Da Porta Pia a Jasenovac

di Costante Mulas Corraine

In tempi meno bui la beatificazione di Stepinac (arcivescovo di Zagabria, zelante sostenitore dei nazifascisti, boss e datore di lavoro di Maistorovic Filipovic, il più infame dei «direttori» francescani del campo di sterminio croato di Jasenovac) (cfr. in proposito L’Ateo n. 2/1999); i mea culpa papalini ipocriti; la recentissima beatificazione di un gaglioffo quale Mastai-Ferretti, in arte Pio IX, nemico d’ogni dignità e libertà umane, incarceratore e ghigliottinatore modernista (e a tempo perso sequestratore di bambini ebrei); la minacciata elevazione all’onore degli altari di un figuro quale Pacelli, complice e prudentissimo consigliori di Hitler, di Franco, di Tiso e di Pavelic, che mentre le SS rastrellavano gli Ebrei sotto le sue finestre romane levava al mondo un grido di dolore contro la moda corruttrice e i costumi da bagno lascivi; le esilaranti rivelazioni delle profezie post eventum; le mani madonnesche antiproiettile, le proposte beatificazioni di Moro, del poliziotto Calabresi, e del banchiere Calvi (e perché no di Marcinkus e di Sindona: provate ad immaginare un «Sacro Sindona»!?), la santificazione del «papa buono» (miserevole coperchio dell’infame pentola cattolica novecentesca): ebbene, tutto ciò, in tempi normali, avrebbe scatenato il feroce sarcasmo degli intellettuali laici, o almeno un qualche moto di sdegno.

 

E invece dopo iniziali ammiccamenti, timidi approcci problematici e non pochi assensi alle «aperture ecumeniche wojtyliane» (si leggano a edificazione di tale genia laicale gli editoriali di Gad Lerner su Repubblica o di Filippo Gentiloni sul Manifesto, tanto per citare uomini giudicati laici e addirittura di sinistra), accompagnati dai balbettamenti di Rodotà, di Scalfari, della Francescato, all’improvviso, a gelare gli entusiasmi della stupita intellighentzia italiota, il Gran Pescatore trae a riva le reti: il Gay Pride è soltanto «un affronto» e «un oltraggio»; la clonazione embrionale a scopi terapeutici è «moralmente inaccettabile» (a suo tempo anche il vaccino antivaioloso fu definito «immorale» da Leone XII); un certo Messori, intervistato dal TG1 del 3 settembre 2000, afferma con una sfrontatezza pari soltanto alla sua ignoranza: «L’antisemitismo è fenomeno illuminista, postvoltairiano; esso non è cristiano»; la Vandea riminese di CL, dopo aver incoronato l’ineffabile Andreotti e l’Unto del Signore Berlusconi, scaglia l’anatema sul Risorgimento e sul pensiero liberal-socialista; il principe della Chiesa, cardinale Biffi di Bologna, paventando orde di Saraceni pronte a refrigerarsi in San Pietro, propone allo Stato laico di accogliere solo «immigrati di fede cattolica»; Ratzinger, con teutonica delicatezza, ribadisce che soltanto i cattolici andranno in Paradiso, mandando tutti gli altri letteralmente al diavolo (o all’Inferno, se si preferisce) [Caro Gentiloni, che c’è poi di tanto scandaloso? Nihil novi sub ecclesiae sole: il prelato non fa che ripetere il famigerato extra ecclesiam nulla salus di S. Cipriano, ribadito poi con estrema energia dal Dottore della Chiesa Agostino, e mai venuto meno nella prassi ecclesiastica millenaria!].

 

Helvetius affermò che, scorrendo il calendario cristiano-cattolico, si trovano i nomi di migliaia di malfattori beatificati. E questo è affare dei preti: ciascuno è libero di scegliersi i propri modelli, che questo papa ha poi moltiplicato ad libitum. Ma a questo punto qualcuno s’accorge attonito che tutti quegli alberi formano una foresta, e che si rischia, oltretutto, di finire annegati nella palude oscurantista di un medioevo tecnologico. La misura par colma, e ci aspetteremmo lo sdegno eloquente dei nostri maître à penser. E invece ecco la risposta politically correct di Mario Pirani sulla Repubblica del 14 settembre 2000; ed ecco, lo stesso giorno, anche l’immancabile fondo di Filippo Gentiloni sul Manifesto, come al solito unicamente preoccupato della morte dell’ecumenismo, non rendendosi conto che l’ecumene cristiano-cattolica ha sempre avuto i medesimi connotati: l’intolleranza e la violenza. Anche su Liberazione la vicedirettrice Rina Gagliardi ribadisce che «il sonno della ragione genera mostri», dimenticando di aggiungere l’aggettivo «cristiano-cattolici», forse per non urtare la suscettibilità di Fulvio Fania, vulcanico vaticanista del giornale comunista. «Davvero viviamo in tempi bui», esclama Brecht, e noi con lui.

