Breve viaggio nella sanità del proibizionismo

Nel giugno scorso il mio fidanzato ed io abbiamo avuto una brutta esperienza con il proibizionismo della sanità italiana che ci ha costretto a scappare in Spagna per poter effettuare un aborto terapeutico a causa di un’infezione da cytomegalocirus contratta alla terza settimana di gravidanza. […] Scrivo questo racconto dopo circa sei mesi da quando i fatti sono accaduti. Sono estremamente sereno e sempre più convinto di aver compiuto una scelta responsabile. Siamo una coppia non sposata residente a Milano. Entrambi abbiamo circa 35 anni ed abbiamo sostenuto studi universitari superiori in chimica-fisica ed ingegneria meccanica; ciò è scritto non per vanto ma per contestualizzare il racconto. Dopo aver convissuto per quattro anni, abbiamo deciso di creare una famiglia. Pur non essendo credenti, riteniamo che la nascita di un figlio sia il vero suggello di un rapporto di coppia. Dopo poco tempo riusciamo nel nostro intento. Alla XII settimana di gravidanza, effettuiamo le analisi del sangue di routine. Il risultato indica che vi è stata una recente infezione da cytomegalovirus. […] Ci rivolgiamo all’ospedale Buzzi, che è noto a Milano per la competenza dei medici. […] Il medico dell’Ospedale Buzzi è stato molto cordiale anche se reticente nel rispondere a domande dirette sui rischi di malattia al feto. Il suo consiglio era di compiere tutti gli accertamenti passo dopo passo, senza precorrere i tempi. Per carattere o per formazione i tempi li avevamo già anticipati leggendo articoli e raccogliendo informazioni. Abbiamo quindi insistito per un confronto che chiarisse e confermasse la nostra conoscenza minimale degli effetti potenziali dell’infezione sul feto. […] A domanda precisa il medico ci ha assicurato la sua disponibilità ad eseguire l’aborto terapeutico in qualsiasi momento. È corretto scrivere che il medico in seguito ha negato di aver dato tale disponibilità e che quanto da noi compreso era frutto di un malinteso. […] L’ospedale Buzzi ci ha indirizzato al dipartimento di malattie infettive dell’ospedale S. Matteo di Pavia, a cui si affida per le problematiche alle malattie infettive, per cercare di datare l’infezione. Alla XIII settimana, gli accertamenti del San Matteo datano l’infezione intorno alla terza settimana di gravidanza. La notizia ci lascia una speranza e decidiamo di effettuare l’amniocentesi presso il Buzzi per verificare se il virus è penetrato nel liquidi amniotico e quando. Ciò vuol dire attendere cinque settimane nelle quali ci siamo ulteriormente documentati, […] Poco prima dell’esame con serenità e consapevolezza decidiamo di comune accordo che mettere al mondo un bimbo affetto da malattie mentali è irresponsabile e che il 20% è un rischio troppo elevato per scommettere. […] Il medico ci comunica che il liquido amniotico è stato infettato dal virus intorno alla terza settimana di gravidanza e ci spiega nuovamente tutti i rischi per il feto. Il medico ci consiglia di eseguire l’esame del sangue fetale e l’ecografia morfologica per ridurre il rischio di malformazioni dal 30 al 20%. Ci informa anche della possibilità di abortire subito, senza esami aggiuntivi o di non compiere più alcun esame ed andare avanti con la gravidanza. Trascorso il fine settimana soppesando nuovamente le diverse possibilità, decidiamo pur con sofferenza di esercitare la nostra libertà di decisione. Il lunedì della XIX settimana di gravidanza comunichiamo al medico dell’ospedale Buzzi la nostra intenzione di eseguire l’abortire terapeutico. Il medico, nonostante il parere del medico di Pavia, ci nega il consenso. […]
La lunga ed interessante testimonianza di questa persona è apparsa su Womennews.net

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