Cattolici italiani favorevoli a Pacs, divorzio e aborto

Gli strali della Chiesa sulle unioni civili non condizionano i fedeli: un’indagine Eurispes rivela che il 68,7% dei cattolici italiani è favorevole ai Pacs. E che hanno visioni discordanti da quelle della Chiesa anche su altri temi scottanti: il 65,6% dei cattolici difende infatti la legge sul divorzio e il 77,8% è contrario al divieto dell’eucarestia ai divorziati. Persino in tema di aborto i cattolici divergono dalla visione ufficiale delle gerarchie ecclesiastiche e l’83,2% si dichiara favorevole all’interruzione volontaria di gravidanza se la vita della madre è in pericolo; il 72,9% se ci sono gravi anomalie e malformazioni del feto e nel 61,9% in caso di violenza sessuale. La percentuale, cala notevolmente se le motivazioni sono più attinenti alle condizioni economiche o alla volontà della madre di non avere figli: rispettivamente al 26,4% (23% cattolici e 51,2% non cattolici) e al 21,9% (18,6% cattolici e 45% non cattolici). L’indagine dell’Eurispes fotografa il rapporto tra gli italiani e la fede cattolica, tra adesione e disobbedienza, contenuto nel Rapporto Italia 2006. È stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1.070 intervistati e realizzata nel periodo tra il 22 dicembre 2005 e il 5 gennaio 2006. L’indagine rileva che sono aumentati i cattolici (87,8%), un dato in crescita di 8 punti percentuali rispetto a un analogo sondaggio effettuato sempre dall’Eurispes quindici anni fa. Allo stesso tempo, solo un terzo dei credenti sembra essere anche “praticante”. “I dati emersi delineano – spiega il professor Gian Maria Fara – una crisi non della religione, ma della religiosità”. “La realtà è che in Italia, tra la Chiesa cattolica ed i propri fedeli c’è la stessa discontinuità che esiste, politicamente parlando, tra paese ufficiale e paese reale – sottolinea Fara – le gerarchie ecclesiastiche non sembrano corrispondere, nell’elaborazione dell’indirizzo religioso, alle difficoltà e alle istanze dei fedeli cattolici”. […]
L’articolo è apparso sul sito di Repubblica.it

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