Nuove recensioni sul sito

Tornano le recensioni nella sezione Libri del sito Uaar: i volumi sono La libertà religiosa nell’ordinamento costituzionale italiano di Marco Croce (recensione di Luigi Lombardi Vallauri), Denis Diderot. L’ateismo problematico  e La mia morte sono io di Carlo Tamagnone, La legislazione sulla base di intese di Francesco Alicino e Non c’è Cristo che tenga di Franco Tommasi (recensioni di Stefano Marullo).

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23 commenti

Diocleziano

… Profondamente superficiale…
(Detto di Caterina II nella recensione su Diderot)
Questa è poesia! 😆

stefano marullo

Altrove ho scritto, pensa, “il pregnante Nulla che ci avvolge”. E di una “meravigliosa schifezza” che dici? Meglio ossimori che ossi, giusto Diocleziano?

bruno gualerzi

Vorrei formulare un giudizio assolutamente relativo… ma temo che ciò risulterebbe eccezionalmente banale. 🙂
Auguro a voi una giornata drammaticamente serena
(La mia scoperta degli ossimori risale ai primi anni ’60 quando, nel film di Fellini ‘La dolce vita’, spiccava la presenza della prorompente attrice svedese Anita Ekberg, definita della stampa ‘giacchio bollente’. Ma a questo proposito non scriverò mai e poi mai…’bei tempi’)

Giorgio Pozzo

L’ateismo problematico

Vorrei far notare che perfino il titolo del libro potrebbe essere considerato un ossimoro. (*)

Se partiamo dall’ipotesi, suffragata comunque da moltissimi fatti, che i dogmi religiosi siano un problema, allora l’ateismo, come eliminazione di problemi, dovrebbe essere tutto meno che problematico.

Pensiamo alle diverse discipline nelle quali il teismo è problematico: nella logica, abbiamo che alcuni degli attributi, se non tutti, di dio fanno a pugni tra loro; nella politica, la teocrazia, più o meno spinta, che vuole imporre le sue regole anche allo stato, crea problemi sociologici; nella storia, la religione che tramanda allegre panzane propinandole come fatti storici, fa una marea di danni; nella scienza, last but not least, dico solo che avrei così tanti esempi da riportare, che potrei saturare il campo del posto forse il blog completo; ecc ecc …

(*) al mio amico Carlo, comunque, non glielo avevo detto. :mrgreen:

bruno gualerzi

“Se partiamo dall’ipotesi, suffragata comunque da moltissimi fatti, che i dogmi religiosi siano un problema, allora l’ateismo, come eliminazione di problemi, dovrebbe essere tutto meno che problematico.”

Immagino tu l’abbia detto per paradosso, ma ‘eliminare i problemi’… a meno che con questo non si intenda semplicemente rimuoverli… credo comporti dover affrontare in realtà un’infinità di problemi. Primo fra tutti (quante volte ne abbiamo discusso? 🙂 il problema costituito dalla definizione stessa di ateismo, con quel che ne consegue.

PS: Personalmente, non posso che solidarizzare con Carlo Tamagnone essendomi imbarcato nell’impresa (incurante della presunzione implicita 🙂 ) di ‘ripensare – niente meno – l’ateismo’.

Giorgio Pozzo

Immagino tu l’abbia detto per paradosso.

Mica tanto… 🙂 (forse un pochino per provocazione, ma non molto).

Per me a-teismo significa rifiuto del teismo e totale eliminazione dei problemi da esso generati. Da notare che il contrario non è attinente: la situazione è perfettamente asimmetrica. Il teismo è problematico per natura, e l’ateismo quindi, essendo non-teismo, non è problematico per natura.

Altrimenti, se consideriamo che l’ateismo sia problematico, allora il teismo non lo può essere, e siamo forzati a concordare che credere in un dio, in un paradiso, e soprattutto buttare a mare scienza, laicità, raziocinio, e logica, sia la soluzione dei problemi.

