Donna operata a Milano con inserimento di neurostimolatore antidolore

Alle spalle 13 anni di dolore insopportabile, una ventina di interventi chirurgici, lunghi periodi trascorsi in carrozzella e il rischio di vedersi amputata una gamba in apparenza sana. Poi a gennaio la luce in fondo al tunnel, grazie all’impianto, nella schiena, di un nuovo modello di “peacemaker” antidolore, ricaricabile dall’esterno come un telefonino. Susanna, imprenditrice livornese, 45 anni, madre, ora sorride, cammina e si definisce “bionica”. Operata all’ospedale Niguarda di Milano, è fra i primi italiani a convivere con un neurostimolatore di ultima generazione che le ha “ridato la vita”.

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L’articolo completo è consultabile sul sito di AdnKronos

11 commenti

strangerinworld

mannaggia alla scienza che vuole cambiare l’ordine delle cose stabilito dal signore! fosse stato per la chiesa avrebbe dovuto soffrire fino alla morte. a meno che non si tratti di un ecclesiastico di alto lignaggio: sono sempre i primi a correre al policlinico Gemelli, questi spregevoli ipocriti.

Aldo Grano

Questi apparecchi li ho venduti anche io. Furono prodotti, all’ inizio, da ditte che producevano stimolatori cardiaci (pacemakers) perchè ci si accorse che, stimolando zone opportune dei nervi spinali (stimolatori midollari) si eliminavano, o almeno si attenuavano, i dolori “incoercibili” di determinate patologie, in particolare quelli dovuti ad arteriopatie obliteranti degli arti inferiori. Che mi pare sia la patologia della signora. Esistono dai primi anni ’80. Non capisco come si possano ricaricare dall’ esterno: come i pacemakers avevano batterie al litio-iodio e andavano sostituiti, in media, ogni due anni. Ma l’ elettrodo rimaneva al suo posto, come per i pacemakers, quindi bastava riaprire la tasca, sull’ addome, e cambiare l’ apparecchietto. Ma non sono aggiornato da sei anni. So che oggi si utilizzano anche con elettrodi in determinate zone del cervello, per combattere epilessia, depressione, e altre patologie che non rispondono ai farmaci.

vico

si imporrebbe una riflessione su quanto la chiesa cattolica abbia bloccato l’utilizzo degli antidolofici:
partorirai con dolore, morirai con dolore…

Stefano Bottoni

Ottima notizia.
Se poi un credente afferma che il dolore avvicina al signore, è sempre libero di rifiutare. Ma chi preferisce non soffrire è giusto che possa avere i mezzi adeguati per evitare la sofferenza.
Mumble mumble… ma un prelato che debba essere sottoposto a un’operazione (il cui perfezionamento è dovuto alla tanto deprecata scienza relativista), rifiuterà l’anestesia?

Asatan

@Stefano Bottoni:

ma quando mai? Le leggi valgono per il popolino, esseri tanto illuminati e vicini a dio non ne hanno bisogno.
Ricordati che se GPII rifiuta le cure e si lascia morire non è eutanasia ma “seguire le leggi del signore”, se lo fà Welbi è peccato mortale.

Aldilà delle polemiche mi fàà piacere che anche in Italia sia arrivata una soluzione concreta per consentire di vivere a chi ha la disgrazia di essere affetto da dolori cronici.

paolo dianzini

Nessun credente cerca il dolore, se lo facesse sbaglierebbe, quando non se ne può fare a meno lo si può accettare e donarlo insieme a quello di Cristo. Vi ricordo che nel mondo vi sono centinaia di ospedali cattolici per curare e lenire il dolore:nessuno è contro le cure pagliative.

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