L’Eritrea e il suo Proclama laico: un esempio da imitare

di Mario Ruffin

Di fronte all’evidente preoccupante assedio delle gerarchie vaticane allo Stato ed alla politica del nostro Paese, di fronte all’inerzia spesso interessata oppure vile dei nostri politici di destra e di sinistra, trova occasione di meditazione la severa legge che un Paese africano, uscito da un lungo periodo coloniale e da una successiva drammatica e lunghissima decolonizzazione, ha promulgato, tendendo a limitare drasticamente le invadenze religiose nello Stato. Il Paese di cui parlo è l’Eritrea, che ha con noi italiani un credito di riconoscenza, mai onorato dai nostri media. Esso ci dona un esempio di prudenza preveggente e contemporaneamente di severa determinazione, nel limitare il più possibile l’invadenza delle religioni nel destino politico di quel popolo.

 

Credo di fare cosa gradita riportando, per chi è interessato, il «Proclama» del governo eritreo sul ruolo e sui limiti politici delle religioni. L’Eritrea è un Paese con 3 milioni e mezzo d’abitanti composto da diverse etnie e con diverse religioni. Le più diffuse sono la religione mussulmana e la cristiano copta (i copti sono cristiani del patriarcato d’Alessandria d’Egitto e sono ciò che resta dell’ortodossia residua all’Impero Romano d’Oriente). Fin dalla seconda metà dell’Ottocento, protetti dalle armi italiane, s’insinuarono i cattolici. Essi v’installarono un vescovo «bianco» per i «bianchi» e uno «nero» per i «neri». Vi furono «conversioni» abbastanza abbondanti specialmente durante la successiva epoca fascista. Come al solito, il passaggio da una religione più povera (di mezzi materiali e politici) all’altra, fu favorito dall’endemica fame in un Paese tra i più poveri dell’Africa. I cattolicizzati, d’altra parte, erano favoriti negli incarichi ed acquisivano progressi nel censo. Fino ad oltre il 1950, era severamente proibito, agli eritrei, entrare nelle «cattedrali» dei «bianchi» e n’erano cacciati rumorosamente o violentemente dai «fedeli». Il prete rifiutava la comunione ai «neri» che avessero osato presentarsi in mezzo ai bianchi. Dopo il ritorno del negus Hailé Sellasié i preti cattolici furono costretti a cambiare musica e, per adattarsi, fecero lo sforzo di mettere in chiesa un recinto di ferro per i «neri» (per esempio, per le donne di servizio che tenevano i bambini delle signore «bianche» durante le confessioni o le comunioni). Approfittando della debolezza del regime postcoloniale e dell’alleanza degli occidentali con il Negus, penetrarono in Eritrea una miriade di confessioni cristianeggianti, protestanti, anglicane, luterane, mormone, quacchere, avventizie del 7° giorno, di Geova, e via delirando; molte di loro eressero chiese anche monumentali con uomini e mezzi provenienti dalla ricca Europa e dall’America. Il Negus esercitava un potere monarchico assoluto, estremamente oppressivo ed a lui gli americani svendettero illegalmente l’Eritrea (contro le deliberata dell’ONU) in cambio della più potente base militare e radar di tutta l’Africa.

 

Molto difficile era stata nel passato la convivenza tra mussulmani e copti. La trentennale guerra di liberazione dall’Etiopia ha affratellato gli eritrei aderenti alle due religioni, ed ora il Governo è preoccupato per quest’assidua campagna di «conversione» e di classica e pericolosa destabilizzazione «missionaria» messa in opera dalle numerose religioni occidentali, compresa quella cattolica. Molto pericolosa è la possibilità di reazioni dei fondamentalismi e delle reazioni molteplici possibili in un tessuto etnico e religioso così vario. Per questi motivi, nel 1995, è stata promulgata all’Asmara la legge n. 73 sul ruolo ed i limiti delle religioni. Il Governo eritreo ha proclamato l’assoluta indipendenza dello Stato dalle svariate gerarchie religiose e la lettura del suddetto decreto evidenzia, molto chiaramente, quale pesantissima preoccupazione assilli il laico e moderno Governo democratico di un paese dell’Africa ex coloniale. Ispirato ai principi costituzionali fondanti della democrazia eritrea, il decreto dovrà essere attentamente considerato dai rappresentanti locali delle formazioni religiose missionarie straniere, che volessero finanziare progetti, di tipo apparentemente assistenziali, in Eritrea. Ciò, infatti, è visto come un’intromissione pericolosa per la stabilità del Paese in un contesto di recente e delicato equilibrio tra le etnie mussulmane ed i copti. Secondo la legge eritrea, l’assistenza è fine proprio dello Stato. Le «realtà ecclesiali» possono aiutare ed assistere poveri, handicappati, orfani, mutilati, inabili ed altri bisognosi, ma modalità particolarmente severe debbono essere seguite per questi scopi, anche per aiuti provenienti dall’estero.