Noi nasciamo atei, e senza problemi connessi a tale condizione. Se essere atei diventa problematico, è perchè qualcuno ci riversa addosso i problemi generati dal teismo.

stefano marullo

Giorgio hai però dimenticato il discorso sull’etica. Senza dio siamo condannati ad essere liberi e la libertà è una formidabile arma a doppio taglio, e una tremenda responsabilità: fare la storia. Un’etica che riposa sulla Verità della religione è moolto comoda e assai meno dispendiosa; e una storia etero(nel senso anche celestiale del termine)guidata ci deresponsabilizza assai, giustificando qualsiasi nefandezza

bruno gualerzi

“Noi nasciamo atei, e senza problemi connessi a tale condizione”

Ecco, per non dire altro, un punto sul quale tu e io, pur ritenendoci entrambi atei, difficilmente troveremo un accordo. In breve (anche perchè chissà quante volte ho espresso questa convinzione):
Non è – a mio parere – che ‘nasciamo atei’: nasciamo tutti dovendo fare i conti con una condizione umana che impone il soddisfacimento di determinati bisogni necessari per vivere (o semplicemente per sopravvivere)… ma proprio questa esigenza – determinata dalla evoluzione della specie – cozza con la consapevolezza (sempre l’evoluzione ci ha dotato della coscienza) della precarietà di un’esistenza singola il cui momento cruciale, irreversibile, è costituito dalla morte individuale. In altre parole, è l’esistenza che è problematica, del tutto indipendentemente dal modo con cui si affrontano i bisogni… e in quanto tale preesiste a teismo e ateismo, che sono certamente due modi antitetici coi quali si risponde all’esigenza di affrontare i problemi esistenziali, che come tali però sono gli stessi per tutti. La risposta religiosa – comunque intesa e semplificando al massimo – punta a risolvere i problemi cercando la soluzione aldilà (un ‘aldilà’ che può anche essere un ‘aldiqua’, come con l’animismo o con le religioni immanentistiche, tipo buddismo) di una condizione umana che si vorrebbe ‘trascendere’ non accettandone la precarietà. Sotto questo aspetto quindi le religioni sono pur sempre una risposta umana a esigenze umane, umanissime (Nietzsche dirà ‘troppo umane’)… altrimenti non si spiegherebbe la loro ‘fortuna’.
Ora, in questo quadro che ruolo gioca l’ateismo? Di fronte ai problemi esistenziali (come tali, ripeto, di tutti) ritiene – per tagliare corto – che la risposta religiosa sia una fuga dalla realtà, una alienazione della propria umanità. E ritiene (penso che questo sia un elemento comune ad ogni ateismo) che dio, comunque inteso e raffigurato, sia una ‘creazione’ dell’uomo: creazione alienante, ma come risposta a problemi reali.
Ora, non credo che questo rovesciamento radicale di prospettiva (“non è dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato dio) comporti di per sè – per usare la tua espressione – una semplice’eliminazione di problemi’ posti dalle religioni, ma un modo diverso, radicalmente diverso, di affrontare questi problemi. Per cui il confronto/scontro è inevitabile.
Naturalmente – come si usa dire quando non si sa cosa dire ancora… ma qui è una necessità 🙂 ) -‘la questione è più complessa’… però credo sia sufficiente quanto detto per rimarcare quanto meno un aspetto della ‘problematicità dell’ateismo’.

bruno gualerzi

Leggo adesso il commento di Stefano. Ecco un altro esempio molto probante, anche se da un altro punto di vista, della ‘problematicità del’ateismo’

Giorgio Pozzo

Giorgio hai però dimenticato il discorso sull’etica

Verissimo, ma l’etica dovrebbe essere una tematica intrinseca all’Uomo in quanto tale (l’Uomo, non la tematica…), e non in quanto ateo o teista. Tant’ è vero che certe “religioni” indiane od orientali posseggono una forte componente etica, senza averne alcuna teistica.

credo sia sufficiente quanto detto per rimarcare quanto meno un aspetto della ‘problematicità dell’ateismo’

Ancora una volta, Bruno, hai ragione a sottolineare che con il termine “ateismo” si intendono concetti diversi. Diversi perchè concernenti domini differenti.

Se intendi l’ateismo come filosofia, allora ti dò ragione in tutto e per tutto. L’ateismo filosofico è sicuramente problematico.

Io intendevo l’ateismo come negazione del teismo (siamo nella pura logica), con tutti gli annessi e connessi (negazione, appunto, anche e soprattutto delle problematiche annesse e connesse al teismo). Se io nego tutto di qualche cosa, allora nego anche gli attributi di quel qualcosa, e se un attributo è la problematicità, allora io nego anche quella.

stefano marullo

> Se io nego tutto di qualche cosa, allora nego anche gli attributi di quel qualcosa, e se un attributo è la problematicità, allora io nego anche quella.

