Le questioni in gioco nel dibattito sul burqa

Raffaele Carcano*

Raffaele Carcano

Anche in Italia il parlamento ha cominciato a dibattere l’introduzione del divieto di indossare in pubblico veli integrali. Il testo base adottato dalla Commissione affari costituzionali dalla Camera non si limita a equiparare l’uso del velo integrale a oggetti, quali i caschi, che impediscono il riconoscimento personale, ma introduce nel Codice penale il reato di «costrizione all’occultamento del volto».
Tale interdizione è già legge in Francia e Belgio. In questi due paesi le pulsioni identitariste non sono particolarmente acute: in Italia la proposta è invece avanzata, sostenuta e ampiamente reclamizzata dalle forze politiche di centrodestra, in modo tale da assumere una precisa connotazione antislamica, del resto ben attestata dal riferimento esplicito che il testo fa al burqa e al niqab. Così facendo si rischia tuttavia di pre-giudicare un sereno e razionale confronto, cristallizzando le posizioni sulle rispettive appartenenze politiche. E rendendo quindi molto più difficile non solo la possibilità di arrivare a una soluzione condivisa, ma anche di farsi un’opinione autonoma e consapevole.
Prendiamo per esempio quanto scritto dal politologo Dino Confrancesco, che sulle pagine del Giornale si chiede cosa succede Se la sinistra ultralaica difende il burqa. Secondo la sua analisi, è l’odio anti-borghese e anti-occidentale a «suscitare simpatie inconfessabili», anche quando «esprimono visioni del mondo che l’illuminismo razionalista, lievito della “democrazia totalitaria” della vecchia sinistra, avrebbe qualificato come infami superstizioni». E porta a esempio Livia Turco, contraria al provvedimento come tutto il PD. Toni simili sono stati usati dall’ex musulmano Magdi ‘Cristiano’ Allam, che su quelle stesse pagine ha sostenuto che A difendere il burqa resta solo la sinistra. L’articolo definisce il principio espresso dal documento approvato dalla commissione «un valore non negoziabile, al pari della fede nella sacralità della vita e del rispetto della libertà di scelta», e si conclude invitando «le donne di sinistra che difendono un presunto diritto delle donne islamiche a vestirsi come pare loro» a «indossare loro il burqa». Allam sostiene che «sono gli stessi islamici che ci dicono che questa “gabbia di stoffa” non ha un fondamento coranico né è stata istituita da Maometto», e pertanto i nostri politici di sinistra, manifestando contrarietà al divieto al burqa, finiscono per «essere più islamici degli islamici».
Miglior dimostrazione delle estremizzazioni di Allam non poteva esservi: se gli islamici fossero contrari al burqa, nessuna donna andrebbe in giro completamente coperta. Se è vero che il velo integrale è una scelta di assoluta minoranza, è però anche vero che, in alcuni paesi a stragrande maggioranza musulmana, la stragrande maggioranza delle musulmane lo indossa. Fino a prova contraria la più importanza organizzazione islamica in Italia è l’UCOII, il cui leader Roberto Hamza Piccardo ha immediatamente definito la legge «un’ingiustizia che tocca le libertà individuali». Ma anche una persona agli antipodi di Piccardo, il radicale Massimo Bordin, ricorda sul Riformista che «la paura, come si sa, è cattiva consigliera». E ha provocatoriamente chiesto «come la mettiamo» con le suore.
La questione riguarda le donne, ma è più difficile trovare (anche su questo blog!) donne che esprimono la propria opinione sull’argomento. Quelle del centrodestra non si distinguono dai loro compagni di partito: Mara Carfagna, sul Messaggero, definisce quella del velo integrale una «oppressione intollerabile». Afferma che «il velo integrale non è mai una libera scelta delle donne», e ribadisce che «la chiave dell’integrazione» risiede invece «nell’affermazione orgogliosa dell’identità nazionale» e «nel rispetto per le nostre leggi, i nostri principi, la nostra tradizione religiosa». Nel contempo, però, afferma che l’assimilazionismo ha fallito e sostiene «la libertà di professare ciascuno il proprio credo». Carfagna sembra dunque ventilare un modello in cui la libertà religiosa diminuisce quanto minore è la vicinanza all’identità nazionale.
Divise le donne islamiche. La giornalista Karima Moual critica sul Sole24Ore quella che definisce «una lotta simbolica e folcloristica, visto che di emergenza non si tratta». La deputata PDL Souad Sbai, di origine marocchina come lei, la pensa in maniera opposta: siamo in presenza di una legge «libera-islamica», di un «atto di civiltà» per cui vale la pena, scrive su Libero, «combattere senza paura contro chi fa del buonismo il cavallo di Troia per poter scardinare la disponibilità dei popoli».
Anche le donne di sinistra non condividono tutte la stessa opinione. Favorevole all’abolizione del burqa e del niqab è per esempio Giuliana Sgrena, che sul sito di Sinistra Ecologia Libertà auspica che si «liberino le donne da un fardello che le isola dal mondo che le circonda», da «una grata che ne deforma la percezione», invitando la sinistra a stare «in prima fila a difendere i diritti delle donne», in modo che «possano sottrarsi ai ricatti dei loro padri-padroni». A sinistra c’è tuttavia anche chi paragona il burqa alla minigonna: in fin dei conti, si tratterebbe solo di decidere quale abito scegliere. Un modo originale di radicalizzare questo concetto fu, mesi fa, quello messo in atto dalle  Niqabitch, due ragazze musulmane (o sedicenti tali) che girarono provocatoriamente per Parigi col volto interamente nascosto da un velo, ma con le gambe ben poco coperte da due ridottissimi short.
Un parallelismo, quello tra burqa e «mercificazione del corpo femminile», che ricorre sovente: lo evoca Bordin, ma ne parla anche un’altra donna impegnata a sinistra, Annamaria Rivera, nel suo libro La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull’alterità. L’antropologa ha accostato il divieto di indossare il velo all’iconografia coloniale che «rivela il sogno di spogliare – cioè profanare – una donna universale, costruita secondo gli stereotipi dell’orientalismo», e denuncia quindi che «lo svelamento, il denudamento del corpo dell’altro/a è uno dei dispositivi attraverso i quali si realizza la sua umiliazione, il suo annichilimento, la sua de-umanizzazione», come proverebbero esperienze quali Abu Ghraib e, più indietro, i lager nazisti. Nonché la guerra d’Algeria.
Eppure è proprio una donna di origine algerina, la giornalista Leila Djitli, che in Lettera a mia figlia che vuole portare il velo scrive di essere «arrabbiata perché, nonostante abbia buttato il bambino e l’acqua sporca, il bambino c’è sempre. Arrabbiata perché non posso mandarlo a quel paese senza rischiare di perderti, di perdere tutto. Arrabbiata perché quel maledetto velo è come una coperta troppo corta: la tiri verso di te, credendo di coprirti (proteggerti, affermarti) ma, in realtà, non fai che scoprire un’altra parte. E si sbaglia lotta». La lotta vera, secondo Leila Dijtli, è quella per i diritti civili e sociali delle donne, non quella combattuta dalla parte degli integralisti.
E ancora, una donna di sinistra che ha dedicato la vita per i diritti civili e sociali, e non solo quello delle donne, Rossana Rossanda, scrisse anni fa sul Manifesto che, «con la stessa fermezza con la quale diciamo che il velo non può essere strappato da nessuna burocrazia o ministero degli interni o ente o stato che si erga a regolamentatore», occorrerebbe ribadire che «non c’è alcun dilemma nella pratica di molto islamismo che obbliga le donne a portare il velo. Lo portano perché per la loro tradizione volto, capelli, orecchie (e non parliamo del resto del corpo) sono tutti una vagina spalancata e tentatrice, vas iniquitatis che può essere scoperchiato dal solo uomo che se ne è appropriato con il matrimonio». E, pertanto, «alla signora che si aggira per Torino col velo ed esige di non toglierselo neanche nel fotomaton, dovremmo [noi donne] dire: cara amica, scusi la volgarità, ma la stanno fregando. Perché accetta che il suo amato padre, il suo diletto marito e il suo venerato imam le facciano portare un imene sul viso?» Non è vero, sosteneva Rossanda, «che per essere diversi dai nostri, tutti gli altri costumi siano da rispettare. Non è vero che per essere agita anche dalle donne, la tesi d’una inferiorità femminile sia sacra. Non è vero che per essere le madri che trascinano la bambina urlante ad aprire le gambe affinché le nonne le taglino via con la lama la “carne in più” e poi la ricuciano, l’escissione non sia un delitto». E domandava dunque a tutte le donne, anche a quelle che non militavano a sinistra, anche ai militanti di sinistra: «Perché ci imbarazza dirlo? Perché abbiamo l’aria di scusarcene? Perché, gratta gratta, anche per noi l’immigrata non è come noi o nostra sorella. Poveretta, va trattata come una che sa di meno, cui si possono dire soltanto verità parziali. Se ci obietta: voglio coprirmi da capo a piedi perché così piace a mio marito e piaceva a mia madre, replichiamole: ma va là, sciocca, pensa con la tua testa. Finché non lo faremo, gabelleremo per rispetto la tolleranza verso l’inferiore».
Questa lunga disamina di posizioni così variegate non ha probabilmente aiutato a chiarire le idee a chi non le aveva già chiare, e può anzi darsi che gliele abbia ulteriormente confuse. Se si vuol ragionare esclusivamente in modo laico, si potrebbe cominciare lasciando da parte il problema della sicurezza. Il bisogno di sicurezza, pur essendo un fondamentale diritto umano, non è in sé né laico né clericale. Discutendo di sicurezza, e quindi di visibilità dei volti, una legge laica non dovrebbe nemmeno entrare nel dettaglio degli oggetti o degli indumenti che ne permettono invece l’oscuramento. Potrebbe semmai elencarli tutti, ma in tal caso verrebbe meno l’efficacia del provvedimento. Su queste basi, ritengo di poter dire che la proposta di legge approvata dalla commissione della Camera non è un documento laico, perché, dopo aver stabilito che «è vietato rendere impossibile il riconoscimento personale mediante caschi protettivi o indumenti o accessori di qualunque tipo», aggiunge, gratuitamente, «compresi quelli di origine etnica o culturale, quali il burqa e il niqab».
A poco vale sostenere che sono indumenti «di origine etnica o culturale»: nessuno, fino a prova contraria, ha ascoltato il parere di studiosi dell’abbigliamento afghano o yemenita. Siamo invece continuamente alle prese con le opinioni di esperti (o presunti tali) di islam. Anche perché non risulta che, in Afghanistan o nello Yemen, le (poche) non musulmane siano solite indossare i veli integrali, se non quando vi sono costrette da ragioni di sicurezza personale. Nella proposta di legge si parla di abiti associati all’islam, peraltro non certo diffusissimi in Italia, e per contro non si cita un indumento di uso sicuramente più comune quale il passamontagna. Introdurre nell’ordinamento un riferimento religioso di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno non rappresenta un buon esempio di politica laica.
L’eccezione religiosa è probabilmente la miglior cartina di tornasole per verificare quanto poco laica sia non solo la nostra legislazione, ma anche la nostra classe dirigente. Sia il centrodestra che il centrosinistra tendono infatti a sostenere posizioni che contemplano abbondanti eccezioni religiose. Se nei confronti della Chiesa cattolica entrambi gli schieramenti sono prodighi di eccezioni positive, nei confronti delle comunità di fede di minoranza le strade invece si dividono: il centrodestra tende a introdurre eccezioni negative, il centrosinistra positive. Il progetto di legge del PD Vassallo, infatti, contiene anch’esso, esattamente come il testo elaborato dalla maggioranza, un’eccezione religiosa: dopo aver proposto che sia «vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo o indumento atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo», aggiunge infatti che «costituisce giustificato motivo la circostanza che l’uso di indumenti che coprono il volto sia motivato da ragioni di natura religiosa o etnico-culturale».
«Giustificato motivo». Pare proprio che sia molto difficile capire che, se siamo tutti uguali di fronte alla legge, non vi devono poi essere sikh che hanno il privilegio di girare per le strade armati del loro pugnale rituale o rastafariani che al parchetto pubblico fumano liberamente marijuana. O confessioni religiose che dispongono dell’esclusiva prerogativa di insegnare la propria dottrina, e con propri insegnanti, nelle scuole pubbliche.
La questione del velo non presenta tuttavia soltanto questo aspetto: sembra anzi essere stata creata apposta per lacerare chi è abituato ad agire razionalmente, ed è quindi anche solito coltivare con premura l’arte del dubbio. Il pensiero laico ha un suo cardine nella libertà di scelta: ma, in questo caso, di quale libertà di scelta stiamo parlando? Perché è sicuro che, qualunque scelta legislativa si compia, a qualcuno verrà negata la libertà di scegliere come vestirsi: introducendo il divieto, la si nega a chi vuole indossare il burqa; nel caso contrario, la si nega a chi è costretta a indossarlo da genitori o mariti particolarmente ‘persuasivi’. Un bel dilemma. Una sconfitta certa, per il laico.
Entrambe le posizioni, se osservate da questo punto di vista, possono dunque essere definite laiche: sarebbe dunque auspicabile che ogni legittima scelta di posizione tenga conto che anche chi la pensa diversamente ha buone ragioni laiche, e prescindere dalla sua eventuale appartenenza politica. Laicamente, è giusto che ognuno valuti autonomamente a quale delle due attribuire maggiore importanza. La mio opinione è che siano preferibili norme che impediscano di indossare pubblicamente il velo integrale. Per la stessa ragione che ritengo giusto il divieto (che nessuno sembra avere il coraggio di contestare) nei confronti della poligamia. In linea astratta, ognuno dovrebbe essere libero di avere quanti partner vuole, e del sesso che preferisce, e di veder legittimati tali rapporti davanti alla legge. In pratica, una libertà di questo tipo si limiterebbe alla libertà di alcuni uomini di avere più donne, mentre il caso contrario sarebbe estremamente raro.
Non dubito che esistano donne che scelgono liberamente di indossare il burqa: ma, dovendo scegliere quale libertà limitare, in questa fase storica sceglierei di limitare la loro.

