Scimmietta ti amo

Psicologia, cultura, esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici
Luigi De Marchi
Longanesi
1984

Premessa / Dedica:

Da molto tempo (da quando lei era morta in quel modo atroce) i miei miti naturalistici erano entrati in crisi. Nell’uomo non vedevo più il figlio degenere e perverso di una Natura buona e provvida (moderna versione del vecchio e barbuto Buon Dio), ma una sventurata e gloriosa scimmia del laboratorio cosmico che, se era spesso impazzita per le tremende tensioni della sua condizione esistenziale, era anche riuscita ad esplorare l’universo coi suoi occhi di pulce e a inventarsi sogni d’amore, di armonia, di libertà, di giustizia, di felicità sconfinata, da contrapporre alla giungla spietata e ripetitiva della Natura.

Una mattina, sul muro d’una quieta stradetta romana dietro l’angolo di casa mia, mi apparve d’improvviso, gigantesco, il messaggio di uno studente alla sua ragazza: «Scimmietta ti amo!». E subito sentii che quelle parole erano anche la mia nuova, definitiva dichiarazione d’amore all’essere umano (p. 7).

Né il sole né la morte si possono guardare fissamente (F. de la Rochefoucauld)

  • Ma dov’è la morte, come presenza angosciante specifica della vita umana, nelle teorie di Freud, di Reich e dei loro continuatori ortodossi ed eretici? Non c’è. È stata rimossa […] proprio per l’emozione più angosciante di tutte: la paura di morire.

Introduzione alla psicopolitica esistenziale

Pertanto, al mito millenaristico politico viene a mancare la massima attrattiva del mito religioso: la promessa e la certezza dell’immortalità. […] La promessa religiosa di felicità e armonia universale non può infatti essere screditata e smentita a breve scadenza dalla possibilità di verificarla (76).

