Camera dei Deputati Proposta di legge n. 670 del 15/5/2006

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

ZANOTTI, BAFILE, BANDOLI, BARATELLA, BELLILLO, BOATO, BUCCHINO, CHIAROMONTE, DATO, DE ZULUETA, DI SALVO, FASCIANI, GENTILI, GRILLINI, LEONI, ROTONDO, SAMPERI, SASSO, SCHIRRU, SPINI, TRUPIA

Norme sulla fecondazione medicalmente assistita

Presentata il 15 maggio 2006

Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riproduce, con pochissime modificazioni, il testo di un disegno di legge presentato il 20 giugno 2002 al Senato della Repubblica (atto Senato n. 1521), ben prima dell’approvazione della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante: «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita». Abbiamo giudicato quest’ultima legge ingiusta, profondamente errata nei contenuti, lontana dalla buona pratica medica, una legge che ci ha allontanato dall’Europa per il suo anacronismo e per i contenuti profondamente lesivi del diritto alla libera scelta e alla salute delle donne. Ma è innanzitutto una legge che lascia senza riferimenti i medici e i ricercatori come le donne e gli uomini interessati, è una legge che si rifiuta di governare questo problema perché si preoccupa soltanto di ribadire alcuni princìpi etici di parte, disinteressandosi persino dell’effettiva possibilità della loro applicazione.
Sulla legge n. 40 del 2004 è stato promosso nel giugno del 2005 un referendum i cui quesiti proponevano l’abrogazione totale o l’abrogazione delle parti più inaccettabili del testo - referendum che, come è noto, non ha raggiunto il prescritto quorum.
Non siamo stati ascoltati quando, durante la discussione parlamentare della legge n. 40 del 2004, chiedevamo un confronto vero, che facesse tesoro delle tante voci critiche provenienti dalla società civile e dal mondo scientifico (anche in occasione di numerose audizioni parlamentari), per porre rimedio almeno ai punti più inaccettabili del testo della legge.
Nel corso della discussione parlamentare avevamo molto insistito sui rischi di una legislazione «pesante» in una materia delicata come la fecondazione assistita, che al contrario richiederebbe una normativa di sostegno e di tutela strutturata intorno a poche regole condivise.
La legge n. 40 del 2004, basandosi su un impianto etico univoco, si è tradotta in una normativa discriminatoria dei comportamenti delle persone: divieto della fecondazione eterologa, divieto di accesso alle tecniche per la donna singola, divieto di congelamento degli embrioni, divieto di diagnosi preimpianto per le coppie portatrici di malattie genetiche. Tra l’altro, in questo campo, è ben noto che i divieti possono essere abbondantemente aggirati quando si abbiano le risorse finanziarie per farlo, costringendo molte persone a quel «turismo procreativo» che una buona legge avrebbe dovuto eliminare.
Lo ribadiamo oggi. È difficile per il diritto intervenire su questioni che riguardano la vita, la riproduzione e valori costituzionalmente garantiti come il diritto alla salute e la libertà della ricerca scientifica. Ci rendiamo conto che il tema della fecondazione assistita richiama tutti a una grande assunzione di responsabilità legislativa, perché riguarda la nascita, i diritti del bambino, la responsabilità degli individui, la genitorialità, i rapporti affettivi. E riguarda l’esercizio della libertà delle persone che di tutto ha bisogno fuorché dell’intervento di uno Stato etico.
I progressi compiuti dalla ricerca genetica e lo sviluppo delle biotecnologie costituiscono una delle grandi rivoluzioni di questo secolo. Hanno cambiato il volto della medicina; hanno mutato il rapporto fra natura e corpo, fra casualità e scelta, fra necessità, libertà e possibilità. Hanno posto all’umanità problemi inediti, come quelli che si riassumono nel termine «bioetica».
Il legislatore non può non tenere conto di questo mutamento di scenario, di costume e di comportamenti, prodotto dalle nuove tecnologie, e delle possibilità che esse offrono. La novità delle biotecnologie costringe inevitabilmente anche ad adeguare le «capacità» del diritto.
Il problema al quale il legislatore non può sottrarsi è quello di come legiferare tenendo conto delle diversità, spesso inconciliabili, delle convinzioni morali. Il rispetto del principio della laicità dello Stato prevede che si dovrebbe definire un impianto di norme laico e moderno, intendendo la laicità come principio regolativo, principio che prescrive la estraneità dei giudizi e dei contenuti etici nell’esercizio dei poteri e delle funzioni dello Stato, e in particolare nella elaborazione delle leggi.
Compito del legislatore non è di sottoscrivere uno dei «codici morali», ma di dettare regole che consentano la convivenza delle differenze e l’affermazione di diritti e doveri condivisi. Fra questi vanno sicuramente annoverati il diritto alla salute, a condizioni di sicurezza, all’informazione; il diritto alla tutela del nascituro; la tutela dell’anonimato del donatore; il divieto della commercializzazione dei materiali genetici e del corpo femminile; l’affermazione della logica del dono e della solidarietà fra persone.
