Schegge bibliografiche

G. Ephraim Lessing, Nathan il Saggio (Nathan der Weise), con testo a fronte, trad. di Andrea Casalegno, Garzanti, Milano 1992. Il poema drammatico del sommo illuminista, critico e drammaturgo tedesco, è rimasto dal 1784 - malgrado le censure dei governi e delle chiese - tra i maggiori successi teatrali della letteratura universale. Siamo a Gerusalemme durante la terza guerra crociata, mentre cozzano in armi gli eserciti di tre religioni e s’incrociano i destini di tre loro esponenti: l’ebreo Nathan (che il popolo chiama «saggio»), il cristiano Templare e il musulmano Saladino. L’intreccio degli eventi li porterà a porsi la fatale domanda: quale delle tre fedi monoteistiche è quella vera? La risposta culmina nella sublime, indimenticabile parabola dei tre anelli (già abbozzata nel Decameron di Boccaccio), poetico simbolo d’una verità inattingibile, messaggio di tolleranza etica e universale contro i funesti dogmatismi religiosi, esaltazione dell’humanitas più pura. Il dramma di Lessing è un capolavoro assoluto, «una delle cose più alte che l’umanità abbia creato» (Goethe), non solo per l’Illuminismo tedesco e per la storia della coscienza moderna, ma per il caldo senso di umanità e di fratellanza vera (e non predicatoria) che ne promana. Un libro formativo per eccellenza, che non può mancare nella biblioteca e nella coscienza di ogni persona colta (e naturalmente laica). Ma fa un gran bene a tutti, fideisti compresi (l.f.).

Augusto Guerriero (Ricciardetto), Quaesivi et non inveni, Mondadori, Milano 1973. Chi si ricorda più di questo giurista ed editorialista di politica internazionale, grande firma del Corriere, del Mondo, di Epoca, cui collaborava spesso sotto lo pseudonimo di Ricciardetto? Negli ultimi anni della sua lunga vita si occupò esemplarmente di critica neotestamentaria (Loisy, Bultmann, Barth), di demitizzazione e di studi (para)teologici per il «diritto di essere ateo» e di renderne conto ai tanti comuni lettori. Non spaventi il titolo latino: si cerca perché non si è trovato, appunto, l’introvabile. A chi non ama coltivare gli effimeri «conforti» della fede, Ricciardetto ricorda che «il dubbio è la condizione naturale dell’uomo, che non voglia rinunziare alla ragione». Un libro tutt’altro che edificante, quindi inviso ai fideisti, sempre bramosi di rinforzi. Ma genuinamente sincero. Di pensiero e di esperienza sofferta. Da umanissimo vegliardo (l.f.).

Tito Lucrezio Caro, La natura delle cose (De rerum natura), trad. Luca Canali, BUR, Milano 1990, p. 630. Anche chi non sa di latino, o ne ha letto solo qualche brano al liceo, sa che è un capolavoro assoluto della letteratura classica. Radio Tre ne ha dato lettura integrale nel luglio 98, e per l’occasione - su Tuttolibri della Stampa - M. Rigoni Stern ha riletto il poema come un «inno alla vita e all’uomo che si libera dal dominio degli dei e osa guardare in faccia la morte, (…) per togliere dalle coscienze il timore degli dei e della morte». Fu questa, in effetti, la missione poetica del massimo interprete dell’epicureismo nel mondo romano. Qualche secolo dopo, gli scrittori cristiani (Girolamo in testa) avrebbero fatto di tutto per infangare il nome di Lucrezio e del suo «divino» Epicuro, per diffamare con loro il più lucido e sapiente materialismo elaborato dal pensiero antico. Certo, Lucrezio non è una lettura amena; ma resta un vertice della poesia didascalica. In cifre, sono 7500 esametri suddivisi in 6 libri, con testo latino a fronte: il sublime pensiero di Epicuro per chi vuol affrontare serenamente l’Infinito della ragione, fuggendo le paure inculcate dalle religioni (l.f.).

Carl Sagan, Il mondo infestato dai demoni. La scienza e il nuovo oscurantismo. Milano 1996, Baldini-Castoldi, p. 497. L. 32.000 (Trad. di Libero Sosio, dall’orig. The Demon-Haunted World. Science as a Candle in the Dark). Chi ricorda di Sagan, scomparso di recente, l’indimenticabile «Cosmo» televisivo (ma anche le severe ricerche dell’intelligenza extraterrestre) concorderà nel giudizio dello Scientific American che lo definisce il miglior divulgatore scientifico del mondo. Questo suo ultimo libro è il testamento spirituale del grande fisico statunitense, innamorato della visione razionalistica del mondo, da lui giustamente considerata la «cosa più preziosa» che abbia il genere umano, quella che sola ci fa esercitare l’unica «bella arte di smascherare gli inganni». I demoni che infestano la mente umana - in questo uguali e contrari alle fittizie fantasie degli angeli - simboleggiano la marea montante di superstizione, di magia e stregonismo, la tentazione oscurantista che minaccia di sommergere anche (se non soprattutto) le società secolarizzate e opulente dell’Occidente. Nel diluviare delle mode New e Next Age, quella di Sagan è una lettura che rasserena e illumina: un saldo ricostituente per chi ama la conoscenza e vuol resistere all’irrazionale, alla credulità, anzi creduloneria di ogni tipo (l.f.).

Jean Meslier, Il testamento, (Le Testament, trad. di I. Tosi Gallo) ed. La Fiaccola / Reprint, Ragusa 1992, p. 249, L. 10.000. In omaggio alla preziosa Guida di M. Franzinelli, riportiamo la presentazione che ne fa a p. 147 del vol. I, Il pensiero dei classici). Il sacerdote J. Meslier, curato di una sperduta parrocchia delle Ardenne, nel suo testamento spirituale - redatto intorno al 1720 - scaglia una feroce requisitoria contro l’ipocrisia dei detentori del potere spirituale e di quello politico, alleati contro i ceti subalterni nel nome del comune interesse. Il parroco miscredente sviluppa nel suo memoriale a futura memoria i principî d’una filosofia materialista negatrice dell’esistenza di Dio ed esorta il popolo ad una ribellione violenta che favorisca l’avvento d’una società libertaria, comunista ed atea. La prima versione non mutilata delle memorie di Meslier comparve solamente nel 1864, poiché in precedenza le varie edizioni a stampa furono espurgate dai passi sull’ateismo e sul socialismo (Voltaire, che pure fu tra i primi estimatori del curato, è responsabile di alcune mutilazioni del testamento, il cui carattere sovversivo mal si adattava a mantenere nel popolo quella cieca devozione religiosa, ritenuta a ragione uno dei più solidi cardini dell’ordine costituito) (Mimmo Franzinelli).