  • Morte e Cultura: lo shock primario. Per shock esistenziale intendo il trauma primario e ricorrente che la scimmia umana ha subìto quando ha preso coscienza del proprio destino di morte e le sue particolari capacità intellettive e affettive hanno moltiplicato in lei l’angoscia di morte e la sofferenza per la morte dei suoi simili.
  • La difesa religiosa - Vi è un’amplissima validazione della nostra ipotesi: è cioè che ogni tipo di cultura abbia la sua matrice nello shock esistenziale e nel conseguente, primario bisogno umano di esorcizzare la morte e di difendersi dall’angoscia di morte, simultanea alla nascita della coscienza. (25)
  • Metempsicosi e divisione castale furono dunque anch’esse difese di morte e dal timore del castigo divino dall’angoscia. […] Non è fortuito che le altre due più diffuse religioni mondiali - Islam e Cristianesimo - abbiano proceduto ad un’analoga democratizzazione dell’aldilà rispetto al giudaismo e alle antiche religioni tribali (29).
  • Siamo qui dinnanzi alla scelta cruciale della scimmia umana. Da una parte sta il mito di Prometeo, che strappa agli dèi il fuoco e si adopera per aiutare l’uomo nella sua faticosa evoluzione. […] Dall’altra c’è questo mito biblico dell’Eden… (35)
  • L’evoluzione del buddismo attesta ancora una volta che il bisogno psicologico più profondo sotteso alla religiosità delle masse umane è appunto la ricerca di una qualche garanzia d’immortalità, cioè una difesa sicura contro la morte e l’angoscia di morte (41).
  • L’asserzione dell’immortalità, cioè la negazione della morte, è dunque riconosciuta universalmente come il fondamentale denominatore comune di tutte le religioni, dalle più antiche alle più recenti, dalle più semplici alle più complesse (46).
  • La difesa religiosa cristiana, diffusasi rapidamente come antidoto al terrore della morte in quanto annichilamento totale della persona, finì per sviluppare un terrore anche più insostenibile: il terrore della morte come dannazione e tormento eterni (47).
  • Su quest’angoscia di dannazione le gerarchie ecclesiastiche cattoliche avevano scoperto la possibilità di imbastire un’autentica industria: il cosiddetto commercio delle indulgenze, divenuto uno dei massimi cespiti della Chiesa di Roma (50).
  • La difesa politica. È con la Rivoluzione Francese che il millenarismo religioso ha la sua prima, completa metamorfosi in senso spiccatamente politico e, almeno apparentemente, ateo e antireligioso (56).
  • Anche la mistica del sangue, alla base delle teorie razziste di Rosenberg e del nazismo, aveva una sua antica tradizione rituale che si ricollega alla difesa religiosa contro la morte (61).
  • Millenarismo comunista. È soprattutto nello schema teorico dell’evoluzione umana che il marxismo svela il suo inconsapevole e insormontabile ancoramento al mito biblico-millenaristico […] ennesima versione, secolarizzata e scientifica del fanatismo religioso e della sua promessa salvazionistica.
  • Al crollo delle difese religiose, la psiche umana ha reagito col solito meccanismo: tentando cioè di produrre un nuovo mito millenaristico e paradisiaco dall’apparenza più realistica e «scientifica», sotto forma di utopie e azioni rivoluzionarie (79).
  • La difesa demografica ed economica. Allo shock esistenziale, in campo procreativo, l’uomo ha reagito con due fondamentali modalità di reazione: quella monastico-ascetica e quella socio-prolifica, che sono tuttavia entrambe riconducibili alla visione millenaristica.
  • La difesa filosofica. Non solo Parmenide ed Eraclito ma quasi tutti i filosofi presocratici tendono a negare la morte. […] Ma il supremo maestro di questa radicale negazione filosofica dell’angoscia di morte nella Grecia antica resta Epicuro (91).
  • Nella coraggiosa e instancabile polemica anticlericale e antireligiosa di numerosi pensatori illuministi colpisce anche una strana inconsapevolezza delle implicazioni letteralmente apocalittiche di quella critica. Assorbiti dalla gioia della provocazione e della distruzione di pregiudizi millenari, gli illuministi non s’avvedono dell’abisso che la loro critica corrosiva scava nella psiche della scimmia umana, scalzando le difese fantasmatiche dietro le quali essa era andata arroccandosi dagli albori della civiltà (100).
  • Questi pensatori mostrano di non capire quanto enorme sia la crisi esistenziale e culturale che il collasso delle certezze religiose ha spalancato nella coscienza umana (104).
  • La tesi centrale di questo mio lavoro - e cioè che la morte, anzi la coscienza della morte, è stata la fonte prima della cultura umana nel suo complesso - non trova ancora espressione nel pensiero di Schopenhauer, ma ha già, in esso, le sue radici (104).
  • Al tremendo messaggio schopenhaueriano «Dio è morto» Nietzsche non può reagire con l’impassibilità di Schopenhauer. […] Per questo il pensiero di Nietzsche ci affascina e commuova anche di più, perché esprime emblematicamente, forse anche nel suo approdo alla follia, i mille tormenti della scimmia umana impegnata nella sua solitaria ricerca di verità (107).
  • Come le caste sacerdotali, gli esistenzialisti del nostro secolo sembrano difendersi essi stessi dall’angoscia con le oscurità arcane di un linguaggio iniziatico (120).

La difesa psicologica

  • […] Sicché si può dire che le scienze nate per studiare l’angoscia umana ne hanno quasi sempre ignorato o rimosso la fonte principale: appunto la coscienza della morte.
  • Il masochismo - questo fenomeno così antico e diffuso in tutte le culture (ma particolarmente in quelle salvazioniste, di stampo religioso e politico), che spinge milioni di uomini da migliaia di anni a sacrificarsi e immolarsi per ogni tipo di divinità, ideologia, istituzione - appare in larga misura come l’atteggiamento prodotto dal meccanismo autopunitivo e propiziatorio con cui la scimmia umana ha reagito fin dai primordi allo shock esistenziale (144).
  • La crisi dell’uomo moderno nasce invece da una sistematica, silenziosa demolizione dei dogmi religiosi ad opera della ricerca scientifica in tutti i campi (151).

