“Il diritto alla vita limite insuperabile”

Il primo diritto è quello di vivere. Tutti gli altri, seppure fondamentali, inalienabili e costituzionali, vengono dopo, e da quello dipendono. È questo, in sostanza, il pensiero forte del gip Renato Laviola, che spiega così l’ordine di imputazione coatta per Mario Riccio, l’anestesista che a dicembre staccò il respiratore a Piergiorgio Welby.
Il diritto alla vita – scrive il magistrato nelle motivazioni del provvedimento con cui ha respinto per la seconda volta la richiesta di archiviazione del pm Gustavo De Marinis – «nella sua sacralità, inviolabilità ed indisponibilità» costituisce un «limite per tutti gli altri diritti posti a tutela della dignità umana». Dunque, di fronte al diritto alla vita, passa in secondo piano anche quello sancito dall’articolo 32 della Costituzione, secondo cui «nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario». Ovvero il diritto di morire.
Manca – è vero – in tal senso una specifica affermazione nella Carta Costituzionale, ma è ovvio e logico che la vita sia il «presupposto» necessario per ogni altra situazione. Tutti i diritti previsti dalla Carta, dunque, sono ugualmente veri e validi, nessuno è “meno vero”, ma tutti si fermano laddove inizia il primo: «Non esiste un rapporto di gerarchia o di incompatibilità tra principi costituzionali», nota infatti il magistrato, ma occorre «armonizzare tutto il sistema, alla base del quale di pone la dignità umana».
Lo stesso giudice non manca poi di notare quanto il caso specifico di Welby sia particolare, soprattutto per il fatto che era lo stesso paziente, malato di una gravissima forma di distrofia muscolare, a voler staccare il respiratore che lo teneva in vita, e proprio per questo ribadisce «la necessità di una disciplina normativa che preveda delle regole e fissi il momento in cui la condotta del medico rientri nel divieto di accanimento terapeutico». Perché altrimenti, in assenza di tali norme, non resta che attenersi al principio per cui a nessuna norma può essere r iconosciuta «un’estensione tale da superare il limite insuperabile del diritto alla vita». Passaggio, questo, non apprezzato dal bioeticista Francesco D’Agostino, che rivolge il suo ammonimento all’intera classe medica: «Non amo i magistrati che lamentano lacune del diritto positivo. Sono convinto che se i medici prendessero consapevolezza della deontologia sarebbero i primi a dire che non c’è bisogno di una legge. La legge è chiesta perché è in crisi profonda la medicina ippocratica e la deontologia medica».
Sulla decisione del gip ha influito non poco il comportamento di Riccio, che non era affatto il medico curante di Welby e che quindi viaggiò appositamente da Cremona a Roma per interrompere la ventilazione al malato. Non si trattò dunque di una mera omissione di cure, ma di eutanasia passiva. Inoltre Welby – nota il giudice – non era un malato terminale: «Era costretto all’immobilità totale e senza possibilità di guarigione ma aveva una non breve aspettativa di vita». […]

Il testo integrale dell’articolo di Lucia Bellaspiga è stato pubblicato sul sito di Avvenire

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22 commenti

Flavio

Un pm ispirato divinamente, non c’è che dire. E se il diritto fosse “a una vita decente, sufficientemente felice e non inutilmente dolorosa”… troppo relativista eh?

Il Conte di Saint Germain

“Era costretto all’immobilità totale e senza possibilità di guarigione ma aveva una non breve aspettativa di vita”
Pure! Oltre che ridotto così gli restavano altri anni di sofferenza, possibile che questa gente non abbia proprio rispetto? Per loro qualità della vita non significa nulla?

Alberto

La vita ha senso se è possibile la ricerca della felicità terrena, in qualunque cosa essa consista. Non si può continuare con il dogma del “Dio ti da la vita , Dio te la toglie, essa appartiene a lui, ecc…” se non tutti sono d’accordo. Chi trova felicità nella fede ha tutta la mia ammirazione, finchè lascia a gli altri la possibilità di vivere (e morire) come meglio credono. Altrimenti dalla fede si passa al fondamentalismo. Qui si vedrà se davvero siamo un paese civile

Kaworu

eh figurati, chi non vorrebbe continuare a vivere per lungo tempo in quelle condizioni?

io. per esempio.

nibbio

ogni tumore è vita (stesso DNA, si nutre, cresce, si riproduce…); anche il tumore deve avere un inalienabile e sacro diritto di vivere; no alla arbitraria asportazione o ai trattamenti atti a distruggere questa vita, che nella sua sacralità… trullallero trullallà…

claudio

Se i pm invece di fare i cattivi filosofi, od anche di cimentarsi in teologia, si attenessero al diritto sarebbe molto meglio.
“ed ho studiato ahime filosofia
giurisprudenza nonche’ medicina
ed anche, purtroppo, teologia.”

Monsignèr

Ho preso una decisione, da oggi non risponderò più alle varie provocazioni che leggo (esempio il commento sul pilota di F1 apparso nella news successiva), risponderò solo ai commenti che reputerò costruttivi per il dibattito, le provocazioni sono costruttive solo per l’affossamento del dibattito stesso.
Invito tutti a seguire questo metodo…

Spero di riuscire nel mio intento.

