Nuova recensione sul sito: “Il caso o la speranza?”, di Mancuso e Flores d’Arcais

Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il volume è Il caso o la speranza? di Paolo Flores D’Arcais e Vito Mancuso (ed. Garzanti). Recensione a cura di Stefano Marullo.

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68 commenti

Sergio

Non lo leggerò. Mi perdo qualcosa d’importante o d’interessante? Forse, pazienza. Sono anche un po’ stufo di discorsi più o meno intelligenti da cui non ricavo granché. Vorrei che finalmente tutti avessero l’onestà di dire: non sappiamo molto, ci muoviamo a tentoni, ogni tanto facciamo anche una bella scoperta, anzi una scoperta esaltante, ma qualcosa ci sfugge, forse ci sfuggirà per sempre.
Faust:
“Und sehe, dass wir nichts wissen können.
Das will mir schier das Herz verbrennen.”

Libera traduzione:
“Constato che non possiamo sapere niente.
È una cosa che mi fa proprio impazzire.”

E ci tocca convivere con gente che ci assicura che Gesù ha vinto la morte, è risorto (abbiamo testimoniante indubitabili!) e studia la sindone, pardon, la sacra sindone!

stefano marullo

@ Sergio

Non possiamo sapere niente? Per secoli ha risuonato il monito del “Sapere aude!”. Al contrario di quello che pensi, il dramma esistenziale dell’uomo contemporaneo non è affatto questo ma paradossalmente è quello di “sapere tutto”. Nell’ultima di copertina di quello che, forse, è il libro più bello e profondo di Flores d’Arcais (L’individuo libertario), c’è una sintesi meravigliosa di quanto cerco di dirti:
“Poiché alla morte non possiamo dare un senso, possiamo provare a dare un senso alla vita. Questo è il compito di una filosofia del disincanto. Sappiamo tutto, infatti. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Il nulla e il perchè del nostro essere nel mondo. Nati per caso e, contro ogni probabilità statistica, dentro un universo che non conosce senso. Chiamiamo mistero, perciò, solo la nostra paura di guardare in faccia la realtà, mentre la nostra esistenza ci impone la responsabilità ineludibile di dare un senso al finito. Ma questa responsabilità ci schiaccia e ci terrorizza…Perché possano mettere radice l’individuo e la responsablità, è necessario che la filosofia prenda congedo dall’Essere in tutti i suoi travestimenti e metamorfosi: Dio, Spirito, Storia, Natura, Destino”. Sic e simpliciter verrebbe da dire

Sergio

@ stefano marullo e altri

Faust:
“Habe ach Philosophie,
Juristerei und Medizin,
und leider auch Theologie,
mit heissem Bemühn durchaus studiert!
Da stehe ich nun, ich armer Tor,
und bin so klug als wie zuvor!”

(Traduzione di servizio)

“Ho studiato ahimè filosofia,
diritto e medicina,
e purtroppo anche teologia,
con tutto il mio impegno
e proprio per bene.
Ed eccomi ora qua, un povero illuso
che ne sa quanto prima!”

Immagino che conoscerai il famoso monologo di Faust. È chiaro che Faust qualcosa sa, magari tutto lo scibile del suo tempo. Dunque non è che lui non sappia e noi non sappiamo proprio niente. I sospiri di Faust denotano piuttosto la sua profonda insoddisfazione di non saperne di più, di non afferrare il tutto ovvero il senso ultimo delle cose. Soffre magari di “titanismo”, un tragico errore dell’uomo (secondo un filosofo contemporaneo). Lui sapeva già molto e noi oggi ne sappiamo ancora di più. Nemmeno cento anni fa, quando Einstein concepì la teoria della relatività, si pensava che la Via Lattea costituisse l’intero universo! Oggi il numero stimato delle galassie è di cento miliardi e la sola Via Lattea comprenderebbe da 300 a 400 miliardi di stelle (dice M. Hack). Il cosmo è letteralmente esploso, un fatto che la filosofia e la teologia non hanno ancora pienamente realizzato (se no tacerebbero o sarebbero meno arroganti). Che il nostro dramma consista – come dici tu – nel “sapere tutto” – non direi. Qualcosa sappiamo, e molto più di Faust, ma proprio tutto non mi sembra. Ci saranno con quasi certezza ancora scoperte e sorprese che rivoluzioneranno le nostre concezioni e la nostra vita.
Faust sembra disperare di non afferrare il senso ultimo. Potrei preferirgli il vecchio e ottimista Zanella (“T’avanza, t’avanza / divino straniero;/ conosci la stanza / che i fati ti diêro./ Se schiavi, /se lagrime / ancora rinserra / è giovin la terra”).

Sergio

@ stefano marullo, messaggio delle 18:43

Belle le citazioni di d’Arcais: le archivio e ci penserò su, anche se non mi convincono del tutto. Ma perché Faust alias Goethe “bara”? E siccome Faust mi piace – in questo monologo – baro anch’io? Mah, non so. Faust è scontento, perciò sospira e sbuffa. Ma presto la sua vita avrà di nuovo un senso e non “filosoferà” più: il senso è Margherita. In senso più lato il senso è la gioia, la felicità, tant’è vero che chi s’innamora o è felice non si chiede mica che senso abbia la vita: il senso è dato, immediato.
E tuttavia. Ecc. ecc.

alessandro pendesini

….“Poiché alla morte non possiamo dare un senso »,….scrive Flores d’Arcais !

Rispetto la sua opinione ma non la condivido !

Il fatto che la morte sia spesso temuta come uno spaventapasseri che non osiamo guardare, è senza dubbio una delle cause dell’ignoranza della scienza su tutto ciò che la riguarda.
Se l’immortalità non esiste, non è per necessità biologica, ma solo perché essendo biologicamente inutile, non è stata selezionata dall’evoluzione.
Le mutazioni che sono benefiche per l’individuo, permettendo potenzialmente la vita eterna, sarebbero più che probabilmente pregiudizievoli per la specie e causerebbe la sua estinzione ! L’evoluzione e l’immortalità sono due concetti incompatibili.
Ciò che sorprende è che gli spiriti del XXI secolo continuano a voler immaginare il loro essere e la morte come avveniva nel V°secolo, come se avessimo scoperto niente nel frattempo. Continuare a insegnare nel 2013, che “l’uomo sarebbe stato esentato della morte del corpo se non avesse peccato poiché dio, destinava l’uomo a non morire” …non è sollamente grottesco ma semplicemente assurdo!

P.S. In realtà siamo degli esseri mortali fatti di elementi immortali; e questo oggi nessuno puo’ negarlo ! Piccola consolazione, ma la preferisco a miti assuri…….

stefano marullo

@ Sergio

Su Faust, beh in parte ti sei dato la risposta. Faust bara esattamente come Casanova. Rifugiarsi nella “quantità” della frenesia della vita vissuta per evitare di porsi le domande capitali . La passione come antidoto al pensiero.

stefano marullo

@ Pendesini e per est. Giorgio Pozzo

La Scienza non potrà mai entrare, a meno si sconfinare su un territorio non suo, nelle relazioni di esistenza delle persone. Ecco la necessità dell’Etica. Se la Scienza potesse epistemologicamente giudicare una sensibilità od un comportamento in base al un criterio meramente razionale cadremmo nella morale assoluta. E saremmo tutti meno liberi. Cos’è la libertà poi? Bella domanda. E forse quel “quid” inconoscibile che sempre ci sfuggirà e lascia trapelare il senso di profonda insoddisfazione per l’esistente conosciuto e conoscibile. Chiamo “scientismo” l’attitudine di pensare che ipso facto archiviato dio, l’Essere e le categorie ontologiche, per magia tutto si risolva in profonda deresponsabilizzazione. Privarci di un orizzonte di senso (scusa Giorgio se uso ancora categorie ontologiche) non ci esime dall’individuare una singolarità che ci rende meno “cosa” rispetto ad una pietra. Foss’anche solo perchè il nostro DNA di primati ci ha giocato un brutto scherzo e ci siamo messi a…pensare. L’Etica rimane una convenzione storicamente necessaria e mai sufficiente.

enrico

@ Stefano Marullo

Cosa posso scrivere di fronte all’opinione che sappiamo tutto….
Che per questo Flores d’Arcais scrive libri ma non lavora in nessuna prestigiosa università del mondo come professore o ricercatore in nessuna disciplina scientifica.
E poichè non ha mai pubblicato nulla rispetto agli argomenti che vuole trattare può affermare “sappiamo tutto”.

gmd85

@enrico

E dove starebbe scritto che il carattere e la cultura di un individuo si misuri dal fatto che lavori o meno in prestigiose università? No, perché, da noi, non è che ci si entri molto per merito, sai.

Federico Tonizzo

@ Sergio:
“Constato che non possiamo sapere niente. …”
Già smentito dal fatto che sai scrivere al pc un commento alle “Ultimissime”, ergo che sai anche leggere, ergo che sai anche un sacco di altre cose…
Mi par di ricordare che recentemente già dicesti “non sappiamo niente”, e io ti feci la stessa obiezione di oggi.

