La libertà di espressione ai tempi di internet

Il tema è sempre più discusso. La libertà di espressione è un principio affermato da quasi tutte le costituzioni e, anzi, si può forse dire che una costituzione che non affermi tale principio non può essere definita democratica. Resta però il problema dei limiti della libertà di espressione. Soprattutto ai tempi di internet. In questa occasione non vogliamo scrivere, come abbiamo dovuto fare spesso negli ultimi mesi, dei limiti che le autorità religiose vogliono porre alla critica nei loro confronti, e della velocità che troppe istituzioni e legislazioni mostrano nell’adeguarvisi. Ma del dibattito in corso in Italia sulla rete, sul modo di utilizzarla da parte dei navigatori e sul modo di considerarla da parte dei magistrati.

Punto dolente, i commenti degli utenti. Per molto tempo si è pensato fosse l’anonimato a incentivare flame, insulti o azioni di trolling. Ma se di dà un’occhiata alla piega che certe discussioni prendono su Facebook, dove la maggior parte degli utenti è perfettamente riconoscibile con tanto di nome e cognome, si è portati a pensare che la tendenza a postare commenti negativi rientri nelle dinamiche (a)sociali on line. D’altronde l’anonimato sul web è relativo, visto che ci si firma con un nick e si è rintracciabili tramite indirizzo IP o email. Senza contare che i troll sono sempre solerti e si attivano per il gusto di farlo, per questioni ideali e in rari casi persino per professione. È ormai noto come i commenti negativi possano fare da influencer, dirottando la discussione e condizionando l’opinione dei lettori sulle questioni trattate e su chi ne scrive.

A dare per primo visibilità alla frustrazione di tanti giornalisti e redattori di siti e giornali, lo sfogo di Marco Travaglio sul suo blog de Il Fatto Quotidiano. Travaglio se l’è presa con coloro che commentano solo per insultare, che non leggono ciò che viene scritto o criticano per partito preso. E con quelli che pretendono gli si dia sempre ragione perché altrimenti — nella logica dicotomica del noi/loro — si è schierati d’ufficio dall’altra parte; con chi pretende di dettare la linea a giornali o siti, perché altrimenti sono “venduti”, o scambia il parlare di una cosa con il sostenerla attivamente.

Anche le istituzioni stanno prendendo consapevolezza del fenomeno, ora che il web è diventato una piazza virtuale dove si discute — a volte in maniera accanita — su questioni politiche. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha denunciato le “campagne di odio” su internet e ha rivelato di essere oggetto di minacce frequenti, anche di morte. Ha quindi invocato la necessità di fare una legge che limiti certi eccessi sul web, scatenando un’ondata di commenti e reazioni, positive e negative. Di recente il direttore del telegiornale di La7, Enrico Mentana, ha annunciato di abbandonare Twitter, motivando la decisione con la difficoltà nel gestire il proprio account a causa dei numerosi insulti.

Nel dibattito sull’addio di Mentana è intervenuto anche Roberto Saviano contro il “bullismo” su internet. Di certo, scrive, è un diritto avere una propria vita sul web, che è oggetto di forti censure e limitazioni nei regimi non democratici. Ma questo diritto non può comportare il via libera all’insulto e alla diffamazione. Saviano fa notare che specie sui social network scatta “l’effetto Gialappa’s Band”: “molti commenti intendono portare all’attenzione dei propri follower ciò che si ritene stupido più che interessante, e lo fa con parole cariche di sarcasmo”. Anche per esigenze di sintesi, si punta alla “battuta brillante, spesso feroce”, o si indulge sul cinismo o sulla provocazione. A volte sul web si scatena una spirale di insulti. Secondo Saviano, “la necessità di regole non può passare per censura”, perché se va garantita la libertà di espressione va anche tutelato il diritto di non essere diffamati o perseguitati sui propri spazi. Quindi anche “bannare è decidere di dare un’impronta al proprio spazio: è esercitare un proprio diritto”. È necessario che oltre alle regole, si costruita una “educazione nel web”, visto che le forme di linguaggio e i toni che usiamo costruiscono il mondo che si ha intorno. “Il turpiloquio, l’insulto o l’aggressività costruiscono non una società più sincera ma una società peggiore“, sostiene Saviano, “sicuramente una società più violenta”. Questo è un monito che deve valere per tutti (anche per chi scrive), affinché si rifletta sul peso che possono avere certe espressioni o semplici commenti che giudichiamo estemporanei. Ma regole di buonsenso interne già esistono: si chiamano netiquette.

