Convivenze, risposte parziali in attesa di una legge

Anche in Italia la società sta cambiando e sono sempre più diffuse le convivenze. Per contro, i matrimoni calano. Fenomeni che la politica continua a ignorare, forse per non dover affrontare un tema che crea malumori tra i difensori di una certa idea esclusivista di “famiglia”. In questo vuoto normativo è arrivata la proposta dei notai: i contratti di convivenza.

Il 30 novembre il consiglio nazionale del Notariato ha aperto le proprie sedi proprio per far conoscere questi contratti. Secondo la legge italiana, che rimane fanalino di coda nei paesi occidentali, i conviventi non hanno vincoli, non hanno diritto al mantenimento. Non possono essere assistiti dal partner in caso di malattia, né lasciare disposizioni al convivente sul fine-vita e sui trattamenti che intendono ricevere o meno nel caso non fossero coscienti. Il partner può inoltre ricevere un’eredità solo su apposita disposizione testamentaria e solo sulla parte che non è quota di legittima (riservata ai parenti). La proposta dei notai vuole dunque fornire uno strumento per limitati aspetti e situazioni particolari, come le coppie omosessuali (tabù in Italia) o di conviventi che devono ancora formalizzare il divorzio dai precedenti partner (visti i tempi lunghi, addirittura tre anni, per la separazione).

convivenza

Secondo Avvenire la risposta dei notai è invece più che sufficiente, e basta dunque che le coppie si regolino privatamente. Ma le associazioni di avvocati, come Aiaf e Oua, fanno notare come i contratti di convivenza rischiano di creare confusione e portare a ulteriori contenziosi nel futuro (specie sulle abitazioni e sui figli), visto che la materia non è inserita in una cornice legislativa.

Sfuggono però dettagli importanti a chi ritiene che sia sufficiente un contratto davanti al notaio: in Italia tutti questi diritti rimangono a disposizione di pochi e interessano poche questioni, in particolare quelle patrimoniali. Non sono quindi la panacea prospettata da alcuni. Si tratta di una apprezzabile apertura che rimane però ancora un palliativo, quando dovrebbe essere il legislatore ad attivarsi per far fronte a istanze sempre più urgenti provenienti dalla società. La stessa Corte Costituzionale l’ha discretamente invitato ad attivarsi, e non mancano sentenze significative della Cassazione. In ambito Ue siamo l’unico paese dell’Europa occidentale a non avere ancora alcuna normativa in materia, ed è quindi venuto il tempo di scrollarsi di dosso certi tristi primati.

La redazione

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42 commenti

Mauro

Il problema è che in Italia c’è la cultura dei diritti, ma non quella dei doveri.
Il “contratto” di cui si parla e che si pretende… in realtà esiste già da tempo immemorabile. Si chiama “matrimonio civile”. Che, giustamente, impone anche doveri, non concede solo diritti.
Per ottenere una vera uguaglianza laica per tutti non serve introdurre nuovi contratti o simili. Serve solo estendere il matrimonio civile alle coppie omosessuali. Punto.
Ogni altra soluzione significherebbe pretendere privilegi, non diritti.
Lo spiegai già più di sei anni fa qui: http://pensieri-eretici.blogspot.de/2007/03/pacs-dico-e-quantaltro_20.html
Saluti,
Mauro.

Tiziana

@Mauro

Sono d’accordo. tra l’altro questi contratti notarili si sono sempre fattio in presenza di beni importanti e a caro prezzo come tutte le pratiche notarili. Personalmente sono in disaccordo anche con quei registri che tengono i comuni e a Roma anche alcuni municipi chepotrebbero trarre in inganno. Addirittura alcuni municipi raccolgono i testamenti biologici, Un paese serio ha poche leggi chiare e uguali per tutti i cittadini. I notai sono per ricchi che, come noto, non hanno problemi per scegliere come vivere e morire.

Otzi

Pienamente d’accordo, Tiziana. A parte il monito ciceroniano “multae leges, pessima res publica”, l’Italia non potrà mai divenire una repubblica democratica laica se non si libera dalle morse delle radici cattoliche romane, mandando almeno idealmente fuori dei suoi confini naturali e culturali il vicario di Cristo. Si sa, i tempi evolutivi non sono a misura d’uomo, ma la speranza può essere già la certezza di un domani…. e sufficiente ricompensa di ogni agire dell’uomo libero adesso.

