Quali funerali per Livio Paladin?

N MARGINE ALLA SCOMPARSA DI UN GRANDE GIURISTA

La notizia della morte del prof. Livio Paladin, avvenuta il 2 aprile 2000, è rimbalzata sulle prime pagine di tutta la stampa nazionale, col rilievo adeguato allo spessore del personaggio. Non altrettanto è avvenuto, tre giorni dopo, per la cronaca dei funerali di Stato, celebrati a Padova il 5 aprile nel cortile del Bo - sede dell’Ateneo in cui fu insigne maestro del Diritto e che frequentava anche durante le cariche pubbliche - nonché, con più coreografica pompa, nel duomo cittadino, che aveva frequentato poco o punto.

 

Della visione del mondo integralmente aconfessionale di Livio Paladin si è avuta notizia soltanto dai quotidiani locali del 6 aprile: il Gazzettino (edizione di Padova) e il Mattino di Padova, che hanno dato discreto rilievo pure al fatto che la cerimonia religiosa è stata almeno inopportuna, dato che lo studioso, come testimoniano amici e colleghi, era un convinto non credente.

 

L’Uaar di Padova ritiene doveroso far conoscere, sulla base di quanto riferito dai giornali sopra citati, questo illuminante aspetto - certamente ignoto ai più - della eccezionale personalità del giurista, che ne esce ingigantita da un carisma ancora più incisivo.

Luciano Franceschetti

Da Il Gazzettino (Cronaca di Padova, pag. IV), giovedì 6 aprile 2000

 

[Titoli a tutta pagina] «Il Bo in lutto - “Ci manca già la sua cultura giuridica” - La prof. Carlassare esprime dubbi sull’opportunità del rito religioso: “Era un non credente convinto”».

    L’alzabara - L’omaggio dei suoi studenti, di Davide Garbo.

    Dalla cronaca, firmata da Gigi Bignotti:

    Ieri, durante l’alzabara nel Cortile antico del Bo, la prof. Lorenza Carlassare ha assicurato che l’opera di Paladin sarà pubblicata nella parte già compiuta col titolo Storia costituzionale della Repubblica Italiana. (…) Presenti ovviamente tutte le autorità civili e militari padovane con in testa il sindaco Giustina Destro. Fra i gonfaloni ai lati dell’altare c’era anche quello della Regione Friuli Venezia Giulia che lo ha commemorato «come triestino e autore dello Statuto speciale».

    «Con l’esperienza acuta del dolore» - ha ricordato mons. Mattiazzo che ha concelebrato con 10 sacerdoti - «il prof. Paladin è stato indotto a sondare il mistero dell’uomo. Era un illustre studioso che ha sempre preferito l’essere all’apparire». (…)

     

    Più tardi sul sagrato della chiesa la prof. Lorenza Carlassare e alcuni colleghi hanno sollevato un piccolo “caso”: «Siamo perplessi sull’opportunità di aver celebrato funerali religiosi». Il prof. Bartoli dell’Associazione Italiana Costituzionalisti aveva ricordato come «Paladin aveva sempre seguito con scrupolo l’etica del non credente, che non cercava le sue motivazioni nell’aldilà. Non pretendeva mai di imporre scelte personali».

    Già domenica sera, poche ore dopo la morte, si era posto il problema del rito funebre. Una volta accettati i funerali di Stato, come la famiglia ha fatto, di prassi si svolgono con rito religioso in assenza di una espressa volontà contraria.

Da Il Mattino, giovedì 6 aprile 2000, pag. 18

 

[Titolo a tutta pagina]: «L’addio dello Stato e dell’Ateneo a Livio Paladin»

    Ultimo saluto dell’Ateneo e dello Stato, che ha servito fino agli ultimi giorni della sua vita con dedizione e intelligenza, al professor Livio Paladin, maestro del diritto. Si è svolta nel cortile antico del Bo la cerimonia dell’alzabara, poi la messa in Cattedrale, officiata dal vescovo Mattiazzo, dieci i sacerdoti concelebranti (…)

     

    Commossa è anche Lorenza Carlassare che di Paladin è stata compagna di lavoro, vicina nella didattica e nella ricerca, con un maestro in comune, Vezio Crisafulli, triestino, di poderosa cultura, e comunista. Un comunista nella facoltà di Giurisprudenza. Singolarità che disturbò alcuni. (…) Sergio Bartoli, dell’Associazione Italiana Costituzionalisti, professore triestino: «Paladin non era credente. Fondò l’architettura della sua vita sulla soddisfazione del compiere opere terrene attraverso una scelta etica rigorosa».

    Paladin non era credente, ma per lui è stato celebrato un funerale solenne e religioso. Si è detto che un funerale di Stato non può essere che così. Alcuni costituzionalisti si sono chiesti, allora, se questo non dimostri che viviamo in uno Stato confessionale, e se questa scelta non sia stata una forzatura (…)

     

    Dall’altare il vescovo Antonio Mattiazzo dice: «Preferiva l’essere all’apparire. Ha coltivato la giustizia e la sapienza che non sono corruttibili come il corpo dell’uomo. È passato attraverso il crogiuolo della sofferenza e l’esperienza del dolore rende più pressanti le domande sul senso dell’esistere».

    Aldo Comello

    L’intervista. Parla l’ex-ministro Giovanni Conso. «Il capolavoro di Paladin? La sentenza del ’78 che gettò le basi per tutti i referendum» (pagina 18).

Fine della cronaca. L’UAAR preferisce non commentare. Nondimeno, di fronte alle incessanti blandizie del potere chiesastico nella sua mediatica «campagna acquisti» verso intellettuali e vip di ogni specie, convertiti o in odore di conversione, si domanda con quale coscienza i prelati (pastori di anime?) si arroghino di appropriarsi anche di quanto non gli appartiene.