Filmografia dal 1961 al 1970

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  • Come in uno specchio (Säsom i en spegel, Svezia 1961) di Ingmar Bergman, con Harriet Andersson, Gunnar Björnstrand, Max von Sydow, Lass Passgård.
    • Un giorno di vacanza d’incubo su una ventosa isoletta del Mar Baltico: gli ospiti sono la schizofrenica Karin, il marito medico, il fratello minore e il padre scrittore. Da non raccomandare neppure al proprio peggior nemico, per la sua “pesantezza” funerea, ma fa comunque parte di un trittico che Bergman dedicò al “silenzio di dio”. Il regista dichiarò che con questo film intendeva «descrivere un caso di isterismo religioso».
  • La vita intima di Adamo ed Eva (The Private Lives of Adam and Eve, USA 1961) di Albert Zugsmith & Mickey Rooney, con Mamie Van Doren, Martin Milner, Fay Spain, Mickey Rooney, Cecil Kellaway, Tuesday Weld, Mel Torme, Paul Anka, Ziva Rodann, Theona Bryan, June Wilkinson, Phillipa Fallon, Barbara Walden, Toni Covington, Nancy Root, Donna Lynne, Sharon Wiley, Mieko Kato, Andrea Smith, Buni Bacon, Stella Garcia.
    • Evie (Mamie Van Doren) è una formosa donna del Nevada, moglie del meccanico Ad Simms (Martin Milner). Stanca di una vita modesta, decide di sposare Nick Lewis (Mickey Rooney), fornitore di macchinette mangiasoldi per casinò e imprenditore, e si appresta pertanto a chiedere il divorzio. Anche Nick vuole divorziare dalla moglie Lil (Fay Spain). Così partono tutti per Reno, a bordo dell’autobus guidato dall’anziano Doc Bayles (Cecil Kellaway). Ma uno spaventoso allagamento (il diluvio…?) li blocca all’interno di una chiesa (ma guarda la combinazione!). Addormentandosi, Ad ed Evie sognano di essere Adamo ed Eva nell’Eden, con Nick nel ruolo del Diavolo e Lil in quello della seducente Lilith. Una volta risvegliatisi (nel frattempo ha smesso di piovere) Evie ci ripensa e torna a vivere con Ad.
    • Potrebbe sembrare ridicolo e velleitario includere questo mediocre, anche se abbastanza divertente, B-movie (o Z-movie, tanto la sostanza non cambia) nella nostra filmografia. Tuttavia, il filmetto merita d’essere citato almeno per la sequenza inerente il biblico frutto proibito. Com’è noto, la Bibbia racconta il «fattaccio» in questi termini: «Vide adunque la donna che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi, e bello a vedere, e appetitoso all’aspetto; e colse il frutto, e mangiollo; e ne diede a suo marito, il quale ne mangiò» [Genesi, 3, 6]. Ebbene, il film fornisce invece una curiosa alternativa: Eva morde il frutto proibito e, spaventata dai tuoni e fulmini che ne seguono, rimane col frutto in mano, terrorizzata; giunge di corsa Adamo, si rende conto della situazione, prende il frutto dalle mani di Eva (che non accenna a porgerglielo, si badi bene!) e lo morde volontariamente per condividere il destino della sua donna! A raccontarlo non ci si crede. Se una «trovata» del genere fosse appartenuta a un film d’autore, di un grande regista, state certi che alcuni critici avrebbero scomodato persino la parola geniale per definire la sequenza. Ma sfortunatamente, si tratta di un’operina demenziale e misconosciuta…
    • L’edizione italiana del film di Zugsmith e Rooney è diventata oggi piuttosto rara, in particolare la versione a colori (in Spectacolor). Negli anni ’80, in seno ad un estemporaneo ciclo estivo sui film giovanilistico-rock dei Fifties, Canale 5 ne programmò una bella copia - curiosamente in bianco e nero, anche se col vecchio doppiaggio italiano - che, a quanto ne so, da allora non è mai stata replicata (se non, forse, su canali satellitari…).
  • Il coraggio e la sfida (The Singer Not the Song, GB 1961) di Roy Ward Baker, con Dirk Bogarde, John Mills, Mylène Demongeot, Laurence Naismith, Leslie French, John Bentley, Eric Pohlmann, Roger Delgado, Selma Van Dias, Serafina Di Leo, Jacqueline Evans.
    • Dietro un titolo italiano assolutamente imbecille, si cela un adattamento - non del tutto disprezzabile - dell’omonima novella della scrittrice Audrey Erskine-Lindop (1920-1986). Una banda di pistoleros, protetta da un latifondista, taglieggia un villaggio messicano. Solo un prete coraggioso (John Mills) vi si oppone; la sua forza d’animo suscita l’amore della figlia del latifondista e l’ammirazione del capo (ateo) dei desperados (Dirk Bogarde). Il prete arriverà persino a sperare di convertirlo. Ma tutto si rivelerà inutile: in uno scontro a fuoco finale il bandito morirà, rifiutando di convertirsi in punto di morte.
