La schiuma spazio-temporale. Divulgare la fisica contemporanea

di Andrea Frova

 

Divulgare la fisica, anche quella che potremmo definire classica, è un’impresa piuttosto ardua. Ho fatto personalmente l’esperienza che rendere i profani interessati alle più elementari nozioni sulle quali si fonda la fisica di base — tematiche galileiane o newtoniane, tanto per intenderci, quali la gravitazione, il moto dei corpi, le proprietà delle onde (sonore o luminose) — è già impresa non facile. Perché, come diceva Galileo, “parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi”. Rendere poi i lettori consci della rilevanza culturale di questi concetti, che toccano la nostra vita quotidiana e quella dell’universo, e dell’esportabilità della metodologia scientifica ad altre attività umane, è ancora più difficile. Eppure è quanto un buon divulgatore dovrebbe porsi come obiettivo, giacché la divulgazione scientifica ha un senso non tanto dal punto di vista informativo — per questo basta l’opera dei giornalisti che trasmettono le notizie — quanto per il processo formativo di una mente, processo che rimane in atto per l’intera vita.

Le cose sono ancor più gravi quando si viene a parlare della fisica dell’ultimo Novecento, quella che è scaturita dalle grandi rivoluzioni della meccanica quantistica (per citare un nome emblematico, Werner Heisenberg), della relatività (Albert Einstein), della natura quantizzata della luce (Max Planck e ancora Einstein), della cosmologia più recente (Georges Lemaître e Edwin Hubble, ovvero il Big Bang e l’universo in espansione), della scienza più avanzata dei materiali (John Bardeen, ovvero il transistor, e a seguire il fantastico sviluppo dei circuiti integrati digitali), dei prodigiosi nanomateriali, della fotonica e dell’ottica coerente (Charles Townes e Arthur L. Schawlow, ovvero i laser a gas e poi quelli a semiconduttore).

Due sono i principali motivi di difficoltà che il divulgatore incontra: primo, egli deve necessariamente utilizzare un linguaggio che risulta estraneo anche a persone acculturate, ma prive di una specifica base scientifico-tecnologica; secondo, a differenza della fisica classica, i concetti spesso esulano da quelli che possono apparire “intuibili”, “ragionevoli” o “sensati”, talvolta suonando invece magici, se non tout court incredibili o assurdi. Un esempio tra i meno astrusi di entrambi gli aspetti, si può prendere da p. 154 dell’ultimo libro di Carlo Rovelli, La realtà non è come ci appare — La struttura elementare delle cose: «Non appena teniamo conto della meccanica quantistica, invece, dobbiamo riconoscere come anche il tempo debba avere quegli aspetti di indeterminazione probabilistica, granularità e di relazione che sono comuni a tutta la realtà. […]. Lo scorrere del tempo è interno al mondo, nasce dal mondo stesso, dalle relazioni fra eventi quantistici che sono il mondo e generano essi stessi il proprio tempo». E aggiunge, cogliendo il lettore in contropiede: «In realtà, l’inesistenza del tempo non significa nulla di molto complicato». Il termine che è stato introdotto per esprimere questa nuova realtà è quello di “schiuma spazio-temporale”, una struttura che potrebbe venir confermata sperimentalmente — si auspica — dal telescopio Fermi della NASA, il quale analizza le radiazioni provenienti dagli angoli più remoti dell’universo.

A queste difficoltà, si aggiunge un terzo elemento, come viene ben evidenziato da Amedeo Balbi nel suo libro Cercatori di meraviglia. Storie di grandi scienziati curiosi del mondo. Egli scrive: «raccontare l’impresa scientifica sacrificando la sua dimensione umana ed emotiva […] è uno dei fattori che hanno contribuito a scavare un fossato tra gli scienziati e il resto delle persone. […] Comunicare la passione che anima la ricerca è importante quanto illustrare i suoi risultati». In particolare quando la divulgazione è rivolta a individui in fase di formazione.