Otzi

Pienamente d’accordo, Tiziana. A parte il monito ciceroniano “multae leges, pessima res publica”, l’Italia non potrà mai divenire una repubblica democratica laica se non si libera dalle morse culturali delle radici cattoliche romane. Si sa, i tempi evolutivi non sono a misura d’uomo, ma la speranza può essere già la certezza di un domani…. e sufficiente ricompensa di ogni agire dell’uomo libero adesso.

gmd85

Più o meno il mio stesso pensiero quando ho visto il servizio in TV.

SilviaBO

Sottoscrivo.
Sarei favorevole a una modifica di alcuni punti della normativa sul matrimonio, che potrebbero renderlo anche più appetibile a chi ora lo guarda con orrore. Ci sono aspetti ormai anacronistici che andrebbero aggiornati. Ad esempio, trovo che uno dei coniugi (quasi sempre l’uomo) risulti spesso troppo penalizzato dal punto di vista economico in caso di divorzio. Certe norme che avevano senso quando le donne stavano in casa a crescere orde di figli e non potevano aspirare a un’indipendenza economica ormai andrebbero riviste.
Inoltre, da zitella quale sono, vedo piuttosto male quelli che considero, forse con un eccesso di acidità, privilegi delle coppie sposate. Ad esempio, mi fanno orrore i contributi o le facilitazioni per le “giovani coppie”. A parte che sono discriminatori nei confronti delle “vecchie coppie”, ma lo sono anche nei confronti di chi è da solo. Credo che lo Stato non dovrebbe considerare diversamente i cittadini a seconda che siano sposati o no.

Engy

SilviaBO,
considera però che le “giovani coppie” sono anche quelle che, in maniera purtroppo crescente, se la devono vedere con una precarietà generale e di lavoro in particolare, di salari da fame e di diritti pressochè inesistenti che spaventano.
Quindi le facilitazioni – ad esempio per l’acquisto della casa – secondo me (e in generale) sono cosa buona. In Emilia Romagna poi, nel caso della … casa, non si fa distinzione tra giovani coppie di sposati e conviventi.

Giorgio Pozzo

Credo che lo Stato non dovrebbe considerare diversamente i cittadini a seconda che siano sposati o no

Lo stato magari no, ma il fisco sì, accidenti.

SilviaBO

@Engy
Se le coppie se la vedono brutta, se la vedono ancora peggio i single, che non possono contare sul doppio stipendio e sulla divisione delle spese!

Giorgio Pozzo

i single, che non possono contare sul doppio stipendio

Eh no, ci sono delle coppie (magari con figli) che hanno uno stipendio solo, e queste vengono prima dei single o delle coppie con due stipendi.

Engy

SilviaBo,
so di che parli, ma dipende sempre dal reddito del single.
Se sei un single che prende 500-600-700 euro al mese, non ce la fai e basta, a meno che ti fai aiutare da qualche generoso.
Se ne prendi diciamo il doppio, arranchi e fai molta fatica.
Se ne prendi il triplo, devi valutare bene come e dove spendi i soldi, non puoi concederti sfizi, ma ce la fai.
Poi, ovviamente, dipendi dalla citta e dalla zona in cui vivi.

SilviaBO

Ciò che non mi piace è che i single siano esclusi a priori. Ovviamente ci sono coppie povere e single ricchi, ma allora per decidere chi aiutare va valutato il reddito, non si può escludere una categoria a priori.

Milamber

@Giorgio Pozzo
>coppie (magari con figli) che hanno uno stipendio solo, e queste vengono prima dei single o delle coppie con due stipendi.

Attenzione a non generalizzare troppo, quello che conta è la capacità di spesa che si ha. Una coppia con figli e uno stipendio solo ma di tipo manageriale, ha decisamente più capacità di un single senza lavoro, e anche di una coppia senza figli con due stipendi tipo call center. Anche a parità di stipendio e figli c’è chi ha il mutuo e chi no.

IMHO: eventuali “aiuti” economici non dovrebbero essere decisi in base allo stato famiglia ma al reale “bisogno”.