* Studioso della religione e dell’incredulità, curatore di Le voci della laicità, coautore di Uscire dal gregge, segretario UAAR

NB: le opinioni espresse in questa sezione non riflettono necessariamente le posizioni dell’associazione.
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110 commenti

Nathan

Condivido tutta l’impostazione e le conclusioni. Purtroppo questo del velo islamico è un problema rognoso, in cui i pricipi generali cozzano contro le contingenze storiche. E la destra ne aprofitta per fare della propaganda bassa e squallida.

ΔΙΩRAMA

Quoto sulla propaganda bassa e squallida. Ricordiamo però che posso anche “professarmi” conservatore ed essere pro-velo, per esempio.

Il discorso è complicato perché si intrecciano più o meno volutamente piani diversi per giustificare provvedimenti diversi. Non posso leggere il nuovo provvedimento (non va il link), almeno mi riferisco all’art.5 L.152/75 http://dungeonsdragonshouse.forumfree.it/?t=44468309&st=15 . Suppongo sia rimasto più o meno uguale (tranne la coercizione di cui sopra) visto che quelli del PD abbiamo solo aggiunto qualcosa ad un testo che di per sé fa acqua.

Questa legge è troppo generica e non dà più sicurezza ai cittadini.
1)Non si stabilisce cosa renda difficoltoso il riconoscimento: né una scala, né un criterio. Se la polizia mi ferma e mi chiede di togliermi il niqab, posso farlo agilmente. Troppa discrezionalità.
2)Prima di chi indossa il burqa va multato PRIMA chi indossa un casco protettivo, che sia esso epilettico, motociclista o lavoratore, POI chi si traveste a carnevale che manifesta in piazza. Se la prima parte però può sembrare un’interpretazione (ritengo che la parte “o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona” sia incidentale – come si insegna in grammatica – e quindi può essere saltata) la seconda non transige. Quando la manifestazione è pubblica, non c’è giustificato motivo che ti salvi. Se però sei una mascotte di una squadra di calcio travestita da mucca puoi farlo tranquillamente.
3)Un giustificato motivo può essere ricoprirsi con uno scialle o una sciarpa quando la Bora tira. Invece la religione, la tradizione, l’origine etnica… non sono giustificati motivi: per nessuno, né per musulmani, né per cattolici, né per pastafariani. Se solo vivessimo in un Paese veramente laico queste argomentazioni verrebbero più comprese; ma visto che viviamo nella continua deroga ad un unico ente (la CCAR) ci siamo abituati a fare deroghe ad altri enti simili. Il “regime di concorrenza” si mantiene anche non concedendo a nessuna religione.

Sono del parere di abrogarla, non viene mai applicata se non con pretesti palesemente elettorali.

Con questo discorso vi sembra che ho eluso la discussione principe? Ebbene sì, l’ho voluto fare. Sono stracolmo di dubbi.
Per me le persone devono avere la libertà di ricoprisi quanto vogliono e di svestirsi quanto vogliono. Queste libertà in questo sistema non esistono, salvo destabilizzarlo.
Vogliamo destabilizzarlo e vivere meglio? Va bene, ci vestiamo fino alla cinta in burqa e sotto la vita niente. Vogliamo stare tranquilli e vivere uguale? Stabiliamo paletti sul come vestirci, e che valgano per tutti.
Se mi viene altro in mente di chiaro e puntuale vi dico.

Raffaele

Condivido senz’ altro la conclusione del bell’ articolo
di Raffaele

Rasputin

A parte il fatto che non ce l’ho fatta a leggere tutta la papprdella.

Marcus Prometheus

A me pare invece che Nathan ne approfitti per ingiuriare all’ingrosso in modo basso e squallido, (SUE PAROLE!), la meta’ del mondo che a lui non piace e per rafforzarsi nella sua pretesa, inconsitente superiorita’.
(Io che gli rispondo sono ateo, laicista, anticlericale di destra in politica internazionale,
e di sinistra nel campo diritti personali sociali e laicita’ repubblicana).

Cordiali saluti a tutti i liberi e laici
Marcus Prometheus.
Penso che tutte le grandi religioni del mondo: …
… cristianesimo, islamismo e comunismo,
siano, a un tempo false e dannose. Bertrand Russell

Accogliere solo i profughi laici dall’Islamismo Espellere tutti gli islamisti.
Combattere il masochismo antioccidentale, che mina liberta’ e democrazia.

agaragar

ho letto e ho apprezzato il tentativo di non avere una posizione bella e confezionata.

Però…però…dissento dalla impostazione di base: una legge può affrontare certe tematiche.

Comprendo che la voglia di stare dentro al dibattito pubblico possa portare a disquisire di questo e di quest’altro aspetto, ma non approvo la supina acquiescenza del piano stesso su cui si pone il dibattito *legislativo*.

Una questione che, vuoi o non vuoi, attiene alla sfera delle *SCELTE INDIVIDUALI* (seppur cariche del millenario *fardello del MASCHIO primitivo*, bianco o non bianco…), non può trasferirsi sul piano della legge che, proprio perchè renderebbe universali e necessari i suoi dispositivi, rischierebbe di conculcare il processo trasformativo della singolarità…

La furbizia che ho scorto nella tua posizione – una legislazione sul velo è vittima del clima ANTI-laico che subisce tutta intera la legislazione italiana – dovrebbe favorire un altro passaggio, a mio avviso: porre la questione del velo sul terreno delle *SCELTE CULTURALI DI LIBERTA’*. Fronte per davvero esplosivo che porterebbe l’UAAR a posizionarsi proficuamente anche su altre problematiche conflittuali. Perchè il limite critico, a mio avviso, della legislazione è contenuto nel punto della *individualità* della scelta che va mantenuta libera. Nessuna legge potrà mai dimostrare che la scelta del velo possa essere NON libera! Tu, rispetto a questo limite critico, tenti un salto mortale: eliminare i confini esterni, lasciandoli indefiniti, proprio perchè non ti posizioni sul terreno delle *CULTURE* in trasformazione e in conflitto tra loro, ma su quello, *classico*, della impositività della legge nei confronti della singolarità…

La mia idea è che il dibattito pubblico dovrebbe essere investito di MOVIMENTI TRANS-CULTURALI che dovrebbero mettere a questione il rapporto infuocato che esiste tra la cultura identitaria dei *padroni di casa* e quella incerta degli *ospiti*. Non mascherandosi dietro l’*individualità*, ma cogliendo il *COMUNE* (NOSTRO & LORO) che giace dietro e costituisce il fondo della *scelta individuale*.

E’ su questo terreno TRANS-CULTURALE (OLTRE-statuale) che, a mio modestissimo avviso, evaporano le incertezze piccolo-borghesi del laicato italiano. Il mostro è la chiesa & lo stato e loro è il criminale attentato continuo alla LIBERTA’ DEGLI UOMINI E DELLE DONNE di questo paese! Non è che accucciandosi sotto l’ombra dei poteri dello stato si riduca il giogo del cupolone.

Saluti

spapicchio

@ agaragar

Ma che fine fa lo *stato di diritto costituzionale* e che fine fanno i *Diritti Umani Fondamentali* (anch’essi trans-culturali ed oltre-statuali) togliendo poteri allo Stato italiano stesso che li dovrebbe garantire ed assicurare?

E’ lo Stato di Diritto Costituzionale che rende ammissibili e riconosce le *culture*, i *diritti individuali* dei cittadini, quelli collettivi, i *movimenti-trans-culturali*, le libertà, i diritti degli uomini e delle donne, dei gay, delle lesbiche, dei trans, dei chierici, dei clericali, così come di tutti i cittadini italiani.

Chi si dovrebbe accollare, indebolendo lo stato ed i suoi poteri, di far rispettare le leggi e lo stato di diritto, unica garanzia per libertà individuali?

In quel modo lì si va dritti dritti verso un neofeudalesimo dei padronati, patronati, delle famiglie potenti, delle culture locali, sempre sotto la regia della CCAR, che dovrà redisporre i neofeudi, investire i regnanti e consacrarne il potere.

