Il cavallo di Troia contro la laicità

Divorzio facile, famiglia più precaria, titolava qualche giorno fa il quotidiano dei vescovi Avvenire. Quasi in contemporanea, il Fatto Quotidiano pubblicava un articolo di Emiliano Liuzzi dal titolo Il nuovo divorzio all’italiana: lungo e tutt’altro che facile. Facile o tutt’altro che facile: chi ha ragione? La risposta potrebbe essere: entrambi.

Perché è vero che le coppie che si vogliono dividere, ricorrendo in alcuni casi al sindaco o all’arbitrato, hanno ora la possibilità di non passare dal tribunale. Ma la normativa si complica, le parcelle per i consulenti legali probabilmente aumentano, e i tempi biblici previsti dalla legge per la separazione, e soprattutto per il divorzio, non cambiano affatto, salvo che nei rari casi in cui i coniugi sono già d’accordo e non hanno figli. Perché si riducano è necessaria un’altra legge. Quella che, già edulcorata dalla Camera (che ha ridotto soltanto i tempi per la separazione), si è ora impantanata in Senato a causa dell’ostruzionismo del Nuovo Centro Destra: il decrepito braccio secolare dei Sacri Palazzi che tuttavia, anche in tempi in cui dicono vada di moda la rottamazione, continua a detenere la golden share del governo.

E dire che quando, nel 1970, la legge fu approvata, lo fu contro il volere del partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana. Che al suo fianco si ritrovò soltanto i neofascisti dell’Msi. Tutti gli altri, dai liberali ai comunisti, votarono a favore. Pur con qualche pudore: nel testo la parola “divorzio” era addirittura assente, e al suo posto c’era un eufemistico “scioglimento del matrimonio”. Si arrivò all’approvazione grazie all’attivismo dei radicali (che non erano ancora entrati in parlamento) e a una grande mobilitazione popolare. La stessa che quattro anni dopo portò alla vittoria nel referendum, preteso dal Vaticano e combattuto e perso dalla Dc di quell’Amintore Fanfani che tanto piace alla ministra delle riforme Boschi.

divorzio

Furono avvenimenti dall’impatto enorme, condivisi e sentiti proprio perché l’argomento del contendere avrebbe potuto riguardare ogni cittadino. I momenti in cui un cambiamento radicale sembra a portata di mano sono purtroppo rari, e ancora più rari sono quelli in cui il cambiamento ha davvero luogo. Più spesso, specialmente nel nostro paese, prevale pian piano un’atavica inerzia, quella stessa inerzia che ha depotenziato la legge 194 favorendo il dilagare dell’obiezione selvaggia. Il divorzio breve è una realtà quasi ovunque e quasi per chiunque, dagli Usa del dio sul dollaro al Sarkozy della “laicità positiva” tanto cara a Benedetto XVI. Non è un caso che tanti concittadini (abbienti) ricorrano ai viaggi della speranza: la fase della separazione, oltre all’Italia, è ormai in vigore soltanto in paesi come Malta e la Polonia. Se abbiamo svoltato, è solo per infilarci in un vicolo cieco.

Il potere dell’inerzia è però più forte che mai. Il governo, motivando il ricorso all’arbitrato e ai sindaci, non ha mostrato una particolare premura per lo stato di sofferenza di tanti cittadini, soprattutto di quelli che all’anagrafe risultano avere una famiglia diversa da quella reale (anche perché non si riesce ad avere uno straccio di legge nemmeno per le unioni civili). No: il governo ha preferito ricordare l’esigenza di ridurre l’arretrato della magistratura.

E dire che, a parte la Chiesa, non ci sono opposizioni particolari all’introduzione di una tempistica più civile, più umana. Il cardinal-general Bagnasco, tuttora in prima fila sul fronte anti-laico (con buona pace di chi scambia per rivoluzione un mero riposizionamento del brand), ha sostenuto che i matrimoni gay sono “un cavallo di Troia contro la famiglia”. A mio parere l’unico cavallo che è stato fatto entrare in città, ormai molto tempo fa, è proprio quello donato dai vescovi: il clericalismo. È vuoto e inconsistente, perché i vescovi non hanno alcun bisogno di attendere la notte per uscire allo scoperto e imporre la propria legge. La presenza del cavallo vuoto è di per sé sufficiente per far addormentare, anche durante il giorno, l’intero parlamento. Ma, come ogni dono, si può rifiutare.