Per ogni altra questione i princìpi che ispirano le decisioni sono quelli della responsabilità e della libertà e della non invadenza dello Stato su scelte complesse, che chiamano in causa relazioni, desideri, responsabilità, coscienza individuale.
Diversamente si producono leggi inutili e inapplicabili, e la legge n. 40 del 2004 ne è una conferma, per non parlare di vere e proprie aree di illegalità. Divieti irragionevoli spingono le persone a recarsi nei Paesi in cui le norme sono meno restrittive, per ottenere ciò a cui non hanno diritto nel nostro Paese, e hanno come unico effetto il «turismo procreativo» e la creazione di iniquità. Esattamente ciò che sta accadendo.
La presente proposta di legge privilegia l’interesse della tutela della salute e mira a creare condizioni per garantire un adeguato controllo sanitario. Una volta garantita la libertà di accesso alla fecondazione medicalmente assistita, è opportuno valutare come primario interesse il diritto del nascituro a una identità certa, nonché a un patrimonio genetico non manipolato. Va impedito inoltre il disconoscimento del figlio o della figlia, una volta che sia stato dato il consenso alla fecondazione medicalmente assistita, e va riconosciuto e attestato il desiderio anche maschile di coinvolgimento nel progetto procreativo.
Quanto al destino degli embrioni soprannumerari, nonché ai limiti della ricerca scientifica ad essi applicata, si ritiene che il problema non possa essere risolto con una legge di regolamentazione generale della fecondazione medicalmente assistita. Tuttavia è possibile fissare alcuni princìpi che riconoscono il potere e soprattutto la responsabilità dei soggetti, della donna o della coppia, che, con il loro progetto procreativo, hanno creato gli embrioni: sembra giusto che non siano espropriati della possibilità di avere voce in capitolo nella decisione relativa alla loro destinazione.
La presente proposta di legge disciplina, inoltre, il ricorso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita, alle quali possono avere accesso tutte le donne che abbiano compiuto la maggiore età e in età potenzialmente fertile e alla cui richiesta può associarsi il coniuge ovvero il convivente che abbia intenzione di assumere la paternità del nascituro (articolo 1).
All’articolo 2 è prevista l’esigenza che vengano adeguatamente informati, anche in forma scritta, coloro che intendono sottoporsi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, sia sul grado di invasività delle tecniche medesime sia in relazione ai possibili effetti collaterali, affinché possano esprimere le proprie volontà in modo informato (è anche prevista la possibilità di revoca). Particolare cura è stata posta in ordine alla definizione dello stato giuridico del nato (articolo 3), mentre l’articolo 4 disciplina il divieto di disconoscimento di paternità.
Le linee guida sono regolate da apposito decreto del Ministro della salute, secondo quanto previsto dall’articolo 5; l’articolo 6 definisce i requisiti delle strutture autorizzate.
L’articolo 7 istituisce il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita presso l’Istituto superiore di sanità. Le modalità per la donazione dei gameti sono stabilite dall’articolo 8, che introduce limiti di età (per le donne trentacinque anni e per gli uomini quaranta) e prevede l’accertamento dell’idoneità dei donatori, al fine di escludere ogni possibile patologia infettiva o malattia ereditaria. L’articolo 9 reca norme per la raccolta e la conservazione di gameti e di embrioni. L’articolo 10 prevede la possibilità di diagnosi preimpianto a fini di prevenzione e terapeutici. Le disposizioni sui divieti sono contenute nell’articolo 11, mentre il divieto di clonazione umana a fini riproduttivi è disposto dall’articolo 12.
La sperimentazione sugli embrioni umani è in generale vietata, mentre la ricerca clinica su di essi è consentita a condizione che si perseguano finalità cliniche o terapeutiche. L’articolo 13 vieta comunque la produzione di embrioni umani per fini di ricerca o sperimentazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico, nonché interventi di manipolazione e di scissione e la fecondazione di gameti umani con gameti di specie diversa. L’articolo 14 prevede l’obbligo per il Ministro della salute di presentare ogni anno una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge. Le sanzioni penali e amministrative sono disciplinate dagli articoli 15 e 16, mentre la tutela della riservatezza dei dati personali, in merito sia alla donazione che alle persone che accedono alla procreazione, è regolata dall’articolo 17, che prevede anche la deroga alla normativa generale nei casi di grave e comprovato pericolo per la salute del nato. L’articolo 18, infine, dispone l’abrogazione della legge n. 40 del 2004.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita).