FSMosconi

@Sergio

Solo ciò che non esiste in sé e per sé è totalmente inconoscibile, proprio perché non esiste o è comunque assai probabile che non esiste.

Nemmeno accettando la non esistenza del tutto questa tua affermazione sarebbe vera perché non esistendo tutto non esisteremmo nemmeno noi, le relazioni rimarrebbero invariate (eccezion fatta per lo spazio-tempo, la cui esperienza dimostra non essere a 0 né essere al momento 0)…

stefano marullo

@ Sergio

> Faust sembra disperare di non afferrare il senso ultimo

Faust sta barando. Scrive ancora d’Arcais: “Sappiamo l’essenziale, soprattutto. Che l’esistenza è finita, da sempre. Che siamo terra e ritorneremo terra. Questo. solido e accorato nome che diamo al nulla da cui siamo venuti e a cui siamo promessi e a cui vorremmo sottrarci…Sappiamo ormai che mistero è solo il nome dell’esorcismo con cui teniamo a distanza il nostro SAPERE TUTTO, che non vogliamo accettare. Dicevamo di voler sapere tutto, siamo atterriti di sapere troppo…Volevammo solo e sempre essere rassicurati, benché diversamente. Essere CONSOLATI, benché SCIENTIFICAMENTE. Chiamiamo mistero la nostra paura, perciò, non del buio dei bambini ma del disincanto dei moderni, quel disincanto che ci racconta il vuoto di senso dell’universo, e la nostra esistenza come responsabilità di dare senso al finito” (il maiuscolo è mio, ndr).

Giorgio Pozzo

“… nome che diamo al nulla da cui siamo venuti…”?!?

“… il vuoto di senso dell’universo…”?!?

“…responsabilità di dare senso al finito…”?!?

Ma proprio non riusciamo a scrollarci di dosso questa fregatura chiamata Ontologia?

faber

“Compito (storicamente) tragicamente naufragato per quanto attiene alla Religione ma che anche l’Ateismo, come corrente umanista del pensiero, ha finora disatteso, incapace di dare risposte univoche ed incontrovertibili.”
E se il problema fosse proprio il cercare di dare delle risposte uniche ed incontrovertibili? Come giustamente espone Stefano Marullo, il pensiero umanista non può più prescindere da quello scientifico. Ma, per come la vedo io, non si tratta di un problema di “argomento” quanto piuttosto di metodo. Non si tratta (solo) di stabilire che la dimostrazione scientifica ha la precedenza rispetto all’elucubrazione del pensatore, ma ridefinire le strade del pensiero in termini di metodologia. Accettare il principio di indeterminazione, l’ineluttabilità dell’errore e la falsificabilità come modus operandi, anche parlando della bellezza di un Raffaello, della raffinatezza di Bach o della logica kantiana. Incamminarsi sulla strada della Conoscenza non più con la pretesa di raggiungere una meta fissa di verità, ma con l’ambizione di aggiungere un tassello all’approssimazione del reale.

Laverdure

@faber
“Incamminarsi sulla strada della Conoscenza non più con la pretesa di raggiungere una meta fissa di verità, ma con l’ambizione di aggiungere un tassello all’approssimazione del reale.”
In questo modo non fai altro che esprimere il principio di base della ricerca scientifica:la scienza e’ costituita esclusivamente da teorie,la cui utilita consiste nel permettere di fare previsioni verificabili,le quali contemporaneamente testimoniano l’affidabilita di tali teorie.
E il punto fondamentale e’ che per qualunque teoria resta sempre aperta la possibilita di revisioni anche radicali alla luce di nuovi fatti.

Federico Tonizzo

Dalla presentazione di Stefano Marullo:
“Ma sarà abbastanza onesto nel riconoscere a Mancuso una grande capacità di amalgamare evoluzionismo, filosofia, etica e religione talvolta con personalissimo piglio creativo (da fa impallidire anche un Bergson) quando arriva ad immaginare il Saurus Sapiens, nel caso non fosse arrivato l’Homo Sapiens.”
Il “Saurus Sapiens”… Qualcuno ricorda la serie televisiva “VISITORS” degli anni ’80? http://www.vedovintage.it/wp-content/uploads/Visitors-senza-maschera.jpg 🙂

john

Beh, Federico, l’idea del “Saurus Sapiens” non è così assurda, il paragone con i “Visitors” (che conosco solo di nom perché a casa mia quando ero piccolo mi insegnavano a guardare documentari scientifici e non cartoni o serial) mi sembra un po’ semplicistico. La non-esclusione (perché non è una certezza, ci mancherebbe) di un possibile percorso evolutivo dei dinosauri se non ci fossse stata l’estinzione, è stata presa in considerazione dalla scienza a prescindere da qualunque questione teologica… non si tratta di dire che sicuramente i dinosauri sarebbero diventati intelligenti, ma semplicemente di prendere atto del fatto oggettivo che alcune caratteristiche che si ritiene abbiano portato all’intelligenza erano presenti in alcune specie di dionsauri (bipedi, pollice opponibile, capacità cranica…), tutto qua, senza spingersi troppo oltre. Secondo me avere apertura verso queste teorie (un po’ come sull’esobiologia, e non ovviamente sugli UFO) non è indice di anti-scientificità, ma l’esatto contrario, ce lo insegnano i grandi scienziati come Margherita Hack, che ritengono probabile la vita in altri pianeti. Per cui secondo me occorre fare attenzione a non valutare la scientificità di una teoria rispetto al fatto che piaccia o non a un credente (“lo ha detto Mancuso, Mancuso è un teologo, quindi è una stupidaggine). Io guardo i contenuti, non colui che fa le affermazioni.

Federico Tonizzo

@ john
Ma cosa hai capito? E quanto la fai lunga per niente, poi…
Io stavo solo facendo una battuta (dal significato: l’dea del Saurus Sapiens non è affatto nuova), e non rinnegavo affatto quello che dice Mancuso o quello che dice Marullo!

john

Io leggerò il libro, con molto piacere, perché ho molta stima di entrambi gli autori, persone aperte al confronto e lontane da pregiudizi, e perché la penso come Bobbio: la differenza non è fra chi crede e fra chi non crede, ma fra chi si pone il problema e chi non se lo pone.

Giorgio Pozzo

John,

la differenza non è fra chi crede e chi non crede, ma fra credere e non credere.

Certamente, non bisogna fare differenze tra le persone, che credano oppure no, ma tra le azioni del credere e del non credere.

DanieleN

Penso che non lo leggerò. A costo di sembrare un integralista da tempo ho deciso che non ha senso continuare a confrontarsi con i teologi. Sono stufo di questo continuo finto dibattito riproposto in tutte le salse. Parlare con gente che parla di fuffa, fumo, nulla. Gente che espone e parla di fuffa come se solo perché si è in grado di appicciarci concetti e paroloni questa fuffa diventasse miracolosamente cosa degna di essere presa in considerazione. Ho letto in passato altri libri di confronti simili il risultato è che si compra e si legge un libro intero ma in pratica se ne deve buttare una buona metà, tanto sono inutili, inconcludenti, povere, anacronistiche le argomentazioni del teologo di turno. Buona lettura per chi ci si vorrà cimentare.

Losna

Concordo. Ritengo non possibile un dialogo tra credenti su un piano filosofico esistenziale. E’ come un dialogo tra un tifoso di calcio e uno a cui non importa un bel niente; si può andare a cena insieme, parlare di cinema , fotografia, ecc., ecc., essere anche amici, ma quando il tifoso parla di calcio tira fuori la sua “fede” cessa la comunicazione.

alessandro pendesini

@Daniele N
Come già affermato diverse volte, lo scopo della scienza è quello di fornire una descrizione approssimativamente vera della realtà, descrizione che evolve dal quantitativo al qualitativo, tenendo presente che nessun scienziato (degno di questo nome) pretende che una qualsiasi teoria scientifica sia definitiva ! Questo obiettivo è raggiungibile in quanto:
– Le teorie scientifiche sono sia vere, sia false.
– La loro verità (o la falsità) è letteraria e non metaforica.
– Non dipende in nessun modo dalle nostre tendenze, convinzioni o volere, dalla struttura della nostra mente, o della società in cui viviamo. P.S. Sembra ragionevole supporre che nessuna delle entità postulate dalle nostre teorie attuali sia assolutamente fondamentale, ma tutte le entità teoriche delle nostre teorie ben confermate conserveranno un certo status come entità derivate nelle teorie che avverranno in futuro. Ed è proprio per questo che la scienza, pur non essendo “assoluta”, è il migliore referenziale razionale che abbiamo attualmente !