Pericolosissimo sillogismo. La prova dell’esistenza di Dio di sant’Anselmo capovolta!

francesco s.

Ma è quello che fanno i matematici quando trovano problemi in certe definizioni. Ad esempio le geometrie proiettive che negano la nozione di parallelismo euclidea con i problemi che porta. Nel campo logico quando quando qualche assioma porta a contraddizioni si risolve la contraddizione eliminando l’assioma. Cos’è Dio se non un gigantesco insieme di assiomi chiamati dogmi? Negare proposizioni arbitrarie non è mai un problema in logica, il problema è sempre affermare e far quadrare i conti alla fine. Da questo punto di vista l’ateismo è semplice. Semmai è problematico nel rapporto coi credenti, ma questo perché le relazioni umane sono complicate.

Diocleziano

La cosa mi sembra invece molto logica: se nego l’esistenza di alcunché ne consegue che anche i suoi attributi siano inesistenti. Se un attributo è la problematicità non serve negarla, in quanto attributo di entità inesistente. Logica vorrebbe che non si discutesse di cose indimostrate. Millenni di teologia, metafisica e tutti gli dei alle ortiche.

Giorgio Pozzo

Prendiamo ad esempio il concetto di “quadrato”. Di per sè, la cosa non è problematica, non più di quanto lo sia il concetto di “dio”. Ma aggiungiamoci l’attributo “circolare”, e otteniamo un “quadrato circolare”: questo allora sì che diventa problematico, come quando aggiungiamo l’attributo “onnipotente” a dio, ottenendo un “dio onnipotente” (o infinitamente buono, ecc.).

Ora, se io nego l’esistenza o la possibilità di un quadrato circolare, come di un dio onnipotente, allora ho eliminato le problematiche insite in tali definizioni.

bruno gualerzi

@ Giorgio Pozzo
Al volo. Un quadrato è un quadrato e non può essere ‘circolare’.
‘Dio’ è un’dea, un’ipotesi, per tante persone la speranza mal riposta per la soluzione di tanti problemi (l’aspetto in definitiva superstizioso di ogni religione)… e come tale lo si può qualificare come più lo si ritiene utile. E ciò proprio perchè non ci può essere alcun riscontro oggettivo in quanto di oggettivo c’è solo un’esigenza… mentre del quadrato c’è il riscontro oggettivo e non lo puoi qualificare per ciò che non è. Il quadrato non ammette contraddizioni circa il suo concetto; dio ‘sopporta’ tutte le contraddizioni.

francesco s.

Essendo dio un’idea, un concetto può essere sottoposto all’analisi della logica. Le contraddizioni del concetto di dio non reggono alla logica. E’ il bisogno di dio che regge alle contraddizioni non il suo concetto.

bruno gualerzi

@ francesco s.
Dio non esisterebbe se non esistesse il desiderio di dio. Quindi non è il concetto di dio da analizzare, ma questo desiderio. Cioè quanto di più problematico, contraddittorio e storicizzabile si possa immaginare. Vale a dire la psiche umana… che non puoi negare come se fosse un semplice concetto.

Ateo64

Per quasi 4mila anni in Egitto è esistita una religione che ha dominato la vita pubblica, sociale, culturale e filosofica di quel paese.
Mi piace immaginare che, anche se in numero minimo, ci siano stati degli atei nei confronti di quel sistema di pensiero.
Immagino anche che in un dibattito pubblico o privato con un seguace di quella religione questi atei avrebbero dovuto usare contro-argomenti sofisticati agli altrettanti sofisticati argomenti del fedele di turno.
Poi un bel giorno tutto è sparito.
Non possiamo sapere a quali livelli di finezza logica e teologica si sia arrivati in quei dibattiti.
Semplicemente oggi non siamo più qui a disquisire su horus o chi per lui: tutto è stato rimosso. Tutto l’insieme di fesserie a monte che aveva dato origine a quelle interminabili discussioni è stato rimosso perchè non c’è più nessuno disposto a credere a quel sistema.
Cosa possiamo imparare da questo?
Che alla fine, aldilà degli argomenti più o meno sofisticati portati dai fedeli, avessero ragione gli atei a dire che trattavasi di pura invenzione utile, forse, a creare un sistema sociale ma dietro al quale nulla era.
Oggi quel sistema di credenze semplicemente non esiste più, o meglio, attualmente non c’è nessuno disposto a crederci seriamente e quindi non esistono atei per quel sistema.
Oggi e qui l’ateo è colui che disquisisce con il cattolico di turno, da un altra parte colui che disquisice con il musulmano e via dicendo.
L’ateo è qualcuno che cerca di far ragionare qualcun altro su affermazioni fatte da quest’ultimo senza basi solide e/o reali.
In fondo l’atteggiamento ateo lo è anche nei confronti di chi crede negli oroscopi o negli ufo o nelle scie chimiche.
Fino a quando ci sarà qualcuno che s’inventerà di sana pianta una mitologia è normale, e direi anche auspicabile, che ci sia qualcun altro che ne chieda le prove specialmente se questa mitologia assume una dimensione tale da condizionare la società in cui si vive tutti: credenti e non in quella mitologia.