Ossia togliamo i poteri allo Stato, ne indeboliamo conseguentemente lo *STATO DI DIRITTO COSTITUZIONALE*, e lasciamo intatto il potere della CCAR – Vaticano?

Una cosa è l’Italia, un’altra è lo stato del Vaticano – CCAR: il Vaticano è uno stato parassita che vive dei soldi che pagano gli italiani attraverso le tasse;

l’Italia è uno Stato (ossia noi) indebitato e fuorilegge perché paga surrettiziamente, iniquamente ed indebitamente il Vaticano e la CCAR, anziché difendere i cittadini italiani applicando la Costituzione e lo Stato di Diritto degli stessi suoi cittadini, garantendone i Diritti Umani della UE compresi nella Costituzione, anche a causa dell’illegalità del regime paritocratico dal quale lItalia è funestata da quarant’anni.

A me risulta che i padroni di casa in Italia siamo noi italiani, mentre gli ospiti sono per esempio i clericali cattolici, pagati con i soldi delle nostre tasse, iniquamente ed immeritatamente, visti i continui misfatti di cui si rende regolarmente protagonista la CCAR nelle sue varie organizzazioni, anche politiche.

Così come sono ospiti gli immigrati islamici, i filippini, i nigeriani, i congolesi e tutti gli altri immigrati, in virtù dello Stato di Diritto Costituzionale dello Stato Italiano.

Senza Stato (laico) e senza Stato di Diritto Costituzionale… libertà addio.

In quel modo (indebolendo dello stato di diritto, o sua cancellazione) si va dritti dritti verso l’installazione di un neofeudalesimo di alcuni poteri locali, delle culture locali, dei localismi, dei padronati e patronati, di feudi ed abbazie, sempre sotto la regia della CCAR, dello stato Vaticano che dispone i neofeudi, investe i regnanti, consacra il potere costituitosi, appunto, al di fuori della legalità dello Stato di Diritto Costituzionale e naturalmente della *democrazia* e della *REPUBBLICA*.

spapicchio

corrige sopra

In quel modo (indebolendo lo stato di diritto democratico del nostro Paese, o con la sua cancellazione) si va dritti dritti verso l’installazione di un neofeudalesimo sotto la regia della CCAR, anziché di noi cittadini.

l’Italia è uno Stato (ossia noi) indebitato e fuorilegge perché : paga surrettiziamente, iniquamente ed indebitamente il Vaticano e la CCAR, anziché difendere i cittadini italiani applicando la Costituzione e lo Stato di Diritto degli stessi suoi cittadini, garantendone i Diritti Umani della UE compresi nella Costituzione, anche a causa dell’illegalità del REGIME PARTITOCRATICO dal quale l’Italia è funestata da quarant’anni.

bruno gualerzi

L’argomento – anche su questo blog per quanto mi riguarda – desta sempre un’animosità che lascia poco margine a considerazioni come quelle di Carcano (che più esaurienti, per quanto ne so io, non potrebbero essere… anche se c’è da perdersi per strada) e costringe a prendere comunque posizione, a ‘schierarsi’: sei ilsamofilo o islamofobo? Sei pro o contro l’occidente? e via così. Cioè l’ideologica prende subito il sopravvento, magari gli uni accusando gli altri… di ideologismo!
Ora, un modesto contributo a superare questa estremizzazione può essere una considerazione come questa… che magari la rinfocolerà… ma che credo meriti di essere fatta.
Credo che nessuno – pro o contro il burqa che sia – consideri la condizione della donna islamica accettabile da nessun punto di vista, contrario com’è alla sua dignità di persona prima ancora che di donna. Ma proprio su questo credo merit richiamare ciò che per altro tutti sappiamo: era molto diversa, e fino a non molto tempo fa, la condizione della donna in ambito cristiano? Chi ha la mia età può ricordare benissimo la discrimanzione anche pubblica della donna… non certo come per la donna islamica… ma pur sempre discriminazione, sanzione di inferiorità. Non sto qui a elencare tutti gli aspetti di questa discriminazione: rimando solo alle battaglie femministe… anche queste da un pò di tempo ricordate con fastidio, ritenute fuori moda. magari denunciando certi possibili eccessi o anche errori… ma denunce che rimandano a ‘chi indica la luna e chi indica il dito che la indica’.
Ecco, se tutti – pro o contro il burqa – ricordassero questo (che, ripeto, tutti sanno… ma molti hanno dimenticato, o vogliono dimenticare), forse si eviterebbero quanto meno tanti interventi fortemente scandalizzati, tante lacerazioni di vesti, tante richieste di punizioni esemplari, in modo che, quali saranno le scelte a livello normativo, siano accedttate da chi non le approva, in modo ‘civile’. Il meno ideologico possibile.

Sergio

Basti pensare al “divorzio all’italiana” di solo alcuni decenni fa …
Le donne col burqa da noi saranno alcune centinaia, forse migliaia, ma pur sempre veramente poche perché si faccia addirittura una legge per loro.
Io non ne ho incontrato ancora nessuna, ma credo che se ne incontrassi una mi troverei a disagio: perché è una persona con cui ho ben poco in comune, forse nulla, e con la quale non potrei mai relazionarmi in qualche modo (del resto penso che nemmeno lei e suo marito lo vorrebbero).
Ma mi chiedo: perché questa gente viene a vivere da noi? Sì, va bene, il lavoro e altro (magari anche certe libertà e opportunità). Io comunque non andrei a vivere in un paese in cui mi sentissi a disagio per la mentalità della gente o certe leggi o certi costumi o magari un’altra religione che detesto. Penso che islam e Chiesa di Roma si alleeranno contro il secolarismo.
Ma era proprio il caso di favorire la diffusione di un altro monoteismo, l’islamico, in casa nostra? Non ci era bastato il nostro?
Ci sono 193 stati sovrani a questo mondo che hanno tutti un esercito (tranne Costarica e Vaticano), alcuni hanno anche armi nucleari alle quali mai rinunceranno (chieda il papa a Obama o Israele di eliminarle: sai che risate!). Gli eserciti sono fatti e mantenuti (con fior di quattrini dei contribuenti) per difendere i rispettivi stati, frontiere e territori. Visto che gli stati non contano, non devono più contare perché – dice anche il papa – gli uomini sono tutti fratelli e costituiscono una sola famiglia, la famiglia umana, perché non cominciamo a smantellare questi costosissimi eserciti? Temo però che dovremo decuplicare gli effettivi della polizia.

Gianluca

Qui la religione non c’entra, o non dovrebbe entrarci per niente. Ci sono già leggi di pubblica sicurezza secondo le quali non si può andare in giro col viso coperto. Che bisogno c’è di farne altre puntualizzando su burqa o simili?

“Il pensiero laico ha un suo cardine nella libertà di scelta: ma, in questo caso, di quale libertà di scelta stiamo parlando? Perché è sicuro che, qualunque scelta legislativa si compia, a qualcuno verrà negata la libertà di scegliere come vestirsi”

Non c’è contraddizione. Fatta salva la libertà di di scelta, è normale che questa non sia assoluta, dato che viviamo in una società nella quale la convivenza impone necessariamente delle limitazioni. Non potrei invocare la libertà di scelta di fare quello che voglio se intendo mettermi a sentire musica a tutto volume alle tre di notte. Altrimenti chi vuole se ne va su una montagna a vivere da solo come un eremita e allora lì sì che è liberto di fare davvero quello che vuole.

titti

Uh che novità, il laico Carcano dice che è meglio limitare la libertà delle donne. Ma pensa, nella storia dell’umanità una posizione così rappresenta una assoluta novità: limitare la libertà delle donne, non s’era ancora mai visto! Mettendosi poi la coscienza a posto senza rendersi conto che per liberare “le donne islamiche”, quelle ideali che non esistono, si imprigionano le donne vere, magari costrette a non uscire più di casa perchè non possono indossare il niqab. Ma tanto, cosa ce ne frega di quello che accade nelle case, l’importante è che non accada in pubblico e soprattutto IN QUESTO MOMENTO STORICO.
E, infatti, altrimenti perchè l’Italia sarebbe uno dei primi paesi al mondo per femminicidi?

titti

non so chi sia adele/rossana/lola ma leggendo commenti ad altri articoli intuisco che mi merito di essere associata a quella che considerate una troll solo perchè nell’altro post ho chiesto di non utilizzare insulti svilenti per le donne per argomentare una vostra posizione contraria. In quel caso era l’uso della parola “camionista” associato a un clichè di lesbica grezza e ignorante: evidentemente uno stereotipo misurato sulla norma eterosessuale e condizionato dallo sguardo maschile. Io sono una camionista (una butch) e ne vado fiera. Non facciamo come berlusconi e neppure come lombroso, grazie.

Sai

Bah, dopo gli anni 70 le femministe in Europa stanno scendendo sempre più nel ridicolo.

In nome della LIBERTA’ delle donne, bisogna OBBLIGARLE a non mettere un vestito che ad altri non piace?
Solo perchè a NOI (e non a chi sceglie “liberamente” di indossarlo) non piace il burqa.
Trovate assurda che una donna voglia metterlo (cioè una nostra OPINIONE) , quindi dobbiamo, in nome della libertà obbligarla a non metterlo?
Non trovate anche assurdo che una persona preferisca morire piuttosto che farsi una trasfusione? Li obblighiamo in nome della libertà?
Bene, i cattolici trovano assurdo che due omosessuali si sposino, o che gente da anni su un letto a soffrire voglia morire, o che una coppia sposata divorzi, o tante altre cose… vi farebbe piacere se ci obbligassero a fare qualcosa che non vogliamo?
Il burqa è qualcosa di personale, se una donna vuole indossarlo, non ha niente a che fare con gli altri 7 miliardi di esseri umani.
E se una donna è obbligata dal marito, il problema è il MARITO!
Ma non per questo bisogna violare la libertà di qualcuna che vuole indossare il burqa.

Sai

Ah, era Adele, sorry, l’avevo presa per una normale; comunque tolto il primo rigo, il mio pensiero resta quello.

Kaworu

però il burqa (inteso come velo che lascia scoperti solo gli occhi o nemmeno quelli) è un problema semplicemente di sicurezza pubblica.

io non vedo così “improbabile” che qualche furbacchione possa usarlo ad esempio per delle rapine. i kamikaze mi risulta lo usino già.

quindi nulla contro il velo se alla donna aggrada, basta che lasci il viso scoperto (anche perchè altrimenti pure le suore dovrebbero girare a capo scoperto)

immagine esplicativa:
http://www.ilsitodelledonne.it/wp-content/uploads/2011/08/hijab1.jpg

sono solo il niqab e il burqa a non essere compatibili, per il resto sono praticamente uguali al velo delle suore (pure loro ne hanno di svariate fogge)

Sai

“però il burqa (inteso come velo che lascia scoperti solo gli occhi o nemmeno quelli) è un problema semplicemente di sicurezza pubblica. ”

Hai ragione, se il motivo è la SICUREZZA la legge contro il burqa ha ragione di esistere in teoria.
Il problema è che queste leggi nascono sempre dalla destra più reazionaria e islamofoba, ed usano la scusa della libertà e della sicurezza.

