Quaesivi et non inveni

Augusto Guerriero detto Ricciardetto
Mondadori
1973

Opera rara e ormai introvabile d’un famoso giurista e giornalista, oggi dimenticato, ma che è stato una «grande firma» del secondo dopoguerra in Italia. Nell’operosa vecchiaia, Guerriero si confrontò con gli esiti più avanzati dell’esegesi neotestamentaria (di studiosi perlopiù tedeschi) rappresentativi della moderna critica alla religione, rendendone conto ai lettori interessati nella famosa rubrica di Epoca, dal titolo «Italia domanda»: quasi un reperto storico per la generazione di questo fine secolo. Datato, certamente, ma sempre attuale e profondamente vissuto.

  • Tuttavia il pensiero della mia sorte, della sorte di tutti noi, era sempre nel fondo del cuore. Che sarà di me? e ho il diritto di essere ateo, senza avere dedicato una parte della mia vita allo studio del problema supremo? […] «Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato» è uno dei pensieri più poetici di Pascal, e, solo a ricordarlo, mi vengono le lagrime agli occhi. Ma non è vero. Si cerca perché non si è trovato: quaesivi et non inveni (Introduzione, pag. 9).
  • La favola nefasta del deicidio. Nel merito, bisogna proclamare alto e forte che è «assurdo», che è «stupido», che è un insulto all’umana intelligenza chiamare deicida il popolo ebraico (17).
  • La scommessa di Pascal. Io ho una mia idea «di dietro la testa», come dice in qualche punto Pascal. E la mia idea è che egli cercasse disperatamente di convincere se stesso. Non confessa mai il dubbio: forse, non ne ebbe coscienza. Così applica il calcolo delle probabilità, la valutazione economica della convenienza nientemeno che alla fede. […] Ho detto e ripeto: a mio modo di vedere, sarebbe difficile concepire un pensiero più irreligioso sulla religione. Si crede o non si crede, e si può credere per varie ragioni, di cui la migliore è che non ci sia alcuna ragione: la razòn de la sinrazòn. Ma certo non per scommessa. Non per calcolo o per convenienza. Meglio, infinitamente meglio non credere affatto (23).
  • Gesù e gli ebrei. L’accusa iniqua è stata sepolta. Ma - mi duole dirlo - credo che l’antisemitismo continuerà. […] Sono radici profonde, che non si svellono in un giorno. La predicazione della Chiesa fu efficacissima quando insegnava ad odiare l’ebreo. Sarà meno efficace ora che cercherà di insegnare ad amarlo. Perché allora secondava i bassi istinti dell’uomo. Da ora innanzi li contrasterà (35).
  • Rivelazione e demitizzazione. […] Rudolf Bultmann ha fatto un tentativo geniale di salvare il salvabile delle Scritture. Questo metodi di interpretazione, che cerca di riscoprire il significato più profondo nascosto dietro la mitologia, il Bultmann lo chiama demitologizzazione. Lo scopo di esso non è di eliminare gli enunciati mitologici, ma di interpretarli (60).
  • I cardinali e il Catechismo olandese. «Non è cosa tanto certa che l’esistenza degli angeli faccia parte del deposito della fede». […] Un Catechismo può astenersi dall’imporre una credenza. Ma non può astenersi dall’insegnare. Non può nelle questioni dubbie o controverse lavarsi le mani e rimettersi alla coscienza dei fedeli (83).
  • Riforma, Controriforma e la Chiesa oggi. Ma il nemico della Chiesa non è questo [critiche al Magistero, minaccia di eresie]. Il nemico mortale è l’indifferenza della massa. […] Tutto ciò è importantissimo per gli studiosi della storia della Chiesa, per i polemisti cattolici o anticattolici, ma l’immensa maggioranza del popolo non ne sa niente o, se ne è informata, vi è indifferente. Al tempo di Lutero e di Calvino, l’Europa si faceva sterminare per stabilire se ci si salva con le opere e con la fede, o solo con la fede. Ma oggi nessuno darebbe una goccia di sangue per tutti i dogmi vecchi e nuovi (91).
