La Chiesa e le tentazioni del dopo-Dc

Nonostante le numerose critiche che le vengono rivolte, la Chiesa in Italia appare a un primo sguardo sicura di sé, animata da certezze intense su questioni che per molti non sono così certe. Appariva tale anche nei ventisette anni trascorsi sotto la guida di Giovanni Paolo II, ma Benedetto XVI trasmette un’immagine di sé ancora più ferma, nitida. È la diligente impalcatura dottrinale che crea quest’impressione di saldezza: i valori etici su cui il magistero non vuol negoziare sembrano moltiplicarsi, irrigidirsi. Dedito soprattutto a insegnare, concentrato sulla teologia, il Papa tedesco ha qualcosa di dimesso e tanto più granitico, imperturbato. […]
Tanta inflessibilità non nasce tuttavia solo da sicurezza, come tutte le inflessibilità. È una forza che impressiona e trascina ma scaturisce da un pessimismo che in Benedetto XVI è profondo, e sul quale più volte viene richiamata la mia attenzione. I miei interlocutori mi parlano di vere angosce (alcuni usano la parola ossessioni) che non riguardano solo l’Italia: angoscia di una possibile uscita del cristianesimo dall’Europa, angoscia di una perdita d’autorità, di una caduta nell’irrilevanza. Il disagio nel rapporto Stato-Chiesa, simultaneo in due paesi anticamente cattolici come Spagna e Italia, dilaterebbe questo stato d’animo. Non sono dimenticabili le parole terribili che il cardinale Ratzinger scrisse per Giovanni Paolo II nel 2005, in occasione della Via Crucis: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! (…) Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli!».
È il motivo per cui credo che quello che l’occhio percepisce oggi guardando la Chiesa – l’insistere del Pontefice sulle «confusioni» dello spirito postconciliare, gli arretramenti su questioni controverse come la liturgia e il dialogo ecumenico con le chiese protestanti, le pressioni sullo Stato italiano perché non legiferi su alcune questioni etiche – sia solo una parte della sua verità. L’altra parte è il mal-essere in cui la Chiesa si trova, la fatica di trovare una strada che l’aiuti a distendere i rapporti con la politica, che combini di nuovo il potere con l’autorevolezza, che nel caso italiano trasformi la diaspora del dopo-Dc in un’occasione di ripresa e non di sfiducia. […]

L’articolo completo di Barbara Spinelli è raggiungibile sul sito del Corriere 

Archiviato in: Generale

11 commenti

paolo di palma

Cara e ottima Barbara Spinelli hai dimenticato una cosa molto più importante per l’attuale pontefice, la paura di perdere potere economico che sovrasta e adombra tutti i valori cristiani. Altrimenti perchè, dopo le parole di ratzinger che hai riportato, si è tanto affannato a nascondere tutti i crimini sulla pedofilia clericale? Se avesse veramente voluto ripulire e purificare la sporcizia che imbratta da secoli questa assurda istituzione, sarebbe intevenuto in tal senso denunciando non nasdcondendo.

dv64

Il disagio nel rapporto Stato-Chiesa, simultaneo in due paesi anticamente cattolici come Spagna e Italia…

Con la sostanziale differenza che gli spagnoli hanno la fortuna di avere Zapatero che fa avvertire questo disagio solo ai preti mentre noi non usciamo dalla disgraziata alternativa Prodi-Berlusconi che questo disagio trasforma in umiliazione nazionale.

darik

# antonio scrive:
22 Novembre 2007 alle 13:02

bel post

sarebbe interessante sapere a quale post ti riferisci ;-?

darik

Massimiliano Soffiati

Sfortunatamente, quando Ratzinger si riferisce alla sporcizia presente nella chiesa, dubito che si riferisca a questioni come la pedofilia quanto piuttosto a dispute teologiche che non le permettono di parlare con un’unica voce, la SUA voce. Teologia, bah, non c’è masturbazione intellettuale peggiore…

giovanni da livorno

Ad ogni modo, mi sembra che il rapporto diretto fra la CCAR e la società è, in questa fase storica, di gran lunga più difficile per entrambe le parti.

Secondo me era molto meglio per tutti quando c’era un’abile classe politica (quale quella democristiana) a mediare il rapporto con le gerarchie ecclessiastiche.

Era talmente brava, quella classe politica, da lasciar passare aborto e divorzio senza che ciò determinasse crisi di governo!

Ora, con il dialogo senza intermediari fra il Vaticano e la scoietà civile, l’interventismo ecclesistico è più che mai invadente e genera conseguenze politiche immediate.

Dite quel che volete, ma io preferivo avere fra me e i vertici della CCAR, un’astuta classe politica, la quale, se cedeva alle pressioni del mondo laico, sapeva e poteva giustificarsi col Papa e col Sacro Collegio (“siamo stati costretti dal parlamento e dalla piazza, noi avremmo voluto portare avanti le vostre posizioni ma ecc. ecc.”).

Ora non ci sono più schermi protettivi, ora c’è una gerarchia che mette bocca su tutto: sceinza, politica, arte, non c’è nulla su cui non voglia dire ed imporre la sua.

Saluti. GdL

giovanni da livorno

Anche se quell’interventismo rivela un malcelato substrato che comprende ansia, pessimismo, nervosismo, inquietidine……………………..

Silesio

Il pensiero “assoluto”, così come lo stato assoluto, la meccanica assoluta ecc. appartengono ad uno stadio particolare dello sviluppo della coscienza, del sapere e della cultura. Oggi la complessità del nostro mondo richiede che i problemi vengano affrontati con metodi relativisti. Persino per difendere il valore della vita è necessario affrontare il problema in senso relativistico,altrimenti si attiene esattamente il contrario. Il papa che difende i valori “assoluti” o i principi “assoluti” non è diverso da chi in pieno terzo millennio cerca ancora di spiegare il mondo con il principio di Tolomeo.

cullasakka

angoscia di una possibile uscita del cristianesimo dall’Europa, angoscia di una perdita d’autorità, di una caduta nell’irrilevanza

…per me è una speranza!

Commenti chiusi.