Il burqa e il niqab sono sicuramente patetiche eredita di culture misogine, e col tempo vanno cancellate.

“io non vedo così “improbabile” che qualche furbacchione possa usarlo ad esempio per delle rapine”
Certo, però i modi si trovano sempre =P

Semi-O.T. (che non centra con Kaw.)
A volte si dice che bisogna avere il viso riconoscibile, perciò non si può coprirlo.
Ma una donna che usa un trucco molto pesante, o un travestito, non hanno comunque il viso irriconoscibile?

Kaworu

ma infatti la legge sulla sicurezza già c’è, basterebbe applicarla senza menate di tipo religioso, secondo me.

del resto un tipo col casco integrale e la visiera magari a specchio o fumé che entra in posta non ispira particolare fiducia (questo non vuol dire che una rapina o un omicidio non possano farli anche persone a capo scoperto eh, ma se uno non vuol farsi riconoscere, coprire il volto è elementare).

su una donna con un trucco pesante o altro, il viso è comunque riconoscibile nonostante il trucco. massimo massimo una persona senza trucco sembra più brutta (anche se a volte è vero il contrario, secondo me), però assolutamente irriconoscibile la vedo davvero dura.
drag queen e drag king di solito si limitano al palcoscenico 😉
idem con le lenti a contatto colorate… comunque gli occhi e il viso si vedono.

nel senso che i lineamenti restano quelli, a meno di mettersi su del trucco teatrale tipo trucco per fare frankenstein. o chirurgia estetica, però quella diventa “permanente” in un certo senso.

Adele

infatti io ”scelgo” di indossare il burqa, a carnevale però, solo a carnevale… Come altri vestono da Arlecchino o da Zorro…

Sandra

Il burqa non è un vestito, tra i quali la donna islamica possa scegliere: è IL vestito, è un’uniforme, come la divisa nazista. Il burqa sancisce l’inferiorità della donna all’uomo, e l’inferiorità morale della donna senza burqa rispetto a quella che l’indossa. All’uomo islamico è consentito non sapersi controllare di fronte a qualche centimetro di pelle ed è quindi precisa responsabilità della donna dissuaderlo coprendosi o mascherando le forme (anche le ragazze con il solo velo coprono braccia e gambe completamente e vestono con abiti larghi che dissimulano le curve tentatrici…). E’ su questo punto che vedrei il pericolo per la sicurezza.

Kaworu

infatti il burqa e il niquab si portano SOPRA i vestiti normali.

Stefano Grassino

Analisi perfetta Sandra. Adesso dall’analisi dobbiamo passare alla pratica, al “che fare?” ed io non trovo risposte adeguate, non per il problema in se stesso ma perchè il problema si divincola tra le menti arretrate dell’italiche genti.
Comprendo che rischio di mettermi su di un piedistallo (cosa sbagliata che non vorrei fare) ma se ascolto i commenti tra la gente su questo tema, ti assicuro che mi vien da piangere. Si inizia a parlare del velo e si finisce con il “partito” o la “parrocchia”.

titti

Hai ragione e le tu fonti sono attendibili. Quello che però rimane è l’assurdità di una legge che non muove nulla in termini di reali condizioni delle donne. Prova ne è che la questione è posta volutamente come norma per la sicurezza pubblica. Poi la riduzione in schiavitù tra le mura domestiche non importa a nessuno. E ti assicuro che tra le mura domestiche sono tante le donne che, se non come schiave, vivono come serve.
Per non parlare dei domestic femicide.
E allora mi chiedo alla “sicurezza privata” delle donne chi ci pensa? In ogni caso le morti ammazzate nei domestic femicide in italia sono tante. Più di cento l’anno. Qualsiasi altro fenomeno di tale entità avrebbe scatenato i legislatori in campagne persecutorie se la questione avesse riguardato un particolare gruppo etnico. I due unici domestic femicide che suscitarono il finto sdegno dei nostri legislatori sono stati quelli perpetrati da padre islamico contro le figlie.
Il femminismo anche quello nostrano è stato efficace perchè nessuna legge ha “imposto” l’emancipazione delle donne. E’ stato un movimento di risveglio delle donne. L’imposizione per legge è già di per sè violenta, figuriamoci poi quando si tratta di una legge che si innesta in una situazione storica per cui sarebbe vissuta più come razzista che come femminista.
Insomma, nulla è neutro. E questa legge non è nè laica, nè anti-razzista nè a favore delle donne, quelle in carne ed ossa.

Gianluca

@ titti

“Poi la riduzione in schiavitù tra le mura domestiche non importa a nessuno. E ti assicuro che tra le mura domestiche sono tante le donne che, se non come schiave, vivono come serve.”

Le tue osservazioni sono pertinenti, ma come fa lo stato ad entrare nelle case delle persone per controllare? E inoltre burqa o non burqa quante donne italiane vivono nella situazione che hai descritto tu… Lo so che non è una scusa per evitare di affrontare un problema, ma la questione non è semplice da trattare.

titti

@gianluca
“E inoltre burqa o non burqa quante donne italiane vivono nella situazione che hai descritto tu…”
Infatti, è proprio questo che tentavo di mettere in evidenza. Non è lo stato che deve entrare nelle case, è il maschilismo istituzionalizzato che non deve entrare nelle case, nelle scuole, in nessun luogo.
Oggi ho letto la notizia che si vuole istituire il reato di omicidio stradale perchè un albanese ha ucciso in autostrada un tot di persone. I legislatori si guardano bene di introdurre la fattispecie del femminicidio: l’omicidio di donne in quanto donne da parte dei loro mariti, ex, familiari di varia natura.
Non abbiamo niente da insegnare a nessuno, tanto meno quelli e quelle di presunte “altre culture”.

Giorgio Pozzo

In Italia abbiamo la patologica abitudine di classificare tutto o di destra o di sinistra. La mortadella è di sinistra, il prosciutto di sinistra, e via dicendo. Io preferisco partire dal postulato, che purtroppo vedo molti non digeriscono, che la laicità in pirma istanza, e pure l’UAAR in seconda, sia inclassificabile. La laicità non è nè di destra nè di sinistra.

Conseguenza diretta del mio primo postulato, è che neppure la difesa della stessa laicità possa essere definita di destra o di sinistra. A proposito di questa difesa della laicità, filosofia generale applicata ora a questo caso molto particolare, sorge allora la fatidica (e unica possibile in questo contesto) domanda: questa legge difende la laicità oppure no?

Non sono d’accordo sul fatto che la sicurezza non sia nè religiosa nè laica: la sicurezza è sicuramente laica. Se, in nome di una certa religione, io posso salire su un aeroplano senza lasciare possibilità di essere riconosciuto (tralascio, anche se affatto trascurabile, il fatto che in nome di una certa religione abbiano fatto esplodere aeroplani e altri oggetti), allora, scusatemi, ma la sicurezza è definitivamente laica. La sicurezza deve prescindere dalle opinioni individuali in tema di religione o squadra di calcio, ergo, la sicurezza è laica. Non è che la laicità sia il complemento alla religione, ma il principio secondo il quale le regole e leggi devono prescindere dalla religione. Ergo, la laicità si deve applicare in toto.

E, conseguentemente, la sicurezza non è nè di destra nè di sinistra.

La discussione quindi va spostata sul particolare: dove eventualmente questa legge si rifà a questioni prettamente religiose, andrebbe modificata. Dove questa legge discrimina tra caso e caso particolare, religioso e laico, andrebbe modificata. Dove questa legge abbia delle lacune, bisognerebbe vedere se tali lacune siano oppure no coperte da altre leggi.

La complicazione del panorama è solo dovuta alle infinite discussioni tipicamente italiane (ve lo dice uno che ha vissuto molti anni all’estero) sul colore politico di qualcosa che di colore politico non ne dovrebbe avere.

Ideologie politiche = dogmi religiosi.

Francesco

Viso scoperto per motivi di sicurezza eccetto casi eccezionali, che non sono sicuramente quelli per motivi religiosi, poi come e’ giusto che sia diranno che la chiesa in Italia invece gode di tanti privelegi e allora per non scontentare nessuno togliamo il cadavere dai luoghi pubblici statali.
La trovo un ottima soluzione. 😉

Mauro Ghislandi

Ringrazio Raffaele per la ricchissima e preziosa analisi di tante posizioni cosí diversificate.
Sono invece perplesso sulla conclusione.

Sono d’accordo sul merito della scelta tra due diritti opposti (situazione peraltro frequente in moltissimi ambiti). E concordo anche sulla scelta di far prevalere l’interesse delle donne costrette a subire imposizioni basate su (presunti) motivazioni religiose rispetto al diritto a vestirsi come si vuole.

La perplessitá riguarda il modo in cui questo divieto viene normato.

Se veramente quello che conta fosse il divieto per le donne di indossare indumenti che si presuppongono imposti da mariti o altri familiari, il divieto dovrebbe essere esplicitamente espresso in questa forma (elencando perció gli indumenti vietati). In questo contesto come far rientrare il divieto per i caschi integrali (che dovrebbe essere esteso ai passamontagna, come giustamente osserva Raffaele), dettato da evidenti motivazioni legate alla sicurezza? Si stanno mescolando due istanze (sicurezza e difesa della dignitá femminile) quasi completamente separate (dico quasi perché c’è sempre l’ipotesi che ci possano essere attentatori che utilizzano questi indumenti per meglio raggiungere i loro scopi).

Un’ultima osservazione/provocazione: gli indumenti indossati dalle suore dobbiamo considerarli liberamente scelti o etero-imposti?

romeno182

ma e’ questo l’ occidente che ha portato avanti la lotta femminista?? dove sono le femministe quando servono?? teoreticamente da un punto di vista di liberta di scelta, avrebbero anche il diritto di metterlo. PERO se ci ricordiamo delle ribellioni dei 68’ini, perche non dovremmo applicarle alla religione islamica. che e’ di fatto assai peggio del cristianesimo di 50 anni fa. io non sono per fare leggi anti-libertarie e anti-individualiste come la proibizione. ma e’ da un punto di vista ideologico che io non accetto il niqab, perche rappresenta OPPRESSIONE.
Che fare allora? confrontare l’ islam, criticarlo in modo spietato. nessuna tolleranza (ideologica, non dal punto di vista del diritto) verso l’ integralismo religioso.

scommettitore

A mio avviso dobbiamo essere molto pragmatici e non perderci in disquisizioni di lana caprina.
Il velo imposto e’ un simbolo della sottomissione della donna all’ uomo e quindi , non essendo noi in grado di stabilire quando e’ portato per decisione autonoma della donna o quando e’ un simbolo di sopraffazione , non abbiamo altra scelta che vietarlo .
Per le suore si vedra’ …

giuseppe

Un’ultima osservazione/provocazione: gli indumenti indossati dalle suore dobbiamo considerarli liberamente scelti o etero-imposti?