Un gruppo Facebook

Oltre al dibattito fra giornalisti e intellettuali, altri fatti recenti rimettono al centro la questione dal punto di vista legale. Il gestore della pagina Facebook del blog Cartellopoli, che critica la diffusione di cartelli pubblicitari a Roma, è stato condannato a nove mesi di carcere per istigazione a delinquere e apologia di reato. Non aveva infatti rimosso dei commenti in cui si invitavano a compiere azioni di protesta che si configuravano come reato (nella fattispecie, vandalizzare cartelloni). Dopo la denuncia di una società di affissioni, ad andarci di mezzo è stato proprio l’amministratore della pagina. Sul blog di Beppe Grillo è comparso un post in cui si chiede l’abolizione del reato di vilipendio verso il presidente della Repubblica, non a caso senza possibilità di commentare. Pezzo che prende spunto dall’inchiesta della procura di Nocera Inferiore contro una ventina di persone accusate di commenti offensivi nei confronti del presidente, pubblicati come commenti sul blog di Grillo. Il blogger e leader del Movimento 5 Stelle lamenta l’attacco alla libertà di espressione da parte della politica e perquisizioni.

L’ultimo caso ha dell’incredibile e viene rilanciato da Guido Scorza sul suo blog de L’Espresso. Il tribunale di Firenze ha condannato l’Aduc per non aver chiuso un thread sul proprio forum in cui gli utenti si scambiavano esperienze e commenti su un mago, tal Omen di Bahia. Il suddetto, “cartomante demonologo esorcista e sensitivo”, come riportato dall’Aduc è stato condannato dall’Antitrust per pubblicità ingannevole: aveva organizzato corsi a pagamento in cui sosteneva di insegnare una “legge della vibrazione” tale da prevedere l’andamento dei mercati finanziari e quindi permettere cospicui guadagni. Si capisce che far chiudere a chiunque un sito o parte di esso, pretendendo alti risarcimenti, diventi un mezzo indiretto per limitare fortemente la libertà di espressione se impiegato in maniera massiccia. A prescindere dal fatto se ciò che viene denunciato sia vero o falso, il sito — e ancor di più il blog di un singolo internauta che manca di risorse — preso di mira da una richiesta di risarcimento preferirà oscurare certi contenuti piuttosto che imbarcarsi in una battaglia legale lunga e costosa, alla luce di sentenze come quella di Firenze.

La questione, a nostro avviso, è relativamente semplice: non si possono commettere online reati che non si possono commettere nella vita reale. La diffamazione, per esempio: quella vera, non la critica legittima a fenomeni più che discutibili. Anche per il resto vale però quanto previsto nella vita reale: la libertà di espressione è un principio costituzionale fondamentale e deve essere difeso. Ovviamente, ognuno deve essere libero di decidere le regole di gestione dei propri spazi, ammesso e non concesso che voglia avere spazi online. Ecco, forse ciò che non è per nulla facile è proprio la gestione di spazi online: il tempo da dedicare alla verifica dei commenti aumenta di giorno in giorno. Sembra proprio che il positivo fenomeno di voler dire la propria si debba per forza accompagnare al fenomeno negativo di condirlo spesso con insulti e falsità (e quasi sempre in casa d’altri). Il compito è sempre più impegnativo e porterà, se non cambieranno gli atteggiamenti, alla chiusura di sempre maggiori spazi divenuti ormai ingestibili. Per la libertà di espressione non sarà un giorno glorioso.

La redazione

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22 commenti

whichgood

Chiuso un sito di scambio d’informazione su Omen di Bahia, “cartomante demonologo esorcista e sensitivo” ?.
Eh no!. Come minimo mi chiudono il sito ufficiale della CEI per parità di argomenti. Ecchecavolo!.

