La ministra Kyenge, le suore e gli scolapasta

Bufera cattolico-tradizionalista sulla ministra per l’integrazione Cécile Kyenge. Durante un incontro alla festa del Pd a Cantù (CO), ha accennato alla questione del velo, che molte donne straniere provenienti da paesi islamici sono di fatto costrette a portare anche in Italia. “Visto che la legge esiste già”, ha detto, nel caso fosse necessario fare un controllo si può chiedere alla donna di mostrare il viso. “Ma questo non deve valere soltanto per le donne perché vengono da un altro territorio, deve valere per tutti, compreso anche per le suore”, ha aggiunto, “perché non insistiamo su questo aspetto? Il principio è sempre quello: io voglio che la donna abbia il viso scoperto, allora applichiamolo veramente senza poter avere dei pregiudizi”.

I cattolici tradizionalisti del gruppo Christus Rex di Verona non l’hanno presa bene, presentando un esposto alla procura contro il ministro. Guardacaso, si appellano proprio alla legge Mancino che tutela dalla discriminazione religiosa. Proprio quella legge di cui gli anti-gay nostrani non intendono estendere per l’incitamento alla violenza e alla concreta discriminazione omofobica, sostenendo che ciò sia un attentato alla “libertà di espressione”. Ma che non hanno mai avuto nulla da ridire sul fatto che in Italia siano tuttora previsti i reati di bestemmia e vilipendio alla religione, ad esempio.

L’associazione integralista aveva già promosso assieme all’estrema destra una messa riparatrice a Vicenza contro un festival gay, officiata dal lefebvriano don Floriano Abrahamowicz. La diocesi locale aveva preso le distanze dai tradizionalisti, ribadendo però “l’importanza della famiglia formata dalla promessa di fedeltà che un uomo e una donna si scambiano nel matrimonio”.

Il paragone di Kyenge è effettivamente sballato, perché stava parlando di velo integrale ma poi ha citato le suore, che non portano un velo che copre interamente il viso. L’impressione è che lungi dall’esprimere laicismo o antireligiosità come prospetta qualcuno, Kyenge — tra l’altro cattolica, nonostante un assessore leghista l’abbia definita “mussulmana di merda” — abbia voluto fare un paragone paradossale e azzardato per dire che se esistono delle leggi, vanno applicate per tutti, non solo sulle categorie più deboli. Ma ancora più sballata è la reazione degli integralisti di Christus Rex: dov’è la volontà di offendere? C’è solo una capacità più unica che rara di offendersi. Tuttavia il problema c’è: non paragonabile al burqa che copre interamente il viso, ma casomai al velo.

Kyenge-Pd

Un tema “caldo” anche in altri continenti. Recentemente, nelle Filippine, il ministro dell’Istruzione, Armin Luistro, ha disposto che le insegnanti islamiche non indossino il velo in classe. Le alunne invece potranno portare il velo che lascia scoperto il viso (hijab) e usare abbigliamento “appropriato” rispetto agli standard morali islamici durante le lezioni di ginnastica. Il ministro è cattolico nonché membro della congregazione di de La Salle: è stato contestato dai laici perché ricopre da religioso un incarico istituzionale, ma anche dalla Chiesa per aver introdotto una blanda educazione sessuale nelle scuole.

In Italia sussiste talvolta il problema delle suore che insegnano col velo, un simbolo inequivocabilmente religioso – usato in un contesto che dovrebbe essere laico – come la scuola pubblica da una figura che ha autorità sugli alunni. Un caso del genere in una scuola di Roma venne segnalato da una coppia anche alla nostra associazione.

Il diritto alla libertà religiosa si confronta (e si scontra) con il diritto di ricevere un insegnamento laico. Ma non solo: c’è anche il fatto che la facoltà di coprirsi il capo rappresenta un’eccezione a favore della religione. E che questa sia ingiustificata e porti a conseguenze tragicomiche lo dimostrano i casi dei pastafariani in Austria e ora nella Repubblica Ceca. Alcuni “fedeli” del Prodigioso Spaghetto Volante hanno ottenuto il diritto di portare lo scolapasta in testa nelle foto dei documenti, proprio in nome della libertà di religione. Quale differenza esiste in questo senso tra un burqa, un velo da suora e uno scolapasta? Semplicemente la tradizione consolidata e l’opinione del credente che ritiene sacro un simbolo e pretende per questo di aggirare una legge che vale per tutti gli altri.