Le cose che deve (dovrebbe) regolamentare una legge sulle convivenze si deve occupare di altre cose, tipo l’eredità, la potestà genitoriale, ecc.. E solo in caso di morte di un convivente, non di separazione della coppia (in questo caso le cose andrebbero definite in accordo e “prima”). Poi deve (dovrebbe) regolamentare la possibilità di rimanere vicini nei momenti difficili: se un convivente si ammala gravemente un coniuge ha più diritto a stargli accanto di un convivente, che troppo spesso viene emarginato.

Giorgio Pozzo

Attenzione a non generalizzare troppo

Non volevo affatto generalizzare.

Intendo dire che ai fini delle tasse sul reddito (IRPEF), non bisogna confrontare un reddito da single con lo stesso reddito da coniugati. Se io prendo 100 e sono single, ho meno problemi rispetto al caso che se fossi sposato con una persona che non lavora. Insomma, devo dividere per 2, mi sembra aritmetica elementare. E se divido per 2, significa che dovrei essere tassato su 50 e non su 100.

Sempre aritmetica elementare.

Se fossi un megadirettore, prenderei magari 1000 invece di 100, ed allora avrei meno problemi con un coniuge che prendesse 0 (sarei tassato per 500). Il single che prende 100 o 1000, ovviamente4 deve essere tassato per 100 o 1000 rispettivamente.

Ancora aritmetica elementare, ma in Italia non funziona così.

Giorgio Pozzo

per decidere chi aiutare va valutato il reddito, non si può escludere una categoria a priori.

Esatto. Quindi, non escludiamo le coppie con un reddito solo (vedi mio post sopra).

PS: io sono contraro allo stato assistenzialista: “aiutare” deve significare aliquota bassa o nulla per redditi bassi o nulli. Ma i redditi di una coppia vannpo divisi per 2, e per un single no.

Milamber

@Giorgio Pozzo
>Non volevo affatto generalizzare.

Sì, scusa. Scordo sempre che la parola scritta appare più dura di quella parlata 🙂

Alla fine la pensiamo +o- allo stesso modo, compresa la tua chiusa…
>ma in Italia non funziona così.

Già, e ormai sono discretamente pessimista per il futuro :-/

Tornando in argomento aggiungerei che, sempre secondo me, il matrimonio non dovrebbe aggiungere diritti o privilegi a nessuno. E’, dovrebbe essere, una semplice dichiarazione/dimostrazione “lei/lui è mio compagna/o” di fronte alla società e null’altro.

E, forse, sfrondare le particolarità legali del matrimonio, potrebbe aiutare a risolvere il problema dei conviventi perché, così facendo, sarebbero lo stesso equiparati ai coniugati, dato che qualsiasi questione economica o giuridica andrebbe decisa in altro modo (gli orrendi, secondo me, contratti pre-matrimoniali sarebbero validi anche per qualsiasi altro tipo di unione).

Lorenzo Galoppini

Si sta parlando di coppie di fatto, quindi CONVIVENTI, NON SPOSATE, per semplice scelta di vita, e che non si può costringere a sposarsi contro la loro volontà per avere dei diritti. Se il matrimonio civile era davvero la soluzione a quest’ora non eravamo qui a discutere: si sarebbero tutte sposate civilmente e le coppie di fatto non esisterebbero proprio. Evidentemente ci sono persone (tante) che chiedono di poter avere lo stesso trattamento delle persone sposate senza sposarsi, che non é un’aberrazione o altro del genere come forse tu pensi.

Reiuky

Mha… se le coppie conviventi volevano gli stessi diritti degli sposati… si sposavano :p

Io credo che loro abbiano bisogno di alcuni dei diritti degli sposati, non di tutti, e, di conseguenza, sottoscrivono a minori doveri.

Florasol

@Reiuky
mi sa che semplifichi un po’. Ho passato 23 anni da convivente… e ti assicuro che volevo sposarmi. Perchè non mi sposavo dunque? Perché bisogna desiderarlo in due, ecco perchè. I doveri ce li eravamo già assunti tutti volontariamente e senza alcun obbligo legale. Ma il mio (ormai marito) aveva avuto davanti agli occhi esempi che gli creavano proprio quell’ “orrore” di cui parlava SilviaBO…

Reiuky

@Florasol: Non mi par di semplificare troppo.
Volete tutti i diritti e tutti i doveri di una coppia sposata > sposatevi. Volete parte dei diritti e parte dei doveri di una coppia sposata > Convivete.