Che razza di parogone inutile.Ogni scusa é buona per attaccare chi crede. Pure davanti ad un problema cosi grave come la sottomissione crudele delle donne nell’islam. E poi vi definite razionali….

Mauro Ghislandi

Evidentemente ho toccato un nervo scoperto.
Hihihihihihihihihihihihihihihihihihihi!

scommettitore

Razionalmente allora, un oggetto , un qualunque oggetto ,oltre ad essere un qualcosa di reale , di tangibile , ha anche un valore supplementare che noi uomini gli attribuiamo piu’ o meno arbitrariamente e che esso non ha assolutamente in natura.
E’ il caso ad esempio degli oggetti di culto a cui viene attribuito dalle religioni un valore in piu’ che pero’ non e’ riconosciuto nel resto dell’ universo. Due semplici pezzi di legno possono acquisire se incrociati un valore addirittura insindacabile per alcuni e cosi’ via.
Naturalmente gli abiti non fanno eccezione anzi spesso diventano simbolo di divisione o di inferiorita’ fino ad arrivare a situazioni paradossali che contrastano palesemente con le leggi o con il buonsenso. Cosa fare allora ?
E ce lo chiediamo anche ?
Gli abiti dei religiosi occidentali sono cambiati in modo sostanziale nel corso dei secoli quindi un ulteriore cambiamento come la rinuncia al velo delle suore per un obiettivo piu’ grande come la pace sociale dovrebbe , a mio modo di vedere , essere accettato tranquillamente . Dopotutto si dice che non e’ l’ abito a fare il monaco!
Quanto al velo nell’ islam se qualche talebano vuole imporre a moglie e figlie un velo (o peggio usi ancor piu’ barbari ) penso che dovremmo semplicemente prendere atto della sua incapacita’ di adattarsi ad una vita sociale democratica e quindi espellerlo .
Non facciamo guerre civili per quello che in sostanza e’ e rimane un pezzo di stoffa.
Non potendo togliere al pezzo di stoffa il “valore” supplementare che alcuni gli attribuiscono , semplicemente eliminiamo il pezzo di stoffa finche’ siamo in tempo ma sbrighiamoci perche’ temo che fra pochi anni l’ infiltrazione religiosa nel tessuto sociale sara’ tale da rendere impossibile ogni azione in questo senso.

scommettitore

Mi pare pero’ che il problema non sia il velo ma il burqa o comunque abiti che nascondano completamente il viso.

Sandra

La scusa buona è il maschilismo di cui sono promotori cattolici e musulmani. Nel caso specifico dell’abbigliamento imposto alle suore non si criticherebbero i protestanti.

L’esistenza stessa delle suore è legata al sacerdozio negato alle donne. Solo gli uomini possono essere preti (come gli imam) che al contrario delle suore possono non indossare la tonaca. Sarebbe ora che la Chiesa cattolica recuperassi il ritardo culturale rispetto all’Europa e desse uguali diritti alle donne.

romeno182

guarda che tante donne lo VOGLIONO mettere. non e’ solo un problema di maschilismo, ma e’ la cultura repressiva stessa che e’ il problema

Sandra

Così come tante donne volevano il matrimonio riparatore…..seeeee, svegliamoci dai. La legge ha cancellato la possibilità dello stupro condonato, a tutto vantaggio delle donne. Se poi a qualcuna piaceva, beh, se ne sarà fatta una ragione.
Prova a uscire tutto vestito dalla testa ai piedi, e dimmi quante pigne devi avere al posto del cervello per pensare che lo si possa scegliere. Se vogliono metterlo in moschea, nella sezione a loro dedicata lontano dagli uomini, ben venga. Che si debba tollerare che alle donne sia vietate la possibilità di cambiare tenuta, no. Anche i militari si mettono in borghese.

Adele

Toglietevi i paraocchi dell’odio irrazionale verso i cattolici. Innanzitutto le suore non si coprono il volto ed è una divisa, poi non è certo segno di sottomissione all’uomo, tant’è che non sono sposate e dedicano la loro vita al volontariato e alla preghiera. Stesso discorso vale per i frati che indossano il saio. Come vedete non c’è alcun paragone col burca.

Francesco

Giuseppe
Una persona seria non si preoccupa solo delle superstizioni tipiche degli altri paesi ma e anche di quelle del suo, e’ sempre indecente che una superstizione imponga a delle donne il modo di vestire.

Nathan

In un Land tedesco, governato dai democristiani, alcuni anni fa fecero una legge che prroibivA L’USO DEL VELO alle insegnanti di tutte le scuole. Una insegnante mussulmana, che usava il velo, fece ricorso contro quella legge, ed il suo avvocato, molto furbo, chiese se quella legge era applicabile alle suore cristiane., in caso negativo minacciò denuncia di discriminazione su base religiosa, ovviamente incostituzionale. Quella legge venne subito ritirata.

Adele

Infatti le suore non si sottomettono a nessun uomo ma hanno scelto di non sposarsi e di dedicare la loro vita soltanto ad opere di volontariato e alla preghiera e vivono in comunità. Stesso discorso per i frati. Non c’è paragone.

candida

Chiunque veda un burqa ( con una donna dentro ) non può non rendersi conto di quel che è: una prigione semovente. L’unica cosa da fare è proibirlo, dopodiché si passerà a parlare d’altro, delle suore o di tutto quello che si vuole.

antoniadess

Originariamente la Sbai proponeva una legge di un solo articolo a integrazione, appunto, di quella del ’75 sulla sicurezza, che si prestava ad interpretazioni opposte (la religione giustificato motivo alla deroga oppure no) nell’applicazione dei giudici,,burqa sì e burqa no, come la cronaca ci ha informato; nel nome della laicità il congresso uaar si è espresso a favore per confermare la propria contrarietà al fatto che le religioni siano motivo di deroga alle leggi dello Stato contro il principio di uguaglianza dei cittadini; che questa deroga sia prassi in molte leggi a favore della religione cattolica, alle quali coerentemente sempre ci opponiamo, non è buon motivo per avere una posizione diversa, anche se nell’ntento dei legislatori ci sono motivazioni di carattere identitario in cui non ci riconosciamo ; considerare il burqa come un semplice capo di abbigliamento è malfede in chi non vuol vedere le implicazioni, simboliche e pratiche, che tale tradizione implica, compresa la negazione del principio di autodeterminazione delle donne: altro che libertà di scelta, almeno che non si consideri tale l’adesione a un sistema di schiavitù e oppressione, ma uno schiavo consenziente non rende la schiavitù più accettabile in un sistema basato sulla dichiarazione universale dei diritti umani. Sono contenta che l’opinione del nostro segretario confermi la decisione dell’ultimo congresso, pur nell’articolazione dei distinguo, data la complessità degli argomenti in ballo

antoniadess

p.s.
il divieto di passamontagna, caschi e similari, in situazioni che non siano giustificate, è già in quella famosa legge sulla sicurezza del ’75, ancora in vigore, perciò ribadirlo mi sembra inutile

Paolo1984

non sono d’accodo però quando Carcano afferma che senza il divieto del burqa si nega la libertà alle donne costrette a indossarlo dai familiari..in quel caso scatta il reato di riduzione in schiavitù che è già punito dalle norme vigenti e non necessita di altre semmai c’è bisogno di una battaglia culturale per aiutare le donne a denunciare eventuali condizioni di schiavitù in famiglia.
E poi si potrebbe facilmente rigirare l’argomentazione dicendo che vietando il burqa si costringerà le donne che, volente o nolente, lo indossano a restare chiuse in casa rendendole ancora più isolate di quanto non lo fossero prima

Roberto Grendene

riconosco che queste sono ragioni che spingerebbero a scegliere per la libertà di scelta di indossare burqa, niqab (ma anche abiti da Ku Klux Klan, uniformi naziste, ecc.)

alla fine e’ questione di relatisismo (quello buono): quale scelta fa piu’ danni?

per me quella di rendere legittimo indossare l’abito simbolo di segregazione e subordinazione della donna

Elvetico

Non capisco perché Carcano scrive “Se si vuol ragionare esclusivamente in modo laico, si potrebbe cominciare lasciando da parte il problema della sicurezza.”
Chi si deve occupare della sicurezza, la chiesa forse?
Io penso proprio l’opposto, come già dissi
http://www.uaar.it/news/2011/08/03/burqa-primo-si-commissione/#comment-534764
Interessante il pensiero di Sgrena, a mio parere focalizza il punto cruciale.
I riferimenti alle suore non sono pertinenti fino a quando queste non celano il volto ma si limitano a vestirsi in modo buffo, come peraltro i preti con la gonna.

Don Drak

In un paese politicamente sano sarei favorevole a questo tipo di leggi. Ma che non venga a parlare di sicurezza dei cittadini e di dignità delle donne gente rotta, figlia della stessa malattia mentale che ha causato nella storia dell’uomo ogni sorta di massacri etnico-religiosi, due conflitti mondiali, innumerevoli totalitarismi, le bombe atomiche e centinaia di milioni di morti per fame.

Berta67

Sottoscrivo tutto. La conclusione è quella scelta anche da me in altro luogo di discussione.

Quanto all’opinione di donna come richiesto dall’articolo, mi piacerebbe che esistesse libertà di scelta, posto che le donne siano consapevoli veramente di se stesse. Ma dato che al momento ciò non è ancora possibile….

Sottolineo la parte dell’articolo in cui si evidenzia come citando solo certi indumenti si esca da una linea obiettiva che dovrebbe valere per qualunque legge; la citazione non mi piacque neppure al congresso.

luigi

CONCORDO CON SANDRA. E’UN PROBLEMA DI MASCHILISMO IMPERANTE SOPRATTUTTO MEL MONDO ARABO ASIATICO E AFRICANO. SE E’ UNA SCELTA DELLA DONNA ESSA DEVE ESSERE LIBERA DI PORTARLI DENTRO CASA E FUORI CASA. TENENDO CONTO CHE SE VIENE FERMATA PER UN CONTROLLO DALLA POLIZIA LI DEVE TOGLIERE E MOSTRARE IL DOCUMENTO DOVE IL VISO E’ SENZA DI ESSI. LA FOTO SU QUALSIASI DOCUMENTO POSSIEDA LA DONNA DEVE ESSERE A VISO SCOPERTO. MA I MASCHI MASCHILISTI PERMETTERANNO MAI QUESTO ALLE DONNE? A QUESTO PUNTO LA DONNA DEVE TROVARE IL CORAGGIO DI DENUNCIARE MARITO,FRATELLI,ZII,CUGINI,NONNI ECC.ECC.

Davide Corsaro

Non concordo.

Non vedo perché per garantire maggiore libertà alla donna invece di usare la cultura (far prendere coscienza alle donne del loro ruolo) si usi l’imposizione (che, a dispetto da quanto da molti affermato potrà al più portare alla reclusione in casa di troppe donne).

Che ne sarebbe di noi, oggi, se avessimo messo al bando le minigonne o le magliette corte o i costumi a due pezzi?

Per me è la stessa cosa, è una legge dalla vista corta e come tutte le limitazioni della libertà la guardo con preoccupazione.