Raffaele Carcano, segretario Uaar

Pubblicato nel blog UAAR di MicroMega l’11 novembre 2014.

Archiviato in: Generale, MicroMega

21 commenti

Sandra

Bisogna anche lasciare tempo alla Sacra rota perché si organizzi ad annullare i matrimoni gratis, sia mai che lo Stato faccia concorrenza sleale ai preti.

Francesco non da Assisi

La parola GRATIS è del tutto sconosciuta dalle parti cattoliche.

stefano

feudo vaticano siamo nati, feudo vaticano rimarreremo.
in secula seculorum.

benjamin l'@sino

Ho risolto il problema alla radice, non sposandomi. Tra i normali alti e bassi di coppia, convivo da quindici anni e non sono stato mai neppure sfiorato dal pensiero di “sciogliere la coppia” perché “tanto è facile”. Nel mio caso, se frattura dovrà essere non sarà facile, matrimonio o non matrimonio. Le persone serie rispettano i vincoli che si sono dati in virtù della propria serietà, non per obblighi di legge. Ci pensino gli aspiranti sposi, quali che siano: religiosi tanto quanto civili, omo tanto quanto etero. I figli complicano le cose? Prendano tempo e ci pensino due, tre… centomila volte prima di generare quei figli. Testa sul collo, occhi aperti su se stessi e su chi si pensa di chiamare a condividere la propria vita — se si è seri, certe scelte (formare una coppia e, a maggior ragione, mettere al mondo nuove persone) non si fanno a cuor leggero e, soprattutto, non sono obbligatorie.

paniscus

Ma appunto… invece di chiedersi come e perché le coppie sposate divorzino, non è molto più interessante chiedersi PERCHE’ SI SIANO SPOSATE, e in generale che si sposino a fare???

E sia chiaro che il mio intento non è minimamente provocatorio o dissacratorio, è solo ed esclusivamente una curiosità concreta.

Nel momento in cui…

a) il matrimonio non è più unico e irreversibile, ma si può divorziare con relativa facilità;

b) il matrimonio non riguarda più i rapporti sociali ed economici collettivi di interi clan familiari, ma solo le scelte personali dei due individui coinvolti, e basta;

c) il matrimonio non rappresenta più una “sistemazione economica” per nessuno dei due, perché tutti e due possono gestirsi la propria indipendenza scegliendo liberamente se mettere qualcosa in comune o no;

d) i diritti dei figli nati fuori dal matrimonio sono IDENTICI a quelli nati da genitori sposati;

e) la convivenza senza sposarsi è totalmente sdoganata sul piano culturale e morale, e non scandalizza più nessuno;

f) nessuno è obbligato a convivere se non è convinto, esattamente come nessuno è obbligato a sposarsi… quindi si presume che chi sceglie di farsi una famiglia stabile, con grossi investimenti emotivi e pratici, lo faccia perché ci crede e perché ci tiene, e non abbia nessun interesse a sfasciarsela alla leggera alla prima difficoltà…

Quindi, A PARTE le sincere convinzioni di coscienza di chi vuole sposarsi in chiesa perché crede nel sacramento… ma dal punto di vista civile, quale sarebbe il “valore aggiunto” di sposarsi, rispetto alla semplice convivenza?

Boh!

L.

Francesco s.

Determinati diritti e doveri civili che derivano dal contratto di matrimonio. Il matrimonio civile è un contratto legale tra 2 individui che si accordano su determinati obblighi reciproci. Le motivazioni personali sono irrilevanti. Il divorzio non è altro che la rescissione del contratto. C’è chi vuole “obbligarsi” e chi no.

paniscus

Le motivazioni personali sono irrilevanti. Il divorzio non è altro che la rescissione del contratto. C’è chi vuole “obbligarsi” e chi no.
———————————-

Ok, ma allora BASTA con questo tormentone retorico secondo cui il matrimonio è una grande istituzione solenne e importantissima con enormi implicazioni morali e ideali, su cui si fonda l’intera società… e stare a sindacare così tanto su quali conseguenze cosmiche avrebbe il divorzio breve rispetto al divorzio lento, oppure l’introduzione dei matrimoni gay o no!

