L’arte della gioia

Goliarda Sapienza
Einaudi
2009
ISBN: 
9788806199609

Un aforisma di Leo Longanesi che mi piace molto recita: ”non è la libertà che manca, sono gli uomini liberi che mancano”; rivisto e aggiornato, si potrebbe riformulare: ”c’è un deficit di libertà perché mancano persone libere, persone che amano la libertà”, o con una domanda retorica: “ci potrà essere libertà senza cittadini\e che la amino, la difendano e lottino per affermarla?”.
Non solo la libertà per sé, ma la libertà per tutti, per contrastare la demagogia smargiassa di chi si riempie la bocca con questo gran parolone mentre la soffoca e l’avvilisce.
Cosa c’entra il libro in oggetto con questa premessa, forse banale ma non scontata? C’entra perché la storia della protagonista narrata in questo libro è un esempio vissuto di ciò che sottintende l’aforisma. E, visto il contesto culturale vischioso in cui siamo attualmente immersi, addolora ma non stupisce che questo libro abbia visto la luce solo dopo 20 anni dalla sua conclusione; non solo: ha avuto l’attenzione che si meritava solo quando è arrivato l’eco del successo editoriale in Francia; dopo le edizioni di Stampa Alternativa, quando è uscita la nuova edizione Einaudi tutti i grandi giornali nazionali, seppur tardivamente, non hanno mancato di segnalarlo doverosamente; molti soci uaar conosceranno e avranno già letto il libro, ma per i distratti, un’ulteriore segnalazione penso che non guasti.
Modesta è il nome della protagonista di questo grande e bellissimo romanzo di oltre 500 pagine (non spaventatevi, se lo iniziate lo leggerete d’un fiato come un racconto di cento pagine); libera, indipendente e “spudorata”, si batte tenacemente contro tutto ciò che ostacola la ricchezza di una vita piena e autentica: la religione, le tradizioni, i partiti politici, i pregiudizi di classe e sessisti, certa morale ipocrita, la Famiglia con la F maiuscola e al singolare. Nata nell’anno 1900 in un piccolo paese siciliano e in una famiglia disgraziata, orfana a nove anni, Modesta non sembra promessa a un destino brillante. All’uscita dal convento che l’ha accolta, al massimo può aspirare a fare la domestica in una famiglia o a un onesto matrimonio. Ma la ragazza ha altre aspirazioni e, nonostante il suo nome, si emancipa, talvolta anche con mezzi non propriamente “ortodossi”. Fiera, determinata e sensuale, vitale e scomoda, inizia il suo percorso di formazione fino a diventare la donna importante e impegnata di cui seguiamo le traversie, sentimentali, familiari e politiche lungo settant’anni della sua vita. Sono anche i settant’anni della storia italiana che, sullo sfondo e con molte ellissi, vediamo in filigrana quando si incrocia con le sue vicende, perchè lei ne è protagonista consapevole e attiva: alle sue storture si oppone con fiera combattività, con onestà intellettuale e coerente amore per la giustizia e la libertà; la passione dei suoi amori è la stessa che mette nella lotta politica. Negli anni delle lotte femministe si diceva “il personale è politico”, e viceversa: la protagonista di questo romanzo incarna pienamente questo slogan, in anticipo sui tempi, senza retorica e senza sentimentalismi.
Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di godere del vero piacere, sfidando la cultura oppressiva in cui vive, cattolica e patriarcale o fascista e mafiosa. Non poteva perciò mancare una critica feroce alla Chiesa cattolica apostolica romana. Solo due frasi per darne un’idea: un personaggio, Nina, ad un certo punto afferma “ Ho paura che Angelo Tasca avesse ragione quando disse allora che coi Patti Lateranensi la Chiesa non tanto si alleava al fascismo quanto si preparava ad assumerne l’eredita’…” Quale citazione più appropriata in quel momento, subito dopo la caduta del fascismo, quando non solo ovviamente la DC , ma anche il PCI votava a favore del famigerato articolo 7 della Costituzione? Con tutte le conseguenze del caso. Quando vogliono applicare la censura a un suo articolo per una rivista, una dirigente dello stesso PCI, la motiva così: “…Non possiamo allarmare così il cittadino. Dobbiamo conquistare l’elettorato cattolico! Siamo in un paese cattolico Modesta, tu dimentichi la storia!” Lei risponde “…Così voi non fate soltanto un atto di rispetto verso l’elettorato cattolico, ma lo subite pienamente e deformate le radici stesse della nostra lotta” E’ chiaro che non farà pubblicare il suo articolo censurato, come è chiaro per noi che…la lotta da fare è sempre la stessa. Consoliamoci un po’ con la lettura di questo libro e traiamo ulteriore stimolo a non abbassare la guardia e, se possibile, ad impegnarci sempre più nel contrastare questa cappa clericale, che è soprattutto culturale e psicologica, prima che politica, e che ancora ostacola la pienezza della vita e una democrazia compiuta.

Antonietta Dessolis
settembre 2010