  • Così tre papi l’uno dopo l’altro non hanno trovato il modo di salvare la Chiesa dalla crisi. La questione è che il solo rimedio efficace è fuori delle possibilità così del Papa, come di un Concilio. Sarebbe quello di buttar via l’enorme bagaglio teologico di cui la Chiesa si è caricata attraverso i secoli, e tornare al messaggio semplice e sublime di Gesù «Ama il prossimo tuo come te stesso». Il resto è commento, diceva Hillel (96).
  • Ci può essere un Cristianesimo senza Dio (Teologi senza Dio, Bonhoeffer, Bultmann)? Anch’io credo che molti di questi «teologi senza Dio» siano puramente e semplicemente atei. Si chiamino pure «cristiani», nel senso che partecipano alla civiltà cristiana, vivono di essa, e moriranno in essa. Ma sono atei. Anche quelli che si professano credenti (105).
  • Teologia e filosofia religiosa. Ebbene, io mi interesso di filosofia religiosa, e non di teologia. E non mi occupo di teologia nel senso da lei indicato di doctrina fidei perché mi è impossibile credere rinunziando alla ragione. Lei dice: ma allora si cade nel razionalismo. Si cade? O ci si eleva al razionalismo? (117)
  • La ragione alla ricerca di Dio. Che posso dire a queste anime buone? Posso dire, devo dire: io vi ringrazio dal profondo del cuore, ma preferisco perdere l’anima, anziché rinunziare alla ragione (139).
  • Conclusione: Per il pio cristiano, la ricerca del Gesù storico è semplicemente fatale.
  • La restaurazione del Gesù storico non può portare che all’annientamentro della religione che è legata al suo nome. Questo era senza dubbio il pensiero di Albert Schweitzer, quando abbandonò la teologia, e disse che non possiamo restaurare il Gesù storico, e che, se potessimo, ci creeremmo un incubo (145).
  • Dal Gesù della storia al Cristo della fede. Da ciò appare che la cristologia si fonda sull’escatologia, o è un aspetto dell’escatologia. […] La predicazione di Gesù concerne l’avvento del regno di Dio. Quella della Chiesa vi sostituisce l’annunzio di Gesù Cristo morto sulla croce per il peccato del mondo e resuscitato per la nostra salvezza. L’Annunziatore diventa l’Annunziato (173).
  • La Resurrezione. Il punto del nuovo Catechismo che, dal punto di vista cattolico, dà maggiore motivo di scandalo, è quello in cui esso nega la Resurrezione. Propriamente, non nega la Resurrezione: nega l storicità di essa. Ma è la stessa cosa. […] Nel passo di Paolo questo procedimento è dichiarato: «Se il Cristo non è risuscitato, la nostra fede è vana». Ossia: si dimostra o si tenta di dimostrare il fatto storico mediante la fede (183).
  • Il Figlio dell’uomo. Dice Guignebert: «In realtà, l’idea di un Messia sofferente non viene da Gesù: è un riflesso del suo destino e un prodotto del Cristianesimo». Ossia l’idea è stata tirata fuori dopo i fatti, quando bisognava trovare una spiegazione dello «scandalo» della croce. Le profezie, che sono messe in bocca a Gesù, sono redazionali - cioè degli evangelisti: sono vaticinia post eventum (198).
  • Il regno di Dio. La sua rappresentazione è mitologica, come mitologico è il dramma finale. Per l’uomo moderno, la concezione mitologica del mondo, le rappresentazioni dell’escatologia, della redenzione, sono sorpassate e perente.
  • Il messaggio cristiano e l’uomo moderno. Per il cattolico, come per Paolo, lo scandalo della croce è proprio il sacrificio dell’intelletto, che non può comprendere le cose divine e rinuncia ad ogni sapienza. […] Bultmann non è un cattolico, ma è un credente. Non siamo più al punto che si debba considerare credente solo chi sia cattolico (211).