alessandro pendesini

DanieleN
Chiedo scusa per la confusione ! Il mio commento è ovviamento destinato a Sergio (bevo troppo grappa Giulia….. )

faidate

L’aspetto positivo è che per una volta non si include la parola dio nel titolo, pur sapendo che essa aiuta a vendere. Però lo spirito della “sega mentale” aleggia spesso in queste disquisizioni. L’impressione è che uno debba occupare il proprio tempo scavando nel proprio giardinetto, filosofico o teologico che sia, con l’unica zappa disponibile, e pretenda che i frutti siano primizie. La fiducia che dopo la lettura del libro uno sappia cosa fare è bassa. Ma, di passaggio in libreria, forse darò un’occhiata al libro e magari cambierò idea.

bruno gualerzi

Caro Stefano, ho letto un po’ di tempo fa su MicroMega un confronto tra Flores e Mancuso, che probabilmente non trattava esplicitamente il tema della tua recensione, ma che finiva pur sempre per mettere a confronto due posizioni antitetiche in merito alla religione. Comunque il dialogo era presentato così:
“Un filosofo, ‘ateo militante’ (Flores), secondo il quale usando la scienza e la logica si piò ‘legittimamente e positivamente affermare che Dio non esiste e meno che mai un’anima immortale; e un teologo ‘controcorrente’ (Mancuso), che difende la possibilità di conciliare scienza e fede riconoscendo un superiore ‘principio di essere e di energia”. Un confronto serrato e appassionante sui grandi interrogativi alla base della ricerca filosofica di ogni tempo: che cosa siamo? da dove veniamo? dove siamo diretti?”
Ora, immagino che proprio di fronte a questi ‘famigerati’ quesiti molti si ritrarranno schifati essendo considerati del tutto inutili… proprio in quanto nel merito ‘non si può sapere niente”.
Ora ti dico l’impressione che ho ricavato io dalla lettura? Senza entrare nel merito delle rispettive tesi la prima impressione è che si sia trattato effettivamente – nonostante tutto il fair play dispiegato – del classico dialogo tra sordi, perché quando si è trattato di arrivare al dunque… per altro onestamente ammesso da entrambi… ognuno non poteva che rinchiudersi nelle sue convinzioni, non trovando nelle tesi dell’altro alcun vero argomento in base al quale cambiare idea. Ma è stato veramente inutile allora questo scambio? Dal mio punto di vista no… e proprio per la sua impostazione, in quanto orientato a dare una risposta ai famigerati quesiti esistenziali. Risposta che, convincente o meno, non eludeva ritenendole inutili queste domande. Perché inutili non sono, e qualsiasi tentativo di risposta è da considerare ‘positivamente’, perché… magari per negarne la validità (io, ateo, nego la validità della risposta religiosa)… non ne nega l’esigenza.
E – ripeto – pur ritenendo più valida una risposta rispetto ad altre – le considero tutte dettate da un’esigenza reale, realissima, concretissima, come lo è tutto ciò che riguarda i quesiti esistenziali, quelli che, volenti o nolenti, prima o poi entrano a fare parte dell’esperienza di tutti… se non altro perché tutti nasciamo e poi moriamo. Anche quando posso arrivare alla conclusione che “non posso saperne nulla”, che ogni risposta ‘positiva’ mostra sempre un rovescio della medaglia che la nullifica? Certamente, perché la condizione umana ci porrà sempre di fronte a queste domande… e considerarle inutili perchè lasciano sempre un margine di dubbio lasciandole così proliferare in una dimensione inconscia che sfugge ad ogni approccio razionale, è estremamente pericoloso. Come estremamente pericolosa è la risposta religiosa in quanto ritiene ad un certo momento di dover rinunciare alla ricerca razionale (filosofica nel vero significato del termine) di fronte al riscontro dei suoi limiti. E la teologia? Se per teologia si intende un approccio razionale ai problemi impliciti nella risposta religiosa (che nega di fatto l’esigenza di quelle domande ritenendo di dare una risposta definitiva all’esigenza), il confronto è sempre auspicabile.

stefano marullo

Caro Bruno, intanto ben lieto di ritrovarti tra i commentatori di Ultimissime dopo una non breve quarantena (io ti avevo quasi scritto un necrologio, ottimo mezzo per farti ritornare, sei scaramantico, eh?). I sordi faranno fatica a dialogare ma in fondo è meglio un dialogo fatto di soli gesti che un non-dialogo. Mi soffermo solo sull’ultima parte del tuo intervento per non tediare troppo.
Qualunque cosa dicessi (ma tu sai bene cosa penso) a favore della teologia sarei anatema per gli atei “duri e puri” che frequentano questo blog, e sarebbe sospetto in bocca ad un ex studente di teologia. L’errore, a mio modesto parere, di fondo è che si scambia la teologia per un monolite; che teologia sia tout court teologia “dogmatica” ( i dogmi sono numericamente irrisori nella storia della teologia) mentre si ignora che teologia, un tempo, era un diverso modo di declinare la filosofia. Se non piacciono i dogmi o le cd “verità rivelate” dobbiamo ricordare che le grandi discipline (anche le più “alte”) partono sempre da postulati (il cogito per la filosofia, il principio di non contraddizione per la logica e così via). Che si può indagare sulla Natura senza per questo pensare ad essa come Entità dotata di volontà. E ci sono teologie molto “pratiche” (teologie politiche, queer e della liberazione) che tutto sono che mera speculazione o fuffa come la chiama DanieleN

bruno gualerzi

“Se non piacciono i dogmi o le cd “verità rivelate” dobbiamo ricordare che le grandi discipline (anche le più “alte”) partono sempre da postulati (il cogito per la filosofia, il principio di non contraddizione per la logica e così via).”

(Scusa Stefano (e mi scusino i frequentatori del blog), ma ne approfitto di questa tua affermazione, che condivido, per ribadire un punto, che poi è il terreno sul quale impianto ogni mia riflessione. Non interesserà nessuno, ma bisogna pur avere il coraggio di provare una volta almeno a comunicare ciò che si considera fondamentale. Con le parole di cui si dispone, tratte da quel tanto che si è assimilato del linguaggio filosofico, rischiando ovviamente la totale incomprensione).
Pensare solo induttivamente come si ritiene dovrebbe fare la scienza, è illusorio. Al di là dei principi cui accenni c’è una forma di deduzione semplicemente (si fa per dire) iscritta nel dna umano, quindi strutturale, che è operante ogni volta che affrontiamo ‘sapientemente’ (nel senso di ‘homo sapiens’) uno qualsiasi dei tanti problemi posti dalla condizione umana. In altre parole, quando ‘pensiamo’ non possiamo che dedurre. Da cosa? Dalla facoltà di pensare. Sembra una tautologia (mi è stato detto dagli amici scientisti che affermare ciò è lapalissiano), ma in realtà dipende dal fatto che ‘il mondo non può che essere la nostra rappresentazione’ come sostiene Schopenhauer. Questo principio ovviamente può essere accettato o meno, ma porsi in questa prospettiva significa muoversi in una realtà che non svelerà mai fino in fondo la sua ragion d’essere (la classica ‘cosa in sè’), per altro costringendoci, proprio sulla base di questa ‘constatazione’… da un lato a riconoscere i limiti della ragione, ma dall’altro riconoscere anche che, limiti o non limiti, non abbiamo altro strumento per rapportarci alla cd realtà.
Vivere – cioè poi pensare, anche soffrire – in questa dimensione è, per quanto mi riguarda, ‘fare filosofia’. ‘Dedurre’ da questa convinzione – sempre per quanto mi riguarda – non è fare della sterile accademia, giocare con in concetti come spesso sembra essere la speculazione dei filosofi di professione, ma fare i conti con una condizione umana che riguarda tutti.

giuseppe

Leggetevi “L’assurdo e il Mistero”, di Jean Guitton ; almeno lui era un vero filosofo, rispetto all’anticlericale Flores e allo scarso teologo Mancuso, grande solo per quelli che odiano la chiesa.

bruno gualerzi

Mi sapresti dire in base a cosa Jean Guitton è un ‘vero’ filosofo? Ammetterai che non è un giudizio da poco, per cui si presume che, per essere così categorico, avrai delle ottime ragioni. Che mi piacerebbe conoscere… pregandoti di rispondere in base alle tue personali considerazioni, non citando qualcun altro che l’ha detto.

giuseppe

Il tuo é un sarcasmo inutile. Basti pensare che Guitton é stato accademico di Francia, della laicissima Francia, che lo considera uno dei più grandi filosofi del secolo scorso. Se sei poco informato non é colpa mia. Comunque sai benissimo di chi parlo e la tua é solo una provocazione inutile.

gmd85

Dove, esattamente, sarebbe sarcastico il commento di bruno?
Ti ha chiesto un parere personale, non dove ha lavorato Guitton. Niente, eh.

Giorgio Pozzo

Esistono, o sono esistiti, sia filosofi credenti che filosofi non credenti.

Questa considerazione, basata su fatti e non su ipotesi o assiomi, sarebbe già di per sè sufficiente a giustificare quanto vado dicendo da tempo, e cioè che scienza e religione sono in qualche modo figlie della filosofia.