 

Il proemio, dopo aver osservato che la libertà di coscienza e di religione d’ogni cittadino eritreo è un diritto fondamentale assicurato e salvaguardato dalla legge e che lo Stato, com’entità politica e la religione com’entità spirituale, sono separati; ricorda che le attività religiose devono rispettare ed accettare la legge, e che soprattutto non devono intaccare e turbare in nessun modo la pace, la tranquillità e l’unità del Paese e del popolo. Ricorda inoltre che l’attività religiosa non può propagarsi attraverso l’adescamento, ma solo attraverso il convincimento e la comprensione.

 

Presento qui un estratto del decreto suddetto, tradotto abbastanza approssimativamente.

Art. 1

[omissis]

Art. 2

Stato e Religione sono entità separate….

(1) Lo Stato non interferisce negli affari religiosi, e le Religioni e Istituzioni religiose non interferiscono negli affari politici. (2) Alle Religioni ed Istituzioni religiose, non è permesso, prendere parte né a favore né contro il Governo; svolgere campagne, propagandare o fare attività o predicazioni politiche, diffondere scritti o pubblicazioni di sorta a contenuto politico. (3) Alle Religioni e Istituzioni religiose, non è permesso rappresentare, né difendere la causa di governi o forze politiche estere.

Art. 3 - Libertà delle Religioni ed Istituzioni religiose

(1) é salvaguardato il diritto delle Religioni ed Istituzioni religiose di svolgere la predicazione e le attività di proselitismo, senza entrare nella politica. (2) La legge sulla stampa, non riguarda gli scritti spirituali, la propaganda o predicazioni svolte dalle Religioni e Istituzioni religiose. (3) Le Religioni ed Istituzioni religiose, sono responsabili davanti alla legge per le attività e le campagne che si svolgano al di fuori dell’ambito religioso, penetrando direttamente o indirettamente nella politica; così come per ogni attività che causa odio religioso, risentimento e scontri in mezzo alla popolazione e fra le religioni.

Art. 4 - Rapporti delle Religioni ed Istituzioni religiose con l’estero

(1) I rapporti che le Religioni ed Istituzioni religiose stabiliscono con l’estero, devono essere spirituali e liberi da lucro materiale, e particolarmente non devono direttamente o indirettamente intaccare la pace, la tranquillità, la sicurezza e l’unità dell’Eritrea. (2) Le Religioni ed Istituzioni religiose, possono ingaggiare operatori o lavoratori stranieri per attività non religiose, solo dopo averne fatto richiesta al Governo ed ottenuto il relativo permesso.

Art. 5 - Collaborazione e reciproco aiuto tra lo Stato e le Religioni ed Istituzioni religiose

(1) Lo Stato, le Religioni ed Istituzioni religiose, possono collaborare nella campagna morale. (2) In base a giustificate motivazioni, il Governo può offrire il suo aiuto alle Religioni ed Istituzioni religiose.

Art. 6 - Progetti di sviluppo, servizio sociale e attività di aiuto

(1) Progetti di sviluppo e servizi sociali, sono essenzialmente compito del Governo e del popolo. Qualora le Religioni ed Istituzioni religiose avessero la possibilità e la volontà di finanziare programmi di sviluppo o servizi sociali, esse possono essere coinvolte solo per finanziarli, senza ingerirsi in alcun modo nel lanciarli e realizzarli. (2) Le Religioni ed Istituzioni religiose estere non possono svolgere Opere Assistenziali e Servizi Sociali, come rappresentanti di Governi ed Istituzioni.