Quanto alla legge sul casco integrale da motociclista la guardo con altrettanto sospetto. Quante persone si sono salvate da pericolosi attentati perché i killer non potevano usare un casco integrale? Decine? Quanti motociclisti hanno lasciato mento, denti e vita sull’asfalto grazie a tale legge? Di più, vero?

Una legge nata dalla paura non credo sarà mai una buona legge ne tantomeno legge universale.

Kaworu

credo che il problema del casco integrale sia se te lo metti quando non sei in moto (o se hai visiere oscuranti o a specchio che in pratica non fan vedere minimamente il volto, nemmeno gli occhi).

(non faccio l’avvocato, ma penso che solo un idiota darebbe una multa a un motociclista che guida col casco integrale. diverso se quello stesso tizio ha un bel casco integrale con visiera scura e se lo mette per “andare a far la spesa” in una gioielleria per dire)

il problema della reclusione che tu porti è reale, visti i trogloditi con cui abbiamo a che fare. però penso che oltre una certa età la cultura possa poco (anche per via delle scarse possibilità di accesso ad essa: se sei reclusa in casa con tuo marito che ti dice anche quante volte respirare e che esce sempre con te, è difficile captare qualcosa).

la cultura penso possa far più presa sui ragazzini, ma ovviamente la scuola pubblica (che è quella che frequentano in linea di massima i figli di immigrati, a meno che siano immigrati dal liechtenstein) ha le risorse che ha. si potrebbe e si dovrebbe investire soprattutto in quella.

Davide Corsaro

Concordo sul fatto che il casco integrale, abbigliamento tecnico, dovrebbe essere permesso solo nell’uso della moto (e un metro intorno per metterlo e toglierlo). Questo permette benissimo ad un killer di gambizzare chi vuole (gli basta non scendere dalla moto) ma vietare il casco è un prezzo che una società civile non dovrebbe permettersi.

Se non siamo in grado di insegnare alle ragazze che il velo integrale è un indumento come un altro purché la scelta sia loro non è imponendo con la legge che creiamo qualcosa di buono.

Comprendo anche che ragazze potenzialmente più libertine delle loro madri si troveranno costrette ad indossare il vetro ma abbiamo già delle leggi contro imposizioni, schiavitù ecc. e basterebbe farle rispettare senza inasprire nulla.

Per contro poi tra vietare il velo e sapere di donne recluse per questo e permetterlo lasciando che queste donne potranno girare e confrontarsi con la società (e crescere, chissà) mi fa pensare che è meglio non vietarlo.

Chi scrive ridacchia pensando che il passo successivo sarebbe togliere il velo alle suore ma so bene dove si fermerà la legge in Italia e questo mi fa ancora più rabbia. Vorrei vedere le facce dei benpensanti cattolici quel giorno.

Kaworu

mah guarda, ci sono diversi “livelli” di velo, come ho postato sopra.

per me burqa e hijab sono assimilabili al casco integrale con visiera oscurata quando non vai in moto o alla maschera di gomma di craxi.

sono cose che impediscono il riconoscimento e non “servono” di fatto a nulla.

il velo di per sé (quelli che in qualche misura coprono i capelli e comunque lasciano visibile l’ovale del viso) sono già in parecchie zone essenzialmente degli accessori di abbigliamento, tant’è che ne esistono varie fogge e via dicendo, e non sono sempre una costrizione.

dubito che si arriverà a togliere il velo alle suore o alle musulmane che comunque indossano un velo con il volto visibile, così come dubito che si arriverà a dar multe per un casco integrale indossato mentre si va in moto.

Kaworu

poi ripeto, imho si deve puntare sulle ragazze (e forse ancora di più sui ragazzi) che vanno a scuola.

ovviamente, in questo paese un investimento del genere non passa nemmeno per l’anticamera del cervello bacato dei bifolchi che ci governano.

Davide Corsaro

Si, vietare è più facile e alleggerisce le coscienze.

Quanto al velo si, ci sono vari gradi ma è il principio che conta. Possiamo noi (Stato) decidere metrature valide dei vestiti?

Possiamo ancora applicare anacronismi come “decenza” e “pudore” quando poi basta una delle Iene a dimostrarci che se giri per strada vestita come una soubrette della TV (nazionale e popolare) finisci in galera per adescamento?

romeno182

davide ha ragione da vendere. si possono fare leggi che vietano, pero sono antiliberali. il problema sta’ piu ha monte. si tratta di combattere quell’ ideologia repressiva di per se a monte, poi non devi piu fare leggi che vietino. pero e’ piu facile il dire che il fare..

Roberto Grendene

Corsaro: “il velo integrale è un indumento come un altro”

beh no, e’ un preciso simbolo di sottomissione, umiliazione, discriminazione della donne

la domanda dovrebbe essere quindi: “una persona perfettamente a conoscenza di questo, puo’ liberamente utilizzare tale simbolo?”

in altri termini, un nero pur sapendo cosa significa puo’ circolare con veste e cappuccio del Ku Klux Klan? Oppure un ebreo, puo’ circolare con una svastica?

a mio avviso e’ troppo forte la potenza del simbolo, almeno in questa società (una svastica in india significherebbe tutt’altro)

luigi

E’ ANCHE VERO CHE NON AVENDO NOI LA POSSIBILITA’ DI SAPERE SE L’USO DEL BURQA E DEL NIQAB E ‘UNA SCELTA DELLA DONNA O UN’IMPOSIZIONE TANTO MEGLIO VIETARLO. ARGOMENTO E SCELTA DIFFICILISSIMI.

Davide Corsaro

Se si tratta di libera scelta non possiamo vietarlo come non si vietano gonne corte e indumenti sexy (o parrucche, o occhialoni ipercoprenti).

Se si tratta di una imposizione il compito della società si ferma all’educazione e all’applicazione eventuale del normale codice civile (mi pare abbiamo leggi per tutto, plagio, negazione della libertà – reclusione, schiavitù…).

Si può discutere della sicurezza nel qual caso, come più o meno diceva Franklin (cito a memoria) “chi baratta la libertà un poco di sicurezza in più non merita né la libertà né la sicurezza e le perderà entrambe”, frase che mi ha fatto molto riflettere.

romeno182

concordo pienamente, nel nome della sicurezza pubblica SONO STATI COMMESSI I PEGGIORI CRIMINI, NON DIMENTICHIAMOLO MAI. il problema e’ l’ ideologia repressiva che sta dietro. e’ quella che va combattuta con tutte le forze.

luigi

“La religione è l’oppio dei popoli” quindi è una droga. Allora mi chiedo: credere in babbo natale,in cenerentola,nell’uomo ragno,in belzebù,nell’aromaterapia,nella pranoterapia,nell’astrologia,nella cartomanzia,nella magia,nell’omeopatia,nella cristalloterapia e chi più ne ha più ne metta SONO TUTTE DROGHE? Allora che cos’è NON DROGA? La risposta è una: credere nella RAGIONE,credere nel proprio pensiero libero,osservare tutto ciò che ci circonda e analizzarlo con la nostra ragione e arrivare AD UNA NOSTRA CONCLUSIONE sempre se ciò sia possibile,perchè la ricerca della VERITA’ è continua e sicuramente nessuno arriverà mai alla verità,sarà sempre nel dubbio. Io perlomeno preferisco rimanere sempre nel dubbio che accettare LA VERITA’ ASSOLUTA propagandata e imposta con ARROGANZA dalla religione e da tanti ciarlatani in giro.

ciasky

Io vivo a Roma e non ho mai visto una donna col burqa.
Altro discorso per il velo sul capo, certamente più diffuso…
Ma certo non credo sia una legge urgente per il nostro paese, questa.

Poi possiamo star qui giorni a discutere se sia più crudele/maschilista imporre il burqa o far pagare le donne perché poi lo indossano.
Io non mi sentirei di vietarlo per legge comunque, perché il rischio di punire ancora la donna è molto elevato.

Da un punto di vista culturale e di comunicazione, là secondo me c’è lo spazio per intervenire.
Ma ci vorrebbe un governo un tantino meno becero per riuscire a discuterne seriamente, con interventi nelle scuole, sulla tv di stato, con le pubblicità…

Paul Manoni

Nel suo piu’ importante saggio, intitolato “On Liberty”, Jhon Stuart Mill, diceva chiaramente che lo Stato non puo’ e non deve imporsi di legiferare sulle libertà dell’individuo, a meno che queste libertà, non risultassero essere una minaccia per la società stessa. La libertà di indossare un determinato tipo di abito come il velo islamico, risulta rientrare a pieno titolo, nella fattispecie delle libertà dell’individuo. Per il danno che l’uomo fa a se stesso si tratta di un fastidio che la societa’ puo’ permettersi negli interessi di un bene maggiore: la liberta’ umana.

Gli atti che danneggiano altre persone pero’, vanno trattati in modo completamente diverso. In presenza di un preciso danno, o di un preciso rischio di danno, per il pubblico o per un individuo il caso esula dalla sfera della liberta’ individuali, e rientra a pieno titolo nella sfera della tutela della società da parte del legislatore.

Partendo da questo pero’, bisognerebbe quantomeno andare a “quantificare” il danno o il rischio di danno derivato dal velo islamico, per la società. Anchio sono uno di quelli che ritiene che la minaccia del velo, alla sicurezza dei cittadini, sia pressocche’ ridicola o quantomeno discutibile. Ad oggi infatti, sono rarissimi i casi di illeciti (rapine e quant’altro)commessi in tenuta “burqua”. Non ne sono certo ma probabilmente si contano sulle dita di una mano in tutta Europa questi casi. Motivare una legge “anit-velo” per questioni relative alla sicurezza, mi sembra una forzatura dettata dall’ideologia politica del legislatore e basta.

Diverso, e’ il danno che inevitabilmente viene procurato dal velo (da chi lo indossa o da chi impone di indossarlo), in termini di violazione dei valori fondanti della nostra società, espressi nella Costituzione. E’ infatti una chiara violazione del principio di ugualianza (ugualianza tra uomo e donna) di tutti i cittadini, indossare il velo. La donna islamica, si pone in uno stato di inferiorità e subordinazione, rispetto all’uomo che guardacaso, e’ proprio colui che con modi a volte poco ortodossi, lo impone.

Lo Stato pertanto, onde evitare di accettare passivamente la perenne violazione di un principio Costituzionale, ed onde evitare di mettersi nella condizione di complicità con chi viola il sopracitato principio, e’ inevitabilmente chiamato a legiferare in merito, vietando di indossare un indumento chiaramente simbolico e rappresentativo di una condizione di disparità tra donne e uomini islamici.

Mi si potrebbe obbiettare l’argomentazione, ribadendo che le donne islamiche che indossano il velo (soprattutto quelle occidentali convertite!), lo fanno per libera scelta aggiungendo che sono ben felici di farlo. Sempre secondo Mill pero’, l’indivudio, seppure volontariamente, non puo’ vendere se stesso: vendendosi come “schiavo” rinuncia proprio alla liberta’. Il principio della liberta’ non puo’ ammettere che si sia liberi di non essere liberi. Sarebbe una “libertà di cartapesta”. Un’illusione di libertà quindi.