Mi pare assurdo che una coppia convivente debba avere davanti alla legge gli stessi diritti e doveri di una coppia sposata. Non ha senso la convivenza allora. Poi che c’è un vuoto legislativo siamo d’accordo, ma la risposta non è “equiparare la convivenza al matrimonio”.

Giovanni Anastasio

Per i diritti e i doveri c’è il matrimonio civile. Basterebbe, come ha detto qualcuno, estenderlo alle coppie omosessuali. Chi, invece, preferisce stare insieme e basta può sempre optare per la convivenza; situazione che, ovviamente, può essere cambiata in qualunque momento, qualora se ne senta il bisogno. Anche sforzandomi non riesco a capire a cosa possano servere contratti di altro tipo. Boh!

Engy

Personalmente, visto che vivo la condizione della convivenza come scelta precisa e svincolata da riconoscimenti pubblici, condivido questa posizione.
Trovo anche triste l’dea di sposarsi per motivi pratici, cioè economici, tipo la reversibilità della pensione. Ma questa è una posizione mia e di solito non trovo molti a darmi ragione.
Sempre dal mio punto di vista, ancora una volta non si può pretendere che ogni nostro legittimo desiderio o legittima scelta diventi oggetto di rivendicazioni di diritti da parte dello stato.
Anch’io dunque penso che estendendo il matrimonio alle coppie gay, il problema sarebbe risolto.

Giorgio Pozzo

Infatti, nemmeno io riesco a capire: se due persone vogliono convivere senza diritti e doveri, liberi di farlo, se due persone vogliono convivere con diritti e doveri, si sposino.

Come in tutti gli accordi di questo mondo tra due persone, o si lasciano perdere diritti e doveri (e allora l’accordo resta un atto di fede tra i due), o si regolarizzano diritti e doveri (e allora l’accordo diventa una specie di assicurazione).

Giuliano

Ai notai non frega nulla dei diritti civili. Stanno cercando semplicemente di allargare l’offerta in quanto, causa la crisi immobiliare e creditizia, non hanno più stipule da fare.

Senjin

Io penso che andrebbero semplicemente eliminate la quota legittima dall’eredità e la podestà della famiglia biologica nelle decisioni mediche.
Una volta fatto questo basta un testamento olografo per disporre sia dell’eredità che delle decisioni mediche in caso di incoscenza\incapacita.

Sugli “incentivi alle giovani” coppie non posso concordare con chi è contrario. Non siete in grado di mantenere voi stessi e i vostri ipotetici figli? Abbiate un minimo di senso di responsabilità ed evitate.

diego

le coppie che non vogliono sposarsi dovrebbero essere comunque tutelate legalmente, sia in caso di nascita di bambini che di problemi da parte di un elemento della coppia

Engy

povere galline!
allora anche i francesi si fanno ridere dietro, mica solo noi! 🙂

parolaio

Incredibile, per la prima voltra sono d’accordo quasi con tutti voi.
In particolre da anni la penso come Mauro ha esplicitato nel primo intervento. Concetto di una banalità e di un’ovvietà tale lo avrebbe potuto esprimere Catalano.

RobertoV

Non è invece una questione banale.
A livello economico accettiamo l’idea che si possano costituire società di diverso tipo, spa, srl, ecc. perchè anche a livello di matrimonio, visto che da molti la famiglia viene vista come un cellula economica, non vi possono essere contratti di diversa tipologia? Perchè bisogna offrire il modello unico?
Resta inoltre il grosso problema italiano dell’assurdità della legge sul divorzio che obbliga ad anni di ritardo e battaglie legali: conosco esempi di 9 e 12 anni rispettivamente per ottenere un divorzio. Visto il numero elevato di fallimenti nei matrimoni il matrimonio tradizionale così come è strutturato ostacola notevolmente una scelta a suo favore e la possibilità di risposarsi.
Io sono sposato civilmente da oltre 15 anni dopo 2 di convivenza ed ho due figli, ma se ci fosse stata la scelta all’epoca probabilmente avrei optato per un contratto di convivenza. In diverse altre nazioni più evolute non esiste solo il matrimonio.

parolaio

Ma il matrimonio laico cosa è, se non “un contratto di convivenza”? Il fatto che si possano avere diverse opzioni (per esempio la comunione o separazione dei beni) è un problema diverso. Come è diverso il problema dei tempi di divorzio.
Oltre tutto queste unioni di fatto dovrebbero essere riconosciute perché ‘di fatto’ o perché entrambi i partner ne richiedono il riconoscimento? Nel primo caso c’è il rischio che qualcuno rimanga suo malgrado impelagato in una causa legale perché ha convissuto 6 mesi.