Art. 7 - Fonti di entrate delle religioni

(1) Essenziali fonti di entrate di tutte le Religioni ed Istituzioni religiose, sono limitate alle seguenti: a) contributo dei fedeli; b) eventuali aiuti del Governo. (2) Le entrate che esse possono ricevere dall’estero, sono solo quelle di cui hanno regolarmente informato in anticipo il Governo e il Governo ha trovato giustificate e le ha permesse. (3) Se le entrate reperite all’estero sono in moneta, ad esse devono essere riservati regolari registri di conto con documenti comprobanti ed appositi conti di banca; e presentati al Governo per la verifica e controllo governativo, entro un mese dopo la fine di ogni anno. Se le entrate reperite all’estero sono in natura o in oggetti, ad essi devono essere riservati i dovuti registri di conto e relativi documenti di prova, il loro impiego dev’essere chiaramente definito e sottoposto al Governo in modo simile per la verifica o controllo dei conti.

Art. 8 - Attività delle Religioni ed Istituzioni religiose

(1) Le Religioni ed Istituzioni religiose, possono svolgere soltanto attività conformi alla loro natura spirituale. (2) Le Religioni ed Istituzioni religiose non devono poggiare sulle elemosine e la subordinazione agli aiuti dall’estero, ma solo da contributi dei loro fedeli e seguaci e da risorse locali. (3) Le attività svolte dalle Religioni ed Istituzioni religiose, devono avvenire secondo la trasparenza e precisione nella contabilità.

Art. 9 - Creazione di una Sezione per le Attività delle Religioni ed Istituzioni religiose

(1) All’interno del Ministero degli Interni, viene costituita una Sezione competente per tutte le Attività delle Religioni ed Istituzioni religiose. [omissis] (con la definizione dei mezzi di controllo della suddetta Sezione delle fonti e delle consistenze economiche delle religioni).

Art. 10 - Registrazione

(1) Le Religioni ed Istituzioni religiose, devono registrarsi entro due mesi dall’emanazione di questo decreto, presentando registri e documenti che specificano le loro proprietà immobili e mobili ed i loro conti finanziari, in base alle modalità fornite dalla Sezione degli Affari Religiosi. Da allora in poi devono registrarsi entro il primo mese di ogni anno.

Art. 11 - Penalità

(1) L’Istituzione religiosa che viola i dettami di questo Proclama, o le leggi e le direttive che escono in base ad esso, e se la colpa è accertata, viene punita secondo le norme del Codice Penale. (2) Qualsiasi Religione o Istituzione religiosa che viola i dettami di questo Proclama con uno scritto o una pubblicazione, e la colpa è accertata, viene punita con una somma non superiore ai 10.000 Birr o con una reclusione non superiore ai due anni, o con tutte e due le pene. Se la violazione della legge si ripete, l’organo di stampa … può venire solo sospeso oppure definitivamente bandito con decisione amministrativa. (3) Se il reato riguarda un furto, la mancanza di affidabilità, o l’ingiusta destinazione di cose … ecc., il colpevole viene punito secondo la legge del Codice Penale.

Firmato: Il Governo Eritreo

 

La severa determinazione e l’esempio di quell’eroico Paese (a noi fratello), uscito da 30 anni di guerra popolare per l’indipendenza, mirante a frenare le influenze ed i contrasti nefasti delle religioni indigene o straniere ed a salvaguardarlo dalle loro ingerenze, dovrebbe essere un esempio per i politici italiani che invece non sanno fare altro che genuflettersi in Vaticano accettandone gli sfacciati ricatti elettorali. Come risulta evidente da quest’esempio, è possibile pensare ad un’abolizione del concordato tra Chiesa e Stato italiano ed a regolamentare con leggi l’esistenza nel nostro Paese delle svariate confessioni religiose, imponendo loro anche nel loro stesso interesse limiti e doveri, indispensabili in una moderna Repubblica. L’attuale fase di globalizzazione del mercato del lavoro non può ormai prescindere dalla sempre più vasta immigrazione di stranieri, aderenti alle più svariate religioni, necessari alla nostra economia. Diventa perciò necessario alla stessa confessione cristiana cattolica il porre precisi confini di liceità a se stessa ed ad ogni altra religione, evitando pregiudizievoli privilegi forieri di contrasti. Non possiamo dimenticare i gravissimi e catastrofici conflitti (con basi o pretesti religiosi) in ogni parte del mondo e, poco fa, nella vicina ex Jugoslavia.