Spiegare cos’è la schiuma spazio-temporale è un obiettivo ardito: è facile cadere in risibili paralleli di stampo zichichiano, nella fattispecie quello con la superficie porosa di un cappuccino o con quella increspata di un oceano in continua fluttuazione, che appaiono entrambe perfettamente lisce se viste da una certa distanza (nel secondo caso, da un aereo di linea in quota). Paralleli che spiegano poco o nulla e anzi rendono le idee più confuse di prima, anche perché la schiuma di cui si parla qui ha una granularità su scala indicibilmente piccola, circa dieci miliardesimi del diametro del nucleo di un atomo di idrogeno (vale a dire 10-35 metri, che è la cosiddetta lunghezza di Planck). Chi prova curiosità per questa ultramicroscopica schiuma, provi a leggere quanto ne scrive il giornalista scientifico Sandro Iannaccone sul sito Galileo.

Bellissimo libro quello di Rovelli, dove, dopo una prima parte in cui si espongono con chiarezza gli antefatti e si passano in rassegna i succitati grandi progressi del Novecento, ci si imbatte in un capitolo intitolato “Il tempo non esiste” e in una successiva parte “Al di là dello spazio e del tempo”, che conduce alle stupefacenti conclusioni finali intitolate significativamente “Il mistero”. Dirò, per confortare i possibili lettori, cui suggerisco di leggere almeno la prima metà del libro e le considerazioni conclusive, che anch’io — fisico sperimentale appartenente a tutt’altra parrocchia, quella delle proprietà della materia condensata o, se vogliamo, della scienza dei materiali — non sempre sono riuscito ad afferrare le argomentazioni dell’autore. Del resto lo stesso Rovelli testimonia la difficoltà di capire a fondo la tematica persino da parte degli addetti ai lavori. Lo confermano subito alcune sue frasi, piene di verità, queste sì, immutabili.A p. 226 si legge: «La consapevolezza dei limiti della nostra conoscenza è anche consapevolezza del fatto che quello che sappiamo, o crediamo di sapere, possa poi risultare impreciso o sbagliato. Solo se teniamo ben presente che le nostre credenze potrebbero essere sbagliate possiamo liberarcene e imparare di più […]. La scienza nasce da questo atto di umiltà: non fidarsi ciecamente delle proprie intuizioni […]. Perfino il sapere più efficace, come quello costruito da Newton, può rivelarsi alla fine ingenuo, come ha mostrato Einstein». E poco sotto: «Qualche volta si rimprovera alla scienza di pretendere di spiegare tutto, di saper rispondere a tutte le domande […]. La realtà è il contrario, come sa qualunque ricercatore in qualunque laboratorio del mondo: fare scienza significa scontrarsi quotidianamente con i propri limiti, con le innumerevoli cose che non si sanno, che non si riesce a fare». E alla pagina seguente: «Se non siamo sicuri di nulla, come possiamo fare affidamento su quello che ci racconta la scienza? La risposta è semplice: non è che la scienza sia affidabile perché ci dà risposte certe. È affidabile perché ci fornisce le risposte migliori che abbiamo al momento presente». Per concludere: «Il mondo è più straordinario e profondo di una qualunque delle favole che ci raccontano i padri […]. Siamo immersi nel mistero e nella bellezza del mondo. Il mondo svelato dalla gravità quantistica è un mondo nuovo, strano, ancora pieno di mistero, ma coerente nella sua semplice e limpida bellezza […]. È un mondo che non esiste nello spazio e non evolve nel tempo».

Parole che raccontano il fascino emozionante della ricerca scientifica e del faticoso, graduale, incessante disvelamento dei segreti dell’universo, contrassegnato da improvvisi “cambi di paradigma”, nella definizione di Thomas S. Kuhn in La struttura delle rivoluzioni scientifiche: dalla fisica ingenua pre-galileiana a quella dove i fenomeni si svolgono in modo diverso da quanto si vede; dall’energia e dallo spazio continui a quelli quantizzati; dal tempo assoluto al tempo relativistico, che differisce per i diversi osservatori in moto; infine dal tempo che fluisce con continuità al tempo parcellizzato dell’odierna schiuma spazio-temporale. Per quanto riguarda la divulgazione, la domanda d’obbligo è allora: si potrà mai rendere partecipi del piacere di tale conoscenza coloro che fisici non sono e parlano linguaggi diversi e lontani da quelli della scienza odierna? Purtroppo dubito che esistano modi per farlo, i profani possono soltanto avere fiducia nelle affermazioni di chi a questa materia si dedica per mestiere, e gioire di riflesso, in quanto esseri umani, dell’avanzamento nella comprensione del mondo. La fisica d’oggi non è come quella del Seicento — la fisica neonata di Galileo & Co. — che può essere acquisita con un minimo d’interesse e d’impegno anche da chi non è andato oltre le scuole medie. Né è come la musica colta dove, senza necessità di un background professionale, basta ascoltare un pezzo ripetute volte perché esso riveli in modo spontaneo la sua bellezza.