 

Quando alla direzione della cultura e della moralità pubbliche assurgono personaggi come il melenso prete Tonini, che pontifica su tutto su tutti gli organi pubblici d’informazione, e che dà in escandescenze radiofoniche solo perché un laico coerente come Flores d’Arcais lo chiama, per l’appunto, «prete»; quando cotesta guida spirituale nasalizza dal pulpito televisivo, senza che mai l’Ente Pubblico, cioè nostro, provi non si dice la necessità, ma l’opportunità di contrapporgli o affiancargli un interlocutore non prosternato, almeno per una parvenza di par condicio; oppure quando imperversano Ruini, la stella polare del cosiddetto «centrosinistra», e Sgreccia, il dominus ac deus della bioetica universale; o quando Baget Bozzo, la Ninfa Egeria di Arcore, paventa callidi matrimoni misti, tesi unicamente ad islamizzare la Nazione: ebbene, allora davvero è giunto il momento di deporre qualsiasi timore reverenziale e indicare per nome ciò che realmente rappresenta, ha rappresentato e rappresenterà storicamente la religione cristiano-cattolica, in Italia e nel mondo.

 

Si lascino agli eunuchi per il regno dei cieli dell’harem vaticano quali Vespa, Messori e l’aspirante boia Feltri le genuflessioni e il sollucchero delle interviste pietrine; si lasci all’ebreo Gad Lerner la salmodia delle processioni mediatiche (pare incredibile, ma la carriera ha pur le sue croci); sia lasciato all’apprendista ministro della P.I. il proposito modernista di riforma dell’istruzione, introducendo la Bibbia come libro di testo in tutte le scuole (Ci resta il dubbio se la boutade del De Mauro non sia, per avventura, una sorta di minuscola List der Vernunft, per far conoscere al colto e all’inclita le nefandezze del Libro dei Libri); lasciamo che i politici della cosiddetta «sinistra», dai Veltroni ai D’Alema ai Paissan ai Cossutta, continuino a percorrere la via dolorosa del suicidio politico. Si preparano tempi bui: accanto agli eterni gerarchi cattolici si apprestano a incedere nuovi gerarchi: i Berlusconi, i Buttiglione, i Casini, i Gasparri, i Fini, i Bossi, e, più indietro, il proteiforme Mastella. Un tempo si chiamava clerico-fascismo, ora va di moda parlare di new economy.

 

E allora non deve sorprendere la contemporanea beatificazione di Stepinac, di Pio IX, e di Giovanni XXIII: la bimillenaria Chiesa cristiano-cattolica procede sui tempi lunghissimi e nulla vi accade a caso. Nemmeno la presenza di Roncalli fra i due più noti malfattori: nessuno pare ricordarsi che dietro il sorriso del contadino bergamasco si celava la volontà intelligente e tenace di fare quel che i papi di tutte le epoche hanno sempre fatto: il compromesso con l’inevitabile: melius sequi quam trahi. Il tanto decantato (dai progressisti) Concilio Vaticano Secondo non ha cancellato né un apice né uno iota dalla Legge Eterna della Chiesa. E nessuno tiene a mente che nel 1959 il neobeato inviò al moribondo Hitler dei Balcani, Ante Pavelic (figlio prediletto di Stepinac), la Sua Santa Apostolica Benedizione, non dissimile da quell’altra impartita personalmente al Poglavnik da Pio XII nel 1941, con gli auguri fervidi per «il lavoro futuro» in Croazia: ottocentomila massacrati. Tout se tient, e a chiudere il cerchio, manca, per ora, soltanto Pacelli.

 

Se «l’afasia della sinistra», come la chiama Rossana Rossanda, è stata assai dannosa e controproducente fino ad oggi, d’ora in avanti sarebbe criminale. Ci troviamo, infatti, di fronte ad un assalto concentrico delle forze più retrive della società italiana, e la loro vessillifera e la loro fonte di autorità morale è la Chiesa cattolico-romana. La sua feroce intolleranza contro tutti coloro che credono o pensano diversamente è già tutta contenuta nella sua Bibbia, che prefigura paurosamente gli inquisitori, i torturatori, i celibatari, i sessuofobi più ardenti e i crociati, vecchi e nuovi. Della Bibbia costoro furono e sono gli interpreti più fedeli e coerenti: tutte le persecuzioni cristiano-cattoliche, da Ipazia a Galileo, da Dolcino a Bruno; tutti i massacri, da quelli del Duca d’Alba a quello della Notte di S. Bartolomeo, dai roghi del Sant’Offizio allo sterminio pianificato di Jasenovac o di Auschwitz, tutto ha trovato nella Chiesa cristiano-cattolica una protagonista tracotante o una complice silenziosa; e nella Bibbia il supremo sigillo giustificatorio del kerygma.