Gli italiani sotto la Chiesa

Da San Pietro a Berlusconi
Giordano Bruno Guerri
Bompiani
2011
ISBN: 
9788845266997

Rivedendo la tradizionale, artificiosa immagine del popolo italiano, lo storico del fascismo evidenzia fin dal titolo l’indissolubile intreccio e l’interazione dei due poli della storia d’Italia, cercando di rispondere senza equivoci - da laico seppur col debito rispetto per i credenti - alla fatidica domanda: la Chiesa ha fatto o disfatto gli italiani? Rileggere in questa chiave l’evoluzione dell’«homo italicus», fino a Mussolini (che senza volerlo restituiva alla Chiesa il potere sottrattole dal Risorgimento) significa capovolgere il canonico panorama storico e culturale riproposto ai giovani dai manuali scolastici e dalle falsificazioni d’una storiografia troppo spesso convenzionale e apologetica, qual è quella preponderante nelle scuole.

  • […] Queste le domande alle quali cerca di rispondere questo libro. Non sarà troppo sorprendente scoprire che il nostro carattere, la nostra vita quotidiana, hanno a che fare con la Chiesa anche in questioni lontanissime dalla religione (Introduzione, 4).
  • Fu in base a queste considerazioni che l’imperatore Costantino (tutt’altro che pio) nel 313 riconobbe libertà di culto ai cristiani; inoltre esentò la Chiesa dal pagamento delle tasse e riconobbe ai vescovi poteri anche civili; infine trasferì la capitale dell’impero da Roma a Costantinopoli: tre decisioni che avranno conseguenze millenarie (9).
  • Nel 1442 il filologo Lorenzo Valla dimostrò la falsità della «donazione di Costantino» […] Ma è indubbio che il più antico e sacro Stato italiano sia nato ufficialmente con una truffa. Nessuno se ne scandalizzò: nel frattempo la Chiesa aveva abituato gli italiani a ben altri opportunismi (La donazione di Costantino, 18).
  • Dal punto di vista economico era molto interessante anche il fenomeno del giuspatronato: una famiglia poteva edificare una chiesa, o farle un’importante donazione, e poi dalla stessa chiesa traeva una rendita come da qualsiasi attività commerciale (Vescovi, abati e clero, 25).
  • Si litigava anche sui santi, perché il protettore d’una città deve essere più santo di tutti gli altri. Il bello è che spesso non si tratta neanche di santi locali. I veneziani rubarono le reliquie di san Marco ad Alessandria d’Egitto, come i baresi rubarono a Mira quelle di san Nicola. […] Lo scontro tra fazioni non risparmia gli intellettuali, che dovrebbero essere più duttili (I Comuni, 36).
  • Negli stessi anni Federico II fu, invece, il campione dell’intelligenza laica, colta, spregiudicata. L’altra faccia degli italiani (Federico II di Sicilia, 45).
  • La stessa Chiesa, sempre dilaniata dal doppio ruolo politico e spirituale, con una mano si serviva dei mercanti, e con l’altra li malediceva: per secoli bollò come peccato l’usura, intesa anche come semplice prestito, e nelle chiese andavano di moda gli affreschi con mercanti arrostiti nell’inferno (I mercanti, 61).
  • È un manuale di furbizia spicciola quello che Guicciardini dà agli italiani. E Guicciardini è molto più «italiano medio» di Machiavelli. […] Secondo Luigi Barzini Jr è Guicciardini il vero maestro degli italiani, e secondo Indro Montanelli «Il vero Machiavelli non è Machiavelli, ma Guicciardini, questo mostro di egoismo e opportunismo, che non si prende neanche la pena di dissimularli […]» (73).
  • Dopo il sacco di Roma, l’Italia era spiritualmente e politicamente morta. Per tre secoli non avrebbe avuto alcuna volontà politica. Il Rinascimento artistico e culturale si sarebbe trasformato in Barocco. Alla Riforma religiosa si sarebbe opposta una controriforma reazionaria. Gli italiani, che avevano vissuto per decenni al grido «Franza o Spagna purché se magna!», mangeranno una materia assai sgradevole, secondo un’altra tipica espressione italiana (Il sacco di Roma, 93).
  • L’Inquisizione pretese di purificare la Chiesa triturando e sterminando col fuoco gli avversari. Se ne misero a capo il cardinale Carafa e lo spagnolo Ignazio di Loyola, che aveva fondato da appena due anni la Compagnia di Gesù (Riforma e Controriforma, 106).