Ma, a parte questo, ne deduco semplicemente che per molti credenti il filosofo “vero” sia il filosofo credente, mentre per molti non credenti, il filosofo “vero” sia il filosofo non credente.

Io, ci terrei a dirlo, non rientro in nessuna delle due categorie: semplicemente, non considero sensata la distinzione tra filosofi “veri” e filosofi “non veri”.

stefano marullo

Giuseppe sei sempre ineffabile nelle tue considerazioni. Dunque Jean Guitton è un “vero” (con criteri da “critica della ragion pura” naturalmente, perentori ed incontestabili) filosofo; ti avverto però che era molto “ecumenico” e cercava punti di incontro con gli odiati protestanti, magari piacerà anche a Spapicchio. D’Arcais non lo è perchè è “anticlericale”, come dire tu non puoi essere un cantante perchè sei…biondo! Quanto a Mancuso, è talmente attaccato dai siti cattotalebani che comincia ad essermi molto simpatico. E farà indubitabilmente la fine di Kung, Sobrino e Torres Queiruga non appena la Congregazione per la Dottrina della Fede finirà di “attenzionarlo”; tempo al tempo. Buon per lui, la sua ricerca sarà senza catene…

gmd85

@giuseppe

Quindi uno per essere vero filosofo non dev’essere anticlericale e dev’essere cattolico come Guitton, eh? Non mi sorprende.

giuseppe

State volutamente travisando il senso delle mie parole ( sport nel quale brillate sempre). Non ho problemi ad ammettere la levatura intellettuale di altri filosofi, quali Sartre, ad esempio, pur trattandosi di un ateo. Voi invece non riuscite ad uscire dai vostri schemini, al punto di non capire che tra il Flores in questione e Jean Guitton c’é un abisso.
Quanto a Mancuso stendiamo un velo pietoso. Uno che diventa prete e dopo un anno manda la tonaca alla ortiche é sospetto : o non aveva capito nulla prima o non capisce nulla ora, anche se penso cose peggiori. Ad ogni modo, passerà alla storia come un signor nessuno, osannato solo da quelli che non conoscono la teologia ma si eccitano al pensiero di un “teologo” che va contro la chiesa.

bruno gualerzi

Come sempre non rispondi direttamente alle domande che ti vengono rivolte e accusi di travisamento chi le pone in seguito a certe tue affermazioni.
Vediamo allora di lasciar perdere Guitton e, visto che per esempio citi Sartre, riformulo la domanda: come dovrebbe essere per te, in generale, un VERO filosofo?

gmd85

@giuseppe

No, le tue parole sono chiarissime, non c’è bisogno di travisarle.

Flores ha i suoi meriti, indipendentemente che ate piaccia o meno. Adesso mi aspetto che tu argomenti la tua affermazione sull’abisso che c’è fra i due. Come mi aspetto una disamina basilare sul pensiero di Sartre per giustificare il tuo parere.
Quanto a Mancuso, posto che la teologia merita meno credito dell’astrologia, non stiamo parlando dei voti che uno prende e poi lascia. Vai avanti con le ad hominem e con gli straw man, mi raccomando.
Vuoi sapere come come stabilisci che c’è un abisso tra i due? Guitton è cattolico e dice ciò che ti piace. Semplice. Anche se non hai un minimo di fegato per ammetterlo.
Ti pongo la stessa domando di bruno gualerzi: come dovrebbe essere un vero filosofo?

fab

Ci sarà un motivo per cui non esiste un premio Nobel per la filosofia.

fab

Dal testamento di Nobel: “La totalità del mio residuo patrimonio realizzabile dovrà essere utilizzata nel modo seguente: il capitale, dai miei esecutori testamentari impiegato in sicuri investimenti, dovrà costituire un fondo i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità.
Detto interesse verrà suddiviso in cinque parti uguali da distribuirsi nel modo seguente: una parte alla persona che abbia fatto la scoperta o l’invenzione più importante nel campo della fisica; una a chi abbia fatto la scoperta più importante o apportato il più grosso incremento nell’ambito della chimica; una parte alla persona che abbia fatto la maggior scoperta nel campo della fisiologia o della medicina; una parte ancora a chi, nell’ambito della letteratura, abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole; una parte infine alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.”

A quanto pare, Nobel non considerava la filosofia utile al benessere dell’umanità.

stefano marullo

> A quanto pare, Nobel non considerava la filosofia utile al benessere
> dell’umanità.

Galimberti ricorda che un giorno chiesero ad Aristotele: “Ma a cosa serve la filosofia?”. E questi rispose: “A nulla. Perchè non è serva di nessuno”

bruno gualerzi

@ fab
Grazie per la risposta.
Non voglio impiantare polemiche, ma il pur benemerito Nobel esprimeva un’opinione… più che rispettabile, e anzi a mio parere illuminata quando riserva un premio anche ai fautori di pace fra le nazioni… ma pur sempre opinione che, per esempio, lo portava a considerare “utile al benessere dell’umanità” la poesia (nell’ambito della letteratura) e non, chissà perché, la musica o l’arte figurativa. Sempre poi a proposito della letteratura le riserva un premio da assegnare “a chi, nell’ambito della letteratura, abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole” senza considerare evidentemente l’idealismo una nozione soprattutto filosofica.
Ripeto, tutta la gratitudine a Nobel per la sua meritevolissima iniziativa… ma non credo che l’esclusione da parte sua della filosofia debba costituire qualcosa più di un’opinione.
(Tra parentesi. Un filosofo, Bergson, che andava in un certo periodo per la maggiore (diciamo che era di moda?) e che i curatori del premio volevano in qualche modo aggregare al Nobel, non essendoci quello per la filosofia, ricevette il premio… per la letteratura. E lo stesso dicasi, più tardi, per Bertrand Russell… al quale, se mai, si poteva attribuire il premio per il suo fervido pacifismo)

fab

Bruno, ho l’impressione che “idealistico” qui significhi spinto da ideali e non seguace di Fichte e Schelling. Proprio questo aspetto spiega perché Nobel non abbia istituito il premio per la musica e per la pittura: l’intenzione, immagino, fosse quella di premiare opere in grado di smuovere culturalmente l’umanità verso la costruzione di una società migliore; opere, per intenderci, come “La capanna dello zio Tom” o “Casa di bambole” e poco importa se il loro valore letterario sia molto diverso. In questo senso, il premio a un oscurantista come Bergson di fatto tradisce lo spirito dell’iniziativa, mentre quello a Russell è soltanto una leggera forzatura.
In sintesi, la concezione di Nobel, molto coerente, sembra essere: o un’opera letteraria fa progredire per qualche verso l’umanità o non c’è motivo di premiarla. Fatico a non ritrovarmici.

bruno gualerzi

@ fab
Quindi per te musica, arte figurativa, teatro, in nessuna delle loro espressioni – sia pure solo in quelle paragonabili alla ‘Capanna dello zio Tom’, che non mancano certo (anche se Bergson o Russell non mi sembrano proprio inscrivibili in questo genere) – farebbero progredire l’umanità’? In quanto all’idealismo, hai ragione, sicuramente non si riferiva a Fichte o Shelling… ma nemmeno io, in quanto mi riferivo più in generale ad una nozione, quale che sia il modo di intenderla, ben presente e dibattuta dal pensiero filosofico. In ogni caso francamente non capisco per quale ragione il non riferimento all’idealismo tedesco ‘spieghi’ perché Nobel – sia pure con lo scopo sotto certi aspetti anche condivisibile che gli attribuisci – non abbia istituito un premio per la musica, l’arte o il teatro (anche Fo ha ricevuto il Nobel per la letteratura)… e invece per la poesia sì.
Che tu abbia a ritrovarti in queste ‘esclusioni’ ovviamente è più che legittimo, ma riconoscerai almeno che più in là di un’opinione, la tua o di Nobel, non si va. Personalmente, ad esempio, mi riconosco pienamente nella replica di Marullo… ma non pretendo che sia più di un’opinione. Anche se di Aristotele. In ogni caso ho reagito al tono che – devi scusarmi – mi è suonato come provocatorio quando affermi che “ci sarà bene una ragione perché non esiste un Nobel per la filosofia”. C’è, ma è più che discutibile.

