Somalia, leader islamico: vogliamo la Sharia

L’ultima volta che l’ho incontrato, Sheck Sharif Sheck Ahmed mi aveva fatto paura. Il capo dell’Unione delle Corti Islamiche, l’uomo che sbattuto i signori della guerra fuori da Mogadiscio, dando scacco matto alla politica americana in Somalia, non aveva mostrato un sorriso, né un cenno di benvenuto o un gesto di cortesia. Non mi aveva permesso di scattargli neppure una foto. Un comportamento inquietante in una città dove assoldare un killer costa solo una decina di dollari. Era il gennaio 2005 e un gruppo di fondamentalisti islamici aveva appena devastato il cimitero italiano di Mogadiscio, violando le tombe e gettando al vento le ossa dei morti: un gesto sacrilego anche per l’islam. Nella capitale c’era forte tensione e occorreva circolare con una potente scorta armata. Oggi Sheck Sharif è del tutto cambiato. Affabile, sorridente, scherza e mi invita anche a pranzare con lui. Assieme ai colleghi della Reuters e dell’Associated Press, siamo i primi giornalisti occidentali a incontrarlo dopo la cattura di Mogadiscio da parte delle Corti Islamiche. […] Alla sua corte siedono un po’ tutti, anche vecchi amici somali cui usavo portare in regalo una bottiglia di whisky. Loro non si sono fatti crescere la barba, né portano la jallabia (il tradizionale caffettano islamico). Vestono all’occidentale e pregano 5 volte al giorno, ma solo per rispettare il rituale, più che per convinzioni religiose. Hanno passaporto americano, canadese o europeo. E, soprattutto, all’estero hanno lasciato la famiglia, con i figli che studiano nei più famosi college occidentali. […] Il mondo Occidentale ha paura che la Somalia diventi un altro Afghanistan dei talebani, dove possano trovare rifugio terroristi di ogni sorta. “Siamo islamici e quindi sosteniamo la nostra religione. Ma non intendiamo portare il Corano in America o in Italia. Vogliamo vivere in pace con tutti. Trattateci bene e vi tratteremo bene. Non abbiamo dato nessun asilo ai terroristi ricercarti dagli americani. Se qui ci sono dei terroristi è a nostra insaputa”. […] Il vecchio cimitero dove erano sepolti gli italiani è off limits per tutti. Non solo per i giornalisti ma anche per gli stessi somali che hanno paura ad avvicinarsi. Sheck Sharif ci accorda il permesso di entrare ma, al momento di arrivarci, scopriremo che, nonostante la sua autorizzazione, l’accesso è vietato. Ciò significa che anche lui non è nel pieno controllo della situazione. Oggi Sheck Sharif rappresenta l’area moderata del movimento islamico somalo. Le redini degli oltranzisti le tiene Hassan Hashi Aeru, l’uomo che ha devastato e catturato il camposanto. Cosa c’è ora al posto degli ossari? Si dice ci sia un campo d’addestramento gestito da Aeru: ospiterebbe quegli stranieri, arabi, afghani, pachistani, che testimoni affermano aver visto combattere tra le vostre file contro i signori della guerra. […] Che società islamica volete per la Somalia? La risposta è lunga e articolata e una sorta di lezione sui valori dell’islam che dura una mezz’oretta. In sostanza il nuovo leader di Mogadiscio sostiene che c’è una grossa differenza tra islam e la sua interpretazione da parte dei musulmani, alcuni dei quali hanno scelto strade violente e prepotenti. “Questo è un grosso problema che dobbiamo risolvere nel nostro mondo”, conclude evitando di condannare esplicitamente gli autori degli attentati dell’11 settembre alle due torri di New York, tagliando corto: “Non siamo qui per parlare di cosa farne dei terroristi”. Ma volete applicare la Sharia? “Certo. La legge coranica è una buona cosa per la Somalia. Qui dopo l’indipendenza abbiamo sperimentato la democrazia. È stato un fallimento. Poi è venuto un regime militare con relativo comunismo scientifico. Un disastro. Quando il dittatore Siad Barre è stato cacciato abbiamo sperato in un sogno. Si è infranto in 16 anni di guerra civile. La sharia ci può dare sicurezza e può far ripartire l’economia”. Gli americani insistono. In Somalia hanno trovato rifugio membri di Al Qaeda. “È falso. Non c’è Al Qaeda e non abbiamo relazioni con Al Qaeda. Comunque siano pronti a parlare con loro della questione. Piuttosto Washington ha aiutato i signori della guerra che hanno commesso atrocità di ogni genere.[…]
L’intervista completa a Shek Sharif Shek Ahmed, fondatore delle corti islamiche, è raggiungibile sul sito del Corriere

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