Turchia, le operaie con il velo in fabbrica per l’intimo più sexy

[…] La Turchia, Paese islamico moderato, è il secondo esportatore al mondo di intimo e costumi da bagno dopo la Cina. E molte celebri modelle, tra cui Claudia Schiffer, Cindy Crawford, Tyra Banks e Heidi Klum, hanno posato nei primi anni della loro carriera indossando i capi di Zeki Triko, azienda turca di indumenti da bagno. Un mercato che ha qui un giro d’affari di quasi quattro milioni di euro e dà lavoro a un milione di persone. Operaie perlopiù. E velate. Che ogni mattina, sotto il turban, assemblano senza imbarazzo guepière, reggicalze, push-up e bikini leopardati per le mogli degli infedeli occidentali. “Per le loro fidanzate, soprattutto”, precisa il giovane Orhan con un sorriso compiaciuto. Sotto il suo ufficio, nel seminterrato dove colossali telai di ghisa tendono i fili immacolati, le lavoranti appaiono concentrate nell’unire coppe di reggiseni. Ci troviamo immersi nel quartiere di Yeni Bosna, Nuova Bosnia, periferia di Istanbul, zona ad alta concentrazione religiosa, popolazione in maggior parte seguace del partito musulmano moderato al potere. Proprio di fronte alla fabbrica di intimo si erge la solida struttura dell’Ihlas, la grande holding mediatica – giornali, emittenti, agenzia di stampa – di orientamento schiettamente islamico. Alla Ten sono impiegate circa ottocento persone, più della metà donne, molte velate. Con indosso i loro foulard colorati percorrono silenziose i locali interni, sciamando indifferenti fra corsetteria e atelier. Nello show-room annesso all’ufficio del general manager sono esibiti in bella mostra pizzi rossi trasparenti e calze fumé autoreggenti. Il catalogo 2006, con i disegni sulle diverse proporzioni del seno e le immagini patinate di modelle in carne e ossa vestite in guepière, sembra far concorrenza a Playboy. A volte è Orhan stesso, appassionato fotografo, a scattare. La parola che ricorre di più, conversando con lui in inglese, è bumps, termine gergale che tradurremo con “tette” […] “Non c’è nessuna contraddizione”, afferma l’addetta alle relazioni pubbliche Arzu Karakadilar, “non ci sono differenze per chi indossa questo tipo di abbigliamento, si tratti di persone velate oppure no. Nessuno, marito a parte, può sapere che cosa porta sotto gli abiti la donna coperta dal copricapo. La lingerie è la stessa, con il velo o senza velo […] Anzi, secondo i nostri tabulati, una città come Konya (considerata la più religiosa della Turchia e storica patria dei dervisci rotanti, ndr) è ai primi posti negli acquisti di prodotti così particolari”. […] Le signore con il velo possono in ogni caso contare anche su altre aziende capaci di garantire gusti, diciamo così, più contenuti e costruire un mix appropriato fra le esigenze della femminilità e il comportamento religiosamente corretto. Il marchio Hasema, ad esempio, manifattura di stile rigorosamente islamico nata a Istanbul nel 1993, è diventato il nome più noto tra i musulmani devoti di tutto il mondo. Per gli uomini ci sono solidi costumi da bagno a mezza gamba capaci, secondo il fondatore di Hasema, Mehmet Sahin, “di non sottolineare la parte privata”. Per le donne gli stilisti turchi hanno invece ideato costumi a corpo intero tipo Spiderman, con apposito cappuccio a ricoprire i capelli. […]
L’articolo è apparso su Repubblica.it

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