  • Non si sa, e probabilmente non si saprà mai, quanti furono i processi e le vittime: i documenti relativi sono tenuti ancora segreti in Vaticano, con un disprezzo degli studi storici pari al disprezzo di allora per i diritti degli imputati. Comunque per almeno quattro secoli l’Inquisizione terrorizzò l’Europa e, dopo le grandi scoperte geografiche, il mondo (L’Inquisizione, 107).
  • La paura della morte, che è all’origine della religiosità di tanti, viene incrementata dal cristianesimo con la minaccia delle tremende pene dell’inferno. […] Quella di fingersi pentiti fu una costrizione durata secoli, che spiega bene tanta furberia, ipocrisia e finta religiosità che ancora permane nella società italiana (108).
  • L’esorcismo fu un vero affare economico. Molti vi si buttarono, con un’inventiva tipicamente italiana, per guadagnarsi il pane, pronti a trovare un’origine diabolica in ogni malattia (Donne, streghe, santi, 112).
  • Per combattere la Riforma, la Chiesa rafforzò quella che i riformisti consideravano una pratica quasi magica: il culto dei santi. Quasi tutte le religioni hanno i loro «santi», ma nel cattolicesimo sono un pilastro della devozione […] Com’è ovvio, la richiesta di santi è maggiore in popolazioni povere, in Italia più al Sud che al Nord. (..) Non è Dio, ma il santo che fa i miracoli. La Chiesa combatte pochissimo questa credenza, anzi esige che l’aspirante santo manifesti poteri miracolosi, prima di dichiaralo tale. Quindi con la canonizzazione certifica che il santo fa miracoli: una patente che incoraggia i fedeli a chiederli (116).
  • L’Indice dei libri proibiti. La persecuzione all’editoria e la censura, che durerà fino a tutto il Settecento, ha lasciato segni profondi nell’inconscio nazionale: il libro come possibile portatore di male, oggetto con il quale non si ha confidenza, di casta e necessariamente fazioso (127).
  • L’Italia clericale. A sua volta il clero predica la sottomissione alle autorità civili. Gli Stati, riconoscendo il ruolo del clero nel mantenimento dell’ordine pubblico, e della pace sociale, continuano a garantire alla Chiesa protezione e privilegi: in Italia ormai il cittadino e il cattolico sono la stessa cosa (141).
  • L’Austria e l’Illuminismo. Piano piano, nel Settecento, cambia anche l’atteggiamento della società rispetto alla Chiesa. I nobili cercano onori e cariche nelle carriere statali piuttosto che in quelle della religione. Si investe più volentieri nell’agricoltura e nel commercio piuttosto che nei benefici ecclesiastici. […] La Chiesa reagì cercando nuovi spazi, dalle città alle campagne […] È una politica che continua tutt’oggi, pantografata su scala mondiale: la Chiesa del Duemila, poco considerata nelle devianti società capitalistiche e scientiste dell’Occidente ricco, indirizza le sue maggiori energie al Terzo Mondo (157).
  • La Chiesa commise il grande errore di credere che, con la Restaurazione, tutto potesse davvero tornare come prima. […] Ovunque, meno che in Toscana, i gesuiti ripresero il controllo dell’istruzione pubblica, e ricrearono lo spettacolare ed esteriore religiosità di massa: mese mariano, rosari collettivi, culto del Sacro Cuore. In poche epoche avvennero tanti miracoli come in quegli anni (Rivoluzione e reazione, 164).
  • In realtà i padroni erano spesso tre. Oltre al principe e agli stranieri, c’era sempre il clero, incombente e numeroso come in nessun altro Stato d’Europa. […] In Italia lo iato fra quello che si è e quello che si deve apparire è enorme, e si manifesta principalmente nelle cose di religione. Nonostante il gran numero di italiani che si professano atei, o non credenti, o non praticanti, sono pochissimi i bambini che non vengono battezzati (L’immagine degli italiani, 171).
  • Di nuovo i guelfi, di nuovo i ghibellini. L’intera storia dell’Occidente è la storia del lento passaggio dalla teocrazia alla democrazia; la democrazia prevalse solo quando - cito da Spengler - sconfisse la «più grande superstizione della storia», cioè che i re ricevano la loro autorità direttamente da Dio: come il papa, ma meno del papa (192).