E’ un po’ come per il pedobattesimo cattolico. Sono altri che scelgono al posto del battezzato. Che poi questi possano essere ben felici di essere stati battezzati, e seguire la dottrina della loro religione fino ad arrivare ad essere nominati Papa dal conclave, poco importa davvero. E’ e resta sempre una decisione ed un’imposizione imposta da altri, e non si puo’ certo dire di essere stati liberi di scegliere la propria religione di appartenenza.

Vietare il velo quindi lo trovo doveroso, fosse solo per l’ottenimento di una società che rispetti i suoi stessi principi fondanti. Ammetto pero’, che bisognerebbe farlo con delle argomentazioni e delle motivazioni che vadano ben oltre, i faziosi ed anti-islamici motivi di “sicurezza” sciorinati dal legislatore, e che vadano ben oltre il semplice divieto fine a se stesso. Occorre indicare a dovere agli islamici, donne e uomini che siano, i motivi per i quali nella società occidentale, non e’ tollerabile una disparità tra donne e uomini stessi. Occorre saper spiegargli a dovere, quali sono i valori in cui l’occidente si rispecchia. Occorre salvaguardare le libertà individuali ed i diritti relativi, ma nel limite massimo in cui la società riesca a mantenersi salda nei principi sui quali si fonda.

luigi

GRANDISSIMO PAUL MANONI. QUINDI VIETARE IL VELO NON PER PER RAGIONI DI SICUREZZA,MA PERCHE’ INDOSSARE IL VELO VIOLA UN PRINCIPIO COSTITUZIONALE CHE GARANTISCE PIENA PARITA’ DI DIRITTI E DOVERI PER UOMINI E DONNE. E CHIARAMENTE INDOSSARE IL NIQAB O IL BURQA INDICA UNA SOTTOMISSIONE DELLA DONNA ALL’UOMO E QUINDI VIOLA UN PRINCIPIO COSTITUZIONALE.

luigi

QUINDI PAUL BISOGNEREBBE NEI PAESI MUSULMANI NON SOLO CAMBIARE GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE MA ELIMINARE IL CORANO NEL QUALE,CREDO,SIA STABILITA LA TOTALE SOTTMISSIONE DELLA DONNA ALL’UOMO. MA PER FARE QUESTO OCCORRE FARE UN PROFONDO CAMBIAMENTO CULTURALE. COMUNQUE IO NON HO LETTO NE’IL CORANO,NE’ LA BIBBIA E NON RICORDO NULLA DEL VANGELO. MEGLIO COSI:LA RELIGIONE E’ UNA DROGA PERICOLOSSISSIMA COME LE DROGHE FISICHE.

nightshade90

luigi, non potresti evitare l’uso smodato del caps lock in ogni post? secondo la netiquette è un comportamento piuttosto maleducato: usare il caps lock su internet equivale a gridare. ha senso farlo per singole parole che si vuole mettrere in evidenza o addirittura per una frase ogni tanto particolarmente importante, ma farlo di continuo non và bene….

Elvetico

@Manoni
Non credo che l’aspetto sicurezza sia marginale, può essere pretestuoso guardando a chi lo utilizza.
Il discorso sulla irrinunciabilità alla propria libertà mi sembra un pendio scivoloso, io credo che mercanteggiamo sulla nostra libertà in continuazione e non mi pare riprovevole, anzi necessario per una armoniosa e tollerante convivenza.
Il burqa inaccettabile perché “donna islamica, si pone in uno stato di inferiorità e subordinazione” ? Secondo me non c’è problema se “si pone”, ma c’è problema (e non solo problema, anche reato di violenza privata) se “viene posta”.
Anche le ragazze gotiche che si fanno portare a spasso al guinzaglio si pongono in deliberata posizione di sudditanza, dobbiamo vietare anche quello? http://rob1968.files.wordpress.com/2008/01/donna-al-guinzaglio.jpg
A mio parere, fare dei distinguo sul burqa per il suo significato simbolico di ineguaglianza o sudditanza e motivandone così la proibizione è un modo in cui la religione influenza le regole dello stato civile.
Sono sempre più curioso di procurarmi un burqa e girare un po’ per vedere le reazioni, magari entrando in un ufficio postale o in una banca… saranno tutti preoccupati per la mia sudditanza?

giuseppe

Sandra risponde:

domenica 14 agosto 2011 alle 14:18

La scusa buona è il maschilismo di cui sono promotori cattolici e musulmani. Nel caso specifico dell’abbigliamento imposto alle suore non si criticherebbero i protestanti.

Ti ricordo che l’abbigliamento che dici “imposto” alle suore ( che lo scelgono liberamente ) é “imposto ? ” anche a preti e frati. Quindi non vedo cosa c’entri il maschilismo in questo discorso.

MASSIMO

@ Giuseppe

Ciao simpatico. Hai mai pensato di fare il comico? Avresti una carriera assicurata.

giuseppe

Poi accusi me, tu con i tuoi compari, di fare le battute senza mai entrare nel merito dei discorsi ? Ma fatti a fare un bagnoo fresco, cosi forse ti si apre la zucca.

firestarter

che hai detto giuseppe? puoi ripetere che non ho capito? (nel frattempo, giuseppe, non scordarti la pasticca per alleviare i postumi della lobotomia che hai ricevuto all’ultimo angelus)

nightshade90

perchè, preti e frati sono tenuti a tenere sempre coperti alla vista i capelli?

Sandra

Tommaso d’Aquino: “Non potendo dunque il sesso femminile esprimere alcuna eminenza di grado, essendo la donna in stato di sudditanza, è chiaro che essa non può ricevere il sacramento dell’ordine.”

Tommaso scrive queste talebanate nel XIII sec., e ci potrebbe anche stare, storicamente. Viene però dichiarato dottore della Chiesa cattolica nel 1567. Qualche decennio prima, Lutero aveva chiuso i conventi, abolito l’obbligo di celibato, e affermato il sacerdozio (non il ministero) universale per tutti i credenti. E’ un primo passo verso la parità.
Come vedi, hai torto a parlare di attacchi gratuiti a chi crede. Sono i cattolici e i musulmani a essere così ancorati a una visione sessista e retrograda, che poi si riflette sull’abbigliamento. Riconoscerai che i preti sono esentati dal vestirsi costantemente in modo ridicolo. Anche se l’abito delle suore è migliorato (accorciato le gonne e reso meno rigido tutto l’ambaradan cuffia e velo) ammetterai che sono davvero ridicole e fuori dal tempo, e senza nessun motivo tranne quello di essere dei segnali ambulanti! E’ ora di rinnovare il guardaroba, siamo nel 21mo secolo!

romeno182

parli di quel lutero che era ossessionato dalle streghe e che voleva metterle al rogo il piu presto possibile?

Sandra

No, veramente stavo parlando di cultura, quella nord-europea a cui pure Lutero si è dovuto adeguare, così come tutta la chiesa protestante, fino a consentire il ministero sacerdotale e l’episcopato alle donne. Sai, quelle cose come parità, democrazia, contrasto al principio di autorità, allergia alle gerarchie….. pensa dove saremmo se la riforma avesse potuto espandersi, invece che essere soffocata, anche da noi.

romeno182

guarda che il cattolicesimo e’ considerata una forma di cristianesimo abbastanza liberale..

fab

Dunque, giuseppe, tirando le somme: MASSIMO inteviene senza risponderti e giustamente glielo fai notare; nightshade90 entra nel merito e tu zitto e mosca, scomparso nelle nebbie.
Pare proprio che quella tua invocazione al confronto sia una pura balla. Temevo, in effetti.

Giorgio Pozzo

Permettetemi di dissentire vigorosamente da quanto considerato da alcuni. Più precisamente, mi riferisco ai commenti che stigmatizzano i divieti. Alcuni scrivono che “vietare è comodo, alleggerisce le coscienze”, e così via. Bene, questo forse potrebbe anche essere appropriato in alcuni casi particolari, ma non certo in linea di principio.

Da un punto di vista logico, scientifico, e pure morale, il divieto è il modo migliore di definire qualcosa. Ne consegue che anche una legge dello stato, per massimizzare la propria chiarezza e disambiguità, dovrebbe utilizzare il divieto per definirsi.

Le norme più chiare e inequivocabili sono quelle che vietano qualcosa: “Quando il semaforo è rosso, non si passa”; “Nei centri abitati non si devono superare i 50km/h”. Gli aeroplani non possono cambiare livello di quota senza autorizzazione. La morale corrente vorrebbe richiedere a tutti di “essere buoni”, ma questa richiesta in positivo non può essere considerata abbastanza chiara. Molto meglio specificare in negativo: “Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. La scienza spiega che le leggi fisiche fondamentali vietano: “Nessun oggetto dotato di massa può superare la velocità della luce”; “L’energia non si può creare dal nulla”. E via dicendo.

Quindi, permettetemi di dire che il divieto di indossare il burqa non deve essere criticato solo perchè si tratta di un divieto in linea di principio. Anzi.

Infatti, sembra che il divieto di “far indossare il burqa” sia invece accettato da tutti come divieto di un certo tipo di violenza domestica maschilistica. Ora, se il solo modo di impedire questa costrizione imposta alle donne sembra essere quello di vietarlo, ben venga allora. Se indossare il burqa è vietato, allora in qualche modo si agisce sulla costrizione ad indossarlo, che viene ad essere automaticamente e conseguentemente vietata. Se la circoncisione femminile (eufemismo ipocrita per dire clitoridectomia) è vietata, significa che lo diventa anche la costrizione eseguita sulle donne a subirla. Se il matrimonio tra minori è vietato, significa che lo diventa anche il matrimonio combinato della figlia minorenne.

Non sono molto propenso a credere alla genuinità della decisione di una donna ad indossare il burqa, che tra l’altro non è affatto richiesto dal Corano.

romeno182

“Da un punto di vista logico, scientifico, e pure morale, il divieto è il modo migliore di definire qualcosa.” chi definisce?? chi da il diritto a un gruppo di individui di definire divieti?? si chiama collettivismo. chi semina divieti, raccoglie discriminazioni.

d’ altra parte io sarei piu per azioni individuali, come quella donna che strappo’ i burqa alle due donne. perche no? forse e’ quella la giusta ribellione contro questa ideologia repressiva.

romeno182

bisogna ricordare che ogni emancipazione dal colletivismo porta con se anche azioni giuridicamente non legali, ricordiamoci i 68’ini.

Giorgio Pozzo

Ci sono molte ragioni per le quali i divieti sono necessari, ma in questo caso specifico il problema è che ci sono due ragioni: sicurezza (riconoscimento del volto) e prevenzione violenza privata (nessuno deve imporre uno scafandro a una donna).

Se poi vogliamo eliminare i divieti, allora questo si chiama anarchia. Io non vedo affatto questa negatività del divieto in linea di principio. Ovviamente, e in ogni caso, una legge/norma non deve contraddire la Costituzione, altrimenti il divieto e la legge diventano anticostituzionali e inaccettabili.

Elvetico

condivido e poiché:
Legge 22 maggio 1975 n. 152
Art. 5
“È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.
Il contravventore è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. 
Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l’arresto in flagranza.”