Otzi

Ho già letto e fittamente annotato il testo in questione “Il caso o la speranza” soprattutto perchè sono “curioso” di capire il pensiero del teologo Vito Mancuso. Quanto al pensiero di Flores mi appare chiaro e convincente nonchè stringente nella sua razionale esposizione.
Il pensiero di Mancuso invece, mi sembra abbondare di terminologia tautologica. Mi sembra un pensiero-diffrazione di una realtà, la Natura, vista come altro nome di dio. mi sembra che tra trascendenza dogmatica (Purissimo Spirito) e Panteismo da sempre noto, scriva il romanzo di una sua personale filosofia teologica panenteista. Qual penso egli, ex prete cattolico, ora aderisca. Taccia Flores (pag. 146) di “rigida divisione” dopo averlo accusato di totale “riduzione”. Ma a me sembra che sia sia proprio Vito a dividere manicheamente (dualismo) tra materia e spirito, senza spiegare che cosa è quest’ultimo 8 che mi sembra invece ridurre a quell’energia trattata e nota alla Scienza sperimentale.

marilena

scrivo anch’io due righe semplici semplici che non sono all’altezza della discussione molto cerebrale ma che vorrei comunque ricevessero un vostro parere. Dunque, l’anno scorso ho partecipato a un incontro con mancuso nell’ambito di serate sulla filosofia, si parlava come logico di dio, di fede, di eternità, ho posto una precisa domanda sulle ultime righe del credo cristiano”e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”: mancuso mi ha risposto che nemmeno lui crede nella resurrezione dei morti. A voi le conclusioni.

faidate

Cara Marilena,
una volta ho chiesto, a quattr’occhi, a un anziano sacerdote, onesto e molto impegnato nel sociale, se davvero credesse in tutto quello che la fede della sua religione gli imponeva. Mi ha fissato a lungo, poi ha detto (più o meno):”Ci ho passato tutta la vita, è la mia casa, ormai cosa posso fare? Me la tengo” Credo che anche Mancuso stia invecchiando.

Sandra

In Olanda un pastore su sei si dichiara esplicitamente ateo o agnostico. Un famoso pastore protestante Klaas Hendrikse aveva scritto addirittura un libro “Credere in un Dio che non esiste”, per il quale non ha ricevuto alcun provvedimento disciplinare o restrittivo, perché per la stessa Chiesa protestante le sue opinioni sono in linea con il sentimento di molta parte della chiesa, intesa nel suo senso originario di comunità, e che il suo ateismo non costituisce un danno.
Sarà la stessa cosa anche qui, sia per i “fedeli” che per i preti, solo che non si può dire.

Diocleziano

”…Sarà la stessa cosa anche qui, sia per i “fedeli” che per i preti,
solo che non si può dire…”
Ma sicuramente ci stanno lavorando. Proporsi come maestri di vita
e punto di riferimento morale, senza più il peso di dover raccontare baIIe
sull’olimpo cristiano, sarà il raggiungimento della perfezione e, soprattutto,
saranno inattaccabili.
Il tutto, naturalmente, sempre a pagamento.

Otzi

Cara Marilena, Mancuso, come riferisci tu, non crede nella risurrezione dei morti (della carne) così come la nega alquanto esplicitamente anche il card. Walter Kasper in “Gesù il Cristo” (si tratta dello stesso cardinale tedesco di cui questo papa Francesco ha citato un’altra opera di lui molto più recente sulla misericordia di dio!) . Tuttavia in altri suoi scritti, debitamente scindendola dalla diversa questione dell’immortalità dell’anima, la dà più “razionalmente” cogente e teorizzabile di quest’ultima. Ma come sopra ho postato, essendo un teologo molto curioso e condizionato dalle “verità” sperimentabili e razionali della Scienza attuale, sembra emergere dal suo cervello una labilità teologia come metodo di produzione di materia prima per necessità di… sopravvivenza!
Lui è partito come hegeliano; ma non sa dire cosa significhi la parola “spirito”. Si limita a dire che ” ‘spirito’ è un concetto complesso, perfino ambiguo.” mentre “la spiritualità è una particolare gestione della libertà” (pag 142 di Obbedienza e libertà). In un altro libro dichiara apertamente: “… si è venuto configurando un quarto modello fondamentale, il PANENTEISMO, CHE E’ QUELLO A CUI IO ADERISCO…”. Chiarendo tra teismo, panteismo e nichilismo. In realtà, secondo me, e per la labilità sopra accennata è un bel esempio di panteista (su questo lo contestai personalmente a tu per tu!) dimostrato anche, sempre secodo me, dal libro in discussione in questa pagina. In esso riduce spirito ad energia citando, opportune et inopportune a proposito di energia (quantistica?), tanto di scienziati. Muncuso è un ex prete e sa benissimo che un’antichissima preghiera della chiesa passata in lingua originale, il greco, nella liturgia latina, definisce dio (“Purissimo Spirito” – dogmatica -) ISKYROS (Santa Energia). E sa anche che lex orandi statuat legem credendi (Il modo di pregare stabilisce la legge del credere; cioè la liturgia determina la dogmatica). E questo è in pratica il più antico dogma della chiesa (Indiculus). Pertanto, secondo me, egli è un autentico panteista, che riduce spirito a materia da cui emerge e per la quale consiste. Teologicamente poetando con la Scenza. Non male per essere un teologo dei tempi postmoderni. peccato che ritorca a Flores accuse o osservazioni che dovrebbe fare a se stesso.

alessandro pendesini

Abbiamo tutti un cervello che funziona (salvo in caso di patologie varie), per cui non vedo perché coloro che hanno per anni creduto in racconti mitici, dogmi ecc…non possano -dopo avere acquisito nuove informazioni e una certa esperienza- ad un dato momento rivedere il loro “credo” e dubitare. Questo pero’ comporterebbe più disagi che vantaggi !
Ragione per cui l’uomo tende a scartare o evitare qualsiasi situazione sgradevole che potrebbe perturbare il relativo benessere. Il nostro cervello funziona in chiave “selezionista” e non “istruzionista” ! Questo potrebbe spiegare l’aggressività di certi credenti quando si cerca di spiegare razionalmente l’assurdità del loro credo ! Dobbiamo comunque tener presente che molti credenti, (esempio i TdG) sono convintissimi del loro credo. Ritengo che questi siano ben oltre il 50% ! Come già noto, esiste une minoranza di (falsi) credenti, tra i quali molti opportunisti !, per questi fingere di credere apre -o puo’ aprire- diverse porte, in particolare quella che ritengo una caratteristica particolarmente umana : il dominio, possedere beni materiali, essere considerati dei “mezzi dei” ecc…Non dobbiamo inoltre mai perdere di vista che il nostro cervello quando “soffre” puo’ falsificare le informazioni razionali che riceve, cioé annullare la realtà che ci circonda per credere in qualsiasi assurdità; occulta tutto cio’ che considera senza importanza o già noto. N.B. : La decisione dell’uomo, è un processo gerarchico complesso, in cui l’emozione gioca un ruolo fondamentale : l’emozione guida la decisione ! La cognizione regna, puo’ entro certi limiti influenzare la “decisione”, ma non “decide”…..
Ho il sospetto che dio, creando l’uomo, “creatura divina” dicono certi illuminati, abbia esagerato bevendo forti dosi di grappa Julia…………..
Bien à vous

marilena

spiegazione molto chiara, vuoi vedere che mancuso, persona peraltro molto gentile, si troverebbe senza lavoro se ammettesse tutti i suoi dubbi su dio? E come lui ce ne sono tanti altri purtroppo neanche gentili…..

faidate

Ripeto la mia noiosissima posizione: il lavaggio del cervello precoce costruisce nel cervello una rete (attenti che Grillo non senta! Ma il suo lavaggio è medio – tardo) che per molti equivale a quella ereditata come istinto (e i neurobiologi tra qualche anno ci spiegheranno le poche, sottili differenze). Per i TdG è anche tardivo, ma assomiglia piuttosto alla pubblicità televisiva che, quando fa vedere Filippa che ride, ci fa comprare i crocchini di riso galbusera.

alessandro pendesini

….La Scienza non potrà mai entrare, a meno si sconfinare su un territorio non suo, nelle relazioni di esistenza delle persone…..

stefano marullo dixit ! Personalmente sarei molto prudente nell’affermare che la scienza NON potrà mai….

Stefano, avrei molte risposte da darti in merito, sia pure in un pessimo italiano, ma non vorrei monopolizzare il sito o creare polemiche sterili !
—Ritengo sia necessario sapere che il modello inferenziale della comunicazione, il riconoscimento delle intenzioni, con la valutazione della loro coerenza razionale, e lo sviluppo di un equilibrio riflessivo all’interno del gruppo sociale, permette di elaborare o sviluppare un’etica dinamica, una “morale aperta” su delle basi “neurocognitive naturali ” filtrate dalla rigorosa metodologia scientifica, senza ricorrere a ipotesi filosofiche dubbie, sovente metafisiche ma anche fantasmatiche. Il filosofo, ignaro di scienza, eccelle nel porre le domande, ma -stranamente, molto stranamente- è particolarmente cauto nel dare le risposte……..
—Senza le scoperte della scienza in generale, dell’evoluzionismo in particolare e recentemente della neuroscienza cognitiva, non saremmo in grado di contrastare la (pseudo)cultura dogmatica o metafisica insegnata tramite la retorica filosofica, studiata -ad hoc- non per chiarire e/o semplificare certi problemi, ma amplificarli e renderli incomprensibili alla maggioranza della gente. Questa strategia che ritengo umiliante, è indegna di una branca chiamata filosofia che pretende insegnare “l’amore per la sapienza” !
—Allo stesso modo che è possibile concepire una diversa “libertà” del “libero arbitrio”, è possibile pensare una responsabilità e una morale all’interno del determinismo. Ma su questo molti filosofi (e non solo) sono particolarmente riluttanti !
P.S. : Invece di ignorare la scienza, ma anche accusarla, cerchiamo di costruire un’etica a partire dai determinismi che ci rivela, molto sovente ignorati dai filosofi ! Purtroppo…
NB Daniel Dennett con altri rarissimi filosofi “New Age”, ha capito che con la filosofia sola -escludendo la scienza- staremmo ancora a chiederci “di che sesso sono gli angeli”….. Bonne nuit

bruno gualerzi

“Senza le scoperte della scienza in generale, dell’evoluzionismo in particolare e recentemente della neuroscienza cognitiva, non saremmo in grado di contrastare la (pseudo)cultura dogmatica o metafisica insegnata tramite la retorica filosofica, studiata -ad hoc- non per chiarire e/o semplificare certi problemi, ma amplificarli e renderli incomprensibili alla maggioranza della gente. Questa strategia che ritengo umiliante, è indegna di una branca chiamata filosofia che pretende insegnare “l’amore per la sapienza” !