Ermete

Per me tutta la linea delle battaglie odierne non tocca quel che davvero si dovrebbe toccare: il matrimonio, che invece andrebbe abolito e sostituito da una situazione più agile. Ovviamente so che questo è impossibile dall’oggi al domani, e andrebbe fatto per gradi oppure tenendolo perlomeno presente come orizzonte programmatico e meta finale.
Provo a spiegarmi.
Il matrimonio aveva un senso anche simbolico -conservatore e discutibile quanto si vuole ma pur sempre un senso- all’interno di società comunitariste in cui esso era la formalizzazione di un rapporto di sentimento e sesso in qualcosa di sacrale (e infatti era intimamente legato alla religione), poi è diventato un contratto di due parti con lo Stato nelle società urbanizzate, che, però, come vediamo, crea più caos di quello che risolve.
Sarebbe ora di eliminare il matrimonio e trasformarlo in un contratto tra due parti che si impegnano a rispettare una serie di diritti-doveri reciproci (chessò, chiamarlo contratto di convivenza). Potrebbe esistere un facsimile generale, ma ogni coppia potrebbe rimodularlo secondo le proprie volontà (possiamo per esempio non voler sottoscrivere il dovere all’assistenza reciproca) salvo tutto quel che riguarda i doveri verso un’eventuale prole, che sono soggetto terzo titolare di diritti inalienabili.
Che poi il contratto debba essere sottoscritto solo da due persone, e che per forza questo contratto debba normare situazioni di sentimento e sesso e non semplici desideri di convivenza, in cui amore e sesso -ove ci sono- sono inerenti alla sola privacy delle persone, è tutto da discutere, ma sicuramente porrebbe minori problemi di scarsa elasticità riguardo al matrimonio come inteso oggi in caso di ulteriori allargamenti.
Chi vuole fare il matrimonio religioso lo faccia a parte come in Francia o in Turchia senza riconoscimento alcuno dello Stato.
Questa potrebbe essere la vera rivoluzione copernicana per rivedere anche il meccanismo delle adozioni non solo su base familiare, delle divisioni tra beni, del welfare (che andrebbe calcolato sempre su base singola, e solo in caso di figli si dovrebbe tenere un intervento atto a garntirne diritti e bisogni) e altre vicende che, oggi come oggi, sono fortemente limitate e condizionate dal matrimonio in quanto tale….fosse stata così non mi sarebbe toccato sposarmi, ma visto che a me, ormai vecchiotto, è toccata questa croce (mia moglie voleva per forza normare in qualche modo il rapporto, temendo forse un mio rigurgito di libertinismo), ma vorrei che alle giovani generazioni ciò non accadesse se non come libera scelta di un sacramento religioso, che io, irreligioso, non riconosco.

Giorgio Pozzo

E perchè, scusa?

Io mi sono sposato in municipio. A tutti gli effetti, intendo civili, si tratta di un contratto con obblighi e diritti. Se si volesse, tale contratto potrebbe essere esteso a coppie di coniugi di qualunque sesso o genere, e tutto dovrebbe finire lì.

Sinceramente, non capisco per nulla tutto questo affanno nel voler abolire il matrimonio. Chi convive e vuole dei diritti dovrebbe semplicemente, come tutti quelli che vogliono regolamentare dei rapporti ai fini civili, sposarsi. La cosa, volendo, potrebbe essere occasione di festa (laica ovviamente) e, ripeto, tutto finisce lì. Chi non vuole regolare i propri rapporti, non si sposa. E non si lamenti.

Sinceramente, trovo assurdo negare il matrimonio a chi lo vuole, non fosse altro per la tanto sbandierata apertura mentale di voler lasciare l’autodeterminazione e la libertà di scelta. Così come non obbligo nessuno ad abortire o all’eutanasia, vorrei che ognuno fosse libero di scegliere se sposarsi, o abortire, o essere assistito nel suicidio.

