L’UAAR al meeting OSCE: pluralismo, relativismo e stato di diritto

Pubblichiamo la traduzione del primo dei due interventi di Vera Pegna al meeting OSCE sulla libertà di religione o credenza svoltosi a Vienna due settimane fa (l’originale in inglese è stato pubblicato sul sito della Federazione umanista europea).

La redazione

PLURALISMO, RELATIVISMO E STATO DI DIRITTO

La Federazione umanista europea difende i principi dell’umanesimo e della laicità che si traducono, sul piano istituzionale, nei principi condivisi della democrazia e dello stato di diritto. Ci opponiamo alla discriminazione dei non credenti e ci battiamo a favore della loro uguaglianza con gli altri cittadini. La nostra piattaforma corrisponde a quella dell’OSCE/ODIHR in merito alla dimensione umana e il nostro modestissimo contributo all’ottimo lavoro dell’ODIHR è in armonia con le parole del direttore Lenarcic quando dice: “Lo scopo del nostro lavoro nel campo della dimensione umana consiste nel migliorare i diritti e la dignità delle singole persone che vivono negli stati membri”. Ciò che rende l’ODIHR così speciale è la ricerca di un’autentica attuazione degli impegni sottoscritti dai nostri governi in difesa dei diritti umani e dello stato di diritto, con la collaborazione delle ONG che operano a livello di base.
Le organizzazioni umaniste e laiche europee rappresentano alcuni milioni di umanisti, atei, agnostici, e liberi pensatori ma la FHE è ben consapevole che la nostra politica presso questa e altre istituzioni europee è condivisa dal 30 al 50% degli europei, quindi anche da coloro che sono semplicemente indifferenti alla religione seppure non hanno compiuto una scelta filosofica precisa. Tuttavia la loro è una convinzione o concezione del mondo quanto lo è l’umanesimo o la religione ed è giusto che occupi il posto che le compete negli impegni dei governi.
A seguito della fantastica evoluzione e circolazione delle idee, nonché delle ondate di migranti stabilitisi nei nostri paesi, le nostre popolazioni sono diventate eterogenee e variegate a un punto inconcepibile fino a qualche decennio fa. Le nostre società sono diventate pluraliste. Sono cambiati i bisogni delle persone come pure la coscienza dei loro diritti. La parte più conservatrice e tradizionalista della popolazione preferisce rimanere abbarbicata alle proprie idee passate invece di affrontare la nuova realtà. Ė un suo legittimo diritto poiché il nostro è un regime di libertà di coscienza, ma diverso è il discorso per le istituzioni pubbliche. Se esse non riconoscono e non accolgono il pluralismo, diventa inevitabile la discriminazione la quale, a sua volta, mette a repentaglio la coesione sociale. Il pluralismo parte dal presupposto che le differenze nonché il libero scambio di idee diverse sia politiche, che morali, che religiose giovano alla società, per cui è diventato una componente essenziale di ogni governo democratico laddove esiste una grande varietà di opinioni, in particolare in campo etico e dove nessuna verità assoluta, nessun dogma, può essere imposto per legge.
Ė tale pluralità di opinioni e di convinzioni che la Chiesa cattolica condanna come relativismo, senza fare nessuna distinzione fra la varietà di scelte e convinzioni etiche esistenti nella società (quella cattolica è una delle tante) e la scarsa moralità di chi adatta la propria morale a seconda delle proprie convenienze.
Tale mancata distinzione – certo non dovuta ad ignoranza – mina alla base le posizioni della Chiesa. Gli esempi che seguono sono tratti da interventi di papa Benedetto.
“Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14)…. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. (Missa pro eligendo pontefice). “L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano”. (Caritas in Veritate)
Il papa collega il relativismo con la democrazia la quale, secondo lui, non funziona senza dio e ricorda che Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris scrisse (51): “l”autorità governativa, dunque, è un postulato di ordine morale e deriva da Dio.. Di conseguenza, le leggi e i decreti in contrasto con l’ordine morale, e quindi della volontà divina, esse non hanno forza di obbligare la coscienza, poiché “è giusto obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” . Infatti, il passaggio di tali leggi mina la natura stessa di autorità e degenera in sopruso. Come insegna San Tommaso, “Per quanto riguarda la seconda proposizione, riteniamo che la legge umana è la ratio della legge in quanto è conforme alla retta ragione, e come tale deriva ovviamente dalla legge eterna. Una legge che è in contrasto con la ragione è nella stessa misura ingiusta e non ha più la logica della legge. Ė piuttosto un atto di violenza””.
