Francesco I “il rivoluzionario”: una breve passeggiata nella rete

di Maria Turchetto

 

Se digitate su google PAPA RIVOLUZIONARIO ottenete 16 schermate di riferimenti precisi a papa Francesco: intendo titoli di articoli, libri, trasmissioni, video, siti web che usano questa espressione e non semplicemente occorrenze in contesti più ampi e meno significativi. Mai che lo chiamino riformista o progressista: sembrano tutti d’accordo, papa Bergoglio è rivoluzionario! L’epiteto sembra destinato a rimanergli addosso come “re sole” a Luigi XIV di Borbone, “magnifico” a Solimano o “flagello di Dio” ad Attila.

Vi sembrerò complottista, ma il termine è così ripetuto e ribadito da far pensare a un’autentica campagna: qualcuno l’ha orchestrata, l’ha lanciata e l’imitazione ha fatto il resto. Naturalmente esistono molte voci — come quelle che ospitiamo in questo numero e che abbiamo ospitato nel numero precedente — che mettono in discussione questo binomio. Ma è sconcertante constatare quanto gli apologeti ne facciano uso. Qualunque cosa papa Bergoglio faccia o dica è rivoluzionaria.

Vorrei fornire qui una breve rassegna — per quanto posso, “storica” — dell’uso di questa espressione, per orientare il lettore nel mare di internet. Ho cercato perciò di selezionare le fonti più autorevoli che l’hanno messa in circolazione e utilizzata: si trova infatti in una miriade di siti e blog, in giornali e giornalini, non parliamo dei social, tra i quali si rischia di perdersi (google non ha il senso della gerarchia), ma ciò che secondo me rende interessante (e sospetta) la faccenda è la sua diffusione nei media “che contano”.

La mia impressione è che la campagna fosse orchestrata da tempo, perché Bergoglio cominciò a essere indicato come “papa rivoluzionario” fin dall’inizio del suo pontificato, prima di avere il tempo di pronunciarsi su alcunché, per i suoi semplici “gesti”: salutare dicendo buonasera, portare la croce in argento (non ferro, come scrisse qualcuno) anziché in oro, comprare personalmente le scarpe ortopediche, andare dall’ottico a farsi riparare gli occhiali … Dopo mesi di tamtam mediatico, nel 2014 arriva l’autorevole placet dell’Opus Dei: «i gesti di papa Francesco sono rivoluzionari perché autentici», scrive monsignor Javier Echevarrìa nel sito ufficiale della prelatura (https://opusdei.org/it-it/article/i-gesti-di-papa-francesco-rivoluzionar…).

Nel frattempo papa Francesco si è espresso anche a parole. Già nel 2013, nel viaggio di ritorno dal Brasile, oltre a “portare da solo” (!) la celebre borsa “non di marca” oggetto di numerosi servizi (si veda per tutti https://www.miopapa.it/ecco-cosa-contiene-borsa-papa/) e destinata a diventare un oggetto di culto, si fa scappare quel «chi sono io per giudicare un gay?» amplificato dai giornalisti e salutato da autorevoli commentatori come una sfida al Sinodo sulla famiglia in programma per l’anno successivo. Ad esempio, Vito Mancuso (https://www.vitomancuso.it/2014/10/21/sinodo-famiglia-vito-mancuso-sulla…).

La frase diventerà poi il titolo di un agile libretto per i tipi di Libreria Editrice Vaticana e Piemme: http://www.edizpiemme.it/libri/chi-sono-io-per-giudicare (una raccolta di brani tratti da omelie e discorsi).

Il Sinodo sulla famiglia si concluderà senza rivoluzioni, ribadendo la dottrina tradizionale della Chiesa. Ma il 2014 è anche l’anno in cui Bergoglio promette profonde (“rivoluzionarie”) riforme della curia. Ed ecco che Eugenio Scalfari titola su la Repubblica «La rivoluzione di Francesco contro i mandarini del Vaticano» (http://www.repubblica.it/cultura/2014/02/19/news/la_chiesa_di_francesco-…).

Bergoglio inoltre dà forma alla sua campagna sulla “chiesa povera” — a questo proposito rinvio all’articolo di Hugo Estrella, Teologia della Povertà o Povertà della Teologia? in L’Ateo, n. 5/2018 (120) — e inizia la sua attività di fustigatore del capitalismo. L’Espresso commenta l’esortazione apostolica Evangelii gaudium con un titolo cauto, “Il pendolo di Bergoglio, tra capitalismo e rivoluzione”, ma definisce “storico” e (ovviamente) “rivoluzionario” un discorso pronunciato da papa Francesco il 28 ottobre 2014: «Ad ascoltare ed applaudire papa Francesco, quel giorno, c’era un campionario dell’ultrasinistra mondiale, dagli zapatisti del Chiapas al centro sociale Leoncavallo di Milano. Particolarmente numerosi i sudamericani […] tra i quali il presidente boliviano Evo Morales in qualità di leader “cocalero”. E che cosa ha detto il papa? Che il rinnovamento del mondo appartiene a loro, alle “periferie” che “odorano di popolo e di lotta”, alla moltitudine degli esclusi e dei ribelli, grazie a un processo di loro ascesa al potere che “trascende i procedimenti logici della democrazia formale”» (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350950.html).