Ermete

Non capisco perchè, finchè non ne pubblico un altro in successione, non mi rimane visibile il commento….

Ermete

Perchè il matrimonio pone una serie di complicazioni enormi per divorziare e non ti permette alcun tipo di possibilità di concordare col partner i diritti-doveri, ma si devono prendere così come sono imposti dalla Stato (ecco perchè non è un contratto tra due parti); in seconda istanza, attraverso il matrimonio scatta tutto il problema relativo alle varie famiglie: chi può adottare, chi meno e tutta una serie di cerebralismi burocratici.
Chi vuole il matrimonio civile potrebbe firmare il contratto facsimile, sostanzialmente uguale a quello standard del matrimonio odierno, e non si trova privato di nulla, ma si ritrova ad aver scelto di sottostare a diritti e doveri precisi che non si è trovato belli e pronti da sottoscrivere per forza: non si chiamerebbe matrimonio ma non sarebbe comunque una rapa 😉

Stefano Seguri

Tenendo presente che le spese amministrative (quelle che si pagano al Comune) per il contratto matrimoniale sono un’inezia (ci sono pure incentivi come sconti sulle marche da bollo o simili) e tenendo presente quanto si spende per un atto notarile, abbiamo già davanti la classica ipocrisia della democrazia borghese: eguaglianza a parole, capacità di portafoglio nei fatti (ma si sa, è la meritocrazia mercantile delle professioni….adulate da clericalisti e dall’ateismo borghese in un fronte di unità nazionale).

L’articolo introduttivo scrive:

“……do­vreb­be es­se­re il le­gi­sla­to­re ad at­ti­var­si per far fron­te a istan­ze sem­pre più ur­gen­ti pro­ve­nien­ti dal­la so­cie­tà. La stes­sa Cor­te Co­sti­tu­zio­na­le l’ha di­scre­ta­men­te in­vi­ta­to ad at­ti­var­si, e non man­ca­no sen­ten­ze si­gni­fi­ca­ti­ve del­la Cas­sa­zio­ne”.

L’unica soluzione legislativa liberatoria è quella che stabilisce la parità giuridica tra tutte le relazioni di coppia di natura sessuale (eterosessuale e omosesssuale). Che poi i partner vogliano definirsi “marito e moglie” è una cosa che deve riguardare solo la loro libera espressività affettiva.
Ma in una società in cui i rapporti di proprietà sono fondamentali per la riproduzione dei meccanismi economici (rapporti sociali di produzione che informano i vari gruppi sociali funzionali alla tipologia di produzione e distribuzione della ricchezza), attraverso la successione patrimoniale, rapporti sanciti con tanto di benedizione divina (ecco l’unione tra l’altare e l’oligarchia economica-politica) è sistematicamente impossibile raggiungere tale situazione autogerente. A meno che, ovviamente, non si faccia saltare l’ordinamento sociale esistente.

Engy

idee non prive di fascino.
Peccato però che il mondo e il paese in cui viviamo siano questi e, tra tutti i problemi e i drammi che ci rendono la vita difficile e tra tutte le situazioni che a vario titolo, chi più chi meno, ci marginalizzano e ci lasciano indietro, non credo che “abbassarsi” all’idea di un matrimonio civile – una volta riconosciuto come diritto per tutti anche per le coppie gay – sia una idea così degradante.

Marco Tullio

Mi sembra utile per la società rendere possibili forme contrattuali che impegnino due persone all’aiuto reciproco nella vita d’ogni giorno e nei casi di più grave necessità di una di esse, anche attraverso “patto successorio” reciproco (oggi vietato dal C. C.) e ampliamento della libertà del testatore. In parole povere: se Tizio (o Tizia) s’impegna ad assicurare vitto, alloggio, cure mediche e – occorrendo – assistenza legale a Caio (o Caia) e, magari – avendo beni – s’impegna a continuare in tale opera meritoria anche post mortem, ovviamente non ho nulla da ridire … Anzi. Se, invece, per il fatto di convivere, Tizio e Caia (o Tizio e Caio ovvero Tizia e Caia) pretendono qualcosa dalla società … ho seri dubbi.

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