    • Alla critica fece molto comodo puntare quasi esclusivamente sull’interpretazione omosessuale, in altre parole sull’attrazione più o meno latente fra Bogarde e Mills: cosa per noi del tutto trascurabile. Ciò che ci preme invece sottolineare è il rifiuto finale di Bogarde a convertirsi in punto di morte (diversamente dall’ateo interpretato da Lionel Stander nel successivo Per grazia ricevuta di Nino Manfredi) nonché la frase che deriva dal titolo originale del film, The Singer Not the Song (Il cantante, non la canzone), che sta a significare che anche un laico può giungere (raramente) a stimare un religioso che si presti «sinceramente» (ma dove finisce l’aiuto sincero e dove comincia la speranza che essi si avvicinino alla Chiesa per gratitudine…?) ad aiutare i deboli, gli ultimi, ma in tal caso si stimerà «quel» prete, quella persona (the singer) e non la sua religione (the song). Inoltre il suo comportamento non ci convincerà certo della bontà della sua «causa», né ci indurrà assolutamente a «convertirci», bensì ci limiteremmo semmai a rispettare lui come uomo. Questo è il senso della frase the singer not the song.
  • Madre Giovanna degli Angeli (Matka Joanna od Aniolów, Polonia 1961) di Jerzy Kawalerowicz, con Lucyna Winnicka, Mieczyslaw Voit, Anna Ciepielewska, Zygmunt Zintel.
    • Polonia Orientale, XVII secolo. In un convento di suore orsoline accadono casi di possessione diabolica e inutili risultano gli esorcismi. Un sacerdote, colà inviato, s’innamora della madre superiora. Sarà contagiato anche lui. Storia ispirata ai fatti di Loudun, gli stessi che saranno in seguito la fonte de I diavoli (vedi) di Ken Russell e La tortura delle vergini (Hexen, Germania 1969) di Michael Armstrong. Ebbe qualche noia dal Vaticano…
  • Non uccidere (Tu ne tueras point, Francia / Jugoslavia / Liechtenstein / Italia 1961) di Claude Autant-Lara, con Laurent Terzieff, Suzanne Flon, Horst Frank, Mica Orlovic, Marijan Lovríc.
    • È la storia - ispirata a un fatto vero, avvenuto nel 1948 - di François Cordier, il quale, chiamato a fare il servizio di leva, rifiuta di indossare la divisa. Al tribunale militare il suo caso viene esaminato insieme a quello di Adler, giovane sacerdote tedesco che nel 1944, arruolato nella Wehrmacht, ricevette l’ordine di uccidere un partigiano francese. Mentre il sacerdote viene assolto per aver ucciso su ordine superiore, François è condannato severamente. In parte il film è un pamphlet anticlericale, dunque merita l’inclusione nella presente filmografia. Venne distribuito in Francia solo nell’estate del 1963, mentre in Italia fu vietato ai minori di 16 anni.
  • Viridiana (id., Spagna 1961) di Luis Buñuel, con Silvia Pinal, Fernando Rey, Francisco Rabal, Margarita Lozano, Victoria Zinny, Teresita Rabal, José Calvo, José Manuel Martin, Luis Heredia, Joaquin Roa, Lola Gaos, Maruja Isbert, Alicia Jorge Barriga, Juan Garcia Tiendra, Palmira Guerra, Joaquín Mayol, Sergio Mendizabál, Narciso Ojeda, Milagros Tomás, Claudio Brook.
    • Viridiana (Silvia Pinal), giovane e bella orfana, decide di farsi suora, ma poi lascia il convento perché evidentemente non riesce a «far carriera» confusa in mezzo alle altre religiose (ebbene sì: Viridiana vuole «studiare da santa»). Ospitata in casa di un ricco zio Don Jaime (Fernando Rey), questi (innamorato di lei che gli rammenta la moglie defunta) cerca di usarle violenza, ma poi, pentito, s’impicca. Erede del suo castello, Viridiana si dedica a opere di carità cristiana, ma è derisa dai suoi beneficiati. A poco a poco s’instaurerà un ambiguo rapporto fra lei, il cugino Jorge (Francisco Rabal) e l’amante di quest’ultimo.
    • «Il riscatto mistico, quale la giovane Viridiana lo tenta sui “poveri”, non fa che porre in luce l’inadeguatezza, l’ipocrita ignoranza, il morboso squallore d’una aristocrazia che fa l’elemosina per non elargire giustizia» [Tino Ranieri]. Primo film girato in Spagna da Buñuel dopo 30 anni d’esilio, ebbe la Palma d’oro a Cannes, fu proibito in Spagna e attaccato dal Vaticano come «insulto alla religione cristiana», specialmente per la scena blasfema dell’«ultima cena», modellata su quella di Leonardo. Versione italiana a cura di Diego Fabbri.
  • L’angelo sterminatore (El angel exterminador, Messico 1962) di Luis Buñuel, con Silvia Pinal, Enrique Rambal, Jacqueline Andère, José Baviera, Augusto Benedico, Luis Beristáin, Antonio Bravo, César Del Campo, Claudio Brook, Rosa Elena Durgel, Lucy Gallardo, Ofelia Guilmáin, Patricia Morán, Enrique Garcia Álvarez, Nadia Haro Oliva.