Proprio così! Quanto sarebbe migliore il mondo se si fossero messi a tacere quei corrompitori delle genti che rispondono ai nomi di Socrate, Platone, Aristotele, Leibnitz, Spinoza, Cartesio, Kant, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche e via via i tanti altri affiliati a questa associazione a delinquere. A questi viscidi individui che, fingendo ‘amore per la scienza’, in realtà stavano alzati anche di notte per studiare come fare per rendere incomprensibili alla maggioranza della gente le loro stramberie. Con quale profitto non si sa… ma che forse si sa cosa spinge veramente il diavolo a fare il male? Per fortuna sono comparsi sulla scena del mondo facendo capolino a fatica tra questi mestatori i veri uomini di scienza che i filosofi hanno cercato in tutti i modi di tacitare… alcuni addirittura – tipo Newton, Pascal, Cartesio e prima ancora, solo per citarne alcuni, Aristotele, Democrito – travestendosi essi stessi da uomini di scienza per ingannare meglio i gonzi. Di più, sempre per intorbidare le acque, alcuni di loro hanno anche finto di parlare male della metafisica, alcuni perfino di Dio, altri, come Freud o Darwin sono rimasti lì a metà strada creando solo ambiguità ed equivoci. Ma ormai per fortuna la loro strategia è stata scoperta e la maggioranza delle persone sa a chi si deve rivolgere per risolvere tutti i problemi, compresi quello morale e quelli posti dai quesiti esistenziali… ma a proposito di questi ultimi più che altro per dimostrare, scoperte della neuroscienza cognitiva alla mano, che in realtà si tratta di pseudo-problemi.
Bonne nuit

stefano marullo

Costruiamo un’Etica in…laboratorio, che dici Pendesini? Chi sgarra dalla Morale Assoluta (Razionale) lo sottoponiamo a trattamento sanitario obbligatorio. E’ la Scienza, bellezza!
Bandiamo dal consesso umano filosofi, poeti e artisti, cantori di un Altrove pericoloso per il nuovo Stato Orwelliano in cui anche la Felicità viene razionata (in cambio della Libertà, naturalmente)…

Giorgio Pozzo

Scusate, ma perchè, ancora una volta, si vuole travisare il ruolo della scienza? E perchè si vuole stigmatizzarla? La scienza non pretende affatto di sostituirsi alla morale, e nemmeno di definirla. Casomai, di spiegarla. Attenzione, sono due concetti completamente differenti.

La scienza, per propria stessa definizione ed etimologia significa “conoscenza”; quindi, semmai, è solo la scienza che ci può spiegare i fenomeni naturali, morale inclusa. Consiglio a tal proposito l’interessante libro Neurobiologia della morale di Patricia Churchland: un’analisi scientifica e razionale che non pretende affatto di dogmatizzare il concetto di morale, ma di spiegarlo in termini neurologici e conseguentemente, oserei dire, biologici ed evolutivi. La scienza non ci dice che cosa sia giusto o sbagliato nei vari aspetti della morale: la scienza ci spiega l’origine delle basi morali. Niente a che fare con certa sociologia oppressiva alla Orwell.

E poi, non possiamo negarlo, la scienza è andata progressivamente sostituendosi alla filosofia nel contrastare le forme patologiche di conoscenza che sono le religioni. Ma questo non significa affatto che la scienza affermi di voler bandire i filosofi ad essa precedenti. La scienza non rinnega le proprie origini come figlia della filosofia, anzi di quella parte della filosofia chiamata epistemologia. Il fatto importante, invece, è che, con la nascita della filosofia della scienza, tutto il rimanente (ontologia in primo luogo) sta diventando obsoleto e inutile, quando non sbagliato addirittura. Questo non significa che, da acceso rivoluzionario, la “vecchia nobile filosofia” sia tutta da ghigliottinare, ma neanche bisogna pretendere, da integerrimo conservatore, di mantenerle un ruolo nobile. In fin dei conti, anche la scienza, come la filosofia e la religione, ha mosso i suoi primi passi con piedi fallaci: ma, ciò che importa, la scienza ha quel carattere autocorrettivo che nessuna altra disciplina, e tanto meno le religioni, possiede. E che le deriva dalla logica, strumento inventato da filosofi di tipo matematico, base propria dell’epistemologia.

Io personalmente mi sto ritagliando, nel mio piccolo, un ruolo di modesto paladino difensore della scienza. Una specie di san Giorgio cavaliere che uccide il drago che minaccia la damigella. E, come tale, vorrei sottolineare, con doppia linea continua, che la scienza non pretende nemmeno di sostituirsi all’arte o ad altre forme di creatività umana (ci mancherebbe altro! trattasi di accusa tanto infame quanto fuori luogo): bisogna capire, e temo che nella scuola italiana ci sia una fortissima carenza in questo senso, che cosa sia esattamente la scienza. La scienza è prima di tutto oggettività (la Terra è rotonda anche per quelli che lo negano), mentre l’arte, similmente alla filosofia, si basa sulla soggettività (la 6a sinfonia di Beethoven piace oppure no). La scienza non nega l’importanza assoluta dell’individuo particolare come tale, e della sua creatività, la scienza spiega gli aspetti oggettivi ed universali delle cose. Temo che poca gente, ancora oggi, ne sia consapevole, e purtroppo, magari in buona fede (ma non sempre, secondo me), attribuisca alla scienza una serie di caratteristiche negative che non possiede affatto.

stefano marullo

Nulla da eccepire Giorgio rispetto al tuo condivisibile intervento. Non mi pare che nella mia recensione neghi l’importanza della Scienza, anzi. Sul rapporto Soggettività/Oggettività ci sarebbe molto da dire (rimando al dibattito tra Sartre e i marxisti). Mai pensato di travisare il ruolo della Scienza. Lo scientismo è altra cosa: confondere la Scienza con Onni(omni)scienza; qui non ci sto più.

bruno gualerzi

@ Giorgio Pozzo
“Io personalmente mi sto ritagliando, nel mio piccolo, un ruolo di modesto paladino difensore della scienza. Una specie di san Giorgio cavaliere che uccide il drago che minaccia la damigella”

