Newsletter UAAR n° 8

(29 luglio 2001)

  1. UAAR.IT PARTECIPA A «IL PLURALE INDISPENSABILE»
  2. NASCE IL CIRCOLO UAAR DI PERUGIA-TERNI
  3. SCRISTIANIZZAZIONE: ALLARME DEI VESCOVI ITALIANI
  4. DIBATTITO SUI FUNERALI LAICI
  5. LA LIBERTÀ RELIGIOSA NELLE STRUTTURE OBBLIGANTI

1. UAAR.IT PARTECIPA A «IL PLURALE INDISPENSABILE»

Dal 6 luglio il sito Golem ha lanciato l’iniziativa «Il plurale indispensabile» sul tema «IL MONDO DI TUTTI: FEDE, RAGIONE, TOLLERANZA».

Golem/L’indispensabile, prima rivista telematica italiana, il cui comitato direttivo è composto da Carlo Bertelli, Furio Colombo, Umberto Eco, Renato Mannheimer e Danco Singer, ha coinvolto nell’iniziativa una moltitudine di siti e media al fine di discutere del dialogo interreligioso, del confronto fra laici e credenti, dei valori e dei condizionamenti che una fede porta nella vita civile, e di come essi divengono visibili, o rimangono neutralizzati o mistificati nelle nostre comunità mescolate.

Il dibattito ha coinvolto i siti del Manifesto, di Diario della settimana, di MTV, di Radiotre, Rai Educational e Raisat: non solo, a rappresentare il dialogo interreligioso hanno partecipato la rivista Jesus, il programma televisivo Protestantesimo, il sito internet ArabRoma e altri ancora.

A rappresentare atei, agnostici e laici è stata chiamata l’UAAR, che ha contribuito con una propria sezione al convegno virtuale.

2. NASCE IL CIRCOLO UAAR DI PERUGIA-TERNI

L’UAAR sbarca anche in Umbria: sabato 14 luglio è stato infatti costituito il Circolo Perugia-Terni.

L’evento segue la presentazione ufficiale de L’Ateo e dell’UAAR, avvenuta il 22 giugno scorso a Perugia alla presenza del segretario nazionale UAAR Giorgio Villella. Coordinatore del Circolo è stato nominato Maurizio Magnani (telefono 074 298 829, email perugia@uaar.it).

3. SCRISTIANIZZAZIONE: ALLARME DEI VESCOVI ITALIANI

Il 2 luglio 2001 la Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato il suo documento ufficiale Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia: il testo ha avuto un ampio risalto sulle pagine dei quotidiani italiani, che hanno dato molto spazio a questo grido di dolore lanciato dai vescovi a un’Italia sempre più scristianizzata e refrattaria ad adeguarsi alla dottrina morale vaticana.

Il testo contiene diversi passaggi che riguardano gli atei, nonché alcune ammissioni, pur se implicite, quali l’esistenza del fenomeno dello «sbattezzo» («La stessa ricerca della piena comunione induce a una sempre più convinta attenzione nella pastorale della Chiesa verso i cosiddetti “non praticanti”, ossia verso quel gran numero di battezzati che, pur non avendo rinnegato formalmente il loro battesimo, spesso non ne vivono la forza di trasformazione e di speranza e stanno ai margini della comunità ecclesiale»). Le stesse lettere che riceviamo giornalmente testimoniano come il numero delle persone che hanno formalizzato la fuoriuscita dalla Chiesa cattolica, usufruendo dell’iniziativa giuridica dell’UAAR, sono centinaia e dimostrano come il fenomeno non sia oramai più “clandestino” bensì una realtà con cui le gerarchie ecclesiastiche iniziano a fare i loro conti.

Nello stesso testo CEI si trova anche un invito ai non credenti a riconsiderare il valore “artistico” del crocifisso: giova far notare che, anche in questo caso, gli unici non credenti ad aver sollevato il problema della presenza dei crocifisso negli edifici pubblici, sulla scia della sentenza Montagnana, siano stati proprio quelli dell’UAAR.

4. DIBATTITO SUI FUNERALI LAICI

Il 28 giugno la rubrica delle Lettere di Repubblica, condotta quotidianamente dall’ottimo Corrado Augias, ha ospitato un’interessante missiva di un lettore che si domandava, retoricamente, quali diritti avesse a ottenere un funerale laico, lamentando la mancanza di un «dovere delle istituzioni, e in particolare del Comune, di garantire uno “spazio laico” a disposizione dei cittadini che non vogliono funerali religiosi. Penso a un luogo in cui si possano raccogliere amici, parenti e conoscenti per ricordare il defunto, aiutando a superare il dolore con messaggi di speranza. Un luogo facile da prenotare e da predisporre, dove si possa proiettare un filmato, ascoltare musica, recitare una poesia, fermarsi a riflettere insieme agli amici nel rispetto della persona cara e della sua vita».