    • Dopo una prima teatrale, un gruppo dell’alta borghesia messicana (nobili, artisti, intellettuali, generali) si riunisce in un salone ma non può più uscirne, bloccato da una forza misteriosa. E nessuno può entrare. Quando l’incantesimo si rompe, si ritrovano in una chiesa, allo scopo di celebrare un Te-Deum per lo scampato pericolo. Ma l’incubo ricomincia…
    • È ovvio che nulla di «reale», di fisico, blocca queste persone dentro la sala e, successivamente, all’interno della chiesa. Le loro vergognose paure, i rimorsi, la cattiva coscienza, emergono, riducendoli a laceri e sudici relitti piagnucolanti. E che ciò accada anche in una chiesa la dice lunga su quello che Buñuel pensava dell’ipocrisia di certi sedicenti «cattolici». Ispirato al cinedramma Los naufragos de la calle Providencia (messo in scena da José Bergamín), L’angelo sterminatore è uno dei film più belli del regista spagnolo, secondo alcuni il suo capolavoro assoluto.
  • Luci d’inverno (Nattvardsgästerna, Svezia 1962) di Ingmar Bergman, con Gunnar Björnstrand, Ingrid Thulin, Max von Sydow, Gunnel Lindblom, Allan Edwall, Olof Thunberg, Elsa Ebbesen.
    • Il pastore protestante di uno sperduto villaggio della Dalecalia, all’estremo Nord della Svezia, ha perso la fede a causa della morte della moglie. Respinge le profferte d’amore di una donna atea, non sa consolare un parrocchiano nevrotico che si ucciderà, né la di lui moglie. Secondo capitolo della trilogia sul «silenzio di dio».
  • Le tentazioni del dottor Antonio di Federico Fellini - episodio del film Boccaccio ’70 (Italia 1962) di AA.VV., con Peppino De Filippo, Anita Ekberg, Antonio Acqua, Eleonora Nagy, Donatella Della Nora.
    • Il tema è abbastanza simile a Il moralista, infatti anche questo episodio rappresenta una piccola vendetta nei confronti non tanto della censura quanto di certa critica bacchettona. Fellini voleva insomma vendicarsi dei critici che avevano fatto a pezzi il suo precedente La dolce vita (1960). Il moralista dottor Antonio Mazzuolo (Peppino De Filippo) è ossessionato (ma anche morbosamente attratto) dall’enorme tabellone pubblicitario reclamizzante il latte con le abbondanti fattezze di Anita Ekberg. Sognerà che Anita (in formato gigante come appare sul manifesto) prenda vita, ma alla fine finirà in manicomio. L’episodio è probabilmente il migliore del film (gli altri tre sono Renzo e Luciana, Il lavoro e La riffa), l’unico, forse, che meriti di essere registrato e conservato.
  • Tentazioni quotidiane (Le diable et les dix commandements, Francia/Italia 1962) di Julien Duvivier, con Jean-Claude Brialy, Louis de Funès, Alain Delon, Danielle Darrieux, Fernandel, Michel Simon, Roger Nicholas, Dany Saval, Lino Ventura, Mel Ferrer, George Wilson, Micheline Presle.
    • Eh, sì… i dieci comandamenti non si possono trasgredire né aggirare. Film a episodi piacevolmente irriverente. Uno dei più divertenti è il 7°, con due ladri (Jean-Claude Brialy, Louis de Funès) che si disputano una preziosa valigia, e il Diavolo in persona che imbroglia le carte. Il più originale (il 4°) ci presenta Fernandel nei panni di Dio dal quale una vecchia contadina moribonda esige una prova della sua esistenza. Lui fa un miracolo, ma poi viene riportato nel manicomio da cui era fuggito.
    • L’edizione italiana è montata in modo differente da quella francese e manca un intero episodio, quello con Michel Simon, inserviente di un convento che scandalizza le suore con le sue bestemmie. Nella versione nostrana è stato sostituito con quello in cui un uomo (Roger Nicolas), marito di una spogliarellista (Dany Saval), riscopre la bellezza della moglie ascoltando le confidenze di un suo ammiratore.
  • La ricotta di Pier Paolo Pasolini - episodio del film Ro.Go.Pa.G. / Laviamoci il cervello (Italia/Francia 1963) di AA.VV; con Mario Cipriani, Orson Welles, Laura Betti, Vittorio La Paglia, Ettore Garofalo, Edmonda Aldini, Rossana Di Rocco, Maria Bernardini, Lamberto Maggiorani, Tomas Milian, Elsa De Giorgi.
    • La ricotta: il sottoproletario Stracci (Mario Cipriani) interpreta il buon ladrone in un film su Gesù Cristo e, dopo un’abbuffata di ricotta durante una pausa, muore d’indigestione sulla croce. Dei 4 episodi che compongono la pellicola, quello di Pasolini è senz’altro il migliore (anche se causò il sequestro del film per il reato di vilipendio alla religione di Stato, tanto che l’autore fu costretto a modificare alcune battute). Nel ruolo del regista del «film nel film» compare nientemeno che Orson Welles (doppiato dallo scrittore Giorgio Bassani!).
  • L’ape regina (Italia/Francia 1963) di Marco Ferreri, con Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Linda Sini, Riccardo Fellini, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Walter Giller, Polidor.