Se il battesimo è un simbolo religioso di appartenenza, l’abbigliamento orientato è un simbolo religioso di identità che ha come scopo la marcatura del territorio e degli individui che lo abitano. Non è una questione banale e non è e non deve essere una maniera per far passare eccezioni in favore della religione: se è possibile coprirsi il capo (a scuola o sulle carte d’identità) deve essere possibile per tutti. Anche per chi non vuole separarsi dal suo berretto portafortuna o per chi vuole mostrare la sua appartenenza a club diversi da quelli religiosi. E naturamente anche per chi, sfidando l’ilarità di molti, vuole giocosamente portare un messaggio di libertà indossando scolapasta…

La redazione

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47 commenti

Frank

Qualcuno spieghi alla Kyenge che di sti tempi in Italia, con la crisi delle vocazioni, tra le suore ci sono molte straniere. Per cui che sta a dire? 😆

dysphoria_noctis

C’è da dire che contro la frase della Kyenge si sono pronunciati anche quelli… daaaaaaa Questione Maschiettile 😀

Devo ancora capire che gliene frega esattamente a loro su cosa indossa in testa… una suora, ma tant’è… 😀

kundalini444

Ma la legge prevede di doversi scoprire la testa in caso di riconoscimento.
Il caso più eclatante è quello del casco dei motociclisti.
In tutte le altre circostanze perchè non dovrebbe essere ognuno libero di vestirsi come gli pare?

Semmai la battaglia che ha senso è quella dell’austriaco che ha chiesto di convalidare per i documenti la foto con lo scolapasta!
Sembra ridicolo, ma si tratta di far valere esattamente lo stesso diritto che vale già per altri. Se lo stato non vuole dare privilegi a una credenza piuttosto che ad un’altra, deve concedere a tutti di mettersi copricapi a seconda delle proprie idee filosofiche.
Purchè la fisionomia del volto sia riconoscibile, ovviamente. Se no che documento di riconoscimento sarebbe?

Qualunque cosa copra solo la testa, e non la fronte e il viso, è ok.
Che problema c’è?

Federix

Nessun problema per (ad esempio) lo scolapasta.
Però dubito che chi si fa fotografare per la carta di identità con lo scolapasta in testa poi porti lo scolapasta come copricapo quotidiano 😉

Laverdure

@federix
E se lo facesse che problema ci sarebbe ?
Da un punto divista legale portare uno scolapasta,un fez o
una kippah non e’ diverso dal portare un borsalino o un basco.

Serlver

Allora posso anche andare in giro con la bombetta a tesa d’acciaio di Oddjob

Federix

Non ci sarebbe nessun problema, ma secondo me non lo farebbero comunque come prassi quotidiana.

lumen rationis

Curiosità: le donne mussulmane integraliste che foto hanno sui documenti?

Giuliano

Un emoticon, così chi la incontra sa anche di che umore è!

spapicchio

Appunto: la Kyenge in fondo in fondo è della stessa confessione religiosa dei leghisti, cattolica romana, quindi mi sa che tra onorevoli se la intendono, dando l’esempio.

spapicchio

Entrambi, sia i leghisti della Lega Nord che la Kienge del Pd vogliono il consenso cattolico.

Gabriele (dottore magistrale)

La mistra Kyenge non ha ancora capito che l’integrazione non è una strada a senso unico, ma a doppio sento: noi italiani e le istituzioni italiani devono fornire agli immigrati la possibilità di integrarsi, per esempio, con corsi di lingua italiana per stranieri, però, se un immigrato non vuole imparare la lingua del posto? Quando c’è stata la rivolta di cinesi in via Paola Sarpi a Milano è cominciata da una cinese, che, nonostante i 9 anni di permanenza in Italia, non sapeva ancora parlare in italiano.

Reiuky

Si fa come nei paesi civilizzati: niente cittadinanza finché non sai parlare correttamente la lingua nazionale e, a permesso di soggiorno scaduto (o in assenza di esso), vieni messo sul primo traghetto / volo per il tuo paese di origine.

Rester

Se la lingua dev’essere obbligatoriamente necessaria per la cittadinanza allora tutte quelle cose che escono dalle scuole medie e spesso pure superiori dovrebbero essere considerati apolidi fino a prova contraria. Mai letto come scrivono i ragazzini? E hanno diritti a prescindere, nonostante non sappiano uno straccio nè della lingua nè della storia del paese della cui nazionalità si fregiano solo perchè nati da genitori italiani. Non dico che non debbano impararla, l’integrazione dev’essere sì da ambo le parti, ma integrazione intelligente

Sandra

Ah beh, allora visto che tolleriamo l’ignoranza nostrana .. e poi alcuni ragazzini scrivono male, non tutti. Si spera che tutti sappiano esprimersi oralmente in italiano comprensibile. O comprendere un testo scritto di bassa o media difficoltà. In altri paesi europei la conoscenza della lingua è il minimo, in più chi richiede la nazionalità deve mostrare di conoscere il sistema politico, come si vota per esempio. Il fatto che esista un certo numero di “nativi” ignoranti non è un buon motivo, anzi!, per abbassare il livello. Direi invece che stranieri più preparati, e più competitivi, potrebbe funzionare da stimolo per quelli mentalmente più pigri.