Se è solo un contratto (cosa che personalmente penso anch’io), che problema c’è se, in vari momenti della storia, la concezione di quali caratteristiche dovrebbe avere questo contratto possano anche cambiare, sia nella legge, che nella mentalità delle persone?

L.

RobertoV

Proprio ieri hanno pubblicato i dati sui matrimoni per il 2013 certificando un ulteriore calo di oltre il 6% rispetto al 2012 (va detto che avrebbero dovuto dare anche il dato delle coppie di fatto che sono invece in costante crescita, come il numero di figli fuori dal matrimonio), con i matrimoni civili saliti al 43%. L’ISTAT poneva l’accento anche sull’effetto del calo delle nascite sul numero di persone “da matrimonio” e magari avrebbe potuto parlare anche dell’effetto crisi economica e prospettive future. Ovviamente Repubblica non si è fatto mancare di farci sapere subito il giudizio del portavoce del Vaticano (non di un esperto), Monsignor Paglia, che si è scatenato nelle classiche “analisi” da chiesa cattolica, tipo:

“Il vero responsabile di questo cambiamento è “l’egolatria imperante”.”
“….il rischio, per Monsignor Paglia, è che “emerga una sorta di tendenza alla defamiliarizzazione della società, in favore sostanzialmente di una società di singoli anziché di famiglie, dove tutto viene piegato all’individualismo”.
“E anche a causa del corrispettivo aumento delle separazioni e dei divorzi, i matrimoni sono in calo perché vengono visti come una sorta di ‘viaggio a rischiò che è meglio rifiutare in partenza, data l’alta possibilità di fallimento; sempre secondo una mentalità che guarda soltanto all’io e mai al noi, che non fa più risultare attraente la parola insieme. Ogni legame durevole risulta pesante in questa società ‘liquida’ che guarda solo al benessere personale e non familiare.”

Mi piacerebbe che qualcuno rispondesse in Italia pubblicamente a questi classici “insulti” verso le persone che si permette la chiesa cattolica con analisi strampalate e che invece poi fa di tutto per non pagare il dovuto allo stato (ma si fa bella con cose tipo il dono del papa di 200000 € alle famiglie in difficoltà, cioè come se in proporzione io pubblicizzassi l’aver donato 5 € ad un famiglia bisognosa e Repubblica sentisse il bisogno di farci un articolo).

francesco s.

Voglio essere più esplicito, se si snellissero le procedure di divorzio come nel resto del mondo e si ampliasse agli omosessuali la possibilità di sposarsi, riterrei inutile qualsiasi riconoscimento legale delle unioni civili, sia perché sarebbero un duplicato del matrimonio, e quindi un negozio inutile sia perché evidentemente chi non vuole sposarsi con un siffatto matrimonio non è interessato al ricoscimento legale della sua unione privata al di lá di ciò che è previsto per gli eventuali figli.

francesco s.

Mentre il motivo del calo dei matrimoni religiosi è sicuramente influenzato da un calo della religiosità oltre che dal fatto che costa mediamente di più sposarsi in chiesa perché spesso segue una festa da emiro del Kwait, almeno lo è da le mie parti, rispetto al più sobrio matrimonio in comune, il motivo di una certa riduzione del matrimonio in generale e aumento delle convivenze è legato ad un aumento di instabilità finanziaria, nessuno si sposa se non ha un lavoro stabile e fa figli (questo vale anche per le convivenze). Il matrimonio è come un mutuo lo fai se hai stabilità economica, perché impone certi oneri.

paniscus

Mentre il motivo del calo dei matrimoni religiosi è sicuramente influenzato da un calo della religiosità oltre che dal fatto che costa mediamente di più sposarsi in chiesa
—————————

Non direi che è solo un “calo della religiosità”, ma anche (per fortuna) un calo dell’intensità dei vincoli tradizionali e dei condizionamenti esterni.