Quando il Vaticano esige che i parlamenti legiferino secondo questi principi, lo fa asserendo che sta perseguendo la sua missione al servizio dell’umanità poiché i valori morali propugnati dalla Chiesa cattolica , essendo inerenti alla stessa natura umana, sono universali. Tale opinione è legittima ma è deplorevole che sia portata avanti nel disprezzo di chi ne dissente, subito bollato come “relativista”. Nel gergo vaticano, la parola “relativista” significa nichilista, ovvero una persona priva di valori morali, che si lascia portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, e che ha “come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Mentre, all’opposto la gerarchia cattolica si presenta come la custode di una fede legata alla ragione, ispirata da valori morali oggettivi e impegnata nella difesa della dignità dell’uomo. E aggiunge che le proprie certezza sono fondamentali per l’attuale traballante identità europea.
Ma è veramente così? Coloro che il papa condanna come relativisti corrispondono alla descrizione che ne fa il pontefice? Può darsi effettivamente che vi siano alcune persone prive di moralità ma la grande maggioranza di coloro che il papa condanna come relativisti è costituita da persone serie e di alta moralità , fra le quali si annoverano gli aderenti a religioni diverse dal cattolicismo romano, nonché coloro che riconoscono la legittimità del disaccordo su questioni sociali e morali, coloro che sono pronti a tollerare tale disaccordo, a riconoscere la pluralità sociale pur mantenendo alti e fermi i propri valori etici, coloro che non sono disposti a mettere in secondo piano i propri giudizi morali per sottostare ai diktat di una chiesa autoritaria, coloro infine che riconoscono che le circostanze possono cambiare la realtà – che nuove conoscenze, nuove possibilità, possono richiedere la revisione di una morale radicata nello scolasticismo medievale.
Ho insistito sulla descrizione di coloro che il papa chiama relativisti, ovvero i cittadini convinti che il pluralismo è parte integrante della democrazia e dello stato di diritto, perché è essenziale capire le diverse opzioni esistenti nella sfera pubblica. Non è vero che la scelta è fra un relativismo che nega tutti i valori (l’interpretazione che ne dà il papa) oppure l’etica cattolica ispirata a dio. Ciò che abbiamo davanti è un nichilismo che nega tutti i valori, un dogmatismo che considera i propri valori come la verità assoluta e vuole imporli per legge e un pluralismo che rispetta le differenti scelte morali dei cittadini ed è disposto a tenerne conto. Dunque la battaglia del papa contro il relativismo confonde artatamente nichilismo e pluralismo. E non si tratta della difesa della moralità in una società priva di riferimenti, ma dell’affermazione arrogante della dottrina morale cattolica nella interpretazione fattane dalla gerarchia vaticana. Il diffamare le scelte culturali e morali degli altri dichiarando ripetutamente che sono prive di valori non fa altro che rivelare l’approccio dogmatico della Chiesa cattolica.
I sostenitori del pluralismo non sono l’unico bersaglio degli strali vaticani. Da un paio di millenni gli atei e gli agnostici sono oggetto di campagne di fango da parte della Chiesa cattolica e vengono vilificati anche nel nuovo Catechismo. Sentiamo ripetutamente che l’unica visione totale dell’uomo è quella trascendente, che “senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”. (Caritas in Veritate) Nella medesima enciclica le campagna continua e si estende anche all’umanesimo: “Un umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano”, secondo papa Benedetto. Ebbene chi vi parla in questo momento è atea, umanista ma anche una perfida ebrea, come recitava la liturgia della Chiesa cattolica fino agli anni 60. E l’eliminazione di tale termine offensivo dalla liturgia dimostra che neanche la Chiesa cattolica è totalmente immune dal relativismo etico, sebbene le occorrano secoli per ravvedersi.
Al vertice OSCE di Astana il cardinale Bertone disse che la vita religiosa è minacciata “non solo da restrizioni vessatorie, ma anche dal relativismo e da una falsa laicità che esclude la religione dalla vita pubblica”.
Io non so che cosa intenda il cardinale Bertone per falsa laicità. La laicità non tollera aggettivi e si fonda sul riconoscimento del legame indissolubile fra democrazia, pluralismo e stato di diritto. Tale riconoscimento è la condizione per un dialogo aperto e costruttivo fra singoli e gruppi di cittadini, ciascuno con la propria concezione del mondo, religiosa o non religiosa.
Una società pluralista non pone limiti alla libertà di espressione dei rappresentanti religiosi. La laicità non esclude la religione dalla sfera pubblica. Ciò che esclude è che in una democrazia pluralista le decisioni vengano prese in base a credenze religiose. Perciò oggi è più che mai necessario mettere in evidenza il contenuto potenzialmente sovversivo dello stato di diritto che può avere l’imposizione di valori basati su dogmi.
La Federazione umanista europea sostiene che solo la separazione fra stato e chiesa e quindi fra legge e dogma è in grado di garantire la libertà di religione e di convinzione per tutti nonché la piena attuazione dello stato di diritto.

