“Il futuro è passato di qui” (e il presente?)

Mi era sfuggito, ma qualche mese fa l’Università di Roma “La Sapienza” ha cambiato nome e logo. Senza dubbio un cambiamento che migliorerà le condizioni di studio e la qualità didattica dell’ateneo… E lo slogan è davvero emozionante: “Il futuro è passato di qui”.

Soltanto il progetto di nuova “identità visiva” (“finalizzato a far coincidere la missione e i valori con la rappresentazione esterna dell’Ateneo”, si legge nel comunicato stampa del 28 settembre 2006; attenzione!, lì c’è ancora il vecchio e pagano logo) è costato 186mila euro (questo non c’era scritto nel comunicato, ma su l’Espresso di questa settimana). Non sono in grado di quantificare i costi per il rinnovamento di: carta intestata, moduli, modelli prestampati, diplomi, cartelloni…
Secondo Renato Guarini che è il Magnifico Rettore si tratta di “una sfida di innovazione e creatività che si inserisce nel più vasto programma di rilancio avviato negli ultimi due anni”.

E ancora: “rappresenta un passaggio fondamentale, necessario per riposizionare la Sapienza nella knowledge society e per garantirne l’unicità, anche in vista del prossimo decollo operativo degli atenei federati. La nuova identità visiva permetterà inoltre di sottolineare il legame storico dell’Ateneo con la Città di Roma e la vocazione di quest’ultima a divenire sempre di più Città del sapere”. (Non andava bene la Minerva come simbolo del sapere? Meglio il celestiale cherubino, aggiunge qualcosa di sacro che non ci sta mai male!).

“La nuova identità della Sapienza vuol essere la testimonianza visibile del dialogo profondo tra memoria e futuro, il racconto di un’idea nuova di università. Una università autonoma e libera, che partecipa alla comunità scientifica internazionale come istituzione di eccellenza e di qualità nella formazione e nella ricerca ed è al centro dello sviluppo dell’economia della conoscenza della Città, del territorio e del Paese”.

Chissà se cambiare logo e nome basterà. O sarebbe meglio intervenire sulla schifosa baronia? Sulla mancanza di criteri di merito? Sull’età media di quanti vincono un concorso da ricercatori guadagnando meno di mille euro al mese?
No, questi sono problemi secondari. Meglio affidare anima e corpo al cherubino oro e porpora.

L’articolo di Chiara Lalli è stato pubblicato sul blog Bioetica

9 commenti

Emilio Gargiulo

Come spesso succede, Tutto fumo per nascondere la mancanza cronica di arrosto.

davide

che schifo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
E dire che la sapienza insieme a Milano è tra le sedi universitarie più rinomate d’Italia. Spero proprio che non si arrivi al punto di mettere il crocifisso anche nelle aule delle università statali

eleuterio

Il cherubino lo vedo molto più appropriato: è il simbolo dei molti laureati, non raccomandati che “volano” all’estero!

Andrea

Davvero imbarazzante.
Tutti quei soldi non potevano avere una destinazione migliore?

Christian

A dire il vero Davide,
la Sapienza non è affatto una delle università più rinomate d’Italia, tutt’altro, per questo vogliono fare questa campagna di immagine, oggi la Sapienza è considerata una delle peggiori università d’Italia, iperaffollata, non si riescono a seguire le lezioni, gli esami sono ridicoli (perchè o promuovono tutti o bocciano sulla base di pretesti ridicoli) e per tanti altri motivi.
Sulle guide straniere al programma di scambio internazionale è espressamente sconsigliato di andare a studiare alla Sapienza (io ne ho vista una dell’Università di Stoccolma che lo diceva chiaramente).
La Statale di Milano invece è effettivamente considerata di altissimo livello, seppure secondo me l’eccellenza si trova laddove non te la aspetti e principalmente negli atenei medio-piccoli (vedi trento o pisa).

davide

beh Pisa chimala medio-piccola che ci sono tutti gli esseri più superdotati cerebralmente… Comunque io studio a milano e a parte problemucci burocratici vari posso ritenermi soddisfatto

Daniele Gallesio

medio-piccola in termini di dimensioni…

…che sia eccellente lo diceva perlappunto anche Chirstian per primo.

Francesco

Si possono avere diverse opinioni sulla nuova identità visiva della Sapienza. Credo sia legittimo anche sostenere che mettere in “ordine” l’immagine, e quindi l’identità, dell’univesità più grande d’europa sia un modo (naturalmente non l’unico) per affrontare i problemi dell’ateneo. Quello che non capisco è scomodare la laicità della Minerva con la sacralità del cherubino. In un mondo di teo-con e atei devoti la Sapienza si e’ sempre distinta per la laicità del sapere: dialogo con il mondo musulmano, laurea a Dario Fo, politica di integrazione europea…
A margine ricordo che il cherubino è sempre stato il logo dell’università (in questo i giornali hanno fatto un po’ di confusione).
Chi temesse la sparizione della Minerva si tranquilizzi… è ancora lì a sfidare gesti scaramantici e riabilitazioni della fascistissima architettura piacentiniana.