Stai tranquillo, a difendere la damigella dal drago non sei da solo. Se mai oggi è la ‘damigella’ che si è trasformata in drago, essendo quello classico reso sempre più malconcio… specialmente su questo blog.
Metafore a parte, il problema non è la filosofia che vuole sostituire la scienza, se mai il contrario. Come l’amico pendesini, col quale si polemizzava.
Scienza e filosofia sono due forme di sapere che hanno la stessa origine? Sicuramente, ma origine in che cosa in definitiva? Rischiando l’ovvietà (che tale non è più nel momento in cui viene rimossa) hanno origine in quella facoltà razionale di cui l’evoluzione ha dotato la specie uomo. Scienza e filosofia sono due forme diverse di ‘usare’ questa razionalità? Certamente, ma sempre di razionalità si tratta… anche se gli scientisti, che identificano la razionalità solo con la logica formale, ritengono ogni altra forma di pensiero sostanzialmente irrazionale. Non razionale comunque nell’unico modo che si ritine rinvenibile solo nella logica formale, lo strumento concettuale che garantisce, se applicato correttamente, di pervenire ad un sapere non opinabile in quanto sempre verificabile. Ciò che è proprio della scienza, mentre non lo è (e certamente non lo è se si giudica in base alla logica formale) per ogni altra forma di speculazione. Filosofica o poietica che sia.
Ma veniamo, si fa per dire, al sodo. Si dice sempre (anche tu lo dici) che la scienza come tale non si interessa, perché non è nel suo statuto, tra le altre cose, di questioni tipo la morale o inerenti ai problemi esistenziali… per cui, ad esempio, non è colpa della scienza se sulla base delle sue scoperte si rende possibile una tecnologia… che può essere utilizzata con grandi vantaggi per l’uomo… ma anche essere usata ‘contro’ l’uomo (è evidente a cosa mi riferisco). Ecco, ma a cosa si deve fare riferimento per scongiurare questa seconda possibilità? Sempre alla scienza, sia pure sfruttando conoscenze sempre più approfondite in merito ai comportamenti umani come quelle rese possibili, ad esempio, dalla neuroscienza cognitiva o da discipline analoghe come ritiene pendesini? Intanto, se ci si pone in questa prospettiva viene a cadere il luogo comune per cui la scienza è sempre ‘buona’, mentre può essere ‘cattivo’ l’uso ella tecnologia che la scienza rende possibile. Anche questa ‘cattiveria’ – si ritiene – può essere sconfitta se si concede totale fiducia alla scienza. Che è sempre in progress ovviamente, ma che intanto ha già contribuito a smantellare tanti inutili, anzi dannosi, miti (comprese le religioni).
Quando avverrà questa trasformazione genetica , ‘aiutata’ se non prodotta, dalla scienza? Quando non si sa, ma sicuramente avverrà se ci si rimette alla scienza, se la si utilizza in qualche modo per ‘pilotare’ l’evoluzione. Intanto per pilotarne la conoscenza proprio come evoluzione.
Ebbene, io credo che in questo modo ci si metta sullo stesso piano delle religioni creando un uomo schizofrenico, scisso, per un uso della razionalità che si ritiene utilizzabile solo nella scienza, lasciando così scoperta, senza una copertura resa possibile pur sempre dalla facoltà razionale dell’uomo, tutta una serie di esigenze implicite nella condizione umana (i famigerati quesiti esistenziali). Lasciando l’uomo – in attesa che la scienza compia il suo cammino – in balia di ogni forma di religione, comunque intesa. In questo senso la filosofia… almeno intendendo per filosofia un esercizio della ragione in tutta la sua potenzialità… ha ancora molto da dire. Purchè la si consideri non come una sorta di attività tutta scandita da quanto elaborato dai pensatori del passato, ma tesa a riprendere e a riconsiderare i problemi che il pensiero filosofico ha fatto emergere come quelli non eludibili. Come non eludibili, ad esempio, sono i problemi che la scienza pone in relazione al tipo di conoscenza e di utilizzo della stessa che le sono propri.

bruno gualerzi

Precisazione. Quando parlo dell’uomo ‘in balia di ogni forma di religione’ mi riferisco ad ogni forma di fideismo. Compreso quello reso possibile da un approccio a-critico alla scienza.

Giorgio Pozzo

Ragazzi, devo ammettere che mi avete tranquillizzato. Tra l’altro, confesso abbastanza candidamente di non aver mai capito bene che cosa sia questo famigerato “scientismo”: così, a livello di sensazione epidermica, mi sembra che sia qualcosa tipo “idea distorta della scienza”. Distorta, e con connotazioni e/o applicazioni negative.

Certamente, dire che la razionalità possa essere ridotta a logica formale, è, appunto, piuttosto riduttivo (mi si perdoni la tautologia). Il riduzionismo sistematico porta sempre a semplificazioni troppo estreme da essere addirittura fuorvianti. La logica, come la matematica, è un linguaggio formale, inventato sì dalla razionalità umana, ma che non può essere coincidente con essa in quanto prodotto della medesima. La mente umana comprende due aspetti inscindibili di razionalità e irrazionalità, e questa mente, oltre all’arte, ha anche inventato la filosofia. Filosofia ed arte sono quindi, se vogliamo, figlie di questo composto bipolare di razionalità e irrazionalità, che ci permette di essere una moltitudine di individui unici ma differenti. Quello che voglio dire è che la filosofia, come l’arte, possiede una parte di irrazionalità congenita, ma inseparabile dal suo complementare razionale. La filosofia nacque come tentativo di arrivare alla conoscenza con il solo utilizzo della mente. Compito tutt’altro che semplice, e pure ammirevole dato l’intento. D’altra parte, comunque, essendo la mente simultaneamente razionale e irrazionale, inevitabilmente produsse filosofie anche contradditorie tra di loro. La logica, quindi, come puro strumento “fabbricato” dalla mente, anzi, dalla filosofia stessa, deve essere usata come una specie di coltello che mi permetta di separare, dove possibile e necessario, gli aspetti razionali da quelli irrazionali.

Forse il punto della questione è proprio quello che ho appena scritto: gli strumenti logico-matematici vanno utilizzati solamente dove sia possibile, e allo stesso tempo necessario, separare il razionale dall’irrazionale. La scienza, anzi, la filosofia della scienza, è l’esempio principe dove tali strumenti possono e devono essere utilizzati. In altri ambiti, tali strumenti non possono essere utilizzati, come nella religione, o addirittura non devono esserlo, come nell’arte e nell’etica.

RobertoV

Anch’io penso che la parola “scientismo” denoti più un problema di comprensione del pensiero scientifico e la tendenza ad attribuire alla scienza significati e colpe che in genere non ha. Se uno legge riviste scientifiche come Le Scienze” si rende perfettamente conto di come operi il pensiero scientifico e di come gli scienziati siano consci dei limiti della ricerca scientifica e di come il pensiero scientifico sia sottoposto al dubbio e alla rivisitazione di se stesso (non per niente si parla di Try & Error) e di come gli stessi scienziati si pongano problemi etici.
E’ sbagliato pensare che in Italia vi sia una buona conoscenza del pensiero scientifico a scapito del pensiero umanistico, direi piuttosto che il livello culturale è in genere basso, ma se si va nelle industrie o a livello di istituzioni non sono certo le lauree scientifiche quelle che ti portano più facilmente ad occupare ruoli dirigenziali.

Trovo anacronistica la distinzione tra scienza e tecnologia come se ancora nel mondo d’oggi fosse possibile tenerle separate: credo che dall’ottocento non abbia più motivo di esistere questa distinzione. Ma non sono neanche d’accordo in questa distinzione tra scienza buona e scienza cattiva che ha fatto la fortuna per esempio della fantascienza: il metodo scientifico è un potente mezzo di conoscenza e come tale si presta ad essere utilizzato bene o male perché non bisogna dimenticare che le ricerche sono costose e quindi devono essere finanziate dalla società. E gli stessi prodotti possono avere usi pacifici o meno: basti pensare alla dinamite che ha reso più facili lavori in miniera, nella costruzione di strade, ma che ha anche causato più morti nelle guerre. Vi sono poi diverse scoperte fatte in ambito militare che poi sono state utilizzate in ambito civile: basti pensare allo sviluppo dell’astronautica dalla missilistica, ma anche diverse tecniche operatorie o di protesi derivate dall’aver operato in campo militare. Se le nostre società sono violente e guerrafondaie, non è certo dovuto agli scienziati che sono solo una parte di questa società.

Così come non sono d’accordo su questa distinzione o contrapposizione tra filosofia e scienza: la filosofia moderna ha bisogno delle scoperte della scienza per poter procedere ed infatti spesso filosofi e scienziati lavorano insieme. Trovo assurdo che la filosofia possa trovare delle risposte indipendentemente dalla scienza e che se la scienza non riesce a trovare delle risposte ci debba riuscire la filosofia. Basti pensare a come la nostra visione del mondo sia cambiata passando dal geocentrismo all’eliocentrismo, o addirittura alla marginalizzazione nell’universo del nostro sistema solare e della nostra galassia. Come la nostra visione del mondo sia cambiata con la scoperta dell’evoluzione e la sua interpretazione, ma come cambi anche lo scoprire che altri “uomini” oggi scomparsi avevano le nostre stesse capacità, cioè che l’intelligenza non sia una prerogativa del solo homo sapiens e che possa non essere stato il segreto del nostro successo. O come cambi scoprendo tanti altri pianeti extraterrestri e che la vita possa essersi sviluppata altrove. O come cambierebbe lo scoprire che anche certi animali hanno una coscienza.

Ma trovo comunque difficile che la filosofia possa arrivare a spiegazioni universali, perché è dipendente dal sistema culturale prevalente, che per secoli è stato quello occidentale: chi ci garantisce che le stesse domande se le farebbero anche filosofi orientali o africani e che giungano alle nostre stesse risposte? Certe esigenze umane sono frutto anche del condizionamento culturale per cui le risposte che possiamo dare (e dubito possano essere generali) sono al massimo valide solo all’interno del sistema culturale di riferimento: dobbiamo quindi accettare che le risposte possano essere molteplici e che si possano evolvere.

bruno gualerzi

@ RobertoV
“Ma trovo comunque difficile che la filosofia possa arrivare a spiegazioni universali, perché è dipendente dal sistema culturale prevalente, che per secoli è stato quello occidentale: chi ci garantisce che le stesse domande se le farebbero anche filosofi orientali o africani e che giungano alle nostre stesse risposte.”