L’ultima frase citata di Rovelli richiama la “gravità quantistica”, già sopra menzionata, ossia il problema centrale dell’odierna cosmologia, quello che, per quanto ci riesce d’immaginare (e sperare) in questo momento, dovrebbe poter delucidare i tanti misteri e interrogativi che ancora affliggono il Big Bang e la vicenda evolutiva dell’universo. La gravità quantistica è quella parte della fisica teorica che aspira a unificare la teoria quantistica dei campi, la quale descrive le tre forze fondamentali della natura, elettromagnetica, forza nucleare debole e forza nucleare forte, con la teoria della relatività generale, la quale descrive la gravitazione. Semplificando all’estremo, potremmo dire che le due teorie si occupano rispettivamente dell’enormemente piccolo e dell’enormemente grande. Quello che ci si propone, unificandole, è di arrivare a formulare una “teoria del tutto”. Il profano dovrà accettare le verità degli esperti quasi fossero principi di fede, ben sapendo tuttavia che dovrà credervi solo fino al giorno in cui esse non saranno sopravanzate da verità “più vere”, meglio dire più mature.

Mi accorgo, rileggendo quanto ho scritto, di aver assunto una posizione forse troppo pessimista in merito alla possibilità di divulgare la fisica degli ultimi decenni in modo costruttivo, così da elevarla al di sopra della semplice, epidermica informazione, portandola a svolgere quel ruolo educativo e a suscitare nel lettore quel coinvolgimento intellettuale ed emotivo che ritengo essenziali. Ma se gli interessati accetteranno di prendere le mosse dai mattoni costitutivi della fisica, avvicinandosi preliminarmente alla divulgazione scientifica dei fenomeni quotidiani che stanno davanti ai nostri occhi (e che del resto rientrano nei programmi di studio dei licei e dovrebbero essere patrimonio di qualsiasi persona acculturata, ciò che purtroppo non è), allora forse anche opere come quella di Rovelli daranno i loro frutti.

Naturalmente ci sono libri più semplici di quello citato, qualcuno anche dello stesso autore, ce ne sono altri che si mantengono nei confini dell’uno o dell’altro dei vari aspetti della fisica contemporanea. Concludo pertanto questo discorso proponendo un elenco di testi che possono offrire argomentazioni a vari livelli di complessità, risultando più o meno accessibili alle diverse categorie di lettori. La mia scelta è ovviamente parziale e non implica giudizi di merito. Ciascuno dei libri elencati ne propone a sua volta altri, talvolta fornendo un commento dei contenuti. Un valido aiuto nella scelta delle letture, naturalmente, può venire dalla rete.

Sono spiacente di non aver saputo reperire un buon testo divulgativo che illustri l’attività nel mio settore di ricerca, dove nell’ultimo mezzo secolo si è avuta la straordinaria evoluzione che ci ha portato dal transistor ai circuiti integrati digitali e che ha reso possibili i grandiosi progressi fatti nei campi dell’informazione, dell’automazione, della medicina, dell’elaborazione delle immagini, oltre che nel potenziamento della ricerca scientifica. Un altro cambio di paradigma. Basti la testimonianza della sonda Kepler che, grazie al suo sensore d’immagine a mosaico di CCD, dispositivo a semiconduttore che ha procurato il Premio Nobel ai suoi inventori, viaggia nello spazio alla ricerca di pianeti simili alla Terra (Kepler può rilevare un abbassamento nella luminosità di una stella, causato dal transito di un suo pianeta, pari ad alcune parti per milione). Mi auguro che qualcuno voglia impegnarsi a mettere insieme un libro del genere, sebbene in rete non manchi una ricca messe di riferimenti alle specifiche problematiche. Io ne ho accennato in un mio libro semi-autobiografico del 2012, La passione di conoscere, che umilmente oso proporre ai lettori, pronto ad accoglierne pareri e critiche.

