Viaggio nella scienza

Dal Big Bang alle biotecnologie
Piero Angela
Mondadori
2002
ISBN: 
9788804576709

In questo libro c’è di tutto. Piero Angela, uno dei più capaci divulgatori scientifici del nostro Paese (e uno dei pochi che abbia uno spazio mediatico), ha scritto un utilissimo compendio scientifico: ricchissimo di informazioni, di spiegazioni semplici ma non banali, caratterizzato da uno stile che unisce entusiasmo nella ricerca e rigorosa razionalità (e ragionevolezza). Indispensabile soprattutto per chi vuole avere una visione d’insieme corretta della scienza, o avvicinarsi ad essa, date le distorsioni di cui è oggetto specialmente da parte della [sotto]cultura di massa, anche sulla scorta della critica denigratoria contro la scienza “atea” portata avanti in maniera sistematica dalla propaganda religiosa.

Il “viaggio” comincia con la descrizione dell’universo: è interessante notare come la scienza riesca a spiegare sempre meglio – e senza l’ausilio di idee “sovrannaturali” – fenomeni come lo sviluppo del cosmo dopo il Big Bang (smentendo di fatto gli improbabili accostamenti tra cosmogonie antiche e ricostruzione scientifica).

Si passa quindi all’origine della vita e all’evoluzione, inquadrabili in una cornice naturalistica: la differenza tra materia vivente e inerte è semplicemente «una differenza di struttura, cioè di montaggio di atomi»; l’evoluzione è paragonata alla stesura di un’opera, che «non è stata scritta di getto, ma è frutto di un montaggio progressivo di elementi più piccoli», e viene descritta nelle sue linee principali, dagli organismi unicellulari alla comparsa dell’intelligenza umana.

L’autore affronta inoltre il tema della vita su altri pianeti, giungendo alla conclusione che essa non è così improbabile, dato che la sua comparsa dipende da fattori fisici: ma se anche fossimo “soli”, ciò «sarebbe un messaggio importante, che darebbe una nuova dimensione alla nostra vita, rivelandoci quanto sia prezioso e unico il nostro pianeta».

Il carattere principale dell’atteggiamento scientifico è «saper dubitare […] Diversamente da quanto accade nelle ideologie e nelle religioni, il punto di partenza è rovesciato: non esistono verità assolute, ma piccole verità transitorie, da superare al più presto per raggiungerne altre», cui fanno da corollario quindi autocritica e umiltà. Alla base vi è la razionalità, la cui promozione è però un «compito non facile, in un mondo in cui ha tanto successo il culto della “sragione”». La scienza, cui vengono imputate strumentalmente le colpe del cattivo uso della tecnologia, ha ormai una piena dignità intellettuale: «in un certo senso, è filosofia: essa infatti cerca di rispondere alle grandi domande che si sono posti i filosofi del passato, in modo molto più pertinente e approfondito. Chi siamo? (genetica); da dove veniamo? (paleoantropologia); com’è nata la vita? (biologia molecolare); com’è nato l’Universo? (cosmologia); che cos’è il pensiero? (neurofisiologia); perché ci comportiamo e reagiamo in determinati modi? (psicobiologia); quale sarà il destino della Terra? (astrofisica); e così via».

L’autore affronta anche il tema del ritardo italiano nel campo scientifico, che è causato dalla mancanza di un retroterra culturale adeguato e comporta la famigerata “fuga di cervelli” all’estero. Il problema dell’Italia è infatti la preponderanza eccessiva della cultura “classica”, che «continua a ignorare i valori di quella scientifica», tanto che «nessuno scienziato oserebbe ammettere la sua ignoranza nei confronti dei grandi classici della letteratura, si sentirebbe menomato, incolto. Mentre un letterato può tranquillamente dire, senza vergognarsi, di non capire nulla di scienza. Anzi, solitamente tale affermazione viene accolta con un risolino di solidarietà.». Tutto ciò si rivela controproducente per l’Italia, dato che «un paese che umilia la ricerca e che, di fatto, rifiuta una moderna cultura scientifica, è inesorabilmente relegato ai margini della civiltà».

Dopo un riepilogo di fisica e la spiegazione dei processi che regolano atmosfera e oceani, l’autore tratta il concetto di entropia, che può essere applicato anche alla realtà sociale: nel mondo moderno, sempre più massificato in senso occidentale, le differenze culturali fonte di idee vanno via via perdendosi. Per tentare di contenere il processo, l’autore prospetta lo sviluppo di una “rete”, che permetta a ogni individuo «di costruire la propria diversità utilizzando il maggior flusso di informazioni e materiali provenienti da ogni parte del mondo» e quindi favorisca l’effervescenza culturale e la creatività.