Walter

Ahahahah! Bravo ci stavo pensando anche io. Andrebbero bloccati e denunciati per truffa i pelligrinaggi miracolosi a Lourdes e simili. Come al solito due pesi e due misure, se credi al mago otelma sei un gonzo ma se preghi gesù allora hai la fede VERA!! 😀

whichgood

E non vale neppure il discorso della “tradizione”, “storia comune”, “radici cristiane”, ecc. per giustificare questa nefandezza, questa esclussività per truffare in modo massiccio e senza concorrenza. Ricordo che i maghi vengono citati molto prima di quel farabutto di Gesù, ricordo che secondo lo stesso libricino di favole (Bibbia) i re magi si avvicinano a Gesù quando lui era appena nato.
Oggi i tg della RAI danno notizia di un “miracolo”, un ragazzo in sedia a rotelle che chiede al Papa di fargli un esorcismo (sì, così, un esorcismo!) e quel buffone vestito con lenzuolo gli mette le mani in testa e pronuncia le parole magiche: sim salamin, questo cretino ci porterà i soldin !.

statolaico

Tendenzialmente sono contrario anche ad escludere i c.d. “troll” , dal momento che mi sembrano criminalizzati più di quanto, in effetti, meritino. Comprendo che spesso sono molto fastidiosi, è vero, ma in uno spazio pubblico li lascerei stare. Esistono ottimi forum privati dove discutere, sono “il salotto buono di casa”. Ma per strada non mi stupisco di un muro imbrattato: personalmente non mi piace, ma c’è. Se mi fermassi ad ogni muro imbrattato a far notare a tutti che non mi piace, mi comporterei come chi in un forum pubblico replica sempre al troll di turno imbastendo discussioni inutili e facendo notare agli altri che è, appunto, un troll: ma tutti gli altri lo sanno già, purtroppo per lui egli non è l’unico intelligentone del gruppo, e gli altri sono costretti a sorbirsi oltre al troll anche il castiga-troll, ed io trovo meno intelligente quel comportamento…

Federix

“Tendenzialmente sono contrario anche ad escludere i c.d. “troll” , (…) Comprendo che spesso sono molto fastidiosi, (…)
Basterebbe non rispondere ai loro interventi. Dipende dai partecipanti alle discussioni: finchè si risponde a chi provoca, si fa “autogol”.

statolaico

Sono anche per una libertà di espressione in rete senza filtri, parto dal presupposto che ognuno è responsabile di quello che dice, è adulto e vaccinato e consapevole delle leggi vigenti in questo stato circa la diffamazione. Non mi piacciono restringimenti di sorta sulla libertà di dire o scrivere quello che si pensa. Non mi piace nemmeno l’approvazione del commento che è molto diffusa.

Giorgio Pozzo

Certo, sarebbe logico che ognuno fosse responsabile di quello che dice o scrive, ma purtroppo, come dice l’Ultimissima, non è così. Se uno insulta o diffama nel blog, le grane arrivano all’Admin.

bruno gualerzi

Esprimevo un po’ di tempo fa – in uno scambio con un amico – alcuni giudizi sulla natura degli scambi sul web rifacendomi alla mia esperienza di partecipante ad Ultimissime e anche dopo aver visitato altri blog. Giudizi che qui ripropongo perché – pur sottolineando solo gli aspetti negativi – mi sembrano in parte ancora validi:

“partendo dall’ovvia considerazione che queste ‘rivoluzioni’ (e internet con le sue varie, e sempre in evoluzione, applicazioni ha indubbiamente rivoluzionato il modo di comunicare) hanno aspetti positivi e negativi… ultimamente mi si sono sempre più evidenziati quelli negativi. Ad esempio il tipo di partecipazione ai blog. In ordine sparso, ho rilevato questi aspetti:

– un anonimato di fatto che – anche nel caso si usi il proprio nome e cognome reali – permette pur sempre di esprimere opinioni a ruota libera sulla base di letture o esperienze di cui ci si può sempre vantare senza che nessuno possa verificare. Per non parlare dell’insulto velenoso, scagliato senza il timore di rappresaglie se non verbali. E mi ci metto qualche volta anch’io…

– polemiche spesso senza alcun costrutto in quanto si risolvono (si fa per dire) in un rimpallarsi le rispettive nefandezze con riferimento a vicende e letture per le quali il meno che si possa dire è che costituiscono un pozzo senza fondo da cui chiunque può pescare ciò che più gli fa comodo. Mi ricordano le discussioni in periodo di guerra fredda (ma non è cambiato molto) dove si argomentava più o meno sempre in questi termini: “Visto cosa succede in URSS? E tu, hai visto cosa succede in America?”, e viceversa… e avanti così, mai che si potesse uscire da questo schema per affrontare una vicenda per se stessa;

