L’evoluzione al femminile

Il contributo delle femmine all’evoluzione dell’Homo sapiens
Bruna Tadolini
Edizioni Pendragon
2017
ISBN: 
9788865989289

La domanda da cui parte il libro di Bruna Tadolini è attuale e pregnante: perché le donne (il sesso femminile della specie Homo sapiens) sono discriminate nella maggior parte delle società odierne? Il canone dell’ideologia che sostiene tale discriminazione è la Bibbia, che fornisce i fondamenti di una cultura che «vuole la donna come entità negativa, sottoprodotto malriuscito dell’uomo se non addirittura come causa di tutti i mali […]. Poiché spesso il mito e la tradizione sono una interpretazione di un fenomeno reale di cui non si è in grado di dare una spiegazione scientifica viene da chiedersi se ci sia qualcosa di vero in questa sminuizione e colpevolizzazione delle donne».

La risposta dell’autrice a questa domanda è tutt’altro che frettolosa. Il percorso che il libro compie è lungo: si parte dal concetto di “vita”, definita come «un fenomeno naturale che si contraddistingue per la sua capacità di auto-costruirsi, mantenere funzionale la propria struttura, riprodursi»; le modalità della riproduzione sono il contenuto di numerosi capitoli che illustrano l’emergere della riproduzione sessuata, degli amnioti («l’“invenzione”, da parte delle femmine, di un uovo rivoluzionario che, una volta fecondato, era in grado di svilupparsi in assenza di acqua» grazie a membrane specializzate), dei mammiferi (l’“invenzione” del latte), dei placentati, dello sviluppo delle capacità cognitive legate ai rapporti affettivi e alla socialità, fino a Homo sapiens e alla sua particolarissima storia evolutiva in cui le femmine svolgono un ruolo di grande importanza. Il tutto spiegato in chiave evolutiva dando un’importanza cruciale alle “strategie riproduttive”. E la risposta alla domanda iniziale, alla fine, è no: non c’è nulla di vero nella sminuizione delle donne che miti e tradizione ci suggeriscono. Al contrario: il ruolo delle donne nell’evoluzione di Homo sapiens è essenziale, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità sociali della nostra specie, a loro volta essenziali per lo sviluppo delle capacità cerebrali necessarie a questo compito che ha le sue radici nei comportamenti femminili finalizzati alla cura della prole. La situazione attuale è dunque, in qualche modo, paradossale: «da una società primitiva in cui le femmine valevano molto perché producevano un bene raro e prezioso (i propri figli) si è passati a una società “evoluta” in cui le femmine valgono ben poco perché sono semplici fattrici di una merce che abbonda e che è usata come carne da lavoro in tempo di pace o da macello in tempo di guerra».

Il risultato complessivo di questo lungo percorso è un utilissimo volume divulgativo, scritto con chiarezza e da un punto di vista alternativo. Mi permetto, tuttavia, di fare una critica marginale a questo ottimo lavoro. Ho l’impressione che l’espressione “strategie riproduttive”, chiave di volta di tutto il libro, prenda un po’ la mano all’autrice, in due sensi. In primo luogo, perché la “lotta per la riproduzione” tenda a eclissare la “lotta per la vita”. Ora, è vero che l’evoluzione “lavora” sulla riproduzione, ma perché quest’ultima è un risultato della sopravvivenza (chi non sopravvive non si riproduce e dunque esce dalla storia evolutiva). La metafora della “strategia”, in secondo luogo, viene forse presa troppo sul serio e finisce, in alcuni casi, per risultare fuorviante: come se gli esseri viventi “facessero piani” in modo cosciente per riprodursi e per diffondere i propri geni — mentre ritengo che i comportamenti finalizzati della gran parte dei viventi riguardino al più la sopravvivenza. Non è la prima volta che incontro questo punto di vista “riproduzione-centrico” — se così posso definirlo — in autori che si sono occupati prevalentemente del tema della selezione sessuale: penso in particolare al bel libro di Andrea Pilastro Sesso ed evoluzione (Bompiani, 2007), che finisce tuttavia per riproporre un funzionalismo che la biologia evoluzionista più recente, soprattutto sulla scorta della lezione di Stephen J. Gould, ha messo in discussione. Una contestazione molto ben argomentata di questo atteggiamento si può trovare in Niles Eldredge, Perché lo facciamo (Einaudi, 2005).

Maria Turchetto
da L’Ateo n. 117