Bruxelles, audizione del giudice Luigi Tosti al parlamento europeo

Il prossimo 15 giugno 2011, alle ore 12.30-14.00, sarò ascoltato nella sede del Parlamento europeo, a Bruxelles, in merito alla vicenda che ha determinato la mia rimozione della magistratura, e cioè perché mi sono rifiutato di tenere le udienze in un’aula-ghetto che era stata appositamente allestita per me senza crocifisso, nella quale mi si faceva divieto assoluto di esporre la menorà ebraica.
L’invito a partecipare a questa audizione/conferenza dinanzi al Parlamento europeo è partito dall’intergruppo europarlamentare per la laicità in politica (European Parliament Platform for Secularism in Europe, acronimo: EPPSP; sito WEB: http://politicsreligion.eu/), presieduto dall’europarlamentare Sophie in 't Veld. L'avv. Carla Corsetti, presidente di Democrazia Atea, che mi ha assistito nel giudizio dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione, ha assicurato la sua presenza nell'aula parlamentare.
Nel corso della conferenza avrò modo di illustrare le “granitiche” motivazioni che hanno indotto la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduta dal giurista Avvocato Nicola Mancino, e, poi, i Supremi giudici delle Supreme Sezioni Unite civile della Suprema Corte di Cassazione a decretare il mio “licenziamento” dall’ordine giudiziario.
Mi soffermerò, in particolare, sul “granitico” postulato giuridico secondo cui imporre ad un pubblico dipendente il crocifisso cattolico e vietargli di esporre la menorà ebraica non è un atto discriminatorio.
Illustrerò ai presenti che, come scritto nelle due sentenze pronunciate in nome del Popolo italiano dal fior fiore della Magistratura nostrana, il crocifisso della S.R.C. (Superiore Razza Cattolica) può essere esposto con una semplice circolare ministeriale -peraltro fascista- mentre per poter esporre la menorà dell’I.R.E. (Infima religione Ebraica) occorrerebbe addirittura una “legge” del Parlamento italiano che, purtroppo, non esiste e che, peraltro, non potrebbe essere emanata perché incostituzionale. Come hanno argutamente motivato i Supremi Giudici italiani, infatti, mentre il crocifisso può essere esposto nelle aule di giustizia perché non lede il diritto di libertà religiosa degli atei e dei non credenti (si tratta pur sempre del simbolo della Superiore Razza Cattolica, che TUTTI, credenti e non, debbono accettare perché portatore di valori universali di civiltà, quali crociate, roghi, genocidi, inquisizione etc.), la menorà dell’infima religione ebraica non può essere esposta nelle stesse aule giudiziarie perché, al contrario, lederebbe il diritto negativo di libertà religiosa degli atei e dei non credenti e perché, poi, innescherebbe “conflitti” con “identità religiose incompatibili”.
E in effetti, è più che ragionevole affermare -come hanno affermato i Supremi Giudici italiani- che il crocifisso della Superiore Razza Cattolica può essere tranquillamente esposto nelle aule di giustizia perché non genera “conflitti” con le identità religiose degli ebrei, degli islamici, dei buddisti etc. etc., trattandosi di un simbolo “passivo”,“inoffensivo” e “inerte”, mentre la menorà degli “sporchi” ebrei, invece, crea “conflitti” con i cristiani, con gli islamici e via dicendo perché simbolo di razza religiosa inferiore.
Avrò anche modo di illustrare l’altro granitico postulato su cui CSM e Cassazione hanno fondato la mia condanna alla rimozione, e cioè che l’essere confinati a tenere le udienze in un’aula speciale del tribunale di Camerino, col divieto di utilizzare tutte le altre aule del tribunale di Camerino e tutte le altre aule di tutti gli altri uffici giudiziari italiani, non costituiva affatto una forma di “ghettizzazione”, dal momento che il Presidente del tribunale dr. Aldo Alocchi aveva avuto l’accortezza, volpina, di disporre che anche i miei colleghi, se lo avessero voluto, avrebbero potuto utilizzare l’aula speciale nella quale venivo confinato.
Credo che anche questo secondo postulato riscuoterà ampi consensi, e magari applausi scroscianti da parte del consesso europarlamentare. Da parte mia proporrò che questo postulato giuridico -anche in considerazione dell’altissimo spessore degli organi giurisdizionali che l’hanno partorito- venga recepito dal Consiglio d’Europa in una prossima direttiva in materia di lotta alla discriminazione.
Sarebbe invero auspicabile che l’Europa stabilisca che gli Stati membri dell’Unione possono legittimamente obbligare gli ebrei, i rom e i negri a fissare la loro dimora e/o la loro residenza solo ed esclusivamente in ambiti ristretti e limitati del territorio nazionale, purché abbiano l’accortezza “alocchiana” (dal nome dell’inventore dr. Aldo Alocchi, presidente del Tribunale di Camerino) di attribuire anche alle persone di Superiore Razza Ariana -se lo vogliono- di fissare la dimora o la residenza in questi ghetti.
D’altro canto, è bene ricordare che è stata la Chiesa Cattolica che, prima nella storia dell’intera umanità, ha imposto, con la bolla di papa Paolo IV "CUM NIMIS ABSURDUM" del 17 luglio 1555, che gli ebrei, in quanto deicidi e schiavi per natura, venissero confinati in una zona malarica di Roma di appena 500 metri di circonferenza: zona che sarà poi universalmente chiamata “ghetto” ad imitazione del nome veneziano della Fonderia (= ghetto), sul cui dismesso suolo vennero successivamente confinati anche gli ebrei di Venezia. Sarebbe dunque opportuno che l’Europa, le cui “sane” radici rivendicate dal Papa e dal Governo italiano sono “cristiane” per eccellenza, prosegua in questo cammino di civiltà, ripristinando i ghetti con l’ausilio dei preziosi suggerimenti giuridici elargiti dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal giurista Avv. Nicola Mancino, e dalle Supreme sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione civile vaticaliana.
Luigi Tosti, 28 maggio 2011.

Mer, 15/06/2011 - 12:30-14:00
Europarlamento Bruxelles
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