Cioè, 30 anni fa, anche chi non era affatto religioso e sarebbe stato del tutto disinteressato al matrimonio in chiesa, quasi sempre finiva col farlo lo stesso, per non dare un dispiacere ai parenti, o per paura di farci una figuraccia dal punto di vista sociale.

Per non parlare del fatto che erano quasi sempre i genitori degli sposi a gestire l’evento, e a sentirsene personalmente responsabili di fronte a parenti, amici e conoscenti vari… e quindi era più facile che imponessero le loro condizioni anche passando al di sopra delle preferenze degli sposi stessi.

Adesso invece, per fortuna, si è andati sempre di più verso una visione del matrimonio come scelta personale che riguarda principalmente gli sposi, con parenti e amici che sono coinvolti solo sul piano affettivo e non su quello sostanziale… e non più come una questione collettiva che riguarda DIRETTAMENTE il ruolo sociale di interi clan familiari, fino ai cuGGGini di millesimo grado!

Per cui, anche la famiglia d’origine molto religiosa, per quanto dispiaciuta, tende ad essere realistica e ad accettare le convinzioni di coscienza dei figli, concludendo che “d’altra parte, è giusto che scelgano da soli”, e se non ci credono, non li si può mica obbligare“…

…ma non perché siano diventati più aperti, bensì perché si è allentata la pressione sociale sulla cosa, e i genitori non hanno più una paura folle di farci la figuraccia collettiva come famiglia, se il figlio non si sposa in chiesa!

Basta vedere quante persone anziane (e anche quelle veramente molto religiose) non avrebbero mai accettato 30 o 40 anni fa che il figlio non si sposasse in chiesa, ma adesso accettano affettuosamente, senza nessun problema, che la stessa cosa la facciano i nipoti!

Perché appunto, 30 o 40 anni fa avevano paura dello scandalo sociale, ma adesso si sono accorti che è diventata una cosa normale e che non crea più scandalo a nessuno, e allora si sono tranquillizzati!

L.

paniscus

Ah, e dimenticavo: è anche aumentata molto l’età media del matrimonio o della convivenza. In una società in cui ci si sposava molto giovani, era molto più facile che quasi tutti scegliessero il matrimonio in chiesa anche senza essere particolarmente convinti, un po’ per la suggestione psicologica della “cerimonia romantica”, un po’ perché maggiormente vulnerabili alle pressioni dei familiari.

Ma se ci si sposa a 35 anni, dopo aver già convissuto per anni, o dopo aver già avuto altre due o tre relazioni d’amore importanti prima di trovare quella giusta, mi sa tanto che certe idealizzazioni pesano molto meno… e quindi rimangono a sposarsi in chiesa solo quelli che ci tengono davvero per convinzione personale, NON quelli che l’avrebbero fatto solo per consuetudine!

L.

Ateo64

Ottima ed esauriente analisi che mi sento di poter sottoscrivere parola per parola, virgole comprese.

paniscus

Ottima ed esauriente analisi che mi sento di poter sottoscrivere parola per parola, virgole comprese.
—————————————–

Beh, forse non è nemmeno una “analisi”, ma è quello che ho visto succedere personalmente nella mia famiglia… dopo di che, ho imparato a notarlo e a farci caso, e a vedere che era abbastanza comune in quasi tutte le famiglie con storie simili!

Le mie nonne, nate rispettivamente nel 1915 e nel 1920, si sarebbero stracciate le vesti dalla disperazione se 40 anni fa i loro figli (i miei genitori e i miei zii) avessero anche solo ipotizzato l’idea di sposarsi in comune, e in un’eventualità del genere sarebbero state addirittura pronte a troncare i rapporti coi figli e a non parlargli più per anni… mentre, 30 o 40 anni dopo, hanno tranquillamente accettato i nipoti sposati civilmente, i nipoti separati e riaccompagnati, i nipoti conviventi senza sposarsi affatto, e addirittura i bisnipotini non battezzati.