Una considerazione/obiezione (che forse vale anche per tutto il resto del tuo articolato discorso): la filosofia non dà ‘spiegazioni universali’, pone domande sui problemi universali… e ‘universali’ in quanto di tutti per il fatto che tutti esistono e dispongono della facoltà di pensare la propria esistenza. Che è altra cosa.
Che esistano filosofie, sistemi filosofici, con la pretesa di dare risposte universali definitive è indubbio, ma basta saperli accostare con mente il più possibile libera, non impegnata solo a stabilire’ cosa ha veramente detto il tale filosofo’ (esercizio accademico, roba da professori di filosofia, non da filosofi) per rendersi conto come queste risposte in realtà ‘aprono’ verso altri problemi, e risultano preziose proprio per questo. E’ il socratico ‘sapere di non sapere’ che dovrebbe sempre orientare la ricerca filosofica. Mentre la scienza affronta e imposta problemi proprio per trovare la soluzione, attrezzata per trovare soluzioni che, per sempre rivedibili che siano, rappresentano comunque un punto fermo… i problemi posti dalla filosofia sono tali che debbono sempre essere riaffrontati come se fossero ‘scoperti’ per la prima volta, nel senso che ognuno individualmente vive sempre… ‘per la prima volta’. O, è lo stesso, per l”ultima volta’. I problemi posti per esempio da Platone sono sempre lì indipendentemente dalle risposte che ne dà Platone; da tenere in considerazione, certo, ma più che altro per vedere come vi è pervenuto, per utilizzare quanto del suo percorso può essere istruttivo… e magari proprio per capire perché porta a conclusioni non più condivisibili. In sintesi: la scienza procede… e anche se a volte deve tornare sui suoi passi per impostare in modo più efficace, più produttivo, i problemi… non può che procedere verso sempre nuove conoscenze; la filosofia, per essere veramente tale, deve in qualche modo ripartire sempre da zero. E proprio perché non può alimentarsi del già conosciuto come invece giustamente fa la scienza.
Certo, questo è il motivo per cui, in una cultura che misura tutto sulla produttività, la filosofia è considerata solo una inutile perdita di tempo… o tutt’al più un lusso per pochi privilegiati. A cosa serve? Come ricorda Marullo riprendendo Aristotele, “non serve a niente perché non è serva di nessuno”. Un lusso, certo, ma che può essere ‘goduto’ da chiunque aspiri a ragionare, per quanto possibile, con la propria testa.

In quanto ai filosofi orientali o africani… qualora volessero arrivare a dare delle risposte, farebbero meglio a puntare sulla scienza. Ma, per quanto se ne sa, anche la loro speculazione è orientata soprattutto a riflettere sul perché delle risposte. Prima di tutto quelle prodotte dalla loro cultura, ovviamente.

alessandro pendesini

@Bruno & Stefano
Qui sotto due commenti postati ultimamente su questo sito ; ed un commento di Gilberto Corbellini. Sarebbe interessante avere delle risposte molto chiare in merito. Grazie anticipate

1°–L’elenco dei problemi che la filosofia ha risolto non è davvero impressionante. Prendiamo ad esempio la questione dell’origine e il destino dell’universo, l’origine della vita, la natura della mente, o il dibattito tra natura e cultura. Gli “errori della filosofia” è un argomento raramente discusso tra gente di “buona compagnia” nel mondo accademico. I filosofi, per contro, sono maestri nell’arte di porre domande a livello concettuale che gli scienziati raramente affrontato. Concetti come il “problema difficile” e il “problema facile” della coscienza, la distinzione tra coscienza fenomenica e coscienza di accesso, tra i contenuti della coscienza, le condizioni causali da rispettare per far si che questa possa esistere … sono problemi affascinanti per i quali gli scienziati dovrebbero pensare più spesso ! Sarebbe interessante sapere quali sono le risposte -da filosofi- su queste tematiche ?

2°–Il cervello deforma il mondo secondo le sue regole interne.
–La nostra fede nella percezione specifica e diretta è un’illusione – un’illusione percettiva.
–La conoscenza immaginata, più o meno illusoria, è probabilmente molto più condivisa che la ragione nella specie umana.
–Tutti i pensieri della nostra mente (o spirito) sono soggettivi, e il potere della scienza consiste nella sua capacità di verificare cio’ che puo’ essere considerato coerente in molte soggettività individuali.
P.S. Damasio, J.P.Changeux, J.Ledoux, G.M.Edelman e molti altri neuroscienziati – affermano :”L’idea che abbiamo ben capito che cosa è e che cosa fa il nostro cervello è pura fantasia, anche se è giustificata dal fatto che sappiamo sempre di più rispetto all’anno precedente, e molto più di dieci anni fa. Tuttavia, i problemi che sembrano intollerabilmente e insopportabilmente difficili e misteriosi potrebbe essere risolti dalla neurobiologia. La questione non è se lo saranno, ma quando.”
E, come dice Gilberto Corbellini :
L’atteggiamento scientifico viene normalmente caratterizzato anche con una forma di onestà intellettuale, in quanto basato su un’etica della conoscenza che assume come valore fondante il postulato dell’oggettività. Non che gli scienziati siano miracolosamente più onesti della media. Ma dal momento in cui rispettano i dati empirici, sanno bene che nessun argomento logico o basato sull’autorità renderà vera un’idea. Inoltre, spingono verso la scienza una predisposizione individuale a stupirsi e un’innata curiosità.

alessandro pendesini

Dimenticavo :
Ragionare, significa deliberare e decidere, ma i limiti della ragione umana sono numerosi….. (A.Berthoz)

bruno gualerzi

“1°–L’elenco dei problemi che la filosofia ha risolto non è davvero impressionante. Prendiamo ad esempio la questione dell’origine e il destino dell’universo, l’origine della vita, la natura della mente, o il dibattito tra natura e cultura. Gli “errori della filosofia” è un argomento raramente discusso tra gente di “buona compagnia” nel mondo accademico. I filosofi, per contro, sono maestri nell’arte di porre domande a livello concettuale che gli scienziati raramente affrontato. Concetti come il “problema difficile” e il “problema facile” della coscienza, la distinzione tra coscienza fenomenica e coscienza di accesso, tra i contenuti della coscienza, le condizioni causali da rispettare per far si che questa possa esistere … sono problemi affascinanti per i quali gli scienziati dovrebbero pensare più spesso ! Sarebbe interessante sapere quali sono le risposte -da filosofi- su queste tematiche ?”

Che posso dire a questo proposito se non rimandarti a cosa penso io della filosofia ripetuto in vari interventi presenti anche in questo post? Se li hai letti capirai che parlare di ‘errori della filosofia’ per me è un nonsenso in quanto… così come la scienza non intende (almeno questa è la vulgata, anche se mi pare di capire che per te non vale: e anche su questo ho provato a replicare) affrontare, nel senso di applicarvi il metodo scientifico, questioni che non sono, appunto, passibili di analisi scientifica (problemi etici, politici, quesiti esistenziali ecc.)… al contrario, o comunque diversamente, la filosofia non è in grado in quanto tale di dire parole significative sulle questioni che sono passibili di analisi scientifica. Come quelle che richiami. Certo, risposte sono state date dai filosofi, e ritenute definitive, ma sempre ridiscusse dalla filosofia stessa a seconda dei diversi orientamenti del pensiero. Quindi non si può tanto parlare di ‘errori’ della filosofia applicando il criterio di giudizio proprio della scienza, ma, eventualmente, di una pluralità di risposte che per altro richiedono sempre ulteriori domande.
Aggiungo poi che ‘fare filosofia’ è tutto meno che seguire canoni prestabiliti (e quando lo fa si fa solo accademia), per cui poi se si entra nel suo spirito ognuno elabora la ‘propria’ filosofia. Io quanto meno la vivo in questo modo. E ne ho ricavato un libro (Pensieri circolari – un’avventura filosofica) che per altro è solo le versione cartacea di un testo presente nel mio sito. Che richiamo perché lì ho affrontato, naturalmente secondo una mia prospettiva, quelle questioni che richiami e tantissime altri. Tutte quelle che mi riusciva di mettere a fuoco.
In quanto poi al fatto che tu ritieni la ricerca scientifica in grado di dare risposte scientifiche anche a quelle questioni che in genere non sono ritenute di sua pertinenza, ho già replicato.

Questo per il punto 1. Per gli altri punti – anche se non saprei come perché credo che il post stia per chiudere – mi riservavo di rispondere in un altro momento, perché ora sono piuttosto stanco. Ma temo che ripeterei sempre le solite cose… e anzi credo di averlo già fatto in altri post per replicare a quanto riprendi anche qui.

Un’ultima cosa. Ho replicato più sopra ad un tuo intervento in modo sarcastico… ma perché tu non sei andato troppo per il sottile nel presentare i filosofi come dei diffusori volontari di discorsi astrusi per turlupinare il prossimo. Spero – anzi sono sicuro – che non te la sarai presa più di tanto.

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