Diocleziano

Si può dire che l’ateismo è uno e immutabile davanti a quella armata brancaleone di déi e demoni che riempiono i cieli dei superstiziosi.

bruno gualerzi

A tutti questi richiami alla logica a mio parere sfugge un dato fondamentale col quale l’ateo deve fare i conti, pena il muoversi nello stesso vuoto nel quale si muovono i credenti: la religione esprime UN’ESIGENZA REALE implicita nella condizione umana (in che senso intendo questo, l’ho accennato in vari interventi compreso quello dell 23.14 di ieri)… e non credo che ridurre il fenomeno religioso ad un puro espediente per turlupinare il prossimo aiuti l’ateismo a fare veramente i conti con la realtà storica. Il fatto che poi le religioni istituzionalizzate – al di là dei singoli aderenti – diventino strumento di oppressione, di manipolazione delle coscienze, è reso possibile proprio perchè possono fare leva su un’esigenza esistenziale reale come esigenza.
Sarà anche vero che – come dice Giorgio – da un punto di vista strettamente logico ‘negando tutto di qualcosa nego necessariamente anche gli attributi che la qualificano’, ma è proprio questo il punto: non credo affatto – per quanto detto – che della religione si possa negare tutto. Sarebbe ricondurre tutto – come sostenuto più volte in polemica con tanti amici – ad una logica formale che non costituisce affatto l’unico ambito in cui può esprimersi a pieno titolo la razionalità. Affrontare ad esempio – come richiama Stefano Marullo – il problema etico esige un ricorso alla razionalità che è una facoltà che l’uomo può usare a tutto campo. Bene, male? Sicuramente… ma non diventa ‘buona’ se la si ritiene tale solo in quanto formale. Per quanto riguarda i problemi esistenziali… che presumo riguardino anche (per quanto mi riguarda, soprattutto) l’ateismo… sicuramente la logica formale è uno strumento insostituibile per risolvere problemi concreti a tutti i livelli che poi servono per affrontare meglio quelli esistenziali (gli insostituibili benefici che può offrire la scienza, sia sul piano della conoscenza che per quanto riguarda la ricaduta tecnologica)… ma ‘da sola’ più ancora che inutile può diventare pericolosa.

stefano marullo

Come giustamente sostenuto da Perelman, ci sono ambiti che sfuggono alla logica formale, per statuto, come l’etica, la politica e il diritto.Non era affatto una provocazione quando dicevo che Giorgio incorre nella stessa “logica” di Anselmo di Aosta: dato che Dio è l’essere perferttismo ergo etc. Ma il “dato” di partenza muove da un postulato di per sè assiomatico ed indimostrabile quindi un po’ dogmatico anche se diciamo “se io nego qualche cosa allora…” esattamente come fa Giorgio arbitrariamente, facendo discendere da esso le conseguenze logico-formali del suo ragionamento attraverso il sillogismo. Un’Etica Atea , vi abbiamo dedicato un numero ne L’Ateo 5/2011 (77), degna di questo nome, non può affidarsi al principio di non contraddizione

francesco s.

Non c’è nulla di dogmatico nel negare un dogma, negando un principio (Dio) problematico si eliminano le conseguenze problematiche (il concetto di religione). Questo non vuol dire che si risolvono i problemi esistenziali, ma il concetto di Dio attiene alla logica e può essere analizzato coi criteri della logica formale.

Si dovrebbe sempre parlare di etiche atee, mai al singolare e soprattutto in minuscolo, qualche Etica Atea al singolare maiuscolo l’ho letta e non mi ha convinto anzi l’ho reputata pericolosa.

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