    • Alfonso (Ugo Tognazzi) borghese quarantenne, si accasa con l’illibata e cattolicissima - è nipote di un prete - Regina (Marina Vlady), che lo sfianca sessualmente col suo desiderio di avere un figlio a tutti i costi. Ottenuto lo scopo, Alfonso, vero e proprio fuco, è messo da parte e muore. Finalmente neo-mamma ma fresca vedova, Regina piange il marito con un enigmatico sorriso…
    • È un film grottesco sulla famiglia e il matrimonio, e sull’ideologia clerical-borghese che (purtroppo!) nel nostro paese sta alla base di entrambe le istituzioni. Uscito nella primavera del 1963 col titolo L’ape regina, fu denunciato e sequestrato dalla censura, che impose tagli e modifiche ai dialoghi. Venne ridistribuito in una nuova versione col titolo cambiato in Una storia moderna: l’ape regina.
  • Il silenzio (Tystnaden, Svezia 1963) di Ingmar Bergman, con Ingrid Thulin, Gunnel Lindblom, Jörgen Lindström, Birger Malmsten.
    • Anna ed Ester, due sorelle, e il figlioletto di una delle due sono costretti, di ritorno dalle vacanze, a fermarsi in un paese sconosciuto a causa di una grave crisi del male che sta uccidendo Ester. Il rapporto conflittuale tra le due donne esplode. Ultimo episodio della citata trilogia bergmaniana.
  • Il testamento di Francesco - episodio del film I mostri (Italia 1963) di Dino Risi; con Vittorio Gassman, Riccardo Paladini.
    • Un uomo (Vittorio Gassman) si appresta ad apparire in video ed è in sala trucco: inizialmente sembra pretendere dal truccatore pochi ritocchi, ma poi diventa fin troppo esigente, rivelando una vanità senza freni. Nel finale scopriamo che si tratta di un prete e che dovrà parlare in televisione proprio del più semplice e «modesto» dei santi, San Francesco…
    • Quest’episodio sembrava all’epoca così assurdo, magari persino poco credibile. E invece, al giorno d’oggi, diversi «preti televisivi» (quelli che vanno molto di moda e vengono sovente invitati in trasmissioni RAI o Mediaset, quando addirittura non ne conducono una) non solo passano volentieri in sala-trucco, ma alcuni non disdegnano nemmeno un po’ di palestra (per piacere maggiormente ai telespettatori più giovani…).
  • Il principe azzurro - episodio del film Le belle famiglie (Italia/Francia 1964) di Ugo Gregoretti; con Annie Girardot, Angelo Infanti, Jone Salinas, Oreste Palella, Maria Grazia Spadaro.
    • Le belle famiglie è un film a episodi, genere molto in voga nel cinema italiano dei primi anni ’60 (in particolare nel triennio 1963-65) poi proseguito, con alterne fortune, nei ’70 e ’80. Gli altri episodi sono Il bastardo della regina madre, Amare è un po’ morire (con Totò) e La cernia. Va detto che l’episodio che c’interessa, Il principe azzurro, non viene comunemente preso in considerazione per il tema che tratta la presente Filmografia, ma ciò deriva unicamente dall’inesatta trascrizione della trama che solitamente si legge nei vari «Dizionari» italiani di cinema. Abitualmente, infatti, il plot viene così trascritto «una ragazza si fa suora per non sposare l’uomo impostole dalla famiglia». Una trascrizione perlomeno imprecisa!
    • Trama effettiva commentata: una donna non più giovanissima (Annie Girardot) sogna un principe azzurro da sposare, ma il violento padre le impone un uomo rozzo e ripugnante. Poiché ella lo rifiuta il genitore la spedisce in convento. Lei fugge e torna a casa dicendo di accettare le decisioni paterne, ma in realtà perché crede di piacere ad un uomo (Angelo Infanti). Poi però si rende conto d’aver equivocato, giacché l’uomo è attratto da un’altra ragazza, più giovane. Vistasi ormai perduta, la donna si rammenta del rispetto che i genitori hanno nei confronti delle religiose, cosicché, ben sapendo che, avendo perso l’ultima occasione di maritarsi con un uomo di suo gradimento, sarebbe ormai costretta a sposare quello scelto dal padre o comunque a restare in casa maltrattata da tutti, preferisce ritornare in convento e prendere i voti. Meglio esercitare potere (come suora) sui poveri e sugli ignoranti che non aver potere su nessuno.
  • Il complesso della schiava nubiana di Franco Rossi - episodio del film I complessi (Italia 1965) di AA.VV; con Ugo Tognazzi, Claudie Lange, Paola Borboni, Claudio Gora, Nanda Primavera, Carletto Sposito, Renato Terra Caizzi.
    • Altro spezzone di un film a episodi, va inquadrato nell’ottica dei già ricordati Il moralista e Le tentazioni del dottor Antonio. Il prof. Gildo Beozi (Ugo Tognazzi), funzionario del ministero, scopre casualmente che la moglie, anni prima, ha recitato seminuda in un filmetto mitologico. Moralista a oltranza, l’uomo cerca di cancellare in ogni modo le prove del misfatto, col solo risultato di far conoscere a tutti un episodio sconosciuto e rovinarsi definitivamente la reputazione.
    • Quando la realtà supera la fantasia: nel 1968 Romina Power recitò nuda in poche sequenze di un filmetto di Jess Franco [Jesus Franco Manera] ispirato a De Sade ed intitolato Justine ovvero le disavventure della virtù. Ebbene, pare che Albano (Carrisi) abbia smosso mari e monti facendo leva sulle sue conoscenze più altolocate allo scopo di far sparire dal territorio nazionale tutte le copie del «misfatto» dell’allora moglie Romina. E infatti, come confermato da molti collezionisti, per anni l’edizione italiana di Justine fu praticamente introvabile…
    • Gli altri episodi de I complessi sono Una giornata decisiva (il meno riuscito) e l’ormai mitico Guglielmo il dentone con Alberto Sordi.
