religione. Tale privilegio comporterebbe inevitabilmente la discriminazione dei non credenti e dei cittadini appartenenti a minoranze religiose, cioè della maggior parte della popolazione europea.

I nostri paesi hanno sottoscritto il principio secondo il quale lo Stato è tenuto ad assicurare ai cittadini l’esercizio effettivo dei propri diritti; quindi essi sono tenuti ad attribuire lo stesso peso ai cittadini singoli ed a quelli associati. Inoltre, le associazioni religiose e quelle filosofiche non confessionali devono godere degli stessi benefici relativi alla libertà religiosa riconosciuti ed elargiti dallo Stato. È pertanto necessario che l’amministrazione pubblica e la libertà di religione siano tenute rigorosamente separate.

La Costituzione europea

Una Costituzione non è un documento filosofico e perciò ogni riferimento alla storia - comunque soggetta ad interpretazioni di parte - è superfluo. Inoltre, considerato che il futuro ampliamento dell’UE ci trasformerà in una popolazione più ricca, variegata e differenziata di 480 milioni di abitanti, sarà necessario che la Costituzione ne tenga conto, evitando ogni privilegio e conseguente discriminazione.

La citazione nella Costituzione di un “patrimonio religioso”[3], accettabile per chi ritiene che il diritto e la legge ci vengano da una autorità o da un’ispirazione celeste, è estranea ai principi della democrazia parlamentare; va comunque ricordato che, fino alla prima metà del XX secolo, la Chiesa cattolica si è opposta a molti dei grandi principi fondanti della nostra democrazia. In ogni caso, il dibattito attuale sulle “radici cristiane” d’Europa è mal impostato per due ragioni.

La prima è che nessuno nega l’influsso del Cristianesimo, sebbene pochi ricordino che tale influsso sia stato spesso assai deprecabile - come i troppo scarsi pentimenti del Papa testimoniano - e non è assolutamente unico, dal momento che è al Rinascimento ed all’Illuminismo che dobbiamo la libertà di religione ed i valori della nostra politica cui teniamo maggiormente. Inoltre, la storia c’insegna che l’intolleranza religiosa - e quindi le guerre di religione - sono un prodotto delle religioni monoteistiche che ancora oggi affermano di essere le uniche a detenere la verità. La dichiarazione “Dominus Jesus” della Congregazione vaticana per la diffusione della fede (agosto 2000)[4] è illuminante in questo senso. Perciò il “carattere universale” dei valori cristiani deve essere fermamente respinto.

La seconda ragione è che un riferimento alle radici cristiane dell’Europa equivarrebbe, all’atto pratico, al riconoscimento del ruolo ufficiale delle religioni nel processo pubblico europeo. Ciò non solo aprirebbe la via alle richieste da parte degli esponenti della Chiesa cattolica di considerare come diritti acquisiti i loro attuali privilegi, ma consentirebbe loro di opporsi ad ogni misura considerata contraria alla dottrina, in particolare nell’ambito della libertà di coscienza, famiglia, educazione, vita sessuale (la Santa Sede ha condannato il Field Manual dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU utilizzato nei campi profughi perché raccomanda la contraccezione), ricerca scientifica, ecc.

Il caso Amato

Il Congresso dell’UAAR del novembre 2001 votò una mozione di critica alla nomina di Giuliano Amato alla vice-presidenza della Convenzione, ricordando le sue posizioni - che di laico hanno ben poco - sull’aborto, l’embrione ed il Gay Pride. Il 9 aprile scorso, su L’Avvenire («Davanti a Van Thuan e Tettamanzi l’impegno di Amato e Letta: l’Europa riconosca le radici religiose», di Mimmo Muolo), la contiguità di pensiero fra la Chiesa cattolica e Giuliano Amato è resa da quest’ultimo ancora più esplicita:

    Roma. Sicuramente, se tornassero a vivere oggi, i rivoluzionari francesi del XVIII secolo non crederebbero ai loro occhi. La Chiesa cattolica unanimemente considerata come la maggiore sostenitrice dei diritti umani […] Significativamente d’accordo, su questo argomento, il laico Giuliano Amato. «Non c’è dubbio - ha sostenuto infatti - che nell’imperativo kantiano riecheggi il non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Ma è altrettanto indubbio che la forza della religione nel portare questo messaggio all’interno delle coscienze è maggiore». Per questo, nella sua qualità di vicepresidente della Convenzione europea, ha promesso che farà di tutto perché l’eredità religiosa (e in primo luogo cristiana) dell’Europa trovi adeguato accoglimento nella futura Costituzione dell’Unione […].

(Memoria dell’UAAR, presentata alla Federazione Umanista Europea, EHF/FHE, nell’aprile 2002).