Magar

Porca miseriaccia nera, diritto alla vita NON significa DOVERE di vita! Welby aveva espresso chiaramente, palesemente, ripetutamente, insistentemente la propria ferma volontà di non esercitare il proprio diritto a vivere (se invece avesse voluto continuare ad esercitarlo, chi mai si sarebbe opposto?).
Chi ha deciso che la vita debba essere un “diritto indisponibile”, cioè di fatto un diritto-dovere? Dove sta scritto, se, appunto, come riconosce il gip, non vi è una specifica legge che tratti questi casi (che, in effetti, sono gli unici per cui il problema si ponga)? La vita deve essere più che mai un diritto disponibile, se per noi vivere è fonte di inutile tortura, in casi estremi. Un diritto è dichiarato indisponibile solo quando l’eventuale rinuncia di una persona ad esercitarlo comporterebbe una sicura discriminazione per chi invece scegliesse di avvalersene (ad es., il diritto a non lavorare nelle ultime settimane di gravidanza – credo, non son esperto). Qui, mi sapete dire quale cazzo di discriminazione subirebbe dalla scelta di Welby un malato che volesse continuare a vivere? Assolutamente nessuna, diavolo! Ognuno sceglierebbe in santa pace e piena libertà come affrontare la malattia secondo le proprie inclinazioni e i propri desideri.
Il diritto alla vita si protegge garantendo condizioni favorevoli (“diritti positivi”) a chi vuole vivere, non costringendo a vivere chi vuole morire.
P.S. “Welby non era terminale perché aveva davanti a sé ancora parecchi anni di vita, anche se non poteva guarire.” Festival dell’ipocrisia. Come negare l’evidenza, cioè che lo aspettavano parecchi anni di malattia inguaribile e totalmente invalidante e disumanizzante, tanto che lui non se l’è sentita di proseguire in quel modo?

Aldo

Articolo: “[…] è ovvio e logico che la vita sia il «presupposto» necessario per ogni altra situazione.”

Di solito, seriamente e con piena convinzione, affermo che chi “dona” la vita “dona” anche la morte che ne deriva e dovrebbe tenerne conto.

Ora invece, di fronte a un articolo tanto capzioso, vorrei fare una provocazione…

SE la vita è il presupposto necessario per ogni altra situazione e ogni vita termina ineluttabilmente con la morte, ALLORA deve essere condannato per omicidio chiunque generi una nuova vita umana.

SE la vita umana ha inizio col concepimento, ALLORA deve essere condannato per tentato omicidio chiunque compia atti sessuali che abbiano una seppur minima probabilità d’essere fecondi.

SICCOME non esistono metodi anticoncezionali assolutamente sicuri, ALLORA chiunque compia atti sessuali deve essere condannato per tentato omicidio.

Con questo voglio dimostrare che quando un ragionamento, portato alle sue estreme conseguenze, diventa assurdo, o sono assurde anche le sue premesse o è assurdo il procedimento applicato. Non importa che li si etichetti come “ovvio” e “logico” – assurdi sono e assurdi restano.

Ho sbagliato qualcosa?

sofia

Il fatto strano è che nessuno ha intentato una causa contro il medico papale che dichiarò la morte di Papa Giovanni Paolo II dopo che questo rifiutò di continuare la terapia.. anzi, visto che lo aveva detto il Papa era un atto coraggioso quello di lasciarsi morire rifiutando la terapia, che poteva non salvarlo, ma tenerlo in vita ancora un po’…

Johnny Golgotha

La morte è un fenomeno naturale al pari della vita, tutti dovrebbero avere il diritto di morire quando vogliono, non solo i malati che versano in condizioni disperate, ma anche le persone perfettamente sane; dovrebbero essere gli ospedali a fornire questo trattamento, così da dare dignità alle persone che legittimamente scelgono di morire, quando oggi, invece, sono costrette a farlo di nascosto, come se fossero dei criminali

darkzero

Avvenire ha scritto:

Il primo diritto è quello di vivere.

Possibilmente senza che nessuno ti dica in che modo preferisce che tu lo faccia.

Giorgio

Il diritto alla vita – scrive il magistrato … – «nella sua sacralità, inviolabilità ed indisponibilità» costituisce un «limite per tutti gli altri diritti posti a tutela della dignità umana».
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Questa pretesa di “indisponibilità” anche per il diretto interessato a me sembra un controsenso; a questo punto non è più un diritto, ma diventa dovere, o peggio imposizione.

Libero

una volta toccava lottare per i diritti…..ora sembra tocchi lottare per decidereda noi quali sono i nostri diritti, visto che c’è qualcuno che si arroga il diritto di decidere per noi..ma in fondo che ci aspettiamo da chi dichiara di essere in possesso dell’unica verità?

ogni tanto però dovrebbero chiedersi come mai questa verità è cambiata negli utlimi secoli….mi pare che il fatto che la terra fosse piatta, o che fosse al centro dell’universi fosse parte di questa fantomatica verità per la quale sono state massacrate tante persone….

Sailor-Sun

Anche se la vita fosse un dono di dio, dal momento in cui nasco è MIA, e me la gestisco IO.

penny rimbaud

@Aldo..
A me il tuo ragionamento (a parte le conseguenze dell’accusa di tentato omicidio aundo faccio sesso– io cerco di farlo nel modo piu’ sicuro possibile) torna completamente. Io ho sempre pensato che fare dei figli significhi condannare a morte un essere umano. E non credo di averne il diritto…. checche’ ne dica la natura..

Carlo

La vita non e’ un diritto, questa e’ una sciocchezza abissale, un’assurdita’ clamorosa. Si fa diventare l’istinto piu’ radicato ed essenziale un vago spettro giuridico, si svilisce la vita stessa a sciocca discussione tra preti e magistrati. L’eutanasia non e’ una decisione contro la vita, ma per la vita, intesa come dignita’ e rispetto verso se stessi.

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