Gli scienziati? Ciechi e sordi

di Martino Rizzotti

È noto che la madonna si mostra spesso e volentieri, ma a chi e dove? Si mostra naturalmente ai professionisti dell’illusionismo delle nostre parti, frati e suore, gli stessi che lottano contro il diavolo e che in premio si beccano le stimmate. Quando invece si mostra fuori dei conventi, lo fa prevalentemente con pastorelli poveri. Ci risulta che abbiano qualche difficoltà a sbarcare il lunario anche muratori, bidelli, metalmeccanici e molti altri, ma la madonna li disdegna. Inspiegabilmente non si mostra nemmeno ai pastorelli poveri della Siberia e del Giappone, e meno che meno agli aborigeni australiani o ai pigmei dell’Africa equatoriale. Insomma, la madonna discrimina nettamente, sia su base professionale sia su base geografica.

Nella triste categoria dei discriminati professionali vanno annoverati gli scienziati. Non è mai successo che un fisico nucleare, un supertecnico informatico o un biologo molecolare l’abbiano vista. Sono forse ciechi? Non si direbbe; anzi, gli scienziati sono esperti in fenomeni lontani dal senso comune e allenati all’osservazione attenta, e ormai sono più numerosi dei pastorelli, dalle nostre parti. Questo fa pensare che sia proprio la madonna a snobbarli. Ad onor del vero, però, la cosa sembra reciproca. È quanto risulta da una indagine condotta fra gli scienziati USA dalla quale risulta che «fra gli scienziati più eminenti l’ateismo non è mai stato così diffuso».

Il mensile di divulgazione scientifica più autorevole del nostro paese, Le Scienze, è costituito in larga misura dalla traduzione degli articoli apparsi due mesi prima in Scientific American. L’articolo sui rapporti fra scienziati e religione [Sci Am. 281 (3): p. 78] non è stato però riportato sul numero di novembre de Le Scienze, per cui è opportuno riferirne brevemente. Risulta dunque che la maggioranza degli scienziati USA intervistati fra il ’96 e il ’98 non crede nell’esistenza né della madonna né degli altri protagonisti delle mitologie del cristianesimo e delle altre religioni. Ma il risultato quantitativo è che il 60% (cioè il doppio di quanto avviene nel complesso della popolazione) non accetta le due «credenze centrali della religione cristiana» considerate, a ragione o a torto, (1) un dio sensibile alle preghiere e (2) una vita dopo la morte. La percentuale supera il 90% fra i membri dell’Accademia delle Scienze USA considerati, appunto, gli scienziati più eminenti. In una indagine analoga condotta nel 1933 ci si fermava ad un 10% di meno. Ci si chiede, nell’articolo di Scientific American, se un tasso di miscredenza così alto non possa dipendere da una sorta di promozione su base ideologica, ma sembra più plausibile pensare che chi dedica la propria vita a capire come funziona la natura tenda a non farsi fuorviare da idee di provenienza estranea allo sforzo razionale di comprensione, che ovviamente è corredato dall’osservazione e dall’esperimento.

 

L’accusa che viene dal fronte religioso è che la dedizione alla scienza si accompagna spesso all’aridità, rende le persone sorde alle ragioni del cuore. In realtà, dal punto di vista cardiaco, gli scienziati sono come tutti gli altri. Inoltre ci si aspetta che i risultati da loro scoperti siano documentati con scrupolo e le eventuali applicazioni funzionino, il che non può essere certo garantito affidandosi all’istinto e al sentimento. Un forte appello ai sentimenti è sempre stato fatto anche per indurre la gente a respingere l’idea che «l’uomo sia disceso dalla scimmia», come si suol dire. Qui va precisato che l’uomo non si è solo evoluto da una scimmia, ma che l’uomo è una scimmia. L’ordine dei Primati comprende alcune famiglie di Proscimmie e alcune di Scimmie, e la specie umana appartiene ad una di queste ultime. Qualunque cosa ci suggeriscano i sentimenti, sia l’appartenenza al gruppo animale sia l’ascendenza, lasciano qualche dubbio solo sui dettagli. Del resto i sentimenti sono soggettivi, e a qualcuno potrebbe far piacere che l’antenato dell’uomo fosse un orso, o un delfino, o un pupazzo di creta. Come si vede, i sentimenti possono dividere, mentre la ragione, e la scienza che ad essa fa appello, porta ad unire gli uomini, e in modo non casuale o episodico.

Il riferimento all’evoluzione non è casuale perché l’indagine citata sopra cade in un momento nel quale sta montando negli USA la marea oscurantista contro l’insegnamento nelle scuole della teoria dell’evoluzione. È opportuno vigilare anche da noi perché questa teoria non è mai piaciuta alle religioni che si richiamano alla Bibbia, ed è esplicitamente avversata dai fondamentalisti nostrani, per esempio dai Testimoni di Geova. Del resto in ambiente cattolico, anche se in alto loco (cioè di fronte all’Accademia Pontificia delle Scienze) si concede che l’evoluzione «è più che un’ipotesi», si pratica di fatto la linea del doppio binario nel senso che in basso loco (cioè di fronte ai bambini e ai parrocchiani) si tende spesso a sminuire questa teoria, e financo a screditarla o deriderla.

 

Le linee del doppio binario, peraltro, non sono limitate all’Italia. Negli USA è di moda una strategia del doppio binario che va sotto il nome di «teologia dell’umiltà». Naturalmente a proporla sono i fondamentalisti cristiani, i quali invitano gli scienziati a riconoscere che esistono due realtà: quella naturale, della quale la scienza ha l’esclusiva, e quella sopra/extra/para-naturale, o spirituale, sulla quale la scienza non ha giurisdizione e che è invece appannaggio della religione (naturalmente cristiana). Conviene aggiungere che questa linea ha fatto spesso breccia anche in ambito non religioso e richiede un minimo di riflessione. Infatti il punto è il seguente: la presunta realtà spirituale interagisce con quella naturale o no? Se no, tutto è chiaro, e chiunque può inventarsi tutte le stravaganze spirituali di cui ha voglia. Se invece qualche interazione c’è, per esempio se lo spirito individuale (o anima, che dir si voglia) determina il comportamento della persona, allora non può che farlo determinando qualche modifica nel cervello, e queste modifiche ricadono sotto la competenza della scienza. Quest’ultima può anche ritenere che, per spiegare i comportamenti, non ci sia alcun bisogno di ipotizzare l’esistenza di entità spirituali individuali, né per l’uomo né per le altre scimmie, e anzi ha fatto da tempo questa scelta.

 

Insomma la teologia dell’umiltà ha tutte le caratteristiche di una trappola per indurre gli scienziati ad ammettere (autorevolmente) l’esistenza di aspetti della realtà che sfuggono in linea di principio all’indagine razionale. E forti di una simile ammissione - è evidente - rientrerebbero in campo a pieno titolo i professionisti dell’illusionismo. La teologia dell’umiltà si rivela essere nient’altro, alla fin fine, che una strategia da sindacalismo corporativo.