Le torri cristiane

di Baldo Conti

Per ragioni di lavoro, con alcuni colleghi, ho avuto l’opportunità di recarmi in Tunisia nel novembre scorso, nell’ambito di un programma europeo, per lo studio e la conservazione delle coste del Mediterraneo. Questo tipo di attività ci ha costretto a frequentare quasi sempre spiagge e coste, ad apprezzare quindi la natura spesso ancora integra con tutte le sue varie ed affascinanti sfaccettature, ma anche a considerare l’inizio di un degrado inarrestabile dovuto alla avanzante urbanizzazione, qualche volta al sudicio, altrove all’inquinamento industriale.

Tra le molte cose che ci hanno colpito, specialmente nella parte nord del Paese, tra una spiaggia e l’altra, è stata l’esistenza di alcune torri, di qualche manufatto sicuramente militare allo stato di rudere, qualche specie di castello diroccato e così via. Non abbiamo potuto fare a meno di chiedere spesso, ai nostri accompagnatori ed interlocutori dell’Università di Tunisi e del Ministero tunisino dell’Ambiente, cosa fossero queste costruzioni, per quali ragioni fossero state edificate, a cosa fossero servite in passato. Con nostra grande sorpresa, ma forse non troppo, la risposta è stata sempre una: «Sono torri cristiane». Come tutti sappiamo, la Tunisia appartiene al grande mondo dell’Islam e la presenza di «torri cristiane» in questi luoghi ci sembrava perlomeno strana, ma su nostro invito ci fu fornita subito la spiegazione. Le torri e le costruzioni di cui osservavamo i ruderi erano proprio «torri cristiane», edificate per lo stesso scopo per il quale sulle coste, specialmente del nostro sud, esistono ancora oggi le «torri saracene». In sintesi queste torri «avevano lo scopo di difendere le popolazioni locali dalle incursioni dei cristiani, dagli sterminî e dai saccheggi dei Crociati, dei Templari e di tutte le altre componenti cristiane che cercavano di civilizzare il mondo, ovviamente a loro modo, e di portare nel Nord Africa la pace e la parola di Cristo» (traduzione esatta e letterale dal francese di quanto ci è stato riferito).

La cosa ci ha fatto riflettere un po’ tutti, più che altro perché non avevamo mai fatto mente locale sull’argomento. La storia, quella ufficiale, quella che abbiamo appreso a scuola fin dalla Media ed anche prima, con tanto sacrificio (almeno per me), ci ha sempre narrato di queste grandi Crociate, create per la protezione dei pellegrini che andavano in Terra Santa al sepolcro di Cristo, della civilizzazione che il mondo cristiano esportava in Palestina ed altrove, delle grandi battaglie contro gli infedeli, selvaggi e barbari atroci, della difesa della nostra superiore cultura, esaltando il sostegno del debole contro la sopraffazione da parte del più forte. Ma ora, improvvisamente, questa costruzione che ci eravamo fatta, ci crolla addosso, inesorabilmente. Ci ritroviamo tutti, di colpo, con alle spalle una vita trascorsa da pirati, da predoni, da assassini, da violenti… ed ognuno completi l’elenco a suo piacimento. Sembra proprio che Cristo sia servito solo come alibi a bande di delinquenti, stupratori e rapinatori, sovvenzionati dalla Chiesa di Roma che, con queste accozzaglie di farabutti, si è arricchita alle spalle della povera gente, di pescatori, di agricoltori, di pastori. Questo certo non giustifica l’esigenza e l’esistenza delle «torri saracene» in Italia e le scorrerie altrui, ma certo ci fa considerare come la religione, da qualsiasi parte la si consideri, è solo un vero è proprio scudo protettivo alla rapina ed alla disonestà, sempre velate di arcano misticismo, spesso benedette da un dio «degli eserciti» di biblica memoria, invisibile ed in verità anche molto discutibile, perché strenuo protettore di qualsiasi contendente in guerra, indipendentemente l’uno dall’altro.

Ciascuno di noi potrà trarre le proprie conclusioni in proposito. Sicuramente il dubbio che tutta la nostra storia, quella che la scuola, pubblica o privata, impartisce ai nostri ragazzi e quindi alle future generazioni, andrebbe almeno riscritta, con un po’ più di obiettività, meno arroganza e un po’ più di tolleranza nei confronti degli «altri», se si vuole costruire un futuro migliore per i nostri figli. Anche il nostro Stato che teoricamente dovrebbe essere laico ed indipendente secondo anche i dettami della Costituzione, appare in modo lampante al servizio e succube di una confessione religiosa, che se anche qui in Italia sembra maggioritaria, è pur sempre una cosa deplorevole ed indegna, da combattere senza mezzi termini, per l’edificazione, nel nostro Paese, di una società appena civile, moderna e certo migliore dei duemila anni che ci hanno preceduto. Non avrei mai pensato che, andando in un Paese in via di sviluppo, considerato a torto componente del cosiddetto Terzo Mondo, a farmi intirizzire dal vento gelido delle spiagge del nord alla ricerca di qualche animaletto sopravvissuto al menefreghismo umano, avrei potuto apprendere una lezione così bruciante, sia come italiano, sia come esemplare-tipo della cosiddetta cultura occidentale.