1. L’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita è consentito alle donne maggiorenni e in età potenzialmente fertile che, dopo che sono state fornite le informazioni di cui all’articolo 2, comma 1, dichiarano la volontà di fare ad esse ricorso, ai sensi dell’articolo 2, comma 2. Alla dichiarazione di volontà può associarsi, purché maggiorenne, il coniuge ovvero il convivente che intenda riconoscere il nascituro e assumere nei suoi confronti gli obblighi previsti dal codice civile, purché gli siano state fornite le informazioni di cui all’articolo 2, comma 1.

Art. 2.

(Informazioni e dichiarazione di volontà).

1. Prima del ricorso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita e in ogni fase della loro applicazione il medico, anche avvalendosi della figura professionale dello psicologo, informa in maniera dettagliata e in forma scritta i soggetti di cui all’articolo 1 sui metodi e sui possibili effetti sanitari collaterali conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle loro probabilità di successo e sui rischi ad esse connessi, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per il nascituro e per colui a cui è riconosciuta la paternità. Le informazioni indicate dal presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da assicurare la formazione di una volontà consapevole e validamente espressa.
2. La volontà dei soggetti di accedere alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita è dichiarata per iscritto al medico responsabile della struttura autorizzata interessata. La dichiarazione di volontà può essere revocata dalla donna in qualsiasi momento antecedente a quello del trasferimento in utero dell’ovulo fecondato.

Art. 3.

(Stato giuridico del nato).

1. I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti della madre o, ai sensi del codice civile, della coppia che ha dichiarato la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 2, comma 2.

Art. 4.

(Disconoscimento di paternità e impugnazione del riconoscimento).

1. Non sono ammesse l’azione per il disconoscimento di paternità, ai sensi dell’articolo 235 del codice civile, né l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, ai sensi dell’articolo 263 del medesimo codice, salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo, finalizzate a contestare lo stato di figlio legittimo o riconosciuto ai sensi dell’articolo 3.
2. L’azione di cui all’articolo 235 del codice civile è ammessa qualora ricorrano le circostanze previste dal numero 3) del primo comma del medesimo articolo. In tale caso, è ammessa la presentazione di prove idonee a dimostrare che il concepimento non è avvenuto a seguito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita in relazione alle quali è stata sottoscritta la dichiarazione di volontà di cui all’articolo 2. L’azione di cui all’articolo 263 del codice civile è consentita qualora ricorrano le circostanze di cui al secondo periodo del presente comma.

Art. 5.

(Linee guida).

1. Il Ministro della salute, nel rispetto dei princìpi della presente legge, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità (ISS) e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida concernenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.
2. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica del settore.

Art. 6.

(Strutture autorizzate).

1. Le tecniche di fecondazione medicalmente assistita sono applicate presso strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte nel registro di cui all’articolo 7.
2. Con regolamento adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti:

a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture di cui al comma 1;

b) le caratteristiche del personale delle strutture;

c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;

d) le modalità di svolgimento dei controlli periodici sulle strutture e sulla qualità dei servizi erogati;

e) i protocolli di ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni preimpianto, nel rispetto di quanto previsto all’articolo 13.