  • Cittadini, stato e chiesa - «capitolo» del film Made in Italy (Italia 1965) di Nanni Loy, con Lando Buzzanca, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Virna Lisi, Giulio Bosetti, Sylva Koscina, Anna Magnani, Andrea Checchi, Peppino De Filippo, Walter Chiari, Lea Massari.
    • Made in Italy è diviso in 5 capitoli (Usi e costumi, Il lavoro, La donna, Cittadini stato e chiesa, La famiglia), a loro volta suddivisi in vari episodi e brevi sketch. A noi interessa quello compreso nel capitolo Cittadini, stato e chiesa in cui si vede una stanza piena di impiegati che si suppone essere quella attigua all’ufficio di un uomo d’affari spietato e inumano (a giudicare dai continui messaggi che gli impiegati ricevono dal «capo», di cui udiamo solo la voce). Poi la macchina da presa si sposta nell’ufficio vicino e lo spettatore si rende conto che lo spietato finanziere… è un arcivescovo!
  • L’armata Brancaleone (Italia/Francia 1966) di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman, Enrico Maria Salerno, Gian Maria Volonté, Folco Lulli, Ugo Fangareggi, Carlo Pisacane, Gian Luigi Crescenzi, Catherine Spaak, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Alfio Caltabiano, Joaquin Diaz, Pippo Starnazza.
    • Nel Medioevo lo spiantato cavaliere Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman) si mette alla testa di un gruppo di scalcinati e parte alla conquista del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Una volta giuntivi, però, il feudo di Aurocastro verrà occupato dai pirati saraceni («lo nero periglio che vien da lo mare») e i nostri finirebbero impalati se non intervenisse il monaco Zenone a salvarli e ingaggiarli per una crociata in terrasanta.
    • A parte la rappresentazione del medioevo, una volta tanto non mitizzata od oleografica come in tanti film del passato (un Evo di Mezzo, quello qui ricostruito da Monicelli, più plausibile di quanto si creda, con tutte le sue miserie e menzogne), ci interessa soprattutto la figura del monaco Zenone (interpretato da uno straordinario Enrico Maria Salerno), ricalcato in maniera grottesca su personaggi realmente esistiti, come Pietro l’Eremita. Quando, in una sequenza, il povero Pecoro (Folco Lulli) cade in un torrente perché il piccolo ponte non resiste al suo peso e si spezza, sebbene Zenone l’avesse rassicurato sul fatto che il ponte avrebbe resistito perché “sorretto dalla mano di dio”, l’ipocrita monaco si arrampica sugli specchi per fornire giustificazioni («Dio ha levato la mano! Ma perché ha levato la mano?!») e conclude affermando che ciò è accaduto perché fra i presenti ci sarebbe un infedele (ne paga le spese il povero ebreo Abacuc, subito battezzato a forza!).
    • Gli «esterni» del film furono girati in particolare nel viterbese - per esempio, la sequenza iniziale dell’attacco dei barbari mostra alcuni scorci di Nepi (VT); mentre la scena del duello nel campo di grano fra Brancaleone e Teofilatto è ambientata ai piedi del Monte Soratte, che infatti si intravede sullo sfondo - e in varie zone del Sud Italia.
  • Susanna Simonin, la religiosa (La religieuse aka Suzanne Simonin, la religieuse de Diderot, Francia 1966) di Jacques Rivette, con Anna Karina, Francisco Rabal, Liselotte Pulver, Micheline Presle, Francine Bergé, Christiane Lenier.
    • XVIII secolo. Vicissitudini di una ragazza (Anna Karina) costretta dai genitori a entrare in convento a Longchamp. Viene prima sospettata di essere indemoniata, poi presa di mira dalle attenzioni equivoche di una badessa. Passa così da un convento all’altro; poi fugge e viene accolta in una casa equivoca, dove si uccide. Liberamente tratto da La monaca (1796) di Denis Diderot, il film fu in un primo tempo proibito in Francia, ma, presentato al Festival di Cannes, ottenne l’anno dopo il visto di circolazione e fu il solo grande successo di pubblico del regista Rivette.
  • Intolleranza: Simon del deserto (Simon del desierto, Messico 1965) di Luis Buñuel, con Claudio Brook, Silvia Pinal, Hortensia Santoveña, Luis Aceves Castañeda, Antonio Bravo, Enrique del Castillo, Enrique Álvarez Félix, Jesús Fernández, Francisco Reiguera, Eduardo MacGregor, Glauber Rocha.
    • Dopo sei anni passati in cima a una colonna alta venti metri, nei pressi di Aleppo (Siria), il monaco Simone è trasportato dal Maligno, in jet, dal V al XX secolo e lasciato in una discoteca di New York. Film breve, perché non fu terminato per colpa del suo produttore Gustavo Alatriste, il quale, pentito, successivamente cercò di finirlo, proponendolo a Kawalerowicz, Rocha, Truffaut, Bellocchio, Kubrick. Tutti rifiutarono… fortunatamente! Ciò non toglie che Simon del deserto, benché incompiuto, sia un vero, piccolo capolavoro, una sorta di summa delle qualità di Luis Buñuel.