La fuga dalla morte nel costume odierno

Al contrario, l’uomo dell’era religiosa riuscì per lunghi periodi a placare (non certo a estinguere) la sua angoscia di morte proprio sottoponendosi incondizionatamente ai dettami sempre più tirannici della religione in ogni istante della sua vita, e soprattutto della sua morte.
Dall’inizio dell’Ottocento, invece, l’esplosione demografica e l’urbanizzazione rapida portano ad una massificazione della morte, della sepoltura e dei relativi rischi di contaminazione, proprio mentre crollano le difese religiose (187).

  • Geoffrey Gorer rileva anche acutamente (e di lì il titolo della sua opera: La pornografia della morte) che il muro di silenzio e di menzogna un tempo riservato al sesso sembra ormai trasferito alla morte.

Conclusione

  • […] Insomma, siamo una specie che ha reagito e insiste a reagire con meccanismi obsoleti di difesa alle nuove minacce di collasso psichico prodotte dal suo stesso sviluppo mentale.
  • L’uomo si comporta come una talpa che, per salvarsi, insiste a interrarsi anche quando una ruspa potente (in questo caso la forza dell’evoluzione etica e cognitiva umana) solleva e ribalta la zolla in cui essa si interra (193).
  • È indubitabile che la formula marxista «La religione è l’oppio dei popoli» riassume efficacemente la funzione oppressiva e gregarizzante che la religione ha avuto spesso nella storia. Ma ciò che il marxismo non vide è che l’opera di oppressione e gregarizzazione del potere religioso è potuta continuare per millenni su scala planetaria perché la religione assicurava alle moltitudini umane di ogni paese e d’ogni tempo la più valida difesa contro l’angoscia di morte (199).
  • Siamo forse alle soglie di una svolta storica del pensiero umano: il passaggio dalla fase fantasmatica delle mitologie millenaristiche alla fase progettuale e concreta del confronto con la dura realtà del mondo fisico e biologico (212).
  • La figura che simboleggia questa filosofia non è certo quella di Abramo, pronto ad uccidere il figlio Isacco pur di obbedire a Dio, nè quella di Giobbe, disposto a subire tutti i tormenti inflittigli da Dio senza mai perdere la fede, ma quella di Prometeo, il titano che diede inizio alla civiltà umana donando all’uomo il fuoco, e fu per questo atrocemente punito da Zeus, ma non si arrese alla potenza e alla prepotenza del sovrano d’Olimpo (215).
  • La crocifissione del Gorilla [l’animale ucciso lentamente a colpi di lancia nel rito propiziatorio d’una tribù africana, cfr 221], come tutte le altre crocifissioni e autocrocifissioni religiose e politiche di tutti i tempi. Era insomma espressione d’una stessa «demenza coscienziale» dell’essere umano che mi suscita oggi compassione e riflessione, piuttosto che sterili e facili condanne di stampo moralistico.
  • E subito scopriamo commossi che, in mezzo alle turbe di scimmiette impazzite nei loro deliri espiatori e paranoicali, sono nati e vissuti alcuni mirabili eroici esemplari (le scimmie Eschilo, Buddha, Democrito, Saffo, Epicuro, Marco Aurelio, Montaigne, Hume, Schopenhauer, Nietzsche, Leopardi, solo per citare qualche nome più illustre) che hanno saputo guardare tra le lacrime la strage sanguinosa dei loro compagni e di ogni altro essere vivente […] riconoscendo che la tragedia era opera di questo o quell’altro gruppo di scimmie malvagie, di questo o quel nemico della Vera Fede e della Vera Rivoluzione.

L’AUTORE

Luigi De Marchi, saggista, psicologo e psicoterapista, pioniere della ricerca psico-sociologica, è il fondatore della psicopolitica, è presidente dell’AIECS (Associazione Italiana per l’Educazione Contraccettiva e Sessuale) che conduce importanti battaglie sociali e politiche. Spiccano tra le sue opere: Sesso e civiltà, Sociologia del sesso, Wilhelm Reich: biografia di un’idea, Psicopolitica.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000