Una vera e propria delizia per gli scettici la sezione dedicata al paranormale, dopo una debita introduzione sull’utilizzo e le stranezze (apparenti) della statistica. La nostra percezione è limitata e il nostro cervello non può trasmettere “onde”, data la sua trascurabile capacità e la differenza tra i singoli cervelli: tutto ciò rende improbabile (come minimo) una qualche “trasmissione”. Considerando che l’onore della prova spetta a chi afferma l’esistenza di certi fenomeni, l’autore ci fa sapere che «malgrado da circa un secolo si facciano ricerche, nessuno è finora riuscito a dimostrare alla comunità scientifica l’esistenza dei fenomeni paranormali». Il caso dei guaritori, ad esempio, è affrontato considerando l’effetto placebo, nella consapevolezza che un fattore importante nella medicina è il rapporto emotivo e di fiducia tra medico e paziente. Considerando le guarigioni miracolose, l’autore ci fa capire come esse siano spiegabili come regressioni spontanee di malattie, che possono accadere indipendentemente dall’intervento del guaritore, e come nell’amplificazione dei casi incida parecchio l’utilizzo assolutamente distorto delle statistiche che mette in evidenza solo gli occasionali “successi”. Simili considerazioni si possono fare sulle “auree”, come quelle che vengono “fotografate” col metodo Kirlian: «le luci che si vedono […] non sono altro che i gas presenti intorno all’oggetto ionizzati da questo intenso campo elettrico». L’impietosa analisi viene estesa ai “guaritori” filippini, veri e propri truffatori che pretendono di estrarre il male facendolo passare “magicamente” attraverso la carne, senza inciderla. Le medicine “alternative”, cui molti si rivolgono, non hanno una concreta attendibilità: «esiste solo una medicina: quella che cura, che ha dietro di sé molta ricerca e sperimentazione, che rispetta le norme internazionali di controllo, che adotta un metodo ben collaudato attraverso le severe regole riconosciute dalla comunità scientifica. Uscendo da questa strada maestra […] si torna al passato e alle illusioni, a volte tragiche». L’autore si rende però perfettamente conto del fatto che la malattia è un problema che coinvolge profondamente l’individuo e i rapporti umani, fattori che a volte la medicina ufficiale non considera, favorendo i guaritori.

Per quanto riguarda l’astrologia, viene chiarito che non sussiste una qualche influenza degli astri sugli esseri umani, a causa dell’enorme distanza tra il nostro pianeta e gli altri corpi celesti. I tentativi di provare la validità dell’astrologia sono stati smentiti, tanto che la comunità scientifica si è espressa chiaramente in tal senso (già dal 1975): bisognerebbe chiedersi – afferma infatti l’autore – non tanto quando è nata una persona, ma piuttosto dove e in quali condizioni, per comprenderne in qualche misura il “futuro”. La capacità dei “maghi” sta essenzialmente nel saper capire – anche psicologicamente – il cliente “credente” (che spesso contribuisce a suggerire le risposte, anche inconsapevolmente), facendo affermazioni vaghe o abbastanza comuni.

Per quanto riguarda lo spiritismo e l’occultismo, è soprendente notare quanto queste discipline abbiano avuto il credito di personalità anche importanti del passato (tra cui scienziati), seppure i fenomeni considerati non abbiano fornito prove attendibili. L’autore intervista ad esempio un ex-medium pentito, Lamar Keene (il quale si è “confessato” nell’opera The Psychic Mafia), cosa che permette di far luce sui tanti espedienti usati da questi personaggi.

L’ultima sezione è dedicata ai rapporti tra tecnologia e società, in cui si spiega il cambiamento epocale che ha comportato la civiltà industriale non solo a livello produttivo, ma anche culturale, politico e sociale. L’autore cerca di far capire quanto sia importante distinguere tra tecnologia utile e dannosa, condannando gli atteggiamenti antiscientifici ma allo stesso tempo analizzando criticamente gli scenari che si aprono nel futuro (in particolare per quanto riguarda la genetica, con tutto il suo corollario di problematiche etiche). Degni di interesse i capitoli sull’educazione (e quindi sulla necessità di una nuova cultura scientifica) e sul suo legame stretto con l’economia e lo sviluppo, e sul mondo dell’informazione – in particolare su come sia difficile far passare la cultura scientifica tramite i mass media, nei quali invece trovano molto più spazio violenza, sensazionalismo ed emotività.

Valentino Salvatore,
Circolo UAAR di Roma
ottobre 2007