    • La versione del film che vediamo di solito in TV (RAI 3, Fuori Orario, e simili) non è la vecchia edizione italiana; si tratta invece di un ridoppiaggio presumibilmente databile anni ’80 (voci italiane di Claudio Brook e Silvia Pinal: Rino Bolognesi e Flora Carosello).
  • Galileo (Italia 1968) di Liliana Cavani, con Cyril Cusack, Giulio Brogi, Gheorghi Koldjancev, Paolo Graziosi, Lou Castel, Miroslav Mindov, Nevena Kokanova, Mila Dimitrova, Gigi Ballista, Marcello «Max» Turilli, Claudio Cassinelli, Dante Cleri.
    • La vita di Galileo Galilei (1564-1642), interpretato da Cyril Cusack, dai 28 anni quando ha i primi dubbi sulla veridicità del sistema tolemaico ai 69 anni quando abiura. In Italia fu vietato ai minori di 18, forse perché i censori ne intuirono l’effettiva vena anticlericale. Prodotto dalla RAI, anche se non fu mai trasmesso in TV (sic!).
  • La via lattea (La voie lactée, Francia/Italia 1968) di Luis Buñuel, con Paul Frankeur, Laurent Terzieff, Alain Cuny, Édith Scob, Michel Piccoli, Bernard Verley, Francois Maistre, Claude Cerval, Muni, Delphine Seyrig, Julien Bertheau, Ellen Bahl, Claudio Brook, Auguste Carrière, Pierre Clémenti.
    • Due vagabondi, Jean (Laurent Terzieff) e Pierre (Paul Frankeur), il primo giovane e ateo, il secondo anziano e credente, partono da Fontainebleau verso il santuario di Santiago de Compostela, in Spagna, facendo una serie di incontri con diverse eresie del cristianesimo antico e moderno: una suora (Auguste Carrière) che, per condividere le stesse sofferenze di Gesù, si fa crocifiggere; un gianseinista e un gesuita che duellano per via dei dogmi di Grazia e Predestinazione; il marchese De Sade che spiega a una sua vittima che Dio non esiste; Richard (Julien Bertheau) un maître-d’hotel che ha la presunzione di convincere i suoi sottoposti che Dio esiste e per farlo, come molti preti, non adduce in realtà nessuna vera prova ma soltanto vuote parole senza senso; un vescovo che polemizza con due giovani sull’Unicità e Trinità di Dio e condanna al rogo il cadavere di un suo predecessore; un plotone di anarchici che fucila il Papa, mentre in un collegio un gruppo di bambine recita ipocriti anatemi.
    • Assolutamente indispensabile in ogni videoteca «atea», senz’altro uno dei film più caldamente consigliati di tutta la presente filmografia. Non fatevi spaventare dalla fama di Buñuel come regista «difficile», intellettualoide. I suoi film possono essere letti a vari livelli: la persona più semplice può intuirne le frecciate anticlericali, divertendosi alle «strizzate d’occhio» atee dell’autore e sentendosi perfino in sintonia con lui in alcuni momenti; lo spettatore più colto ne coglierà probabilmente gli aspetti più profondi e simbolici, i rimandi a opere letterarie e così via. Da notare il cammeo di Michel Piccoli nel ruolo di De Sade.
  • L’uomo venuto dal Kremlino [Nei panni di Pietro] (The Shoes of the Fisherman, GB 1968) di Michael Anderson, con Anthony Quinn, Laurence Olivier, Vittorio De Sica, Oskar Werner, David Janssen, John Gielgud, Leo McKern.
    • Dopo vent’anni di prigionia, l’arcivescovo russo Kiril Lakota (Anthony Quinn) diventa cardinale e Papa. Il giorno dell’incoronazione annuncia che darà tutti i beni della Chiesa ai poveri. Un vero e proprio film di fanta-religione o, se preferite, fantascienza-religiosa. Piccola storiellina finale: quando voi chiedete a un cattolico come mai nessun Papa abbia mai «venduto» il tesoro del Vaticano per sfamare tutti i poveri della terra (basterebbe e avanzerebbe), lui in genere vi guarda con un sorriso fra l’ironico e il disgustato e aggiunge: «È sempre la stessa cosa che dite voi laici. Sappi che il Papa non può vendere il tesoro del vaticano perché non appartiene a lui, bensì alla Chiesa. E la Chiesa ne ha bisogno per continuare a mantenere il suo potere e il suo prestigio nel mondo». Meditate, gente, meditate!
  • La grande strage dell’Impero del Sole (The Royal Hunt of the Sun, GB 1969) di Irving Lerner, con Robert Shaw, Christopher Plummer, Nigel Davenport, Leonard Whiting, Michael Craig, Andrew Keir, William Marlowe, James Donald, Joaquín Parra.
    • Storia dell’invasione e dei saccheggi messi in atto dalle truppe di Francisco Pizarro nei territori peruviani degli Incas, nel 1532. Decisamente critico nei confronti dei colonizzatori, il film mostra come, accolti dagli indigeni come portatori di fede e civiltà, gli spagnoli abbiano in realtà sterminato gli Incas per impadronirsi delle loro ricchezze. Robert Shaw interpreta Pizarro e Christopher Plummer impersona il re inca Atahualpa.