Art. 7.

(Registro delle strutture autorizzate).

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita e dei centri di raccolta e conservazione dei gameti, di cui all’articolo 9, di seguito denominato «registro».
2. L’iscrizione al registro è obbligatoria.
3. L’Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.
4. Le strutture iscritte al registro di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all’Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall’articolo 14.

Art. 8.

(Donazione di gameti).

1. La donazione di gameti avviene previo consenso informato e validamente espresso del donatore. La donazione è volontaria e gratuita e può essere effettuata da ogni persona di età non inferiore a diciotto anni e di età non superiore, per la donna, a trentacinque anni e, per l’uomo, a quaranta anni.
2. I responsabili dei centri di raccolta e conservazione di gameti di cui all’articolo 9 provvedono ad accertare l’idoneità del donatore allo scopo di escludere la trasmissione di patologie infettive o di malattie ereditarie secondo protocolli definiti con decreto del Ministro della salute, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I dati personali relativi al donatore sono riservati, salvo quanto disposto dall’articolo 17.
4. Non è consentito l’utilizzo di gameti di uno stesso donatore per più di otto gravidanze positivamente portate a termine.
5. Nessun rapporto giuridico si costituisce tra il nato e il donatore.

Art. 9.

(Centri di raccolta e conservazione di gameti e di embrioni preimpianto. Conservazione degli embrioni per impianto).

1. La donazione di gameti è effettuata esclusivamente presso centri pubblici di raccolta e conservazione di gameti oppure presso centri privati appositamente autorizzati dalle regioni, nell’ambito della programmazione regionale, e iscritti al registro.
2. Il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, con proprio decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce:

a) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;

b) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi dei centri;

c) le modalità di conservazione dei gameti;

d) gli indirizzi per lo svolgimento di attività di informazione sulle donazioni nonché sulle modalità attraverso le quali queste ultime sono promosse e realizzate.

3. La conservazione degli embrioni preimpianto derivanti dalle tecniche di fecondazione medicalmente assistita è consentita per un massimo di cinque anni nei centri di cui al presente articolo. Entro tale termine, i soggetti di cui all’articolo 1 che non desiderino utilizzare gli embrioni medesimi per una gravidanza possono:

a) richiedere al centro la distruzione degli embrioni;

b) consentire l’utilizzazione degli embrioni, al fine di rendere possibile la gravidanza di un’altra donna, previa rinuncia al riconoscimento del nascituro;

c) autorizzare l’uso degli embrioni nell’ambito di ricerche cliniche e sperimentali, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 13.

4. Nel caso di cui al comma 3, lettera b), è assicurata la riservatezza dei soggetti coinvolti.
5. I centri di cui al presente articolo sono tenuti a fornire all’Istituto superiore di sanità le informazioni necessarie per le finalità previste dall’articolo 14 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento della funzione di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

Art. 10.

(Diagnosi preimpianto).

1. È consentita la diagnosi preimpianto degli embrioni e la loro eventuale selezione a fini di prevenzione e terapeutici. Il consenso alla diagnosi preimpianto deve essere espresso per iscritto dai soggetti di cui all’articolo 1.

Art. 11.

(Divieti).

1. Sono vietati:

a) il prelievo di gameti e di embrioni preimpianto per destinarli all’applicazione di tecniche di fecondazione medicalmente assistita senza il consenso esplicito dei soggetti di cui all’articolo 1;

b) ogni forma di remunerazione diretta o indiretta, immediata o differita, in denaro o in qualsiasi altra forma, per le cessioni di gameti o di embrioni preimpianto. Sono altresì vietate ogni forma di intermediazione commerciale finalizzata alla cessione di gameti o di embrioni preimpianto nonché qualunque forma di promozione commerciale delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita;

c) l’importazione o l’esportazione di gameti e di embrioni preimpianto;

d) la miscelazione di liquido seminale proveniente da soggetti diversi;

e) l’applicazione di tecniche di fecondazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle autorizzate ai sensi dell’articolo 6 e la donazione e la raccolta di gameti presso strutture diverse dai centri di cui all’articolo 9.