Federix

Non c’è solo il fatto che i ragazzini scrivono male: secondo un’indagine dell’Ocse, eseguita su persone fra i 16 e i 65 anni il “71 per cento della popolazione italiana (…) si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Al che corrisponde un misero 20 per cento che possiede le competenze minime «per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana».”
Tale studio Ocse è stato condotto in “in sette paesi del mondo : Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Usa e Messico. Peggio di noi soltanto i messicani del Nuevo Leòn.”
Da: http://www.caffenews.it/mezzogiorno-sud/47971/analfabetismo-di-ritorno-la-nuova-emergenza-italiana/

Federix

“Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra: sono analfabeti totali. Trentotto su cento lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta semplice e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione, ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi o di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona indecifrabile. Tra questi, il 12 per cento dei laureati.”
Da “ANALFABETI D’ITALIA”: http://www.altrainformazione.it/wp/analfabeti-ditalia/

Rester

Ma io non ho detto che visto che tolleriamo i notri ignoranti si fa così anche con gli altri. Ho semplicemente detto che l’esame per la cittadinanza andrebbe fatto anche agli italiani, se non lo superi non ha diritto di voto o di essere eletto. Un sistema alla starship troopers andrebbe benissimo, vota chi se lo merita. Con un sistema del genere il grande mago silvio non sarebbe mai salito al governo. Italiano quanto vuoi, ma se vuoi votare dimostra di essere un italiano intelligente e padrone dei concetti basilari della ragione. Non credere che i ragazzini italiani (o anche la maggior parte dei ragazzi di 20 anni) sappiano cos’è un senato o l’eta minima per votare i suoi componenti. Già è tanto se sanno cos’è il 2 giugno, il 20 settembre o il 25 aprile.

Rester

Questo per dire che non è la lingua a fare l’italiano. Mia nonna parla solo in milanese, non credo che riuscirebbe a reggere un discorso in italiano senza infilarci almeno qualche frase in dialetto se non per esigenze obbligate. Non per questo è meno italiana di me che non parlo in dialetto. Il cittadino (non solo italiano) lo fa la mentalità: io personalmente mi vergogno di essere accomunato ai vari vandali che spaccano le cose tanto per divertirsi solo perchè siamo nati sullo stesso pezzo di terra; mi vergogno di essere accomunato ai varie carfagna/minetti/bondi che solo perchè il loro dittatore personale è stato condannato vanno in piazza. Però loro sono italiani, sono i figli delle varie milano/roma/vattellapesca bene, loro hanno più diritti di un mio ex collega marocchino che è dovuto stare in italia e farsi il culo per 10 anni per avere la cittadinanza. Dieci anni in cui doveva rinnovare il permesso di soggiorno pagando

Sandra

Sono d’accordo sull’esame di cittadinanza per gli elettori! In una puntata di Report di qualche anno fa la Gabanelli terminò proprio con il confronto tra la comprensione di un giornale da parte di un italiano rispetto alla media europea, ed era sconsolante, anche se non sorprendente. Però qui si stanno mischiando le cose, e tutto sommato, nonostante si rida e si scherzi sull’ignoranza dell’elettore medio pdllino, sono arrivata alla triste conclusione che non si tratti affatto di ignoranza, ma di cultura: la cultura dell’ignoranza, fatta di indifferenza per le sorti della comunità, sostenuta dal disinteresse, e che si trasforma in ignoranza per tutto quanto in fondo non conviene sapere, per essere sicuri di non scomodarsi a pensare e eventualmente fare. A questi tipi si può insegnare cos’è il senato ecc ammesso che non lo sappiano, ma continueranno a votare secondo il proprio limitato, nel tempo e nella sostanza, interesse. E questo, per questi italiani, è essere intelligente. Questo però non ci esime, anzi, dal tentare di cambiare qualcosa proprio con chi viene da fuori, e magari osservando proprio come altri paesi fanno con gli stranieri a proposito di procedure di cittadinanza. Davo un’occhiata a quella svizzera, e tra i requisiti:

“In particolare, l’integrazione si rivela insufficiente nei seguenti casi:
•comportamento negativo dei giovani (violenza, comportamento evidentemente e ripetu- tamente negativo, ad es. a scuola o nel vicinato, risultante dagli atti);
•convinzioni/comportamenti dei candidati che siano contrari ai diritti e ai principi sanciti dalla Costituzione (ad es. intolleranza nei confronti di altri gruppi e/o religioni, approva- zione dei matrimoni forzati, preferenza per la sharia rispetto all’ordinamento giuridico svizzero, ecc.).”