Vera Pegna, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

13 commenti

giancarlo bonini

Un buon intervento “politico” ( a parte l’errore su Giovanni XXIII e non Giovanni Paolo).
Ad ogni modo, io sono proprio stanco di simili discorsi, sempre volti a non essere mai troppo diretti: quando, finalmente, qualcuno dirà chiaro e tondo a papi e similari religiosi di piantarla con le frasi fatte, nelle quali essi pongono domande e si danno le risposte ( come non ve ne fossero altre possibili), dall’alto di una sapienza che essi sono ben lungi dall’avere, essendo ignoranti su tutto, tranne che ( forse) nel loro campo cioè la scienza del nulla?

spapicchio

“Romano-cattolico” e “cristiano” non sono aggettivi e sostantivi equivalenti; la chiesa romana cattolica – CCAR – Stato del Vaticano continua a voler confondere queste idee ed argomenti, mentendo sapendo di mentire, lasciando intendere e facendo credere ai soggetti più ingenui, che cristianesimo e cattolicità siano intese, anche implicite, o situazioni di materia religiosa dichiarate, eccetera, anche spirituali, ma certo non solo, equivalenti.
Si tratta invece di due religioni, la cattolica romana e la critiana, profondamente e sostanzialmente, in forma e contenuto, estremamente diverse, anche da un punto di vista ontologico, od esistenziale.
Per rendersene conto occorre fare però un lavoro personale non facile, per tirare fuori dalla apparenza conformista e di regime, che viviamo in Italia, queste differenze sostanziali, che portano a comportamenti ed interpretazioni anche del tutto antitetici e strumentali a vari fini, anche di lucro.
Queste pagine sono di sicuro aiuto per ritrovare queste differenze sostanziali, anche dal punto di vista storiografico.

http://www.ilcristiano.it/

http://www.cronachelaiche.it/2010/10/il-laico-non-e-ateo-e-la-chiesa-non-e-l’italia/

spapicchio

Perché c’è tutto un insieme di comportamenti, di simbologie, di culture, che il cattolicesimo romano si prende la briga di considerare come sue prerogative esclusive, per esempio le interpretazioni delle festività viste come tempo di festa religiosa da dedicare abbastanza obbligatoriamente alla chiesa cattolica, la vita dei santi cattolici presi come esempio, in senso anche esistenziale, cioè le varie modalità in cui un cattolico dovrebbe vivere, i comportamenti consigliati e quelli che invece sono da evitare per non fare peccato, eccetera;
il cattolicesimo romano vuole essere presente in quasi tutte le forme di aggregazione, privata, istituzionale, politica, ed a mio modo di vedere i cattolici più impegnati ed anche magari fanatici, ed opportunisti, hanno la pretesa di prendere possesso, o di conformare a loro tutte le forme di associazione ed aggregazione sociale, vedasi partiti come il PDL, partito tutto sommato cattolicissimo, o la comunità delle opere CieLlina, e tutte le organizzazioni sociali e politiche ispirate al cattolicesimo romano, alla dottrina sociale e gerarchica della CCAR.
Quindi un discorso globale sull'”essere uomo” i fondamentalisti cattolici lo fanno, un discorso ontologico, esistenziale, ed avrebbero la pretesa di imporre sempre questa loro interpretazione religiosa, ritenendola fondamentale per chiunque, un sistema di potere sociale politico, economico, esistenziale e deontologico (etico) poiché vogliono imporre la morale cattolica della gerarchia, ritenendola superiore ad ogni altra.
Per esempio mi sovvengono i film di Kiezlowski, il regista polacco cattolico, che a mio modo di vedere nei suoi film ha espresso una ontologia cattolica, anche se magari non completamente filosofica in senso stretto, ma ci mette il cattolicesimo dappertutto, una grossa visione morale, anche abbastanza dignitosa, però… sempre cattolicesimo, o magari anche cattolicismo, un po’ pesantello e non sempre condivisibile.

http://en.wikipedia.org/wiki/Krzysztof_Kie%C5%9Blowski

spapicchio

Corrige: si tratta di due religioni (diverse), la cattolica (romana) e la cristiana (evangelica).

Sal

Bertone si nasconde dietro le parole. Menzionando una “falsa” laicità egli vuole solo far risaltare una “vera” religiosità. La solita ipocrisia di chi vuole continuare a pontificare senza opposizione.

I furbetti non si sono ancora accorti che il mondo è cresciuto anche culturalmente e non è più sottomesso alle fantasticherie vaticane che pensa di poter spacciare qualunque fantastico dogma nella convinzione che tutti debbano accettarlo come Vangelo.

La chiamano “polvere” che li ha sporcati non si sono accorti che è invece quella macina da mulino che si sono legati da soli al collo e che li sta facendo precipitare in mare. Saranno presto dimenticati.

testibus_plenis

Grazie per il corrige: è molto importante per gli evangelici, cioè per coloro che credono nella sola autorevolezza della Bibbia.