alessandra barberis

Gentilissimi di Uaar,
ho letto con interesse il vostro forum sulla nuova identità visiva e ho deciso di scrivervi, in qualità di responsabile del progetto identità visiva della Sapienza, perché ritengo che alcune osservazioni meritino attenzione e una risposta nel merito. Partiamo dalla perplessità circa l’alternativa tra cherubino e Minerva. Premesso che la Minerva rimane in alcuni contesti (diplomi di laurea), nel capitolato tecnico di gara abbiamo dato indicazione ai progettisti di considerare il cherubino come icona principale per diverse ragioni: perché era già il marchio registrato della Sapienza; perché era l’unico simbolo che avesse una relativa continuità storica, dal quindicesimo secolo a oggi; perché nella prassi corrente, per altro assai confusa, era comunque il marchio prevalentemente utilizzato dalle diverse strutture (facoltà , dipartimenti, servizi).
Veniamo al significato dei due simboli: è certamente vero che il cherubino appartiene alla tradizione religiosa e che denota l’origine papalina dell’Università di Roma; ma la Minerva è stata imposta alla Sapienza nel ventennio, a corredo della fascistissima architettura piacentiniana, in quanto dea sapiente, ma anche armata. Entrambi i simboli, a volerne discutere l’origine, potrebbero essere ampiamente eccepibili. L’alternativa sarebbe stata di creare un’icona completamente nuova, moderna, con il rischio di passare un colpo di spugna sull’intera storia dell’ateneo. La scelta è stata invece quella di conservare entrambi i simboli che la storia ha consegnato alla Sapienza, interpretandoli laicamente e in forma contemporanea. Ci piace l’angioletto-cherubino perché simbolo di plenitudo scientiae, ma anche per essere in senso più lato custode e messaggero di buone novelle: perciò capace di esprimere la fiducia nel futuro e l’investimento nelle nuove generazioni che sono propri dell’istituzione universitaria. Ci piace Minerva perché, nata dal mal di testa di Giove, esprime la forza, la grandezza ma anche la fatica connessa all’avventura del sapere.
Vengo quindi all’argomento dell’investimento sostenuto per il progetto, facendo chiarezza su cifre e tempi. La gara è stata aggiudicata per 186 mila euro. Questo importo copre un contratto fino a metà del 2009, con pagamenti distribuiti su quattro esercizi finanziariari (2006/2007/2008/2009). A fronte di questa somma l’agenzia Inarea che si è aggiudicata la gara fornisce:
a)un progetto completo di identità visiva, cioè la definizione degli elementi di base (nuovo marchio/logotipo, colori istituzionali etc), la composizione degli stessi in una architettura di brand (marchio/logo della Sapienza+Facoltà+Dipartimenti+Strutture amministrative ecc.), le relative declinazioni degli stessi in formati di comunicazione (lay out per modulistica, per insegne, per il web, per l’editoria , per manifesti e locandine etc.);
b) l’assistenza completa all’applicazione nei tre anni di contratto, comprendente un manuale d’uso on line continuamente aggiornato, un help desk per la correzione degli elaborati, workshop e formazione dedicata per l’utilizzo del sistema, la risoluzione di ogni caso a sé non contenuto nel manuale ecc.
La somma investita è stata completamente compensata dai tagli che sono stati apportati alle spese di advertising generico: fino al 2005 per questa voce si spendevano circa 70.000 euro, dal 2006 la voce è stata azzerata e non saranno effettuati nuovi investimenti per i prossimi tre anni.
L’applicazione del nuovo sistema sarà graduale, proprio allo scopo di consentire un’introduzione a costo zero. Nel caso della carta intestata, si procederà solo a esaurimento delle scorte; inoltre, poiché alle strutture verrà fornito un formato di carta intestata elettronico, si procederà alla stampa solo all’occorrenza; punta al risparmio di carta anche l’introduzione di una firma elettronica standardizzata che permetterà di rendere univoca la comunicazione e-mail della Sapienza. Lo stesso discorso vale per le insegne: stiamo procedendo a installare quelle nuove solo nelle sedi recentemente acquisite o ristrutturate che non hanno ancora insegne (per es. l’ex Scuola Silvio Pellico); la sostituzione delle insegne vecchie avverrà solo laddove vi sia una obsolescenza materiale o dei contenuti e quindi senza costi aggiuntivi derivati dall’introduzione dell’identità visiva.
Intanto il nuovo sistema sta già producendo le economie di scala che erano state previste e che derivano dalla possibilità di standardizzare strumenti comunicativi di diverso tipo. Recentemente abbiamo cancellato una gara per la progettazione del tesserino degli studenti poiché l’intera fase progettuale, sia comunicativa che grafica e cartotecnica, è stata riassorbita in casa grazie alle linee guida dell’identità visiva. Il risparmio è stato di 50.000 euro.
Numerosi studenti si chiedono perché spendere per l’identità visiva quando vi sono gravi problemi strutturali da affrontare. Il disagio che esprimono è giustificato e proprio per rispondere a questi problemi la Sapienza sta investendo 350 milioni di euro per lo sviluppo edilizio delle sedi universitarie. E’ stato varato, tra l’altro, un progetto per il confort e la riqualificazione, finalizzato a interventi urgenti laddove vi siano problemi strutturali, per un valore di oltre 700mila euro. Si tratta di somme che rendono l’idea della “massa critica” rappresentata dalla prima università italiana, rispetto alla quale evidentemente i 186mila euro investiti per l’identità visiva appaiono assolutamente proporzionati e collocati in una giusta scala di priorità.

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