Sergio Romano e i crocifissi nelle aule scolastiche

Botta e risposta sul Corriere della Sera di oggi.
Caro Romano, non credo che sia questo il momento giusto per cambiare le disposizioni del ministero della Pubblica istruzione riguardo ai crocifissi nelle scuole. Si sarebbe dovuto fare molto tempo fa. Ora la decisione verrebbe interpretata da molti come un’inaccettabile ingerenza degli immigrati musulmani nei confronti delle nostre tradizioni (specie dopo la denuncia di Adel Smith), verrebbe politicizzata e cavalcata nelle scadenti campagne elettorali di alcuni politici. Metterebbe a disagio molti giovani musulmani che frequentano le nostre scuole e che non hanno nessuna intenzione di apparire come «invasori». Ritengo che si debbano prima calmare le acque, che si debba attendere un momento di maggiore tranquillità per poter di nuovo affrontare questi problemi nella loro giusta dimensione e nel loro giusto significato.
Alessio Merlo, alessio.merlo@gmail.com
Continuo a pensare che una circolare potrebbe essere sufficiente. Ma dopo avere ricevuto la sua lettera ho letto un saggio sull’argomento di Claudio Martinelli, ricercatore dell’università di Milano Bicocca che apparirà in un volume dell’editore Giuffré. Ecco la conclusione: «Un’impostazione legislativa che imponesse la rimozione del crocifisso, basandosi esclusivamente sulla preoccupazione che la sua esposizione possa offendere la sensibilità di qualcuno (…), risulterebbe foriera di ulteriori equivoci. Una necessaria legge ad hoc dovrebbe invece imporre la rimozione del crocifisso come un necessario corollario della laicità dello Stato, limitando espressamente ai soli simboli istituzionali, come il tricolore, la bandiera stellata dell’Unione europea e quella riportante il simbolo della Regione, l’attribuzione di una valenza identificativa, in quanto simboli di un ordinamento e di uno spirito costituzionale in cui tutti i cittadini si possano riconoscere».
Sergio Romano

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