L’“anticapitalismo” del papa culmina nel 2015 con l’enciclica Laudato si’. Bertinotti ne è entusiasta e al Todifestival del 29 agosto ribadisce il tormentone: papa Francesco è rivoluzionario! (https://www.youtube.com/watch?v=FLrjtw0zljc) E se lo dice il rifondatore del comunismo …

Ma la consacrazione definitiva arriva l’anno successivo da Roberto Benigni che, in occasione della presentazione in Vaticano del libro-intervista Il nome di Dio è Misericordia (lanciato a livello globale in 86 paesi) http://www.edizpiemme.it/libri/il-nome-di-dio-e-misericordia mette in scena un vero show sul tema “papa rivoluzionario” (che potete vedere qui: https://www.youtube.com/watch?v=D-4MKWbUR_A).

Colpo di scena: nel corso della presentazione Benigni attribuisce a Eugenio Scalfari, presente allo show, la paternità della fortunata formula “papa rivoluzionario”. Scalfari si monta la testa: da quel momento non smetterà di tampinare il papa (qualcuno lo definirà “lo stalker del papa” http://m.dagospia.com/scalfari-lo-stalker-di-papa-bergoglio-per-me-e-un-…) per aiutarlo a realizzare tutte le rivoluzioni possibili. Si è già prodotto in alcune “interviste impossibili” al papa (vere e proprie fake news come le ha di recente definite Piergiorgio Odifreddi in un intervento su cui torno più oltre), limitandosi tuttavia ad argomenti politici oppure relativi a vere o presunte riforme della Chiesa. A questo punto non si tiene più e inizia a rivoluzionare anche l’Aldilà. L’8 luglio 2017 pubblica un fantasioso “colloquio” in cui, oltre a discettare sull’unicità di Dio e sulla divinità di Cristo, si mette a riposizionare un po’ di anime tra Inferno e Paradiso (bisogna beatificare Blaise Pascal, togliere la scomunica a Baruch Spinoza: https://www.repubblica.it/vaticano/2017/07/08/news/scalfari_intervista_f…).

Seguono smentite ufficiali dalla Santa Sede, commenti perplessi, soprattutto una valanga mediatica di parodie, satire, prese per i fondelli. Scalfari se la prende, insulta gli atei dando loro degli scimpanzé — abbiamo dedicato un piccolo speciale a questa uscita del fondatore de la Repubblica in L’Ateo n. 5/2017 (114) con articoli di Massimo Redaelli, Adele Orioli, Ferdinando Maria Vallania e Maria Turchetto) — ma non demorde.

Pasqua 2018: eccolo di nuovo all’opera. Prima di tutto, si procura l’imprimatur papale per la formula “papa rivoluzionario”: «è un onore essere chiamato rivoluzionario» dice (?) Bergoglio. Poi passa a una più radicale ristrutturazione dell’Aldilà abolendo l’inferno: «non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici» (https://rep.repubblica.it/pwa/esclusiva/2018/03/28/news/il_papa_e_un_ono…).

Piovono nuovamente smentite ufficiali: Papa Francesco ha «ricevuto recentemente il fondatore del quotidiano la Repubblica in un incontro privato in occasione della Pasqua, senza però rilasciargli alcuna intervista» si legge in una nota della sala stampa della Santa Sede. «Quanto riferito dall’autore nell’articolo odierno è frutto della sua ricostruzione, in cui non vengono citate le parole testuali pronunciate dal Papa. Nessun virgolettato del succitato articolo deve essere considerato quindi come una fedele trascrizione delle parole del Santo Padre». Piovono nuovamente frizzi e lazzi. Piergiorgio Odifreddi cerca di spiegare a la Repubblica che forse non è opportuno dare spago alle manie senili del fondatore, proponendo un bell’articolo (vi consiglio vivamente di leggerlo) che fa il punto sulle fake news di Scalfari (http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2018/04/02/le-fake-news-di-sca…).

L’articolo non viene pubblicato (compare solo nel blog dell’autore) e la collaborazione di Odifreddi con la Repubblica interrotta (https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/04/03/news/repubblica-scalfari-papa-…). Comunque, ormai è fatta: papa Francesco è, per tutti o quasi, “rivoluzionario”. È contento di esserlo. E lo è in ogni campo: dalla dottrina sociale all’etica familiare, dalla politica estera alla teologia, dagli occhiali alle scarpe. Noi atei, “irrispettosi scimpanzé” come ci chiama Scalfari, continuiamo a non crederci proprio.

Da L’ATEO 6/2018