“La Costituzione federale garantisce la libertà di fede e di coscienza. Di conseguenza, l’esibire simboli religiosi quali il turbante, il tilak o bindi (punto sulla fronte), il velo in testa, le peot (riccioli di capelli) ecc. non indica di per sé un’insufficiente integrazione. L’aspetto esteriore non è un indizio di insufficiente integrazione, mentre lo è l’eventuale mancanza di volontà di integrarsi intesa quale progressivo avvicinamento e adeguamento alla cultura della popolazione del paese ospitante.”

“Le autorità cantonali non dovrebbero inoltrare alla Confederazione le domande presentate da stranieri che non hanno alcuna conoscenza di una delle lingue nazionali e/o non intrattengono alcun contatto con la popolazione svizzera (l’unica eccezione è rappresentata dalle persone che non sono in grado di imparare una lingua a causa di malattie o handicap mentali o psichici).”

Federix

@ Sandra
Secondo me, l’ignoranza degli italiani è accuratamente coltivata dalla classe politica, proprio perché così la classe politica può contare sul fatto che poi la gente decide cosa votare “con la pancia” e non “con la testa”.
Questo sondaggio: “Berlusconi condannato, ma aumenta fiducia elettori”
http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE97100O20130802 è emblematico.

bardhi

è incoerente chiedere un straniero di sapere bene l’italiano quando molti italiani parlano solo il loro strettissimo dialetto, poi il fatto che uno parla una lingua non è garanzia della volontà di integrazione.
i fatti in francia e GB hanno dimostrato che le persone meno integrati nella società sono gli figli dei immigrati di 2-3 generazione i qualli conoscono solo la lingua del posto.
Bisogna evitare a tutti i costi che si creano communita in base etniche o/e religiose, perche dalla communita nasce un enclave, la quale è praticamente l’opposto del integrazione.

Serlver

Per evitare le enclavi, allora devi evitare che le concentrazioni di stranieri in un dato territorio superino una data quota, ma in italia oramai ci sono comuni dove il 30% dei residenti è straniero.
La verità comunque è che alla maggior parte degli stranieri non frega niente di integrarsi loro vogliono soltanto gli agi della vita occidentale coi privilegi della loro cultura di origine.

Senjin

L’integrazione si fà con buona volontà e rispetto reciprochi…. non con il buonismo ghettizzante.
Rendere obbligatori corsi di italiano e legge di base (diritti\doveri, diritto del lavoro) torna anche a vantaggio degli stranieri. Molti immigrati vengono orrendamente sfruttati proprio perchè ignoranti dei loro diritti e doveri.
Proprio oggi ho fatto colloquio a due ragazzi senegalesi e quando gli ho spiegato il contratto che applichiamo per gli autisti di bilici mi hanno fatto tanto d’occhi perchè non sapevano che esistono precise leggi sul limite massimo di ore di guida e sui riposi.
Questo perchè NOI come azienda siamo per politica contrari allo schiavismo e non abbiamo MAI avuto dipendenti in nero o violazioni contrattuali.
La norma è turlupinare questi tapini facendogli credere che 20 giorni di fila a 15 ore di guida al giorno (senza riposi) sia normale (per non parlare di quelli che li fanno lavorare 2\3 mesi senza pagarli e promettendo il “bonifico si fà alla fine del periodo di prova”).
Questa è una tipologia di legge che torna anche a vantaggio dei migranti e i corsi dovrebbero essere organizzati in LOW cost dalle regioni a mio parere.

Sandra

Sono d’accordo con Senjin. Concretamente non ci si può integrare senza un lavoro, e un lavoro si ottiene parlando la lingua locale. Quando lavoravo in Germania, oltre a frequentare il corso di lingua aziendale, per conto mio seguivo il corso della Volkshochschule organizzato dal comune: ai tempi c’erano molti profughi della ex-jugoslavia, che avevano bisogno di imparare il tedesco con la prospettiva di integrarsi lavorando, e non solo di vivere in Germania con i sussidi statali.