Suggerimenti bibliografici

Werner Heisenberg, Fisica e filosofia, Il Saggiatore 1961. Un grande classico scritto dall’ideatore della meccanica quantistica.

Enrico Bellone, Storia della fisica moderna e contemporanea, UTET 1998. Dal punto di vista di uno storico della scienza.

Carlo Rovelli, Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio?, Di Renzo 2000.

Q. Ho-Kim, N. Kumar e C.S. Lam, Invitation to contemporary physics, 2a edizione, World Scientific Publ. Co. 2004. Utile per tastare il polso della ricerca nella fisica contemporanea.

Bruce Colin, I conigli di Schrödinger. Fisica quantistica e universi paralleli, Cortina 2006.

Jim Baggott, The Quantum Story: A History in 40 Moments, Oxford University Press 2011. Una dettagliata ricostruzione dei principali passi della meccanica quantistica dalla nascita ad oggi.

Vittorio Degiorgio e Ilaria Cristiani, Note di fotonica, Sprinter Verlag 2012. L’invenzione del laser ha generato una nuova disciplina, la fotonica, con innumerevoli applicazioni ottiche e optoelettroniche. Testo a livello universitario.

Andrea Frova, La passione di conoscere. Storia intima della scienza che ha cambiato il mondo, RCS-BUR 2012. Testo autobiografico con appendici divulgative sull’ultimo mezzo secolo di travolgente progresso nella scienza dei semiconduttori.

Mauro Dorato, Che cos’è il tempo? Einstein, Gödel e l’esperienza comune, Carocci 2013. Sulla modificazione einsteiniana del concetto di tempo e le sue implicazioni.

Leon M. Lederman e Christopher T. Hill, Fisica quantistica per poeti, Bollati Boringhieri 2013. Spiega fenomeni reali, seppur misteriosi e apparentemente assurdi.

Leon M. Lederman, Oltre la particella di Dio. La fisica del XXI secolo, Bollati Boringhieri 2014. Più accessibile di altri che trattano la stessa tematica.

Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi 2014. In Italia, best seller assoluto, ma soggetto a giudizi molto controversi. Su Amazon ha ben 253 recensioni che vanno da “Affascinante” e “Magistrale leggerezza ed efficacia espositiva”, a “Chi sa di fisica non troverà nulla di interessante o di particolarmente illuminante”.

Carlo Rovelli, La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Cortina 2014. Uno sguardo sul futuro, con validi richiami agli sviluppi della fisica del Novecento.

Kenneth W. Ford, Il mondo dei quanti. La fisica quantistica per tutti, Bollati Boringhieri 2014.

Carlo Donadio, L’universo informato, articolo in rete, 2014: http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/teorie-fisica-contemporanea.php.

Amedeo Balbi, Cercatori di meraviglia. Storie di grandi scienziati curiosi del mondo, Rizzoli 2014.

Thibault Damour, Albert Einstein, La rivoluzione della fisica contemporanea. Albert Einstein, la teoria della relatività e la ricerca dell’unità in fisica, Einaudi 2015.

Pietro Greco, Marmo pregiato e legno scadente, Carocci 2015. Successi e insuccessi di Einstein e riflessi sulla fisica del Novecento.

 


 

Andrea Frova, già Ordinario di Fisica Generale all’Università di Roma La Sapienza è autore di numerose pubblicazioni su riviste internazionali nell’ambito della fisica e della spettroscopia dei semiconduttori e di libri di divulgazione scientifica tra i quali ricordiamo, oltre a La passione di conoscere (BUR 2012) menzionato in questo articolo e Newton & Co. geni bastardi (scritto con Mariapiera Marenzana, Carrocci 2015) qui recensito, Parola di Galileo (scritto con Mariapiera Marenzana, BUR 1998).

Da L’ATEO 6/2015