Dio non è grande

Come la religione avvelena ogni cosa
Christopher Hitchens
Einaudi
2007
ISBN: 
9788806183370

I più “navigati” navigatori del sito UAAR già conoscono Christopher Hitchens per aver letto La posizione della missionaria. Teoria e pratica di Madre Teresa. Da bravo cronista senza peli sulla lingua (indubbiamente molto lunga) Hitchens è tornato sul luogo del delitto, mirando ancora più in alto: da una piccola suora al Dio più grande. La decisione è stata indubbiamente felice dal punto di vista commerciale, perché negli USA e nel Regno Unito ha venduto più copie del papa, andando così a costituire con Richard Dawkins e Sam Harris una sorta di trimurti laica del New Atheism (il cui mistero insondabile risiede nella sempre rimandata traduzione in italiano dei testi degli altri due).

Ok, è un libro di successo: ma il contenuto? Un altro libro di critica alla religione? Dove sarebbe la novità? La novità, se così si può dire, è la penna di Hitchens, che espone concetti non nuovissimi con lo stile del giornalista di vaglia, accostando sapientemente la battuta arguta alla denuncia, il fatto di cronaca all’aneddoto storico. Si viene così a conoscenza delle sue esperienze di prima mano, nonché di avvenimenti sfuggiti all’informazione nostrana (non che la cosa stupisca: se vi avanza qualche euro, regalatene una copia ai giornalisti RAI in perenne stazionamento davanti al sacro soglio: magari impareranno un mestiere…).

Il catalogo degli orrori compilato da Hitchens è completo, non dimentica proprio nulla: la religione uccide, può far male alla salute, vanta false pretese metafisiche, inventa false cosmogonie, ha testi sacri estremamente discutibili, millanta miracoli, non migliora gli uomini, corrompe i bambini. Talvolta sembra di leggere Schopenhauer, ma a differenza del filosofo tedesco qui ce n’è per tutti, anche per il buddhismo, di cui si ricorda l’esperienza teocratica tibetana e il sostegno all’espansionismo giapponese. La parte da padrone la fanno, ancora una volta, i tre monoteismi (che storicamente sarebbero cinque, ma vallo a spiegare…) con i loro testi sacri, i loro fondamentalisti e i loro salti mortali per far quadrare i conti a un dio onnipotente e onnisciente che permette il male, speso commesso a suo nome. Di tutta la tradizione religiosa Hitchens salva solo Martin Luther King, e non esita a prendere le distanze anche da un monumento come Gandhi.

Il contraltare di questa critica è il suo ateismo: dichiarato, esibito e disinibito. «Ateismo di matrice protestante», precisa, quasi a darsi un assist per una barzelletta ambientata a Belfast. Lo difende anche, l’ateismo, dagli attacchi dei credenti, che alla fine sembrano comunque ridursi all’accusa di collusione con i regimi totalitari. È parzialmente vero, risponde Hitchens, perché anche l’ateismo ha i suoi begli errori da farsi perdonare: ma l’umanesimo «può domandare perdono per essi e anche correggerli partendo dai suoi stessi presupposti, senza dover scuotere o minacciare le basi di alcun immutabile sistema di credenze». Non ha bisogno delle scuse carpiate di un Wojtyla perché può permettersi di sbagliare, anche quando va più vicino della religione nella descrizione del mondo (Democrito docet).

Nel libro c’è un punto di apparente contraddizione. Da una parte si sostiene che «chi è tanto certo, e si proclama combattente divino in nome delle proprie certezze, appartiene ormai all’infanzia della nostra specie. Potrà essere un lungo addio, ma è iniziato e, come tutti gli addii, non dovrebbe protrarsi troppo». Dall’altra si sottolinea con urgenza «il bisogno di un nuovo illuminismo […] in difesa di un pluralismo laico e del diritto di non credere o di non essere costretti a credere. Questa difesa è ormai diventata un dovere urgente e non rinviabile: questa difesa è ormai diventata un dovere urgente e non rinviabile: una questione di sopravvivenza». Il contrasto, come si diceva, non è però reale, se si assume che negli ultimi secoli i progressi del genere umano hanno fatto ormai piazza pulita di tante superstizioni: ma queste superstizioni, un po’ come certe immangiabili pietanze “di una volta”, troveranno sempre l’inventore di una loro antichissima origine, l’assessore disposto a buttare soldi (pubblici) per continuare a produrle, e consumatori disposti a farsi abbindolare da un’etichetta accattivante. Il rischio, concreto, è di ingurgitare cibo potenzialmente pericoloso: per questo sono necessarie le campagne di denuncia, e una batteria di anticorpi sempre in perfetta efficienza.

L’eccesso di sicurezza di Hitchens ha già dato e darà ancora fastidio a molti. Bisognerebbe essere forse un po’ più guardinghi, e ricordare come il primo illuminismo fu poi travolto dal romanticismo bacchettone dei Novalis, dei de Maistre e dei Manzoni, con Leopardi a mettere tutti in guardia dalle «sorti magnifiche e progressive». Hitchens sostiene però che oggi «l’illuminismo è alla portata dell’uomo comune». In effetti, basta entrare in una libreria per trovare il suo libro: solo pochi anni fa sarebbe stato quasi impossibile che un libro contro l’esistenza di Dio trovasse una distribuzione così diffusa. Segno dei tempi, e di una libertà di espressione mai così ampia e mai così a rischio. Il futuro, occorre sempre tenerlo a mente, non è ancora stato scritto: anche se «Dio non è», ci saranno sempre piccoli uomini che vorranno farlo grande.

L’AUTORE

Christopher Hitchens (Portsmouth, Regno Unito, 1949) si è laureato nel 1970 in filosofia, scienze politiche ed economiche al Balliol College, presso l’Università di Oxford. Nel Regno Unito ha prestato la sua firma a varie testate, tra le quali il New Statesman e l’Evening Standard. Dal 1977 al 1979 è stato corrispondente di cronaca estera del London’s Daily Express, poi di nuovo al New Statesman come responsabile esteri dal 1979 al 1981. Ha collaborato poi come commentatore da Washington per Harper’s e corrispondente USA per The Spectator, nonché per il supplemento letterario del Times. A parte l’opera qui recensita, Hitchens ha scritto più di dieci libri tra cui i più recenti sono A Long Short War: The Postponed Liberation of Iraq (2003), Why Orwell Matters (2002), Il processo a Henry Kissinger (2001), Letters to a Young Contrarian (2001) e, soprattutto, La posizione della missionaria. Teoria e pratica di madre Teresa (recensito in altra pagina di questa sezione). Ha anche insegnato come professore associato all’Università della California a Berkeley, all’Università di Pittsburgh (Pennsylvania) e alla Nuova Scuola di Ricerche Sociali. Attualmente vive e lavora a Washington D.C. (USA) dove scrive mensilmente saggi letterari sull’Atlantic Monthly e cura la rubrica Minority Report per l’edizione in inglese di Vanity Fair, nonché una rubrica giornaliera su Slate. È anche occasionale corrispondente estero per il quotidiano britannico Daily Mirror. Di difficile etichettatura politica, Hitchens si definisce «talora vicino alle posizioni dei neo-con», sebbene rimarchi che la sua formazione politica è fondamentalmente marxista e non sia molto variata rispetto alla sua gioventù. Ateo militante e sostenitore della guerra in Iraq in chiave di contrasto del fondamentalismo islamico, non ha tuttavia mai perso occasione di attaccare il presidente Bush jr. per le sue posizioni confessionaliste.

Raffaele Carcano
agosto 2007