Libera Chiesa in libero Stato

  • Il governo italiano […] lasciò che il Sillabo venisse diffuso nelle diocesi, in rispetto al concetto di «Libera Chiesa in libero Stato». In realtà questo eccesso di legalismo era il frutto di una tradizionale soggezione alla parola della Chiesa. […] Col Concilio Vaticano del 1869 Pio IX fece approvare il dogma sull’infallibilità del papa; una decisione di stampo medievale, ben strana a prendersi - anche dal punto di vista della Chiesa - diciotto secoli dopo la morte di san Pietro (Sillabo e Guarentigie, 198).
  • L’Opera dei Congressi. Una delle principali attività dei comitati fu la raccolta di denaro per l’Obolo di San Pietro, ovvero il mantenimento del Vaticano. […] Il motivo vero dello scontro era - come oggi - l’insegnamento della religione.

L’Azione cattolica

  • La Rerum novarum di Leone XIII, più di un secolo dopo, viene ancora magnificata dalla Chiesa come un evento straordinario e decisivo nel problema della lotta di classe. Ma «solo l’apologetica» - scrive Jemolo - «può scorgere in questa troppo celebrata enciclica l’indicazione di vie nuove od una risoluzione, fosse pure teorica, dei problemi assillanti di fine Ottocento» (230).
  • La lotta contro Murri rientrò anche nella più generale lotta contro il «modernismo», una delle più violente battaglie intraprese dalla Chiesa, nei tempi moderni, in difesa di se stessa. […] I modernisti vennero puniti, degradati, sconfessati, messi a tacere, espulsi dalla Chiesa. […] L’8 settembre 1907, Pio X, nell’enciclica Pascendi definì il modernismo «compendio di tutte le eresie». […] Un altro effetto della lotta al modernismo fu di rendere palese e duratura la diversità fra clero settentrionale e clero centro-meridionale, che rispecchiavano la frattura Nord-Sud di tutta la società.

La crociata contro il modernismo

  • […] Quel clero, ormai, non era più all’altezza del suo compito. Se, fino al Settecento, la Chiesa aveva quasi avuto il monopolio della cultura, e il parroco era spesso l’unica persona capace di leggere in un paese, ora la situazione si era rovesciata: il parroco non era quasi mai all’altezza culturale del medico, del sindaco, del bibliotecario, degli insegnanti: la sua educazione antilluminista, antiscientista, antimodernista lo aveva lasciato in un mondo che non esisteva più (246).
  • L’anticlericalismo costrinse la Santa Sede a perfezionare la selezione e la preparazione del clero. Nel 1917, per la prima volta nella storia della Chiesa, Il Vaticano sconsigliava di ammettere alla tonaca i rudes, eufemismo per indicare quei ragazzi molto tonti che, proprio per questo, le famiglie avviavano al sacerdozio (248).
  • Al fronte e dietro. […] Invece il Vaticano, il clero e i cattolici si comportarono di fronte alla guerra con la massima lealtà verso la nazione: solo qualche sacerdote venne arrestato per disfattismo, per via d’una predica troppo accesamente pacifista (254).
  • Nelle parrocchie i parroci elogiavano il valore ideale della pace, ma sostenevano la guerra e soprattutto frenavano le spinte insurrezionali spontanee della popolazione affamata, in particolare nel terribile inverno 1916-17: rinasceva il tradizionale ruolo del clero mediatore fra potere e popolo (255).
  • I fascisti che il 28 ottobre 1922 entrarono in Roma non dispiacquero in Vaticano. […] Era la medievale distinzione della Chiesa sulle guerre giuste e quelle ingiuste.

Ridare Dio all’Italia e l’Italia a Dio

  • Morte del Partito Popolare. La Chiesa aveva in comune con il fascismo tutti i nemici: la democrazia, il liberalismo, il comunismo, la massoneria, e con il fascismo condivideva «il bisogno d’ordine, di disciplina, di autorità, di gerarchia…» (Miccoli)… Il modello autoritario e gerarchico del fascismo corrispondeva a quello della Chiesa, e sembrava il più idoneo a riportare l’Italia a una restaurazione pre-Rivoluzione francese (284).
  • Sotto la Chiesa e sotto il fascismo. In conclusione, il fascismo ribaltava tutta la legislazione liberale e riconosceva alla Chiesa il potere di condizionare la vita dei cittadini - tutti, anche gli atei e gli anticlericali - negli eventi fondamentali dell’educazione e della vita familiare. La Chiesa si era ripreso l’appalto degli italiani (Il concordato, 289).
  • Gli italiani guardavano a Pio XII come all’unico uomo di pace. Si notò subito che mentre tutte le città venivano bombardate, Roma no, perché c’era il papa. Questo accrebbe immensamente la speranza nella Chiesa.
    Anche per questo molti italiani, pur modestamente credenti, ritengono il cattolicesimo un patrimonio nazionale irrinunciabile: La Chiesa, da parte sua ha assorbito virtù e vizi degli italiani, in un condizionamento reciproco che ha fatto della religione una caratteristica subculturale, più che un’adesione di fede (Conclusioni, 325).
  • Gli italiani hanno generalmente deciso di fingere obbedienza e poi fare come gli pare, sviluppando un’ipocrisia collettiva che non ha uguale neanche negli altri paesi cattolici. […] Gli italiani hanno imparato a convivere con una doppia morale, necessaria per conciliare l’esistenza eterna con quella quotidiana, i peccati con i desideri, l’apparenza con la realtà, la morale con il moralismo. […] Per cui sì, gli italiani saranno «cattivi»; fino a quando, fingendo di essere cristiani, saranno cattolici senza via di scampo e senza Stato.

L’AUTORE

Giordano Bruno Guerri (Monticiano, SI, 1950), svolge da decenni, come storico, polemista e pubblicista, un’intensa opera di revisione storiografica mediante studi su grandi personaggi del regime (Bottai, Galeazzo Ciano, Italo Balbo, Curzio Malaparte); su personaggi come Maria Goretti (Povera santa, povero assassino), sul costume e l’attualità (Io ti assolvo, Etica politica e sesso: i confessori di fronte a vecchi e nuovi peccati).

Luciano Franceschetti
Giugno 2000