E preciso che, quando si è posto il problema, per quanto anziane, erano ancora in grado di commentare la cosa in modo assolutamente lucido, eh… non è che si fossero rammollite a causa del rincoglionimento senile!

Per cui, la mia conclusione personale è:

a) una persona intelligente e interessata a capire il mondo che la circonda, può imparare cose nuove anche a 90 anni;

b) se queste persone sono state in grado di capire e di accettare tali novità a 90 anni, vuol dire che a maggior ragione sarebbero state in grado di capirle anche a 50 o a 60, se solo qualcuno gliele avesse spiegate in modo più tranquillo e più trasparente, e se all’epoca quegli argomenti fossero stati meno ammantati di pruriginosità e di scandalo sociale.

L.

Tiziana

Mi sembra di capire che la Cei (ad esempio bocciatura di Bruno Forte9 sia la parte più atrretrata del cattolicesimo mondiale. Ho letto quell’intervista sul Corriere, mi sembra che alla base ci sia l’idea che il papa passa ma la curia resta. So che il senatore Gasparri desta solo il sorriso, ma quando minacciò durante il Sinodo si vedremo, diceva una cosa vera. Segnalo comunque questo libro che mi sembra interessamnte http://liberelaiche.wordpress.com/libri/

dragor alphandary

La religione si fa nelle chiese e nelle abitazioni private, punto e basta. Fuoco di fila su chi pretende di farla nella sfera pubblica.

giovanni da livorno

Qua siamo di fronte ad una nuova abile strategia del clericalismo: non più cozzare contro una legge per cercare di farla abrogare, con un referendum probabilmente perdente, ma intervenire con abili strategie attendiste e insabbiatrici per bloccare le leggi in fase esecutiva (obiezione di coscienza ecc.).
Un appunto, però, a quanto dice l’articolo è riguardo al referendum contro il divorzio voluto da Fanfani. “Pare”, secondo una dichiarazione fatta da Cossiga poco prima di morire, che Fanfani e la direzione della DC non volessero il referendum, ma che le gerarchie cattoliche lo pretesero come una “testimonianza” da parte loro, e, che Fanfani e gli altri, pur sapendo che sarebbe stata una sconfitta, si piegarono al diktat. Voi direte: “Ma è credibile una dichiarazione di Cossiga?”. Io non lo so, però so che quella classe politica aveva un livello intellettuale molto più alto di quella attuale, e perciò non sarebbe andata, spontaneamente e coscientemente, incontro ad una sconfitta politica, insieme all’MSI per giunta.
Poi, amici, i verbali delle direzioni DC di quei giorni non ce li abbiamo………..
Saluti. GdL

“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”.
(E. Flaiano)

FSMosconi

Qua siamo di fronte ad una nuova abile strategia del clericalismo: non più cozzare contro una legge per cercare di farla abrogare, con un referendum probabilmente perdente, ma intervenire con abili strategie attendiste e insabbiatrici per bloccare le leggi in fase esecutiva

La CCAR si trova indubbiamente avvantaggiata contro lo Stato per via dell’irreggimentazione che ha ad un certo livello (in particolar modo in epoca di settarismo) ma al livello base, a dirla come Gramsci, non c’è distinzione tra questa e le chiese protestanti. Per non dire con gli spiritualisti generici. Questo metodo gli conviene perché permette di mantenere il controllo indiretto regalatogli col Concordato senza dover passare per il consenso popolare che va via via perdendo a causa della mancanza di democraticità tra gregari e dirigenti, nonostante la secolarizzazione subita obtorto collo [per cui, se si nota, gli argomenti importanti non sono più di dottrina, ma di etica-politica].

Metti le masse indifferenti davanti al crudo fatto dissolvendo il feticismo della “Chiesa Istituzione” ( = qualcosa che esiste al di là autonomamente dalle cose) e la catena si spezza. Perché mai la CCAR ci terrebbe tanto alla sua immagine altrimenti?

giovanni da livorno

Una precisazione: nel mio post precedente io mi riferivo al referendum sul divorzio del 1974. GdL

Commenti chiusi.