– in ogni caso – si dice – nei blog è possibile uno scambio di informazioni che possono sempre arricchire il proprio bagaglio di conoscenze. A parte il fatto che, con i mezzi oggi disponibili, basta un clic sulla tastiera per avere tutte le informazioni desiderate… considerare che tutte queste informazioni non servono a niente se non si dispone di una qualche bussola per orientarsi, non è crto scoprire qualcosa di nuovo; ma il problema è centuplicato;

– la necessità – come si dice in gergo giornalistico – di ‘stare sulla notizia’, o pressati dalla necessità di replicare, fa sì che non resti molto spazio per commenti minimamente meditati. Anche qui problema non certo nuovo, nato con il ‘giornalismo d’assalto’… ma centuplicato dai nuovi strumenti di comunicazione, delle cui prestazioni solo pochi decenni fa la stragrande massa della popolazione mondiale non aveva nemmeno sentore;

– si tratta di una tribuna cui tutti possono accedere senza preclusioni di sorta… quindi si tratta di un luogo dove può esprimersi al meglio una cultura veramente democratica. Indubbiamente vero… in teoria. In pratica c’è un accavallarsi, un sovrapporsi, di voci – come nei dibattiti televisivi – che finiscono per soffocare ogni utile confronto creando solo confusione;

– nel caso specifico di Ultimissime poi, basta che si presenti un qualche provocatore di atei per dare l’avvio ad un continuo botta e risposta alla ricerca della battuta più riuscita… che ritengo sia veramente gratificante solo per il provocatore, se non altro perchè, eroicamente, può sentirsi ‘solo contro tutti’ “

statolaico

Ciao Bruno,

ho letto e sono abbastanza d’accordo con quanto scrivi. Vedo che tu ti limiti a rilevare alcuni aspetti decisamente negativi e non giungi a conclusione (non che sia necessario o dovuto), percio’ sulla base delle tue osservazioni ti dico quali sono le mie personalissime conclusioni. Io concludo che, nonostante tutto questo non sento alcuna esigenza di una “regolamentazione” di alcunché e rigetto qualunque prurito censorio o simile. Credo che leggi esistano già, chiare e sufficienti. Per il discorso anonimato di fatto beh esiste anche nella realtà. Se mi trovi in un bar e ti insulto o diffamo e non mi conosci e mi chiedi i documenti e io ti giro le spalle e vado via hai anche li una bella rogna, nel senso che ti devi informare, devi denunciare, perdere il tuo tempo ecc ecc… insomma devi pelare una bella gatta. La stessa cosa che succede on line. Ma alla fine la spunti, eccome se non la spunti.Ti sembra? Saluti.

bruno gualerzi

In effetti mi sono limitato a riportare gli aspetti che consideravo (e considero) più negativi… e comunque limitatamente alla pratica dei blog. In positivo, va da sé, ci sono tutte quelle potenzialità che, volenti o nolenti, ormai sono entrare a far parte della vita quotidiana e lo saranno sempre più…
A questo punto, e a questo proposito, breve nota ‘filosofica’ da inguaribile pessimista: la tecnologia permette di soddisfare bisogni in modo sempre più raffinato, e in modo tale che non è più possibile non usufruirne… ma, per ogni bisogno soddisfatto, ne sorgono almeno altri due, con relativi problemi, che prima non esistevano e che urgono a loro volta di essere soddisfatti. E così via. Soluzione? Ce l’ho… ma non pretenderete adesso che ve la dia gratuitamente! (^_^).
Ed ecco allora il problema specifico richiamato nel post, non nuovo in assoluto ma reso nuovissimo dalle dimensioni inimmaginabili che ha assunto con la rivoluzione tecnologica: il problema della regolamentazione con riferimento alla libertà di espressione. Personalmente, anarchicamente, sono sempre contrario per istinto ad ogni regolamentazione, pur sapendola ovviamente necessaria. Direi comunque, in questo caso – come affermi anche tu – che ci si debba limitare a far rispettare le norme vigenti senza aggiungerne altre. L’importante, a mio avviso, è usare il nuovo strumento anche per evidenziare i suoi limiti da parte di chi, proprio usandolo, se ne rende maggiormente conto. Potenzialmente (e qui la dimensione democratica può esprimersi al meglio) da parte di tutti nella misura in cui tutti dovrebbero essere… animali razionali.
Insomma, si regolamenti pure per l’indispensabile, ma ben consapevoli che, come sempre, il problema vero è culturale.