Note

  1. Conclusioni della riunione di Vienna 1986 dei rappresentanti degli Stati che hanno partecipato alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, convocata sulla base delle disposizioni dell’Atto finale relativo ai risultati della Conferenza:
      • (16.1) adotteranno misure efficaci tendenti ad impedire ed eliminare tutte le discriminazioni basate sulla religione o su un qualsiasi credo degli individui e delle comunità per ciò che riguarda il riconoscimento, l’esercizio ed il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in tutti i settori della vita civile, politica, economica, sociale e culturale ed assicureranno l’uguaglianza effettiva tra credenti e non credenti;
        (16.2) favoriranno un clima di tolleranza e di rispetto reciproco tra i credenti di differenti comunità, così come tra credenti e non-credenti;
    • […]
      (16) Al fine d’assicurare la libertà degli individui di professare e di praticare una religione o un qualsiasi credo, gli Stati membri, tra l’altro:

      […] (17) …Nelle loro leggi e regolamenti e nella loro applicazione (gli Stati) assicureranno l’effettiva realizzazione della libertà di pensiero, di coscienza, di religione o convinzione.
  2. Dall’accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa, edito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2001: «Le identità, infatti, non possono che essere fuse nei calchi dei principi supremi di uguaglianza e libertà che la Costituzione ha predisposto, né possono, ove si dovesse “esaltare” qualsiasi tipo di diversità in quanto religiosa, creare spazi di privilegio per i “credenti” non a scapito di altri “credenti” (tutti in un sistema ottomano potrebbero ottenere il privilegio della specialità), ma di quei “non credenti” che - lo si voglia o no - sono in realtà la vera maggioranza dell’Europa occidentale del Duemila».
  3. Dall’ufficio stampa del Vaticano (da Internet) - 23 febbraio 2002:

      Alle 11.50 di questa mattina nella Sala Clementina del Palazzo Vaticano, il santo Padre ha tenuto udienza per i partecipanti al Terzo Forum Internazionale per la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale, promosso dalla Fondazione Alcide De Gasperi. Durante la cerimonia, il Papa ha pronunciato il seguente discorso (omessi punti 1 e 2):
      «3. La mia preoccupazione più grande per l’Europa è che essa conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana. Non si può, infatti, negare che il continente affondi le proprie radici, oltre che nel patrimonio greco-romano, in quello giudaico-cristiano, che ha costituito per secoli la sua anima più profonda. Gran parte di quello che l’Europa ha prodotto in campo giuridico, artistico, letterario e filosofico ha un’impronta cristiana e difficilmente può essere compreso e valutato se non ci si pone in una prospettiva cristiana. Anche i modi di pensare e di sentire, di esprimersi e di comportarsi dei popoli europei hanno subito profondamente l’influsso cristiano.
      Purtroppo, alla metà dello scorso millennio ha avuto inizio, e dal Settecento in poi si è particolarmente sviluppato, un processo di secolarizzazione che ha preteso di escludere Dio e il cristianesimo da tutte le espressioni della vita umana.
      Il punto d’arrivo di tale processo è stato spesso il laicismo e il secolarismo agnostico e ateo, cioè l’esclusione assoluta e totale di Dio e della legge morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana. Si è relegata così la religione cristiana entro i confini della vita privata di ciascuno. Non è significativo, da questo punto di vista, che dalla Carta d’Europa sia stato tolto ogni accenno esplicito alle religioni e, quindi, anche al cristianesimo? Ho espresso il mio rammarico per questo fatto, che ritengo antistorico e offensivo per i Padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente spetta ad Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la Fondazione che voi qui rappresentate»
      .

  4. Il «vecchio» continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua anima e per non perdere ciò che l’ha reso grande nel passato e ancora oggi lo impone all’ammirazione degli altri popoli. È infatti in virtù del messaggio cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della dignità e dell’inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita dignitosa e sicura e quindi alla partecipazione ai beni della terra, destinati da Dio al godimento di tutti gli uomini.
  5. Indubbiamente all’affermazione di questi valori hanno contribuito anche altre forze al di fuori della Chiesa, e talora gli stessi cattolici, frenati da situazioni storiche negative, sono stati lenti nel riconoscere valori che erano cristiani, anche se recisi, purtroppo, dalle loro radici religiose. Questi valori la Chiesa li ripropone oggi con rinnovato vigore all’Europa, che rischia di cadere nel relativismo ideologico e di cedere al nichilismo morale, dichiarando talora bene quello che è male e male quello che è bene. Il mio auspicio è che l’Unione Europea sappia attingere nuova linfa al patrimonio cristiano che le è proprio, offrendo risposte adeguate ai nuovi quesiti che si propongono soprattutto in campo etico…