Serlver

Ma se per la mia religione le foto mi rubano un pezzetto dell’anima, possono pretendere che sulla carta d’identità ci venga messa un’immagine stilizzata?

Federix

Puoi sempre provarci…
Ma secondo me ora come ora in Italia non ti prenderebbero sul serio.

kundalini444

e che ci azzecca la lingua?
un sordomuto, un analfabeta o un demente hanno comunque diritto alla cittadinanza o no?
Eppure non sono (ognuno per suo modo) in grado di esprimersi in italiano.

L’integrazione non è fatta di omologazione della cultura (che’ infatti ognuno ha la sua!) ma di DIRITTI.
O si danno o non si danno. Chi li riceve si può integrare, chi no, no.

Senjin

I sordomuti imparano a leggere, scrivere, linguaggio dei segni ecc in ITALIANO.
I dementi cosa sarebbero? I down normalmente imparano a parlare, leggere e scrivere la propria lingua. I dislessici si fanno una mazzo a tarallo per imparare.
Gli analfabeti… beh in Italia nel 2013 se un mio figlio non imparasse a leggere e scrivere inizierei a farmi qualche seria domanda.
L’integrazione è fatta di DIRITTI E DOVERI RECIPROCI, non di un falso buonismo multicularista che porta solo ai ghetti in stile inglese o francese…. con relative rivolte, attentati, violenze contro i non appartenenti al gruppo religioso-etnico.
Significa RISPETTO per il paese in cui si và vivere.

Gabriele (dottore magistrale)

Secondo me, non è tanto questione di RISPETTO, quanto desiderio e volontà di voler conoscere le persone del paese in cui si viene a vivere (per scelta o cause di forza maggiore).
E poi che lavoro può avere una persona che conosce la lingua del paese in cui vive?

Francesco non da Assisi

Questa nuova presa di posizione mi convince sempre di più che i fanatici religiosi non sono privi di senso dello Stato, ma totalmente sprovvisti di senso del ridicolo.

banditore

Delicata questione; la chiusa dell’articolo, tra ironia e sdegno, la solleva: se tu indossi un velo (“simbolo” – dice giustamente l’articolo – “di identità”) io posso indossare un colapasta?
Il problema mi pare quello della considerazione che voglio avere per l’altro, pensando che – come accade sotto altri aspetti per me – quella sua manifestazione estroietta la sua parte irrazionale. Ne ho una anch’io, ne hanno una tutti (ad esempio quando, in nome del libero pensiero, ingiuriano rabbiosamente gli avversari), ma la sua è così tanto visibile da renderlo buffo e sconclusionato.
Come chi porta i piercing, per dire, o chi si fa i tatuaggi; perché lo fa? Non a scopo profilattico (si sa che i tatuaggi non scongiurano le malattie) e nemmeno come segno di apparenenza. E allora perché? Boh, perché si fa. Non è una bella condizione di spirito, a mio avviso.
E non lo è essere costretti, da altri o da se stessi, a celarsi la faccia per non sentirsi in peccato. Come se ne esce?
Lo scherno va bene per schernire, ovvero per escludere, oppure per muovere ad un riso consapevole chi è già prossimo alla consapevolezza, ma non per educare; quindi direi: niente colapasta, anche perché, fortunatamente, non ne abbiamo bisogno.
Per insegnare, ammesso che vogliamo farlo, a pensare indipendentemente, ci vuole pazienza. E tempo. E lavoro. E voglia.
Ce l’abbiamo?

Stefano Seguri

La ministra voleva farsi carico dell’emancipazione delle suore……però, potrebbe essere un’idea: tutti a picchettare conventi e monasteri: liberiamo quelle infelici!….
O forse, in un lapsus talmente sottile (da scriversi solo laps), voleva ammiccare allo scioglimento degli ordini religiosi, sana tradizione inaugurata dalla Comune di Parigi?

ALESSIO DI MICHELE

Dovremo aspettarci discriminazioni tra chi venera lo scolapasta di plastica a manico oblungo ed unico da una parte ed i fedeli dello scolapasta d’ acciaio dall ‘ altra ?

ALESSIO DI MICHELE

E, comunque, i pastafariani agiscono secondo l’ unica affermazione sensata delle Brigate Rosse: “Forzare le contraddizioni del sistema fino a farlo esplodere dall’ interno”.

kefos93

Non ci posso credere, ma dove cazzo stiamo andando, o meglio dove cazzo ci vogliono mandare ?
E comunque, ogni Paese ha il governo che si merita ( non ricordo chi l’abbia detto) .

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