2. È vietata altresì qualsiasi forma di surrogazione della madre, nonché di prestito o di affitto del corpo della donna a scopo di gravidanza.

Art. 12.

(Divieto di clonazione umana a fini riproduttivi).

1. I processi di clonazione umana a fini riproduttivi sono vietati.

Art. 13.

(Ricerca sugli embrioni umani).

1. La ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni umani è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e solo presso le strutture pubbliche che ne facciano richiesta, sulla base dei protocolli previamente approvati dal Ministro della salute di cui all’articolo 6, comma 2, lettera e).
2. Sono, comunque, vietati:

a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione;

b) ogni forma di intervento che, attraverso tecniche di manipolazione, sia diretto ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne le caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità terapeutiche, nei limiti di cui al comma 1;

c) gli interventi di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini riproduttivi sia a fini di ricerca;

d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.

Art. 14.

(Relazioni).

1. L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi degli articoli 7, comma 4, e 9, comma 5, sull’attività svolta dalle strutture e dai centri autorizzati ai sensi della presente legge, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.
2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull’attuazione della presente legge.

Art. 15.

(Sanzioni penali).

1. Chiunque applichi le tecniche di fecondazione medicalmente assistita a soggetti che non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 1 è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 12.911 euro a 25.823 euro.
2. Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 11, comma 1, lettere a) e d), è punito con la reclusione da quattro a otto anni e con la multa da 25.823 euro a 103.291 euro.
3. Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 11, comma 1, lettere b) e c), è punito con la reclusione da quattro a otto anni e con la multa da 51.646 euro a 154.937 euro.
4. Chiunque contravvenga al divieto di cui all’articolo 12 è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 51.646 euro a 154.937 euro.
5. Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 13, comma 3, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 2.066 euro a 10.329 euro.
6. All’esercente la professione sanitaria che contravvenga ai divieti indicati dai commi da 1 a 4 si applica la pena accessoria della interdizione dall’esercizio della professione per un periodo della durata da tre a cinque anni. In caso di violazione dei divieti di cui agli articoli 12 e 13, comma 3, lettera d), si applica la pena accessoria dell’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.

Art. 16.

(Sanzioni amministrative).

1. La violazione delle disposizioni della presente legge da parte delle strutture di cui all’articolo 6 o dei centri di cui all’articolo 9 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 25.823 euro a 203.291 euro, nonché con la revoca dell’autorizzazione.
2. Chiunque applichi le tecniche di fecondazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle autorizzate di cui all’articolo 6 o accetti la donazione di gameti in strutture diverse dai centri di cui all’articolo 9 o esegua ricerche cliniche e sperimentali sugli embrioni di cui al citato articolo 9, comma 3, lettera c), in strutture diverse da quelle di cui all’articolo 13, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 51.646 euro a 154.937 euro, nonché con la cancellazione dall’albo professionale.
3. L’applicazione di tecniche di fecondazione medicalmente assistita all’interno di strutture sanitarie non autorizzate ovvero autorizzate per finalità diverse da quelle indicate dalla presente legge, nonché l’accettazione della donazione di gameti in centri diversi da quelli di cui all’articolo 9, sono punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 51.646 euro a 154.937 euro. Nei casi previsti dal presente comma è altresì disposta, rispettivamente, la chiusura della struttura o la revoca dell’autorizzazione.

Art. 17.

(Tutela della riservatezza).

1. I dati relativi alle persone che utilizzano le tecniche di fecondazione medicalmente assistita previste dalla presente legge e quelli riguardanti i nati a seguito dell’applicazione delle medesime tecniche sono riservati.
2. Le operazioni relative alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita devono essere registrate in apposite cartelle cliniche presso le strutture autorizzate ai sensi della presente legge, con rispetto dell’obbligo di riservatezza dei dati ivi annotati.
3. In deroga a quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, l’identità del donatore può essere rivelata, su autorizzazione dell’autorità giudiziaria, qualora ricorrano circostanze che comportino un grave e comprovato pericolo per la salute del nato.

Art. 18.

(Abrogazione).

1. La legge 19 febbraio 2004, n. 40, è abrogata.

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