  • Il diavolo. I teologi olandesi risposero: […] L’investigazione moderna sottopone ad analisi critica questi presupposti, e dall’analisi risulta che non è cosa tanto certa che l’esistenza degli angeli appartenga al «deposito della fede». […] Demitizzare gli angeli e i demoni avrebbe senso, ma nella concezione antica del mondo gli angeli e i demoni non erano esseri mitologici. Siamo noi moderni che possiamo interpretarli come miti, e, quindi, demitizzarli. […] Di Satana, si può dire la stessa cosa in senso inverso: l’uomo primitivo, incapace di concepire l’idea astratta della trascendenza del male, personificò il male in Satana e nei suoi ministri o compagni: i démoni.
  • L’origine della religione secondo Freud. Formulo questo concetto in termini elementari: in tutte le religioni è la divinità che crea l’uomo; per Freud, è l’uomo che, per la sua debolezza di fronte alla forze della natura e della vita sociale e per il bisogno di protezione, crea la divinità. In certo senso, un’eco del verso di Euripide: «Zeus, enigma insolubile: forza eterna della natura o creazione dell’uomo» (238).
  • Crisi del linguaggio o crisi della fede?. La crisi, dunque, nasce dalla inconciliabilità della visione biblica del mondo con la visione moderna, di due modi di pensare antagonistici: l’uno mitologico, l’altro scientifico. […] Ciò posto, credo che la dottrina di Bultmann - mito e demitizzazione - sia l’unico modo di fare accettare dall’uomo moderno non la concezione biblica del mondo, che è perenta, ma il messaggio cristiano (249).
  • La rivelazione come storia. Vi sono nelle Sacre Scritture cose che non si possono attribuire a Dio […] Queste e altre innumerevoli stravaganze sono raccontate nel Libri del Vecchio Testamento, e il credente che attribuisse i relativi racconti all’ispirazione divina, offenderebbe Dio. […] Quanto alla cosiddetta autorivelazione di Dio, la difficoltà è questa: perché Dio si rivelerebbe nella storia? che forse la storia è opera di Dio? ahimé! La storia è opera degli uomini, e Dio non vi interviene proprio per niente (259).
  • Etsi Deus non daretur. I cultori della teologia «radicale» si sono preoccupati di rendere il messaggio cristiano in forma e linguaggio che lo rendano accettabile all’ateo. […] Ma l’ateo, se veramente è ateo, non lo accetterà mai: se praticherà la carità e vivrà-per-gli-altri, lo farà per sua naturale vocazione, non perché accetti il messaggio. E quanto alla «salvezza», l’ateo non teme di perdersi, né spera di salvarsi. Perciò credo che sia una grande impresa a vuoto, questa dei teologi della «morte di Dio», di apportare all’ateo un messaggio che egli rifiuta, e una salvezza di cui egli è convinto di non avere bisogno (264).
  • La regola d’oro. In effetti, conclude padre Mondin, la areligiosità è diventata un tratto predominante della cultura e della vita moderna: Dio è stato estromesso anzitutto dalla politica, poi dalla scienza, poi dalla filosofia, dalla morale, dalla pedagogia, e un po’ alla volta da tutte le altre attività umane. […] Se, invece, il «messaggio cristiano» viene inteso nel senso limitato che ho chiarito - l’amore del prossimo - non c’è bisogno del minimo sforzo da parte dei teologi per renderlo intelligibile: tutto il mondo cristiano lo capisce e lo sente, e a volte sente pure il vago rimorso di non seguirlo (277).

L’AUTORE

Augusto Guerriero (1893 Avellino - 1982 Roma), giurista insigne, editorialista del Corriere della Sera e collaboratore di vari settimanali e di Epoca, dove scriveva con lo pseudonimo di «Ricciardetto». Autore, oltre a molte opere giuridiche, di Inquietum est cor nostrum, Mondadori 1978, altri saggi di critica religiosa.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000