Ci tengo ad evidenziare che in Europa il primo fautore per importanza (sopravvissuto) della laicità dello Stato è stato Martin Luther, il quale ha dovuto e voluto promuovere quest’impostazione civile dello stato per tutelare se stesso e tutti i cittadini dell’impero dalla dittatura delle coscienze (attuata dallo Stato Vaticano).

Infatti, nella sua attività riformatrice ha perorato la causa di tutti gli individui desiderosi di scegliere come e cosa credere, ed in particolare rivendicò il diritto/dovere per ognuno di andare alle fonti della verità.

La libertà di coscienza dà fastidio ai tanti che vorrebbero dominare e porsi come autoreferenza nella società, ma è il fermento principe della cresecita dei popoli.

Senza di essa (libertà di coscienza) saremmo ancora al baronato ed al latifondo… ed infatti l’Italia ancora oggi non ha superato bene il trauma di tale devastante novità

bruno gualerzi

“E l’eliminazione di tale termine offensivo dalla liturgia dimostra che neanche la Chiesa cattolica è totalmente immune dal relativismo etico, sebbene le occorrano secoli per ravvedersi.”

Nonostante tutte le dichiarazioni di fedeltà a principi inalienabili e gli sforzi dei teologi per ‘dimostrare’ questa fedeltà, credo che la chiesa cattolica – anche perchè istituzione con una relativa lunga storia – sia la più relativista che si conosca. E non mi riferisco soltanto ai ‘ravvedimenti’ resi necessari per poter ‘rimanere nel mondo, nella storia’ (anche, ovviamente), ma paradossalmente è proprio il dogma – fondamento per altro di ogni religione, a mio parere anche di quelle che si professano non dogmatiche – la manifestazione del relativismo più radicale.
Cos’è infatti un dogma religioso? Una verità resa assoluta dalla interpretazione di un messaggio che – trascendente o immanente che sia – arriva comunque sempre ‘da fuori’, da una dimensione ‘altra’ rispetto alla condizione umana, per cui per essere acquisito veramenre deve essere rapportato a questa condizione, tradotto nel linguaggio che le è proprio. Insomma, interpretato. E cosa c’è di più ‘relativo’ di una interpretazione? Cosa più di una interpretazione consiste nel scegliere una ‘versione’ tra tante altre che vengono scartate? E quando ci si riferisce alle religioni è perfino banale constatare come le ‘interpretazioni’ di questi messaggi siano ‘relative’… e di un relativismo che, proprio perchè si presenta come assolutismo, è – questo sì – di una pericolosità ben maggiore di qualsiasi altro relativismo. Come la storia delle religioni insegna,
Per quanto riguarda poi il mondo cristiano, l’interpretazione del testo sacro ha diviso e divide l’intera cristianità, introducendo ad un certo punto perfino il cosiddeto ‘libero esame’ (Lutero), che poi di libero non ha proprio niente… perchè il dogma, indispensabile per le religioni, cacciato dalla porta rientra dalla finestra… lasciata aperta dal relativismo. Insomma, il relativismo veramente fonte di ogni male è il ‘relativizzare’ la condizione umana ad una qualche divinità, o a qualcosa che ne fa le veci.
Ed è in questo quadro che si colloca soprattutto la storia della chiesa cattolica la quale ogni volta, per ‘salvare’ il dogma, lo deve relativizzare. Contestualizzare, come le piace dire. Cercando di non darlo a vedere, costringendo schiere di teologi a impegnarsi spasmodicamente nell’impresa di salvare capra e cavoli, presentando i suoi ‘ravvedimenti’ non come ripensamenti, ma come la manifestazione della sua necessaria, indispensabile, funzione nel momdo. E lo dice sempre, offrendo tra l’altro ai suoi fedeli un’arma dialettica considerata formidabile: il mondo cambia, i regimi politici, le istituzioni, i modi di pensare mutano in continuazione… mentre la chiesa cattolica da 2000 anni è sempre lì.
Sì, è sempre lì… ma a parte che 2000 anni sono poco più di un attmo nella storia dell’umanità… comunque è sempre (ancora) lì perchè sfrutta abilmente (soprattutto in Italia), la struttura che si è data come istituzione: quella di rappresentare potere tamporale e potere spirituale nello stesso tempo. In questo modo può sempre presentare i suoi ravvedimenti come aggiornamenti resi necessari dal potere temporale, mentre quello spirituale, in un certo senso, li legittima.
Il fare uscire le religioni da questo solo apparente ossimoro (un assolutimo relativo, o un relativismo assoluto) significherebbe la loro estinzione… perciò la vedo molto dura.

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