  • Nell’anno del Signore (Italia 1969) di Luigi Magni, con Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Claudia Cardinale, Robert Hossein, Renaud Verlay, Alberto Sordi, Britt Ekland, Ugo Tognazzi, Pippo Franco, Marco Tulli.
    • Siamo nella Roma del 1825, sotto papa Leone XII. Cardinali e polizia opprimono il popolo all’ombra della ghigliottina sulla quale finiscono i carbonari romagnoli. Sotto la statua di Pasquino nottetempo vengono appesi feroci epigrammi satirici. Primo «capitolo» della trilogia anticlericale diretta da Luigi Magni.
  • L’amante del prete (La faute de l’abbé Mouret, Francia 1970) di Georges Franju, con Francis Huster, Lucien Barjon, Gillian Hills, Fausto Tozzi, Tino Carraro, Silvie Feit, André Lacombe, Margò Lion.
    • Serge Mouret (Francis Huster) parroco di una piccola comunità, si sottopone ad assurdi digiuni che lo portano al collasso. Viene portato nel castello del paese e curato dalla giovane nipote del castellano. Appena gli tornano le forze diventa l’amante della ragazza. Poi si pente e torna in canonica. Lei, abbandonata e delusa, si uccide. Basato sul romanzo La faute de l’abbé Mouret di Emile Zola, sfortunatamente non riesce a trasmetterne la carica drammatica. Ed è un peccato, perché Georges Franju (1912-1987) è un cineasta geniale, che in altre occasioni ha fornito ottime prove registiche.
  • Brancaleone alle Crociate (Italia/Algeria 1970) di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Luigi Proietti, Paolo Villaggio, Adolfo Celi, Beba Loncar, Shel [Norman David] Shapiro, Arnaldo Fabrizio, Lino Toffolo, Sandro Dori, Gianrico Tedeschi, Pietro De Vico, Gildo Di Marco, Augusto Mastrantoni.
    • Un sequel una volta tanto non inferiore all’originale (anzi, ci sono alcuni cinefili che preferiscono questo secondo capitolo a L’armata Brancaleone). Stavolta, gli straccioni sbandati guidati da Brancaleone da Norcia partono alla conquista del santo sepolcro.
    • Il ruolo dell’ipocrita monacone Zenone è qui affidato a Shel [Norman David] Shapiro (cantante inglese «sessantottino», recentemente ritornato in auge) che, nelle poche scene iniziali in cui compare, se la cava in fondo abbastanza bene. Da citare la sequenza in cui i nostri «crociati» (si fa per dire…) prendono un semplice lago per il mare («Lo mare, lo mare! Lodate il Signore… lodate lo mare!!» incita Zenone) e convinti di essere già arrivati in terrasanta, alla rivelazione che appunto di lago si tratta e per giunta sito in italiche terre, ebbene, non sapendo che pesci pigliare per trarsi d’impaccio, Zenone ha la faccia di bronzo di commentare «Grazie Signore, di averci sottoposto a questa prova! Ah, voi credevate d’essere alla meta, sanza lacrimare et sanguinare… È lo vero…? E invece no!». Impagabile. E non crediate che durante il vero medioevo, quello storico, non quello della finzione cinematografica, i vari emuli di Pietro l’Eremita non abbiano fatto anche di peggio per caldeggiare le loro ragioni e giustificare, vuoi con l’intervento del demonio, vuoi con sedicenti «peccati» di cui si sarebbero macchiati i crociati, le numerose disgrazie, pestilenze e diciamolo pure, la sfiga che funestò quasi tutte le crociate…
    • Piccola curiosità a proposito di censura: la RAI-TV del presente film trasmetteva solitamente una copia mutila, mancante della sequenza della morte del nano Cippa (Arnaldo Fabrizio), eliminata per motivi che francamente sfuggono alla mia comprensione! Tale sequenza era invece presente nella copia che si vedeva alcuni anni prima su Italia 1, più recentemente su Tele+, e nella videocassetta originale.
  • Il Decameron (Italia 1970) di Pier Paolo Pasolini, con Franco Citti, Vincenzo Amato, Guido Alberti, Patrizia de Clara, Ninetto Davoli, Elisabetta Vito Genovese, Angela Luce, Pier Paolo Pasolini, Guido Alberti, Vittorio Vittori, Silvana Mangano [cameo].
    • Ispirato abbastanza liberamente (Pasolini ha ambientato tutti i racconti nella Napoli plebea, quando gli originali sono ambientati invece nel mondo borghese fiorentino del ’300) ad alcune novelle del Decameron (1349-53) di Giovanni Boccaccio. Quando qualche tempo fa RAI 3 presentò i tre film della «trilogia della vita» (Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte), il curatore Vieri Rizzini si giustificò dei numerosi tagli ai quali le copie di cui la RAI aveva i diritti erano state fatte oggetto, con la frase «preferiamo trasmetterli così piuttosto che non trasmetterli per nulla». E in particolare a questo Decameron mancava l’intero episodio Masetto (tratto dalla novella I°, giornata III°, del libro di Boccaccio) che, ma guarda la combinazione, è ambientato in un convento in cui un furbo ortolano, Masetto (Vincenzo Amato), fingendosi sordo-muto e un po’ ritardato, riesce ad amoreggiare con tutte le suore, compresa la madre superiora! Episodi tagliati a parte, da citare assolutamente quello tratto dalla novella I°, giornata I°: vi si narra di ser Ciappelletto (Franco Citti), il quale, mentendo spudoratamente in punto di morte a un confessore, riesce a farsi passare per un santo (e infatti sarà venerato come tale dopo morto!), proprio lui che è ladro, assassino, sbevazzatore, delatore, pederasta, e chi più ne ha ne metta! Video italiano: RCS Home Video.