parolaio

Forse molti di voi si ricordano quanto avvenne su Radio Radicale allorché, a rischio di chiusura per la sospensione dei finanziamenti pubblici, lasciarono aperto il microfono per un messaggio di solidarietà di circa 30sec. ‘Dai un microfono agli italiani e ne escono le peggiori schifezze’, chiosò un giornalista, e proprio ciò stava accadendo.
I blog aperti come questo non differiscono molto da un microfono aperto, e gli italiani sono i soliti.
Mi pare che tutto sommato qui non stiate troppo male.

gmd85

@parolaio

Guarda che il problema in questione è di tutto il web.

Il paragone con l’episodio di radio radicale non è pertinente e non puoi generalizzare come hai fatto in chiusura.

manimal

mia modestissima opinione: si avverte acutamente la carenza di una adeguata educazione alla cittadinanza in età scolare.
una rilevante percentuale di quelli che scrivono su facebook (che è molto meno elitario di blog come questo), a mio avviso, non ha la minima consapevolezza di commettere reato quando insulta l’interlocutore.
di conseguenza si scambia la libertà di opinione con la facoltà di insultare impunemente chicchessia.
ovviamente l’effetto web amplifica il problema, poiché ritengo che molti che si danno all’ingiuria in tutta libertà, probabilmente avrebbero atteggiamenti più prudenti in un confronto viso a viso.

whichgood

“mia modestissima opinione: si avverte acutamente la carenza di una adeguata educazione alla cittadinanza in età scolare.”

Non ti preoccupare, in compenso c’è l’ora di religione cattolica.

“una rilevante percentuale di quelli che scrivono su facebook (che è molto meno elitario di blog come questo), a mio avviso, non ha la minima consapevolezza di commettere reato quando insulta l’interlocutore.”

Pecchi di ingenuità.

“di conseguenza si scambia la libertà di opinione con la facoltà di insultare impunemente chicchessia.”

Dire che la Santanchè è una persona istruita è un’opinione e allo stesso tempo un insulto a tutte le persone istruite.

“ovviamente l’effetto web amplifica il problema, poiché ritengo che molti che si danno all’ingiuria in tutta libertà, probabilmente avrebbero atteggiamenti più prudenti in un confronto viso a viso.”

Lo amplifica solo perchè è di libero accesso e ampia diffusione, nient’altro. Questo è il vero punto, quello che la casta teme.

manimal

– mi preoccupo abbastanza…
-sempre stato ingenuo, io…
-secondo me nominare la Santanchè è atto sovversivo.
-qui secondo me sei tu a peccare di ottimismo: la gente è mediamente vigliacca.

Francesco

Per questa ultimissima è meglio che mi dia alla latitanza.

Papa (ufficiale): Ecco bueno levate dalle ballas.
Papa (emerito): Condividen, essere un vero rompicoglionen.
Segretario: Sue Santità, datevi un contegno.

Francesco

OT.
Ho letto l’email, veramente un bel lavoro, ti rispondo il prima possibile.

Ermete

I commenti offensivi da spaccone sul web ci sono solo perchè non hai nessuno di fronte, e, quando manca la fisicità, anche la pecora diventa leone.
Dunque, da un punto di vista legale bastano le regole vigenti nella società reale, ma non si dovrebbero farsi grandi remore a usare il ban per chi insulta o disturba…è l’equivalente che escludere un disturbatore da un bar o, in alternativa, di dargli un ceffone.

daniele

basterebbe rendere responsabili gli autori dei commenti anzichè gli amministratori dei siti

massi

Se il corpo è l’uomo, il Web ha il pregio e il difetto che ci si può parlare lasciando a casa il corpo.
Il pregio è che (quasi) tutti possono accedervi.
Il difetto è che aumenta la forbice (in modo ancor più esagerato) tra ciò che si dice e ciò che si è, ovvero tra il detto e il fatto.

Klement

La possibilità di commentare spinge a non proporre nessun contenuto e neppure discutere sul serio, ma soltanto dire Mi piace/non mi piace, sentendosi importanti come dei padreterni

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