Poiché manca il “giustificato motivo” niente burqa in pubblico.

Daniele

In Italia una Legge del 1975 dice che è vietato stare in luoghi pubblici (strade, piazze, parchi, ecc…) o in luoghi privati ma aperti al pubblico (bar, ristoranti, ecc…) a volto totalmente o anche solo parzialmente coperto. Questo per ragioni di pubblica sicurezza: una persona deve essere sempre riconoscibile, e quindi deve avere il volto del tutto scoperto. E’ invece permesso coprire collo e capelli, poiché non necessari al riconoscimento di una persona. Per cui, in pubblico, niente burqa, niente niqab e niente abaya (che coprono il volto)… invece, sì al chador e si allo hijab (che lasciano scoperto e riconoscibile il volto). Cioè basta far applicare una Legge che esiste già e il problema è risolto, senza tirare in ballo altre questioni.

Halftrack

Non conoscevo questa Legge.

Ora so che se dovessi avere il raffreddore e volessi uscire d’inverno non mi è permesso coprirmi la bocca, naso compreso, da una sciarpa.

Lo stesso: se volessi coprirmi il volto dalle mascherine (esistenti in commercio) per difendermi dall’inquinamento dell’aria commetterei un’infrazione alla Legge.

Il buon senso mi dice che per questioni di sicurezza dovrei essere tenuto a farmi riconoscere in qualsiasi momento su richiesta di un operatore autorizzato togliendomi la sciarpa, la mascherina antinquinamento, il casco integrale e qualsiasi altro indumento che impedisce il riconoscimento.

“L’umanità ha sempre barattato un pò di felicità per un pò di sicurezza.” Sigmund Freud

Gérard

Quanti amalgami fatti quando si paragona il velo della suora ( in via di estinzione ) a quello dell’imburqata ( e compagnia bella…. ) in via di crescita .

La suora con il suo velo segnala che ha rinunciato personalmente al sesso quando la donna col velo integrale segnala che è proprieta di UN UOMO .
La suora si appartiene, quella musulmana porta il suo velo col timbro infamante dell’ inferiorita!
Segno della sua pietà ? Quando mai un dio creerebbe capelli alle donne quando poi questi sarebbero osceni ?
L’ Islam dimostra cosi che è un religione creata da un uomo con mentalita tribale per uso degli uomini .
In quanto riguarda il paradiso, non c’è nessuna sura che parla delle donne, all’eccezione delle Houries, le donne belle e sempre vergine che aspettono l’uomo per compiacere i suoi desideri ( Anche in paradiso !! ) .
Il velo intero è anche il rifiuto dell’ integrazione, non dimentichiamolo e anche soltanto per questo deve essere vietato .

Adele

Bravissimo Gérard, finalmente un uomo che RAGIONA anche su questo sito e che non ha bisogno di esprimersi con volgarità. Finora solo le donne avevano dimostrato realmente capacità di raziocinio. Bene, bene.

Giancarlo MATTA

A proposito delle “Suore” (presumo Lei alluda alle Suore cattoliche…) = esse appartengono a un Ordine Sacerdotale che esiste e opera nell’ambito della Società Italiana ma sotto l’égida della C.C.A.R. (Stato estero – purtroppo), Stato con il quale la Repubblica Italiana ha stipulato un regolare Trattato.
Il loro “abito” è pertanto una vera e propria “Divisa”. Niente di simile per le donne musulmane, che sono private cittadine. E pertanto a coloro si applica la Legge Italiana normale: proibito circolare a volto coperto. E le pretese “libertà religiose” MAI POSSONO CONSENTIRE LA VIOLAZIONE DELLA LEGGE.

Adele

Bene, Giancarlo Matta, finalmente un’altra persona che ragiona davvero e con onestà intellettuale! Sono contenta.

biondino

E poi, per dirla chiara, io di suore per la strada (luogo pubblico) rese irriconoscibili dal velo o altra roba davanti alla faccia non è ho mai viste. E quindi: che c’entrano?

Southsun

Mi spiace, ma se la legge non è formulata bene e PRIVA di riferimenti religiosi, verrà quasi sicuramente fatta a pezzi o dalla Corte Costituzionale o dalla Corte Europea o dalla CEDU.

Da noi è pieno di donne – perlopiù anziane e vedove – che escono di casa col velo in testa (un foulard colorato o nero chiamato muccadori) e addirittura un sopravelo di pizzo quando vanno in chiesa.

E’ la tradizione e, peraltro, oggi nessuno si sogna di imporla. Ben diverso era anni fa, quando una donna di mezz’età (o vedova) vista in giro senza muccadori era considerata quasi una bagassa. Ergo: cambiamento di costumi e mentalità.

Per me basta e avanza la proibizione generica e “laica” di copricapi, veli e quant’altro nasconda il viso per motivi di riconoscibilità pubblica, salvo accessori di sicurezza per la guida quali caschi e passamontagna mentre si conduce il veicolo.

Le eccezioni non dovrebbero essere consentite, per NESSUN motivo tranne quello medico. Si ribadirebbe altresì un principio essenziale: la legge dello Stato secolare viene PRIMA di qualsiasi legge religiosa. Giusto per suonar la sveglia a gente tipo il card. Hoyos e il vescovo Pican.

Così si risolverebbe automaticamente la questione del burqa e del niqab (e delle suore) una volta per tutte, volontario o imposto che sia.

Se poi alle donne musulmane sarà proibito dai padri/mariti andare in giro senza velo contro la loro volontà, basterà inasprire le pene per il sequestro di persona, e fare i modo che i rei le scontino, raddoppiandole per i recidivi.

Giancarlo MATTA

In Italia tanto è vietato -e punito- circolare completamente nudi quanto è vietato -e punito- circolare completamente mascherati. Quest’ultimo divieto, oggetto della presente discussione, è stabilito da ben TRE leggi distinte, tutte in vigore da tempi “non sospetti” e a rigor di norma, non ne occorrerebbero altre. Basterebbe esigere il rispetto delle norme vigenti.
In un paese libero e civile, come il nostro vogliamo che sia, dal Presidente della Repubblica all’ultimo dei Cittadini, tutti mostrano normalmente il volto. E chi non ci sta a mostrare il proprio volto in pubblico, o se ne sta sempre chiuso in casa propria, o emigra in altro Paese. Tanto, per evidenti ragioni di Civiltà quanto per evidenti ragioni di pubblica sicurezza.
Purtroppo, concordo sul fatto che l’aver nominato nel testo della Legge “anti – bacucca” (questo è il termine appropriato in lingua italiana, per un indumento che copre completamente il volto: controllare su un comune Dizionario scolastico) dei vocaboli estranei alla nostra Lingua, espone la Legge medesima a spiacevoli contestazioni di tipo “discriminatorio”, per non dire del fatto che potrebbe sempre arrivare qualche straniero/straniera a volto coperto e, visto il testo per ora predisposto, potrebbe eluderlo affermando: “la mia bacucca si chiama GRMFSK e non è “espressamente” proibito indossarla dalla Legge italiana… . Apriti cielo !
Sono comunque, perentoriamente contrario a chi abbia la pretesa di circolare a volto coperto, men che meno se per motivi “etnici” o “religiosi”. Come Cittadino lo giudico un atteggiamento oltraggioso e pericoloso.
Roba da banditi.
E tanto basta, per esigere il rispetto di quella Legge che lo proibisce e punisce.

biondino

Concordo. Ma forse il governo italiano attuale non è il soggetto giusto cui chiedere l’applicazione di leggi esistenti…

Nikolaus

A proposito di suore, non sapevo che si usasse la antica bardatura delle suore brigidine ancora oggi: trovate le loro immagini su google e ditemi se non sembrano fossili medioevali ambulanti. E’ possibile che si continui nel 2011 con queste mascherate?

luigi

chiedo scusa a tutti per l’uso smodato del caps lock.scusatemi tanto

luigi

In risposta a Nikolaus 15 agosto ore 17.54 ho visto si google le suore brigidine,veramente usano un’antichissima bardatura veramente mostruosa. Ma ho notato anche daniela rosati giornalista del tg3 che deve essere una frequentatrice assiduatissima di queste suore brigidine. sono tantissime e tantissimi i giornalisti,divi,divetti,ex porno attrici/ori che sono stati improvvisamente folgorati dal cattolicesimo. cosa non si fa per avere un posto in rai e tanti tanti tanti sghei. so già che lo sapevate mo l’ho voluto ripetere. se questa è fede! mah!

#Aldo#

Mmm… varrebbe forse la pena mettere sul piatto della bilancia anche l’OBBLIGO di indossare certi indumenti, che non affligge certo solo le donne islamiche. Ad esempio, io sono obbligato per legge a indossare il casco in moto per un tutto teorico incremento della sicurezza. Anche questa è una forma di umiliazione della mia libertà personale (spero sia evidente quanto poco importi il fatto che io abbia quasi sempre indossato il casco, da ben prima che diventasse obbligatorio).

Una nessuna centomila

Ho cercato di leggere tutti i commenti e mi sembra che nessuno abbia affrontato un argomento importante, ovvero la sicurezza… delle donne! Anni fa ho letto un articolo su un giornale sui problemi del velo integrale. Impedendo una buona visibilità ed ostacolando i movimenti chi lo indossa può essere vittima di – o causare – parecchi incidenti, a volte anche mortali. Si urtano ostacoli, si cade, non si vede arrivare un motorino. Effettivamente…ma nessuno ci pensa mai… Senza consederare che chi lo indossa, và da sè, non potrà certo mai guidare una macchina o andare in bicicletta, limitando ulteriormente la propria libertà. Le donne che si stanno battendo per la liberazione dal burqa nel loro paese non lo fanno di certo per motivi di sicurezza pubblica dovuti al riconoscimento… Per me questo è un argomento che tiene poco, fa molto spauracchio immigrati/attentati terroristici, per i quale non serve certo avere il volto coperto, tanto poi si fanno saltare in aria, mica possono più arrestarli. A meno che non si pensi a soggetti pericolosi già noti (magari anche uomini che si travestono) di cui le forze dell’ordine sono in possesso di un identikit e che possono essere bloccati “prima” di riuscire a farsi esplodere, ed è questione di un attimo. Ma quanti casi saranno??? E poi l’esplosivo si nasconde sotto alla larga veste, quindi per sicurezza pubblica mettiamo tutti vestiti aderenti?
Per quanto riguarda la paura che le donne, se passa la legge che vieterebbe loro di portare il velo integrale, perdano ancora più la loro libertà perchè si chiuderenno o verranno chiuse in casa vorrei fare un’osservazione. Se la donna non esce più di casa chi lavorerà sarà l’uomo, chi accompagnerà i figli a scuola sarà l’uomo, chi andrà a fare la spesa sarà l’uomo, ecc. ecc. ecc. Ora secondo voi quanto tempo resisterà (l’uomo intendo)? Mentre la moglie sarà sì chiusa a casa, sì a lavare/stirare/pulire, ma poi anche guardare la tv? O a leggere?

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