    • Il film diede incidentalmente origine ad una serie di imitazioni «minori», che costituirono un vero e proprio genere erotico-soft, il cosiddetto decamerotico (circa 53 film dal 1971 al 1975), con esempi tratti, più o meno liberamente, non soltanto dalle opere di Boccaccio, ma anche di Geoffrey Chaucher, Gian Francesco Straparola, Franco Sacchetti, Bernardo Dovizi detto Il Bibbiena, Pietro l’Aretino, Angelo Beolco detto Il Ruzzante, ecc. Tali filmetti (quasi sempre strutturati «a episodi») includevano sovente storie di preti lussuriosi, frati arrapati, suore libidinose e compagnia bella (per chi fosse interessato, ricordo che una buona selezione di queste pellicole è recentemente uscita in video per l’etichetta Shendene & Moizzi).
  • Il prete - episodio del film Contestazione generale (Italia 1970) di Luigi Zampa; con Alberto Sordi, Marina Vlady, Enrico Maria Salerno, Robert Mark, Sergio Tofano, Vittorio Duse.
    • Un povero prete di campagna, Don Giuseppe (Alberto Sordi), sembra essere l’amante della cassiera di un bar (Marina Vlady). Ma la donna, in realtà, ha avuto rapporti con un altro sacerdote, Don Roberto (Enrico Maria Salerno), e usa Don Giuseppe solo per far giungere dei messaggi al suo amante. Il vescovo (Sergio Tofano), per soffocare lo scandalo, decide di togliere a Don Giuseppe la sua parrocchia. Costui, sconvolto dai fatti e dall’aver conosciuto un prete protestante (Robert Mark), con tanto di moglie e figli, chiede al prelato il trasferimento in città ed il permesso di… prender moglie!
    • Gli altri episodi sono La bomba (con Vittorio Gassman), Università, e Concerto a tre pifferi (con Nino Manfredi e Michel Simon, quest’ultimo doppiato con un’irresistibile cadenza milanese da Roberto Bertea).
  • Il prete sposato (Italia 1970) di Marco Vicario, con Lando Buzzanca, Rossana Podestà, Salvo Randone, Magalì Noël, Luciano Salce, Silvia Dionisio, Mariangela Melato, Karin Schubert, Pietro De Vico, Emilio Bonucci, Eugene Walter, Enrico Maria Salerno, Barbara Bouchet.
    • Un giovane sacerdote, Don Salvatore Maccagnone (Lando Buzzanca) proveniente dalla Sicilia, resta traumatizzato dall’ambiente romano in cui opera. Turbato da giovani donne che in confessione gli raccontano peccati «inconfessabili» e da altre che gli si concedono apertamente, il prete (nonostante i consigli di un monsignore e di uno psicanalista domenicano) cerca di consolarsi con una prostituta (Rossana Podestà) la quale ha deciso di abbandonare il mestiere più vecchio del mondo. Salvatore vorrebbe sposarla, ma anche restare prete. Poiché non gli è consentito si trova costretto a dover scegliere. La ragazza lo aiuterà: compreso quanto lui tenga al sacerdozio, decide di farsi da parte.
    • Film ingiustamente sottovalutato, contiene una delle interpretazioni più convincenti di Lando Buzzanca. Forse non a caso, Il prete sposato è oggi quasi introvabile e sono anni che non viene più trasmesso in televisione…
  • L’ultima valle (The Last Valley, GB 1970) di James Clavell, con Omar Sharif, Florinda Bolkan, Michael Caine, Nigel Davenport, Per Oscarsson, Madeleine Hinde, Arthur O’Connell, Yorgo Voyagis, Miguel Alejandro, Christian Roberts, Brian Blessed.
    • Nel 1641, durante la guerra dei Trent’anni, Vogel (Omar Sharif), un professore, tenta di salvare una valle della Germania meridionale dalle orde mercenarie.
    • Quest’interessante e, purtroppo, misconosciuta pellicola, va citata nella presente filmografia soprattutto per la figura di Erica (Florinda Bolkan): una donna passionale ed esperta di erbe medicinali, che il prete del villaggio, padre Sebastian (Per Oscarsson), perseguita come strega, giungendo a mandarla sul rogo; il professore sarà costretto a uccidere la donna per non farla soffrire. Ma verrà anche il tempo della vendetta: aiutato dagli abitanti del villaggio finalmente destatisi dal loro torpore bigotto, Vogel finirà per uccidere a coltellate il prete fanatico…
    • Dal romanzo di J. B. Pick The Last Valley. L’australiano James Clavell (1924-1994) è più noto per i suoi racconti e romanzi (La mosca, Shogun, Tai-Pan) spesso adattati per il cinema o la TV. Come regista, L’ultima valle va considerato il suo miglior film.