La risposta del giornalista è stata di piena adesione al problema: la lettera ricevuta lo ha anzi spronato a svolgere una piccola inchiesta sulla situazione romana. Il quadro desolante che gli si è presentato lo ha spinto a rivolgere un invito esplicito al Sindaco di Roma Veltroni a farsi carico della questione.

Il 3 luglio, sommerso dalle lettere, diverse delle quali inviate da soci UAAR, Augias è tornato sull’argomento auspicando che si proceda «per analogia con quanto previsto per i matrimoni civili. Il Comune fornisca la struttura, arredi e contorni a carico di chi la chiede».

La nostra associazione sta da diverso tempo interessandosi al problema, non facile da risolvere in quanto la legge nazionale demanda ai regolamenti comunali di polizia mortuaria la regolamentazione delle esequie, generando inevitabilmente una miriade di situazioni diverse.

Abbiamo avuto modo di scoprire che esistono addirittura regolamenti municipali che contemplano solo il funerale cattolico, mentre la stragrande maggioranza non contempla esplicitamente la possibilità di utilizzare una sala destinata ai funerali laici. Fanno eccezione le pochissime realtà dove sono operative le sale per la cremazione, in quanto tale scelta è effettuata soprattutto da non credenti (buon ultimo il famoso giornalista Indro Montanelli).

5. LA LIBERTÀ RELIGIOSA NELLE STRUTTURE OBBLIGANTI

L’UAAR continua a essere interessata da segnalazioni di problemi che coinvolgono la sfera della libertà religiosa. In questa occasione trattiamo del problema all’interno delle strutture obbliganti.

Cominciamo con le carceri. Abbiamo recentemente ricevuto alcune lamentele, da parte di detenuti non credenti, che segnalano la propria impossibilità ad avere un punto di riferimento all’interno della struttura penitenziaria. La normativa, purtroppo, anche in questo caso è a senso unico. La legge di disciplina (354 del 26 luglio 1975) riconosce ai detenuti il diritto di professare la propria fede religiosa, nonché di partecipare ai riti ed esporre nelle camere immagini e simboli religiosi. Il cappellano, spogliato di funzioni e qualifiche non compatibili con quella ecclesiastica, è addetto alle pratiche di culto, istruzione e assistenza religiosa della confessione cattolica. In ogni istituto penitenziario sono previste una o più cappelle per la celebrazione dei riti del culto cattolico, e devono essere a disposizione, ove occorrano, dei locali idonei per la celebrazione di riti non cattolici (art. 55, DPR 431/1976). Mentre, però, il cappellano cattolico è presente in ogni struttura penitenziaria stabilmente, le richieste dei detenuti non cattolici sono garantite facendo ricorso a ministri di culto indicati in appositi elenchi, compilati in seguito alla sottoscrizione di intesa con le singole confessioni.

È chiaro quindi che il legislatore ha, anche in questo caso, voluto privilegiare la religione cattolica e, in subordine, gli altri culti, solamente quelli però sottoscrittori di un’intesa (a insindacabile giudizio del governo, quindi).

Altro problema sollevato in questi giorni è quello delle caserme. Il Co.Ce.R. (Comitato Centrale di Rappresentanza) Interforze, che riunisce i rappresentanti di Carabinieri, Guardia di Finanza, Esercito, Marina e Aeronautica, ha proposto di eliminare i cappellani militari sostituendoli con psicologi. La richiesta non si basa su un improvviso afflato laico, quanto sul mancato sostegno dei sacerdoti alle forze armate e di polizia impegnate nel G8. Tant’è: l’importante è che la questione sia ritornata agli onori delle cronache, viste le dimensioni del problema, che non è solo degli acattolici ma viene sollevato anche da quelle frange pacifiste del mondo ecclesiastico che ritengono inconcepibile lo svolgimento di un simile servizio con la funzione del sacerdozio (se pensiamo che l’ordinario dei cappellani militari ha, per legge, il grado di generale di corpo d’armata…).

Altro problema sollevato quello degli ospedali. Anche qui la normativa è simile a quella delle carceri, aggravata però dalle recenti direttive di diverse regioni che privilegiano i nosocomi privati, in gran parte gestiti direttamente da enti religiosi dipendenti dal Vaticano.

Soluzioni pronte non ve ne sono, se non la necessità di accrescere la sensibilizzazione affinché queste situazioni vengano sanate attraverso nuove leggi, che prendano finalmente atto dell’esistenza di una società multiconfessionale e largamente secolarizzata.